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Il Miliardario: Trappola d'amore
Il Miliardario: Trappola d'amore
Il Miliardario: Trappola d'amore
E-book222 pagine3 ore

Il Miliardario: Trappola d'amore

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Info su questo ebook

Cleo sa bene che il suo lavoro è ai limiti della moralità, ma continua a ripetersi che gli uomini d’affari che è incaricata di spiare sono individui avidi e arroganti. Inoltre, il lavoro rende bene e a lei i soldi servono per pagare le parcelle mediche della sorella e permetterle di frequentare la scuola d’arte. Tuttavia, quando l’esistenza stessa della scuola è minacciata proprio dal suo ultimo bersaglio, il miliardario Reece Kavanagh, Cleo fa tutto ciò che è in suo potere per fermarlo e per preservare la felicità di sua sorella.
Finché non si innamora di lui.

Cleo si aspetta che Reece sia un completo idiota, invece si rivela essere tutto ciò che lei ha sempre voluto in un uomo. Il suo cuore non è freddo e vuoto come le hanno detto, ma batte solo per lei. Ecco perché, quando le rivela l’oscuro segreto che lo spinge a voler chiudere la scuola, lei comprende che deve fermarlo, per il suo bene, quanto per quello di sua sorella.

Ma come reagirà Reece, scoprendo che lo scopo della donna di cui si fida è sempre stato quello di danneggiarlo?
LinguaItaliano
Data di uscita1 set 2020
ISBN9788835887003
Il Miliardario: Trappola d'amore

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    Anteprima del libro

    Il Miliardario - Kendra Little

    Nepi

    1

    Gli uomini sono come i libri illustrati per bambini: semplici da leggere, occasionalmente divertenti, ma del tutto privi della sostanza necessaria a catturare l’interesse di una femmina adulta a lungo termine. Il mio capo mi rimprovera di essere troppo cinica per i miei venticinque anni, ma è quello che succede quando da due anni fai quello che faccio io, e solo per pagare i conti.

    Non sono una prostituta. Sono un’adescatrice. C’è differenza. Le prostitute si portano a letto uomini per denaro. Io vengo pagata perché arrivino a fidarsi di me, qualche volta perché si innamorino di me. Alcune di noi oltrepassano il confine e finiscono per rotolarsi tra le lenzuola con i loro obiettivi per qualche spicciolo extra, mentre altre si sentono le protagoniste di Pretty Woman. Non io. Io tengo troppo alla mia salute mentale. Non riuscirei a fare sesso con un uomo con cui non abbia un legame.

    Se solo non fosse così difficile trovare uomini con cui stringere un legame per qualcuno che svolge un lavoro come il mio, sarei brava in quel campo. Purtroppo non molti uomini si mostrano comprensivi quando gli spiego quello che faccio per vivere. Diciamo nessuno. Non vedono la differenza tra una prostituta e un’esperta di trappole. E poi c’è tutta quella questione della mancanza di sostanza.

    Questo tipo è un pezzo grosso, commentò Ellen, il mio capo. Mi porse una chiavetta USB a forma di orsetto non più grande di due delle mie dita. Che cambiamento, rispetto al solito ninja rosso. A differenza di quella a forma di ninja, ho dovuto togliere la testa dell’orso e infilargli il collo nel mio portatile. Il ninja aveva la presa usb che gli usciva dal sedere, quindi sembrava sempre impegnato a scorreggiarmi nel computer. L’orsetto sembrava solo decapitato.

    Grosso quanto? chiesi, mentre copiavo i file sul mio hard disk.

    Ellen accavallò le lunghe gambe a stuzzicadenti e appoggiò la schiena alla spalliera della sedia con un sorriso che le distese le labbra, dipinte di una sfumatura di rosso da vamp. Lo vedrai.

    Alla sua espressione melodrammatica alzai gli occhi al cielo. Sembrava pensare a sé stessa come a M di James Bond, impegnata a vivere una vita clandestina ad alta quota, mettendo i cattivi al tappeto. In realtà, noi buttavamo giù dal piedistallo chiunque i nostri clienti ci pagassero per detronizzare. Per fortuna, i nostri obiettivi fino a quel momento erano stati tutti uomini d’affari dall’etica dubbia, o avrei avuto dei problemi a fare il mio lavoro. Al contrario, non mi turba mandare a monte la transazione d’affari di qualche stronzo.

    Il che descriveva l’attività di Ellen. Lei assumeva noi ragazze per conto dei suoi clienti al fine di apprendere i segreti di uomini d’affari ricchi e potenti. I suoi clienti erano i loro rivali, spesso determinati a chiudere lo stesso affare. Assumevano Ellen – cioè noi – per conoscere i segreti e i punti deboli dei loro concorrenti, o per scovare documenti confidenziali che provassero accuse di collusione, o altre pratiche contrarie all’etica. Il nostro lavoro prevedeva di restare vicino ai nostri bersagli per un certo periodo di tempo, fino a quando non si fidavano di noi al punto di includerci nel loro sancta sanctorum. A volte mi sono chiesta se non avrei raggiunto i miei scopi più alla svelta andando davvero a letto con loro: la gente rivela un mucchio di roba quand’è accecata dalla lussuria. Ma evitavo quel genere di intesa ed Ellen non mi ha mai fatto pressioni. Facevo la parte dell’assistente amichevole a cui piace flirtare. E se qualcuno dei miei obiettivi si prendeva una cotta per me nel frattempo, tanto meglio. La loro frustrazione e i tentativi di portarmi a letto servivano perfettamente ai miei scopi.

    Ellen reagì con una risatina al mio roteare gli occhi. Ecco perché sarai perfetta per questo qui, Cleo.

    Che intendi?

    Sei divertente e sfacciata. Intelligente. E lui apprezza queste caratteristiche in una donna. Ovviamente il fatto che tu sia eccezionalmente sexy col tuo aspetto da maestrina, aiuta.

    Non riuscivo ad immaginare nessuna delle mie vecchie maestre fare quello che stavo per fare io. Forse la vecchia insegnante di francese di mia sorella Becky avrebbe potuto cavarsela con una doppia vita. I ragazzi le sbavavano dietro in classe. Ed era anche una persona adorabile, prendendosi il disturbo di chiedermi se avevo bisogno di qualcosa, quando Becky si era ammalata. Ovviamente le avevo sempre risposto Grazie, ma no, grazie. Quello che non le avevo mai detto era che l’unica cosa di cui avevo davvero bisogno era Becky. Solo dopo, quando la malattia di mia sorella era andata in remissione, mi ero resa conto che avevo bisogno anche di soldi per pagare le parcelle mediche. Un bel mucchio di soldi. Che fu, poi, il motivo per cui risposi all’inserzione di Ellen e finii per fare l’adescatrice, contro ogni buon senso. Due anni dopo, il prestito che avevo preso per pagare i conti dei medici era ancora lì, e io facevo ancora l’adescatrice.

    Risi ed Ellen rise con me, una risata roca, di cuore, che la scosse da capo a piedi. A volte si comportava come un ninja, e poi mi prendeva di sorpresa trasformandosi in un orsacchiotto.

    Proprio come per M di Bond, non conoscevo il cognome di Ellen, o se fosse sposata, se avesse dei figli, né dove vivesse. Era sui sessant’anni e pettinata come una modella di Vogue. Era l’immagine vivente e dotata di respiro di una pubblicità di Chanel, e nemmeno uno dei suoi capelli biondi era mai fuori posto. Io magari irrompevo nel suo ufficio al centunesimo piano con i capelli scompigliati dal vento che soffiava in strada, ma lei aveva sempre un aspetto impeccabile. Una volta mi aveva detto che era quello che distingueva il mio fascino da quello delle altre ragazze. Nel loro caso era l’aspetto slanciato da modelle a renderle apprezzabili, perfette per incarichi in cui gli obiettivi reagivano a quel tipo di donna. Usava me per tutto il resto e il lavoro non mi mancava mai. Immagino che anche miliardari stronzi e arroganti apprezzino il genere della maestrina sexy. O forse si fidano di più.

    La sua assistente arrivò reggendo due tazze di caffè e le poggiò sul tavolinetto di vetro tra me ed Ellen. C’era tantissimo vetro nel suo ufficio. Il tavolo, la scrivania, un grosso specchio appeso sopra una mensola bassa. Anche una delle pareti era costituita interamente da una finestra. L’edificio si affacciava sulla baia e quel giorno le barche a vela punteggiavano lo specchio d’acqua azzurro e cristallino. Nel cielo non c’era neppure una nuvola. Era una perfetta mattinata estiva. Più tardi la superstrada sarebbe stata intasata dal traffico, mentre tutti si sarebbero diretti fuori città per godersi un weekend fuori porta con quel tempo meraviglioso. Non io, però. Io avrei lavorato.

    L’assistente uscì com’era entrata e chiuse la porta. I file si erano finalmente scaricati e li aprii uno dopo l’altro. Il primo era un elenco con gli interessi aziendali dell’obiettivo, i colleghi e i dettagli riguardanti la sua ascesa a fondatore e Amministratore Delegato della RK Financial Group a soli trentatré anni. Il documento successivo riguardava la sua vita privata: data di nascita, indirizzo noto, i nomi dei genitori, delle scuole frequentate e delle precedenti ragazze. Poi aprii il documento seguente. Conteneva diverse foto in primo piano del bersaglio. Lo conoscevo. L’avevo visto ai notiziari.

    Reece Kavanagh era stupendo. Capelli color ossidiana, carnagione abbronzata senza il minimo segno a comprometterne la perfezione, ossatura solida. Il naso era diritto, la mascella volitiva. A seconda dell’angolazione della foto, la bocca saliva da un lato aprendosi in un sorriso sarcastico o piombava in un cipiglio accigliato. Ma furono i suoi occhi a catturarmi. Gli occhi tradivano sempre un uomo, e gli occhi di Reece Kavanagh erano di un azzurro pallido, in netto contrasto con la carnagione calda e la bocca maliziosa. Mi facevano pensare ad un lago ghiacciato d’inverno: freddo, profondo e pericoloso.

    Un brivido mi corse lungo la schiena, e mi pentii di non indossare qualcosa di più caldo dell’abitino corto con la gonna a ruota.

    Ti innervosisce, costatò Ellen. Non si trattava di una domanda. Aveva visto la mia reazione. Ellen vedeva tutto.

    Non ne sono sicura, commentai, stringendomi nelle spalle con nonchalance. Nessuno poteva determinare come fosse un uomo soltanto guardando qualche fotografia. Non era colpa sua se i suoi occhi erano tanto chiari da essere quasi eterei. Magari era una persona del tutto amichevole.

    A detta di tutti, è un freddo bastardo, continuò Ellen. Alla faccia della mia teoria. Qualcuno sostiene persino che sia un individuo crudele, ma non ho trovato prove in proposito.

    Deglutii con difficoltà. Sai perché è così freddo?

    Genitori assenti che hanno mandato a puttane la sua crescita. Non c’è dubbio che dia ancora la colpa a loro per tutti i suoi problemi passati, presenti e futuri. Scosse la testa, come se avesse già sentito tutto. Ellen non credeva che le persone potessero venir rovinate dagli errori dei loro genitori. Secondo lei, i bambini crescevano e diventavano adulti, e gli adulti dovevano assumersi la responsabilità dei propri problemi. Certo, magari i loro genitori li avevano sottoposti ad abusi, o semplicemente non li avevano amati, ma era ora di andare avanti e superarla.

    Era così che mi aveva detto una volta. Mi aveva fatto pensare che avesse dei figli e che loro la biasimassero per tutti i problemi che avevano. Non le avevo risposto. I miei genitori erano morti cinque anni prima in un incidente d’auto. Mi mancavano ancora.

    È stato il tuo cliente a dire che Reece è crudele? chiesi, fissando lo schermo. Non riuscivo a distogliere lo sguardo. Anche sotto forma di quel miscuglio di pixel, Reece Kavanagh aveva una prestanza tale da farti venir voglia continuare a guardarlo, ancora e ancora. C’era una spavalderia nella sua espressione che probabilmente sfociava in arroganza nella vita reale. Ecco il problema, con gli uomini ricchi e affascinanti: credevano tutti di essere un dono di Dio alla popolazione femminile. Immaginai che non avrei potuto saperlo finché non l’avessi incontrato.

    Non il mio cliente. Ellen tamburellò con le unghie dalla manicure perfetta sul lato della tazza di caffè. Il rosso sangue contrastava con decisione contro la porcellana bianca, il ticchettio era rapido. I suoi rivali, alcune delle sue ex ragazze, i conoscenti…tutti quelli con cui ho parlato dicono che è uno che mantiene le distanze.

    E gli amici? Ne ha?

    Molto pochi.

    Qui dice che è il maggiore dei cinque fratelli Kavanagh. Vivono ancora a Serendipity Bend, commentai, nominando il sobborgo più esclusivo di Roxburg. Sono uniti?

    La famiglia tiene la bocca sigillata sui suoi membri. Sembrò seccata di fronte ad uno dei suoi rari fallimenti nel reperire informazioni.

    Cliccai sulla pagina che conteneva l’elenco delle sue relazioni passate. Era piena. Riconobbi tre modelle, almeno quattro celebrità e alcune donne il cui ruolo lavorativo poteva essere descritto come quello di esponenti dell’alta società. La collezione di trofei di Reece era impressionante. Mi chiesi chi tra loro lo avesse descritto come un individuo crudele, e che cosa intendesse.

    Riportai in primo piano le fotografie di Reece. Non capita spesso di vedere uomini così attraenti occupare posizioni di potere del genere. Di solito sono vecchi, calvi e grassi.

    E sposati, mi fece eco Ellen. Continuava a tamburellare sulla tazza. Era irritante, ma non gliel’avrei detto, visto che volevo tenermi il mio lavoro. S’interruppe all’improvviso e mi rivolse un sorrisetto sarcastico. In realtà rimarresti sorpresa. Conosco diversi miliardari che sono ricchi e potenti come Kavanagh e altrettanto belli e disponibili.

    Perché non sono già impegnati?

    Sposati al lavoro, o al potere, o hanno dei Problemi con la P maiuscola. Mi concesse uno dei suoi rari sorrisi.

    Lo ricambiai. Non abbiamo tutti dei Problemi?

    Il suo sorriso svanì mentre fissava lo sguardo nel caffè. Alcuni più di altri. Fece un sorso mentre io riportavo lo sguardo su Reece.

    Dopo un momento chiusi il portatile. Quegli occhi mi stavano smuovendo qualcosa dentro. Quando lo incontrerò?

    Questa sera.

    Dannazione. Doveva essere proprio quella sera? Io non uscivo mai, non andavo mai da nessun parte tranne che al lavoro e al supermercato, e l’unica volta che avevo un posto in cui andare, era in conflitto con i piani di Ellen. E ad Ellen non piacevano i conflitti. A lei piaceva fare tutto a modo suo. Alcune ragazze erano state lasciate andare per aver mostrato una mancanza d’impegno, avendo dato la precedenza alla loro vita reale rispetto al lavoro. Se anche Ellen sapeva di Becky, non sapeva quant’era importante la mostra d’arte di quella sera per la mia sorellina. O per me.

    La guarigione di Becky era stata lunga e difficile, ma una volta che le era stato comunicato il cessato allarme era diventata apatica e annoiata. Non vedeva la ragione per cui sarebbe dovuta tornare a scuola. Aveva quasi perso la vita e non voleva sprecare altro tempo prezioso rinchiusa in una stanza con ragazzini più piccoli di lei. Aveva perso tutto l’ultimo anno e tornare indietro significava diplomarsi con ragazzi che non avevano la sua stessa età. Anche se ero atterrita al pensiero che non si diplomasse, non potevo forzarla. Non potevo e basta. Lei aveva ragione. La vita andava vissuta, e non c’era verso di dire ad un sopravvissuto al cancro niente di diverso. Quando era tanto malata che pensavo che ogni suo respiro travagliato sarebbe stato l’ultimo, ho giurato che, se fosse sopravvissuta, avrei fatto in modo che vivesse una vita piena e felice. Non mi sarei tirata indietro proprio ora che era guarita.

    Una cosa era dirlo, però, tutt’altra capire cos’era che voleva fare un’adolescente. Non potevamo permetterci di viaggiare, i conti medici ci avevano ridotto sul lastrico ma, grazie ad Ellen, avevamo abbastanza soldi perché potesse frequentare la scuola d’arte. Becky era sempre stata portata per il disegno, e sembrava darle la pace che cercava. La sua prima mostra con gli altri studenti, in una galleria d’arte gestita da un’amica della loro insegnante, si sarebbe tenuta quella sera.

    E io me la sarei persa.

    Stasera è un problema? chiese Ellen, mentre i suoi vivaci occhi blu mi trafiggevano da sopra il bordo della tazza. Dannazione, lo sapeva. Come aveva fatto? Non avevo mostrato alcun segno di disappunto, ma aveva colto comunque le mie vibrazioni.

    Pensai di dirle la verità, ma alla fine decisi di non farlo. Per il momento. Nonostante l’amichevolezza che mi aveva mostrato Ellen in precedenza, la sua occhiata d’acciaio era un avvertimento a non rifiutare.

    Ovviamente no. Risi. Dove dovrei andare? È solo che pensavo che sarei stata l’assistente di Reece Kavanagh. È così che andava di solito tra me e i miei obiettivi. Ellen si liberava delle loro solite assistenti e mi facevo avanti io, tutta efficienza civettuola, rendendomi indispensabile. Non dovrei cominciare lunedì?

    Voglio che prepari il terreno all’evento mondano a cui parteciperà questa sera. Mi sono procurata un invito. È l’opportunità perfetta per entrare in contatto e per fargli sapere che sei disponibile. Il modo in cui calcò il tono della voce su ‘disponibile’ mi portò a guardarla, cercando i segnali di una presa in giro. Non che fosse il tipo che trovava divertenti dei puerili doppi sensi, ma scrutai comunque la sua espressione. Niente, faceva sul serio.

    Si alzò, attraversò la stanza su quelle sue lunghe gambe come una cicogna, e appoggiò la tazza sulla scrivania. Dev’esserci un invito, qui da qualche parte.

    A che ora comincia il gala? chiesi, speranzosa. Forse sarei riuscita ad andare alla mostra di Becky per un’oretta, prima di dirigermi ovunque sarebbe stato Reece Kavanagh.

    Individuò e raccolse un invito nero e argento e lo aprì. Aveva un aspetto familiare. Il mio cuore sobbalzò e poi sprofondò di nuovo così in fretta da farmi male.

    Spiacente, non si tratta di un gala, disse. È una piccola mostra d’arte tenuta da un gruppo di studenti. Mi porse l’invito.

    Non avevo bisogno di guardarlo per conoscere il luogo o l’ora, ma lo feci in ogni caso. Era la mostra di Becky. Mi sentii invadere da un senso di intorpidimento mentre cercavo di digerire la coincidenza. Era una cosa positiva che potessi svolgere contemporaneamente sia il ruolo della sorella sostenitrice che quello dell’adescatrice? O era una cattiva idea lasciare che il mio lavoro invadesse il

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