La banda degli Uffizi
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di Ivano Migliorucci
Aprendo un vecchio libro di scuola dimenticato su uno scaffale, Anna trova la proposta di fidanzamento fattale l’ultimo anno di liceo dal ragazzo di cui era innamorata. In preda alla nostalgia, Anna ne parla a Virginia, la sua migliore amica, che le dice che non è troppo tardi per rispondere. Le due amiche studiano un piano per rintracciare il mittente del biglietto e da quel momento le loro vite subiscono una svolta. Assieme a una girandola di avventure, l’amore le investe con prepotenza, catapultandole in un mondo che non avevano mai nemmeno osato sognare. Saranno gli Uffizi il palcoscenico da cui spiccheranno il volo verso giorni pieni di gioia, in cui la noia e la tristezza diventeranno solo un lontano ricordo
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Anteprima del libro
La banda degli Uffizi - Ivano Migliorucci
Cover
Capitolo 1
«È asciutta», commentò Luigi, rimestando col cucchiaio la minestra nel piatto.
«Un pochino, però è buona. Assaggiala almeno», gli consigliò Anna.
Lui non rispose, vuotò il bicchiere in un sorso e si versò dell’altro vino, bevve anche quello, poi si alzò.
«Non mangi?»
«Ci vorrebbe la cazzuola, non il cucchiaio. E sì che non hai nulla da fare, solo badare alla casa. Avessimo dei figli, almeno! Neanche quelli sei stata capace di fare. Domani mi compro un barattolo di zuppa. Me la faccio da solo, la pasta e fagioli.»
Andò a sedersi sul divano della sala, accese televisione e sigaretta. Anna rimase sola in cucina. Mangiò la sua parte della cena, il resto lo buttò. Era abituata a quelle scenate: rimproveri per il suo lavoro, per tutto ciò che faceva o non faceva, persino per il fatto che la loro esistenza non fosse stata allietata da dei figli, come se questo fosse colpa sua. Lei avrebbe voluto avere dei figli, ma non erano arrivati. Anna aveva anche fatto delle analisi. Era tutto a posto: lei poteva rimanere incinta. A lui non lo aveva mai detto, né aveva preteso che facesse gli stessi accertamenti. Luigi non avrebbe mai accettato di sottoporsi a verifiche, avrebbe sostenuto che non era colpa sua e basta.
Anna sistemò la cucina, lavò i piatti e raggiunse il marito in sala.
«Tutto bene al lavoro, caro?» chiese con gentilezza.
«Solite cose, coi soliti raccomandati che ti passano avanti in tutto. A loro mai un turno nei festivi, mentre io devo lavorare anche il primo di maggio.»
«È per questo che sei così teso, stasera?»
«Allora non capisci un cazzo! Come faccio a essere teso per qualcosa che non dipende da me? Mi passano avanti per raccomandazione, non per merito. Cosa posso farci io?» rispose stizzito.
Pigiò il mozzicone nel posacenere e accese subito un’altra sigaretta.
«Ho capito», concluse lei.
«Cosa cazzo vuoi aver capito», la rimproverò, alzandosi. «Me ne vado a letto. Se al lavoro è normale che mi trattino con indifferenza, almeno a casa mi aspetterei un po’ di comprensione; non dico tanta, almeno un pochino.»
Rimasta sola, Anna avrebbe voluto piangere, ma ricacciò indietro le lacrime. Cominciava a essere stanca di tutte le menate di suo marito, che oltretutto si era portato in camera la bottiglia di whisky, che da qualche tempo preferiva a lei. Telefonò a Virginia, la sua migliore amica.
«Ciao Anna, come va?»
«Non lo reggo più, è un piagnisteo continuo. Anche stasera non ha mangiato, fuma e beve. Ora se ne è andato a letto.»
«E al lavoro? Lamentele anche da quella parte?»
«Ovviamente, e mai che la colpa sia sua. Se le cose gli vanno male la responsabilità è sempre di qualcun altro. Avevo voglia di piangere, ma poi ho chiamato te, mi è sembrato più saggio.»
«Hai fatto bene. A letto è da solo o con la bottiglia?»
«Col suo amore liquido, ovviamente. Sto raggiungendo il limite, la parte della moglie dolce e remissiva comincia a stancarmi, io non sono così.»
La porta della camera si aprì e Luigi uscì in mutande.
«Con chi cazzo stai parlando?»
Anna fu costretta a riattaccare.
«Con Virginia, amore, con la mia amica Virginia.»
«Parlavate di me? Male come al solito, ovviamente.»
Le si avvicinò barcollando. Non le faceva paura, non le aveva mai messo le mani addosso.
«Non parlavamo di te, né bene né male. Non sei il nostro argomento di conversazione», mentì, calma.
Quella sera, però, lui era più nervoso del solito. Non se la prese con lei, ma coi suoi ricordi. Imprecando, si avvicinò alla piccola libreria che le aveva permesso di riempire con i suoi libri e alcuni ninnoli ai quali teneva in modo particolare.
«È forse di questo che parlavate? Dei bei tempi? Quando io non c’ero? Stavi bene allora, vero? Beh, stavo bene anche io, senza dover combattere tutto il giorno con degli incapaci al lavoro! E anche a casa, anche qui non vengo capito. Stavi meglio, allora?»
Cominciò a lanciarle addosso tutto quello che si trovava sulla libreria. Lei si accucciò dietro il divano per non essere colpita.
E così ora è arrivata anche la violenza fisica, dopo quella verbale e psicologica, pensò.
All’improvviso Luigi si fermò e, senza una parola, tornò in camera.
Anna si alzò, attese qualche minuto per avere la certezza di non trovarselo di nuovo davanti e si mise a valutare i danni: le ceramiche spaccate, alcune in troppi pezzi, due scatoline coi coperchi divelti e gli oggetti all’interno sparsi sul pavimento, i libri aperti sul tappeto. Ne erano rimasti solo tre sulla libreria. Erano libri vecchi, che prima dello sfogo di Luigi erano nascosti dagli altri. Da quanto tempo non li prendeva in mano? Erano dell’ultimo anno di liceo, quello della maturità. Erano passati già quindici anni. Li prese tutti e tre, tornò alla poltrona, si sedette e cominciò a sfogliarli. Che nostalgia leggere gli appunti scritti sui margini. C’erano anche delle note relative ad appuntamenti, chissà con chi. Li sfogliò con delicatezza, come se avesse paura di romperli. Nei primi due trovò dei foglietti con temi e formule matematiche pronti per essere copiati. Le scappò un sorriso.
Poi aprì l’ultimo, quello di chimica, con la copertina rossa. Un foglio ne scivolò fuori. Appena lo vide, Anna provò un sussulto al cuore, e di quelli grossi: era un foglietto quadrato, ritagliato da un blocco note a quadretti. Solo vedendolo si ricordò di averlo ricevuto, altrimenti sarebbe rimasto nell’oscurità del passato, perso nei meandri dei suoi ricordi. Eppure glie lo aveva mandato un ragazzo che le aveva rubato il cuore e poi lo aveva strapazzato per bene e gettato via. Tutto questo senza che si fossero mai baciati, neppure una volta.
Lo raccolse e lo accarezzò. Come aveva potuto dimenticarlo? C’erano scritte solo quattro parole: VUOI METTERTI CON ME?
e sotto erano stati disegnati due quadratini, uno con la scritta SÌ e l’altro con NO. Poi c’era il nome di chi le aveva mandato il foglio: Luca Giubilei. Un modo di proporsi già antico ai suoi tempi, ma molto dolce. Non gli aveva mai risposto. Richiamò subito Virginia. All’epoca erano amiche e compagne di scuola. Forse anche lei si ricordava di quel foglio.
«Davvero? Hai ritrovato quel foglio?» domandò eccitata l’amica. «Ricordo qualcosa e lo voglio rivedere. Ma pensa, mandasti in bianco il Giubilei! Dai, vediamoci domani e porta il biglietto con te.»
«Va bene. A che ora?»
«Verso le dieci può andare?»
«Certo! Allora alle dieci a casa tua.»
«Ti aspetto. Che cosa carina, una proposta dal passato.»
«Hai detto bene: dal passato, purtroppo», commentò Anna.
«Mah, non è detto.»
«Cosa vuoi dire?»
«Che non credo esista una prescrizione per le domande di fidanzamento.»
«Si estinguono con gli anni che passano, e quindici è un numero alto.»
«Vedremo. A domani.»
«Buonanotte.»
Posato il cellulare, Anna si mise a sistemare le sue cose. Lo fece con calma, anche se alcune erano rotte e irrecuperabili. Inserì la richiesta di fidanzamento in una busta di plastica trasparente, poi la mise tra i fogli della sua agenda. Non voleva correre il rischio che si rovinasse.
Quanta cura, per un oggetto di cui neanche mi ricordavo, si ritrovò a pensare.
Dopo sistemò la casa, più per stancarsi e farsi venire sonno che per reale necessità, infine si preparò una camomilla e si coricò. A quel punto il passato tornò a farle visita. Non furono tutti bei ricordi, ma almeno non sarebbe andata impreparata all’appuntamento con Virginia.
La mattina dopo, come sempre si alzò prima di Luigi, per preparargli la colazione, un’attenzione che il marito dava per scontata, come tante altre. Secondo lui un diritto e, in quanto tale, neanche degno di un ringraziamento. Dal momento del risveglio a quello in cui usciva di casa neanche una parola, solo una smorfia di disgusto per il poco zucchero che Anna aveva messo nel caffellatte, perché anche zuccherare la colazione era un dovere di sua moglie. Anna cominciava a chiedersi cosa avesse trovato di attraente in quell’uomo.
Capitolo 2
Finalmente Anna uscì per andare dall’amica. Forse spinta dai ricordi del passato, si vestì con jeans, una polo celeste e un cardigan blu, e raccolse i capelli in una coda di cavallo. Si guardò allo specchio: una teenager di trentaquattro anni. Alle dieci in punto suonò al citofono di Virginia. Neanche un minuto dopo, l’amica aveva tra le mani il foglietto.
«Quanto tempo che è passato! Sai che lo ricordo ancora? Vagamente, ma qualcosa riaffiora, anzi molte cose.»
«Io invece», ammise Anna indicando il pezzo di carta «ricordo tutto. Ho avuto tutta la notte per rinfrescarmi la memoria.»
«Dobbiamo stabilire la cosa più importante: perché lo hai ancora tu? Una risposta avresti dovuto dargliela. Giubilei, il più bello della classe, quello ambito da tutte, ti manda una richiesta di fidanzamento e tu non rispondi. Perché?»
«Sai a quante della nostra classe aveva mandato quella domanda?» chiese Anna.
L’amica ci pensò un attimo.
«No, non lo ricordo. A me no, altrimenti…»
«A nessuna, non voleva storie con le compagne di classe. Si è fatto mezza scolaresca femminile del liceo, ma nessuna della classe.»
«L’ha inviata a te, però.»
«Certo, lui lasciò questo foglietto sul mio banco una mattina di quindici anni fa, qualche giorno prima che cominciassero gli esami di maturità, dopo che per tre anni gli avevo fatto capire in tutti i modi quanto ci tenessi a lui. Ci sarei stata in ogni momento. Una follia, ripensandoci adesso. Per fortuna molte delle cose che feci non le ricordo.»
«Lo so, anche a me i ricordi tornano a sprazzi. Come ora, per esempio. Adesso ricordo perché non gli rispondesti.»
«Io lo avevo rimosso, ma ora ricordo tutto: la felicità di aver ricevuto il suo biglietto, la corsa a cercarlo nella scuola e poi la cocente delusione: quando lo trovai in palestra, si stava scopando una di terza.»
«Certo, per lui non era una novità.»
«Lo so, ma non potevo accettarlo! Non un’ora dopo che mi aveva domandato di mettermi con lui. E così infilai quel foglio nel testo di chimica, dove è rimasto fino a ieri. Dopo la maturità non l’ho più rivisto, né cercato.»
«Però ricordo le lunghe chiacchierate su di lui. Ti pentisti anche di essere stata tanto rigida.»
«Sì, è vero, ma non tornai mai sui miei passi. Ebbi altre storie poco importanti, fino a Luigi, poi il matrimonio, e adesso siamo alla fine anche di quello. Sai una cosa strana, Virginia? Non provo dolore per questo, patii di più allora.»
«Eri innamorata per davvero, tre anni di attesa per avere un segno, e poi quella scena!»
«Secondo te, quando finisce un amore? O meglio, quando è che passa l’innamoramento per una persona?»
«Boh, non ho statistiche attendibili. Perché?»
«Dalle quattro di stanotte ho ripreso a pensare a Luca, con la stessa intensità di allora.»
«Magari è una reazione a quello che stai passando con Luigi.»
«Non lo so. Non conosco il motivo e neanche mi interessa, so solo che ci penso.»
«E allora rispondigli. Metti la croce sul SÌ e fa’ in modo che abbia quel biglietto.»
«Non scherzare. Dopo quindici anni?»
«Che cosa hai da perdere?»
«In effetti, nulla. E come lo troviamo?»
«Firenze non è poi così grande.»
«E poi?»
«Vai sotto casa sua a portargli la risposta.»
«Tu sei scema! Neanche morta.»
«Fammi pensare.»
«Va bene, intanto vado in bagno. Fatti venire un’idea meno imbecille.»
Quando ritornò, il sorriso sul volto di Virginia le fece capire che l’amica aveva trovato l’idea. Restava da vedere se fosse realizzabile.
«Valutando gli anni passati e la tua scarsa presenza di spirito, proprio perché ancora un po’ innamorata credo sia meglio che non ti presenti di persona, potresti bruciarti. Meglio incuriosirlo, prima.»
«Finora vai bene. Incuriosirlo come?»
«Gli spediamo il biglietto con la croce sul SÌ e il tuo numero di cellulare.»
«Questo si può fare. L’indirizzo?»
«Lo cerchiamo sull’elenco del telefono.»
Aprirono la pagina internet delle Pagine Bianche, ma quello che trovarono le lasciò perplesse.
«Cinque! Ci sono cinque Luca Giubilei nel comune di Firenze», disse Virginia.
«Già. E oltretutto potrebbe essersi trasferito.»
Le amiche si fissarono, sconsolate.
«Trovata la soluzione: faremo cinque fotocopie e ne manderemo una