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La felicità è dietro l'angolo: Harmony Bianca
La felicità è dietro l'angolo: Harmony Bianca
La felicità è dietro l'angolo: Harmony Bianca
E-book173 pagine2 ore

La felicità è dietro l'angolo: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Il dottor Ben Walker ha deciso di cominciare una nuova vita per lasciarsi alle spalle un divorzio doloroso. Da questo momento in poi sua figlia diventerà l'unica donna della sua vita. E non importa se la sua nuova collega - nonché vicina di casa - Daisy Fuller è la ragazza più attraente che abbia mai incontrato... i suoi occhi sono solo per la sua bambina. Tuttavia la piccola Florence sembra condividere i gusti del padre e trova Daisy davvero adorabile. Forse lui e Florence insieme potrebbero convincere Daisy ad aprire il suo cuore e ad accoglierli per formare una nuova, dolcissima famiglia.
LinguaItaliano
Data di uscita9 apr 2021
ISBN9788830528017
La felicità è dietro l'angolo: Harmony Bianca
Autore

Caroline Anderson

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La felicità è dietro l'angolo - Caroline Anderson

    978-88-3052-801-7

    1

    Sentì scorrere dell'acqua.

    Il suo nuovo vicino, chiunque fosse, doveva essere già sveglio. Se non altro, sperava che almeno lui avesse dormito meglio di lei. L'aveva tenuta sveglia fino a mezzanotte facendo rumore su e giù per la casa e spostando cose e poi alle cinque e mezza la sua gatta aveva deciso che doveva assolutamente mangiare.

    Per essere giusta, non era stato poi così fastidioso, ma lei non aveva alcuna voglia di essere giusta dopo l'ennesima festa di addio al nubilato di un'altra delle sue amiche che si preparava a convolare a nozze. Restavano solo lei e Amy ancora single, ed Amy non ne voleva sentir parlare di uomini. Lei invece... be', che fine avevano fatto gli scapoli per bene senza un quintale di bagaglio emotivo sulle spalle? Certo non erano a Yoxburgh, e anche se ci fossero stati non era certa di essere pronta a rimettersi in gioco.

    Diede da mangiare a Tabitha, si preparò una tazza di tè e uscì in veranda. Il sole stava sorgendo e il cielo sopra i tetti verso est era tinto di una sfumatura di un pallido rosa. Si raggomitolò su una sedia rivolta verso il piccolo giardino, premette il pulsante mentale di reset e lentamente provò a rilassarsi.

    Era il momento della giornata che preferiva, quando il resto del mondo dormiva ancora. Strinse la tazza tra le mani, si accoccolò ancora di più nella sedia e prese ad ascoltare i rumori della bella mattina primaverile.

    Gli uccelli cinguettavano allegramente e tutt'a un tratto sentì le assi del pavimento della casa accanto scricchiolare, dei passi maschili correre su e giù per le scale, un'esclamazione soffocata... e un fragoroso schianto che indusse Tabitha a darsela a gambe come un razzo, facendo rovesciare la tazza di tè di Daisy.

    «Ops!» mormorò lei, cercando di tamponare il liquido sulla vestaglia e di non far caso alla voce dell'uomo. Ma non era facile. Cosa accidenti era successo? Qualcosa di grosso a giudicare dalle imprecazioni che trapelavano dalla leggera parete divisoria.

    Poi cadde il silenzio.

    «Tutto ok?» gridò lei, anche se non sarebbe stato necessario alzare la voce per farsi sentire.

    «Mmh... sì, abbastanza» rispose lui, la voce attutita dalla parete. «Scusa.»

    «Hai bisogno d'aiuto?»

    Dall'altra parte giunse una risata. «No. A meno che tu non sia un idraulico.»

    Sentì dei passi in corridoio, una porta che si apriva e poi bussare alla sua.

    Andò ad aprire e rimase a bocca aperta. Urca, era... Be', era un sacco di cose. Alto. Muscoloso. Attraente. Abbastanza giovane da essere appetibile, ma con l'aria vissuta. E non solo. Era coperto di sporcizia, di detriti fradici, l'abito era zuppo e macchiato, i capelli pieni di pezzettini di qualcosa d'indecifrabile, la camicia che doveva essere stata bianca era lurida e grondante. In compenso, aveva due favolosi occhi azzurri pieni d'ironia che la fecero sorridere.

    «Cosa ti è successo?» le chiese lui incredulo osservando la sua vestaglia tutta macchiata, e lei rise imbarazzata.

    «Pensavo di doverlo chiedere io a te» gli fece notare, cercando di non ridere, perché in effetti non c'era proprio niente di divertente.

    «Ah... Mi è caduto in testa il soffitto» le spiegò, mordendosi il labbro, ma i suoi occhi lasciavano trasparire il suo divertito stupore.

    «Scusa per il rumore. E il linguaggio. Comunque mi chiamo Ben» si presentò, tendendole la mano, ma subito dopo la ritirò, se la passò sui pantaloni, verificò che fosse accettabile e gliela porse di nuovo. Lei la strinse e, benché fosse un po' umida, notò che era calda e ferma. Forte.

    E il suo accento gli ricordava quello dello Yorkshire. Un po' ruvido. Un po' brusco. E molto sexy.

    «Daisy» disse lei, sorridendo a dovere. «Benvenuto al Rivenhall Villas. Spero che d'ora in poi andrà meglio.»

    L'uomo rise nervosamente e chiuse gli occhi, passandosi la mano sulla fronte e sporcandosi il viso. Una striscia di sangue che sgorgava da una piccola ferita sopra il sopracciglio si mischiò allo sporco.

    «Lo spero anch'io. Conosci un idraulico?»

    Lei si strinse in vita la cintura della vestaglia, saltò dall'altra parte della bassa staccionata che divideva i due vialetti e sbirciando all'interno della sua casa notò la totale devastazione. La cucina era sommersa da un mare di intonaco fradicio e di listelli di legno rotti, e c'era una perdita lenta ma costante di acqua dal soffitto. Il peggio forse era passato, ma...

    «Solo un idraulico?» mormorò lei pensierosa, e alle sue spalle udì un'altra risata sarcastica.

    «Un idraulico sarebbe già un ottimo inizio, ma non guasterebbe neanche un elettricista, considerata quella lampada che penzola pericolosamente. E magari anche un muratore?»

    «Adesso sembra essere tutto fermo.»

    «Penso ci sia una perdita. Avevo appena fatto il bagno.»

    «Molto probabile, allora. Sai che ti dico?» aggiunse, voltandosi verso di lui e trovandoselo a un passo di distanza. Allora fece un passo indietro e inspirò profondamente, perché sotto a quel fetore di cane bagnato c'era l'aroma residuo di un interessante dopobarba. Agrumi, con un tocco di ambra...

    «Mi stavi dicendo qualcosa» la sollecitò.

    «Se vuoi mi metto addosso qualcosa e vengo a darti una mano per mettere un po' in ordine la casa? Ho un'ora prima di uscire per andare a lavorare.» Peccato che così sarebbe svanita l'idea di farsi una bella e lunga doccia.

    «Beata te. Io devo uscire subito. Diciamo che peggio di così non potrebbe andare, perciò tanto vale che cerchi di arrivare in orario il mio primo giorno. Non ho un altro abito e non ho idea di come ripulirmi. E di sicuro non posso riaprire il rubinetto! Immagino che dovrò arrangiarmi con un fazzoletto umido!»

    Evidentemente non si era ancora guardato allo specchio.

    «Non basterà» gli fece notare. «E poi hai un taglio sulla fronte. Hai un'altra camicia?»

    Lui si toccò la fronte e annuì. «Ho anche un altro paio di pantaloni e una giacca. Ma non ho un completo.»

    «Per questo non posso aiutarti» ammise lei, abbandonando ogni speranza di cominciare quella giornata in maniera normale. «Ma dispongo di una doccia. Perché non ti prendi qualcosa di pulito mentre io cerco l'idraulico?»

    «Davvero?»

    «Davvero. Va' a prendere i vestiti. Io intanto mi vesto e poi posso cominciare a dare una sistemata. Ho un aspirapolvere prodigioso.»

    «Un aspirapolvere?» Soffocò una risata. «C'è un lago in casa.»

    «Non c'è problema. Tira su anche l'acqua. Dovrò solo svuotarlo spesso.»

    Lui aggrottò la fronte. «Daisy, sei sicura? Non voglio abusare della tua gentilezza.»

    Se non altro se ne rendeva conto che era una bella gatta da pelare. Ma non poteva abbandonarlo così. Riuscì a sorridere, non come avrebbe voluto, perché quegli occhi erano davvero una cosa...

    «Credevo fossi in ritardo?» gli ricordò, e dopo essere saltata di nuovo dall'altra parte della staccionata, salì le scale, prese i suoi indumenti da giardinaggio, mise un telo da bagno pulito vicino alla doccia e, mentre risaliva dalla cantina con l'aspirapolvere, lo vide riapparire sulla porta.

    «Senti, non ti disturbare...»

    «Non ti preoccupare, non è nulla. Il bagno è in cima alla scala. Ti ho tirato fuori una salvietta e l'idraulico ha detto che mi richiama.»

    Lui non riusciva a crederci.

    Avrebbe dovuto. In quei giorni cose come quelle sembravano accadergli di continuo. Mise la testa sotto il getto di acqua calda e sospirò stancamente. Sapeva che trasferirsi in quella casa prima di eseguire i lavori di ristrutturazione sarebbe stato rischioso, ma... così rischioso?

    Per fortuna c'era Daisy. Quella doccia era una benedizione. Avrebbe voluto restarci tutto il giorno, ma non poteva. Usò un po' del suo shampoo e strofinandosi i capelli sentì alcuni bernoccoli sulla testa. Anche la ferita sulla fronte faceva male. Accidenti. Si fregò bene tutto il corpo, si asciugò con il telo che gli aveva preparato e si vestì in tempi da record. Anche le scarpe si erano rovinate, ma non c'era nulla che potesse fare.

    Non aveva tempo. L'abito sporco lo lasciò per terra in un angolo del bagno lindo e piuttosto bello di Daisy. Avrebbe messo tutto a posto con lei più tardi, non appena si fosse lasciato quella giornata alle spalle.

    Sentì il rumore dell'aspiratore. Per fortuna era intervenuta lei. Una benedizione.

    Mentre scendeva le scale vide una piccola gatta nera con le orecchie grandi e gli occhi verdi che lo fissava con espressione sdegnosa. Le tese la mano, ma lei, dopo pochi secondi, gli voltò le spalle e lui continuò a scendere, ridacchiando.

    Saltò oltre la piccola staccionata ed entrò in casa sua. Trovò Daisy in cucina che cercava di mettere ordine nel caos. L'acqua era già stata in gran parte asciugata e adesso stava raccogliendo i detriti con una scopa.

    «Daisy, non ti disturbare! Ci penso io dopo a pulire!»

    «Ho quasi finito. Ho tolto le macerie da sopra gli scatoloni per farli asciugare. Immagino che qualche piatto e dei bicchieri si saranno rotti...»

    Lui scrollò le spalle. Bicchieri di cui poteva fare a meno. Se non altro lui era vivo. Si sfiorò ancora la ferita e lei gliela guardò.

    «Devi mettere un cerotto.»

    Lui scrollò di nuovo le spalle. «Non ho idea di dove siano, ma sopravvivrò. Hai notizie dell'idraulico?»

    «Non ancora. Scriviti il mio numero di cellulare, così mi chiami e mi rimarrà registrato. Ti mando un messaggio appena ho notizie.»

    Lui si segnò il numero, rimise in tasca il telefono e si passò una mano tra i capelli umidi. «Scusa, ma ho lasciato il mio abito nel tuo bagno. Adesso devo proprio andare. Me ne occupo dopo, tu non fare più niente...»

    «Va' pure. Ci vediamo dopo. Qui chiudo col chiavistello?»

    «Va benissimo. Grazie mille. Ti devo un favore enorme.»

    «Mi aspetto almeno un invito a cena» replicò lei seccamente, facendo scendere con la mano un cumulo di macerie dal bancone della cucina.

    «Consideralo già fatto.»

    Lei gli lanciò un sorriso e Ben notò che quella striscia di sporco sulla guancia le conferiva un'aria da ragazzina birichina e maliziosa che si stava divertendo... Solo che lui non voleva proprio pensare a Daisy che si divertiva, perché era da un mucchio di tempo che lui non si divertiva con una donna. Sì, perché sotto quei vestiti sporchi e usurati c'era una donna. E doveva portarla fuori a cena?

    Si schiarì la voce, annuì e uscì.

    «Fiuuu» sussurrò tra sé.

    Daisy raddrizzò le spalle, si soffiò via i capelli caduti davanti agli occhi e si guardò intorno. Regnava il caos, ma se non altro adesso era un caos organizzato. I detriti erano raccolti in un angolo, le scatole erano state asciugate e l'acqua sul pavimento... e lei sarebbe arrivata tardi al lavoro, proprio quel giorno!

    Corse a casa, fece una velocissima doccia e indossò i primi vestiti che le capitarono. Si raccolse i capelli dietro la nuca con un elastico. Non c'era tempo per truccarsi. Non c'era tempo per niente. Il nuovo primario arrivava proprio quel giorno.

    Cominciava bene, rifletté. Sperava che almeno non fosse uno snob arrogante né un noioso burocrate. Ne bastava già uno nell'equipe. Corse a prendere l'auto e si diresse in ospedale.

    Lungo il tragitto rispose alla telefonata dell'idraulico, poi lasciò l'abito di Ben alla lavanderia dell'ospedale, avvertendo il personale di fare attenzione. Aveva visto l'etichetta e si era preoccupata. Era un costoso abito sartoriale.

    Poi si affrettò verso il suo reparto.

    Quando arrivò, notò un assembramento di persone intorno al banco delle infermiere. Scorse una testa maschile svettare sopra le altre e udì una voce tranquilla che chiacchierava piacevolmente. Il suo cuore ebbe un attimo di esitazione. Accidenti. Il primario era già arrivato. E lei che avrebbe voluto fare una buona impressione.

    Evan Jones, l'altro medico del reparto, lanciò un'occhiata stizzita all'orologio sulla parete quando la vide intrufolarsi nel gruppo.

    «Mi scusi, sono...» cominciò con un filo di voce, ma si bloccò appena l'uomo si voltò per guardarla. Se non fosse stata così presa a fissarlo stupita si sarebbe persa quel barlume di sorpresa che vide negli occhi di lui e che subito dopo aveva mascherato.

    «Dottor Walker, lei è la dottoressa Daisy Fuller...» la presentò Evan, assolutamente tranquillo.

    «Ci siamo già conosciuti. La dottoressa molto gentilmente ha fatto un lavoro per me» spiegò lui, interrompendolo e rivolgendosi a lei. «Hai avuto fortuna?»

    Ancora sotto shock, praticamente con il pilota automatico inserito e pronta a innamorarsi di lui per averla salvata da un'altra predica, annuì. «Direi di sì» gli rispose subito. E vedo che ha trovato un cerotto, pensò osservandogli la fronte. Certo, nonostante quello, nessuno avrebbe mai potuto immaginare com'era iniziata la

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