Ellul: Contro il totalitarismo tecnico
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Serge Latouche
Professore emerito di economia, Serge Latouche è il maggior teorico del pensiero della decrescita. Alle numerose opere pubblicate e tradotte anche in italiano si deve aggiungere la sua attività di giornalista per «Le Monde Diplomatique» e «Politis». Con Jaca Book ha pubblicato diversi volume e dirige la collana I precursori della decrescita
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Anteprima del libro
Ellul - Serge Latouche
Parte prima
JACQUES ELLUL
CONTRO IL TOTALITARISMO TECNICO
di Serge Latouche
Sarà infatti una vera soddisfazione mangiare alimenti sani, avere meno rumore, trovarsi in un ambiente equilibrato, non subire più l’oppressione del traffico…
Jacques Ellul¹
«Pensatore del XXI secolo smarrito nel XX», secondo la formula di Frédéric Rognon, Jacques Ellul è sicuramente uno dei principali precursori della decrescita². Tale è stato considerato sin dalla nascita del movimento, benché non abbia mai utilizzato il termine «decrescita», così come non lo utilizzarono altri importanti autori da esso rivendicati, come Ivan Illich e Cornelius Castoriadis. Il suo amico e complice Bernard Charbonneau, invece, ha esplicitamente adottato il termine «decrescita». In effetti era più orientato verso la dimensione ecologica rispetto a Jacques Ellul, il quale, invece, criticava innanzitutto l’aspetto tecnicista della società della crescita. La critica dell’eccesso tecnico e l’analisi del totalitarismo tecnico costituiscono, tuttavia, un punto fondamentale del progetto della decrescita. Alcune delle conseguenze derivate dalla critica della tecnica, come, per esempio, la necessaria riduzione del tempo di lavoro, convergono con le proposte concrete degli obiettori di crescita³. Per di più, nei suoi innumerevoli scritti dedicati alla tecnica (articoli, cronache, libri e corsi), non manca di denunciare l’eccesso della società occidentale, la crescita e lo sviluppo (si vedano ad esempio i primi due testi presentati in questo volume). È possibile trovare in questi testi formulazioni che i partigiani della decrescita non rinnegherebbero.
Va da sé, tuttavia, che il pensiero del maestro bordolese, che si è occupato di una varietà di ambiti che vanno dalla teologia alla politica, non si limita alla decrescita, e che, accanto a importanti convergenze già sottolineate da numerosi autori, figurano divergenze che è bene segnalare per relativizzare la legittimità dell’accostamento tra le idee di Jacques Ellul e quelle degli obiettori di crescita.
¹Patrick Chastenet, Entretien avec Jacques Ellul, La Table Ronde, Paris 1994, p. 342.
²Frédéric Rognon, Générations Ellul: soixante héritiers de la pensée de Jacques Ellul, Labor et Fides, Genève 2012.
³Frédéric Rognon, filosofo, autore di un libro su Jacques Ellul, ha individuato nei miei testi un numero impressionante di riferimenti al pensiero di quest’ultimo. Si veda Décoloniser l’imaginaire. La pensée créative contre l’économie de l’absurde, Paragon, Lyon 2003, pp. 41-42 (tr. it. Decolonizzare l’immaginario: il pensiero creativo contro l’economia dell’assurdo, EMI, Bologna 2004); Survivre au développement. De la décolonisation de l’imaginaire économique à la construction d’une société alternative, Mille et une nuits, Paris 2004, pp. 84, 116-117 e 120 (tr. it. Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla decolonizzazione dell’immaginario economico alla costruzione di una società alternativa, Bollati Boringhieri, Torino 2005); «La décroissance comme condition d’une société conviviale», in Patrick Troude-Chastenet (a cura di), Cahiers Jacques Ellul, n. 3, L’économie, L’Esprit du temps, Le Bouscat 2005, pp. 13-28; Pour une société autonome, in «Entropia», n. 5, autunno 2008, pp. 35-48; La gauche peut-elle sortir de l’économisme?, in «La Décroissance», n. 70, giugno 2010, p. 5; Le temps de la décroissance (con Didier Harpagès), Éditions Thierry Magnier (coll. «Troisième culture»), Paris 2010, pp. 32-34, 70 (tr. it. Il tempo della decrescita. Introduzione alla frugalità felice, Elèuthera, Milano 2011); Sortir de la société de consommation: voix et voies de la décroissance, Éditions Les Liens qui libèrent, Paris 2010, pp. 73, 144, 211-212 (tr. it. Come si esce dalla società dei consumi. Corsi e percorsi della decrescita, Bollati Boringhieri, Torino 2011); «William Morris, ou l’utopie réalisée», in William Morris, Comment nous pourrions vivre, le passager clandestin, Paris 2010, pp. 13-32 (tr. it. Come potremmo vivere, Endemunde, Milano 2013).
TEMI DI DECRESCITA NEL PENSIERO DI JACQUES ELLUL
Il dispositivo intellettuale che mi ha portato alla teoria della decrescita esisteva già in gran parte nel mio libro La megamacchina (1995), libro dedicato alla memoria di Jacques Ellul. La critica della tecnica nata dalle sue stimolanti e persuasive analisi era legata, in quel caso, a una critica dello sviluppo e della crescita inspirata alle tesi di Ivan Illich e del filosofo Cornelius Castoriadis, anch’essi precursori della decrescita. Ellul fa spesso riferimento al secondo in modo favorevole, mentre Illich considerava Ellul il proprio maestro («maestro Jacques»)¹. Non è quindi un caso se molti elluliani, come Sébastien Morillon, hanno ritrovato in Ellul «un ideale di frugalità e di decrescita»². Ritengo che nel pensatore bordolese siano presenti cinque temi di decrescita, e non dei minori: la critica della ragione geometrica, la riduzione del tempo di lavoro, la denuncia del disvalore generato dal progresso tecnico, il fallimento della promessa di felicità della modernità, la colonizzazione dell’immaginario da parte della tecnica come origine della tossicodipendenza consumista.
Critica della ragione geometrica e della crescita
Ellul considera la crescita come «paradigma» dell’assurdità:
Conosciamo tutti, e in tutti i campi, l’ossessione della crescita. La crescita è buona in sé. Non ci si chiede né: crescita di cosa? Né: la crescita è utile? Né: a chi servirà la crescita? E nemmeno: cosa faremo di tutte queste eccedenze³?
Il delirio quantitativo della società della crescita ci condanna a oscillare nell’insostenibile sotto l’effetto di un «terrorismo degli interessi composti», secondo la bella espressione di Giorgio Ruffolo⁴. Con il tasso di crescita della Cina nel 2011 (10%), si ottiene un raddoppiamento del prodotto interno lordo in sette anni e una moltiplicazione per 736 in un secolo⁵! Con un incremento del PIL procapite del 3,5% annuo (incremento medio in Francia tra il 1949 e il 1959), si arriva a una moltiplicazione per 31 in un secolo, per 961 in due secoli, e per più di 16.000 in tre secoli! Se si estende il ragionamento a un periodo più lungo, al 2% di crescita annuale, tasso minimo necessario secondo tutti i «decisori», in 2.000 anni, il PIL si moltiplicherebbe per 160 milioni di miliardi! Nello stesso periodo, con un tasso di crescita del 7‰ annuo, considerato ridicolo dalle persone serie, il prodotto si moltiplicherebbe comunque per un milione, e in un secolo raddoppierebbe ancora, il che probabilmente è più di quanto gli ecosistemi possano sopportare⁶. Ellul denuncia incidentalmente questo delirio facendo riferimento al calcolo di Bertrand de Jouvenel:
Se il numero di vetture continuasse ad aumentare esponenzialmente, nel 2000 l’intero territorio francese sarebbe completamente coperto di auto⁷.
Ma è soprattutto in ambito demografico che si dilunga a dimostrare che «non può esserci una crescita illimitata in un mondo limitato»⁸.
Durante i «trenta gloriosi», i bisogni reali di mano d’opera dell’economia capitalista di crescita e la costante ricerca da parte del capitale di un «esercito industriale di riserva» hanno spinto i paesi sviluppati sulla via dell’incitamento alla natalità (anche nelle colonie) e