Stio tra storia e leggenda e cenni sulla baronia di Magliano: E tre articoli sul Cilento
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Stio tra storia e leggenda e cenni sulla baronia di Magliano - Bianca Fasano
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Stio tra storia e leggenda
e cenni sulla Baronia di Magliano
Stio tra storia e leggenda
e cenni sulla Baronia di Magliano
Testo storico
Bianca Fasano
Dedica
a Don Pietro Barbato
Dedica:
Affettuosamente alla figura di Don Pietro Barbato, degno di stima anche per le sue ricerche e per gli scopi per cui le effettuò, dedico questo mio modesto lavoro nella speranza che ubbidisca all’epigramma del Giusti, ricordato dal Barbato: - " Il fare il libro è meno che niente, se il libro fatto non rifà la gente."
L’autrice.
Introduzione
Introduzione
Quando si parla di un piccolo centro cilentano qual è oggi Stio non si è perfettamente realistici se il respiro a volte mozzo della storia del territorio viene tradotto soltanto in sterili collegamenti storici o censimenti più o meno recenti.
Un paese come Stio rappresenta in embrione il respiro stesso dell’entroterra ci1entano, con i suoi spazi sconfinati, le sue sorgenti, gli esseri umani che vi hanno vissuto da generazioni. Aleggia in aria i1 ricordo degli avi e delle leggende, delle canzoni e delle storie, degli emigranti che andarono a cercare altrove il loro destino e di coloro che, da anziani, vi sono tornati per trascorrervi la vecchiaia. Questo piccolo centro è ancora il fulcro di tutta una serie di cose tangibili o meno che comunque hanno parlato e parlano all’animo di quanti in quel centro, che si assopisce in inverno e si ridesta in primavera assieme ai mandorli e ai peschi, vivono la loro vita, tra le stradine oggi i1luminate, nella conoscenza quotidiana dei volti, nello scomparire di alcune usanze e nel nascere di nuove, a contatto con una società in evoluzione ma ben radicata però a un passato che, prima di essere storia certa è leggenda.
Oggi dunque non si può giungere all’annuale Fiera della Croce di Stio discostantosi dalle memorie che questa riporta alla mente degli anziani. Memorie rispettate anche dal giovane del tempo attuale, che pur battendosi per il progresso sociale e civile intuisce che non dovrà per questi fini uccidere la realtà radicata del tempo passato.
Possiamo soltanto immaginare, voltando il capo appunto verso quel nebbioso passato che i testi ci restituiscono con avarizia per molteplici cause, ritornando indietro verso l’anno mille, quel fertile territorio elevato a 675 m. sul livello del mare, protetto dalla collina di Casalicchio dai venti del nord, che ci permette invece, verso il mezzogiorno di spaziare con lo sguardo fino al sacro
Monte Gelbison. Ancora, scaldati da un quieto sole di maggio di 1000 anni fa, possiamo pigramente osservare lo scorrere delle limpidissime acque dei torrenti quali il Felli o il Valloncello che, confluendo, sboccano nel Fiume Trienico. Lo sguardo più attento del letterato può, ancora oggi, nei mesi di dicembre e gennaio sfondare
il muro dei un passato lontanissimo scrutando le rovine della antica Elea, fertile di uliveti greci. Su questo territorio che magicamente il passato ci restituisce nel suo splendore intatto possiamo inserire con dolcezza la presenza fisica degli uomini che fondarono il primo nucleo abitativo di Stio. Un pugno di uomini, giunti a edificare i Monasteri o soccorsi
di S. Lucido e S. Maria della Croce. Dovevano indossare il Saio dei Benedettini ed essere accompagnati da quanti, in cerca di quiete e serenità, costruirono nei pressi di tali cenobi le loro capanne in paglia o legno, basse sul terreno.
Su quel territorio, in epoche lontanissime da noi, dovette nascere Stio in una pianura e prese la forma di una croce. In quell’aria quieta gli agricoltori sfuggivano alle persecuzioni e alla paura di cui l’anno mille era ricco a causa dei pirati Saraceni, dei Normanni e dei Barbarossa
. Quegli esseri impauriti per cui acque chiare e buoni pascoli significavano la ricchezza
di pasti sicuri e vesti di lana e di seta, potevano spaziare con lo sguardo inseguendo il volo degli uccelli fino alle lontane alture del Gelbison. Così come confluivano assieme le acque del Felli e del Valloncello nei Cenobi confluivano storie di popoli
Greci e Latini dove armonicamente convivevano. In tal senso va inteso quel offiium faciebant Greci et Latini
che riporta Jean Mabillon [1] nella sua prefazione agli Annali Benedettini .
Non dobbiamo affatto stupirci di questa convivenza
tra Chiesa Greca e Latina che fu un’usanza fino al tempo di S. Benedetto e perdurò, come ci assicura sempre il Mabillon, anche dopo tale tempo nel Monastero di Montecassino
[1] Jean Mabillon (Saint-Pierremont23 novembre1632–Saint-Germain-des-Prés,27 dicembre1707) è stato unmonaco,medievistaeteologofrancesedella congregazionebenedettinadiSan Mauro; si dedicò agli studistoricie dierudizioneed è considerato il fondatore dellapaleografiae delladiplomatica.
Nascita di Stio ed etimologia della parola.
Nascita di Stio
Un popolo non nasce dal nulla. Stio ha dunque una sua storia ben precisa ma ci è difficile verificarla storicamente. Prima di me ha effettuato questa ricerca lo storico Don Pietro Barbato, figlio
di Stio, che ne ha amorosamente ricercato i fili spezzati del passato lamentando poi :- (…) Tutti gli storici delle nostre contrade avrebbero dovuto parlare del nostro Stio almeno di sfuggita, ma non ne fanno cenno alcuno.
- Ne ha fatto invece cenno egli stesso in numerosi testi manoscritti laboriosamente compilati nella sua lunga vita. Vediamo adesso di spiegarci il perché di questa mancanza
da parte degli storici, di cui si affliggeva giustamente il Barbato:
I primi abitatori di Stio, non essendo certo letterati, non poterono lasciare traccia scritta del loro presente. Inoltre occorre ricordare che nel 1645 si registrò nel Cilento un mal di gola
che altri non era se non la terribile difterite. A causa di ciò diminuii la popolazione della stessa Stio molto notevolmente. L’ignoranza di fronte al morbo si difese come poté e a motivo di pulizia
vennero bruciati tutti i vecchi libri che si trovavano:-