Il Casco non basta: #zeromortisullavoro
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I dati aggiornati dell'INAIL fotografano una situazione indegna per un Paese avanzato come il nostro: quasi 4 morti al giorno sul lavoro. Una situazione inaccettabile che dimostra come, in Italia, la salute e la sicurezza dei lavoratori sono state sacrificate sull'altare della logica del profitto.
Il casco non basta radiografa questo inammissibile stato di cose, purtroppo aggravatosi in questi tristi tempi di pandemia. E prova a dare delle soluzioni, a lanciare un grido di allarme, a proporre un cambio di prospettiva alla luce delle normative vigenti che devono, per forza di cose, essere attuate.
Un prezioso lavoro di studio, dentro un perimetro giuridico e normativo non privo di impulsi intellettuali e culturali.
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Anteprima del libro
Il Casco non basta - AAVV
© Arcadia edizioni
I edizione, dicembre 2021
Isbn 9788832104516
È vietata la copia e la pubblicazione, totale o parziale,
del materiale se non a fronte di esplicita autorizzazione
scritta dell’editore e con citazione esplicita della fonte.
Tutti i diritti riservati.
Prefazione
Pierpaolo Bombardieri
Prima la vita. No, non è un semplice slogan, ma un punto fermo su cui non si dovranno concedere indugi né sconti. Purtroppo, fino ad oggi non è stato proprio così, sull’altare della logica del profitto a tutti i costi.
Si è tagliato sulla salute dei cittadini, si è risparmiato sulla sicurezza di chi lavora.
I dati aggiornati dell’INAIL fotografano una situazione indegna per un Paese avanzato come il nostro: quasi 4 morti al giorno sul lavoro. Ossia, quotidianamente quattro persone non fanno rientro a casa, dalle proprie famiglie, dai propri cari, non riabbracciano i figli o i genitori, perché perdono la vita svolgendo il proprio mestiere. Una tragedia immane. Inoltre, ogni 50 secondi, nel nostro Paese, si verifica un incidente sul lavoro.
Eppure ogni anno, durante il Primo Maggio, osserviamo la corsa di dichiarazioni tese a esaltare il lavoro come uno strumento di emancipazione degli individui e il riconoscimento per definizione dei diritti di cittadinanza. Concettualmente vero, ma nella realtà: di quale lavoro e cittadinanza parlano? Perché malgrado le pie dissertazioni nei salotti, si continua ad ignorare la precarietà sempre più frequente tra i nostri giovani e ci si volta dall’altra parte rispetto al lavoro nero ed irregolare. I dati ufficiali ci dicono con chiarezza che il rischio di morte tra i lavoratori precari e irregolari è 4 volte superiore a quello dei lavoratori stabili. Pertanto, una politica responsabile avrebbe dato priorità all’aggressione delle disuguaglianze, incoraggiando una buona occupazione. E invece no, nei mesi cupi della pandemia sono stati elargiti 170 miliardi alle aziende, senza condizionalità, a pioggia. Anche a quelle in cui sono state riscontrate irregolarità, secondo i controlli dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro sono 2 su 3. Ossia, proiettando questo tasso di irregolarità sull’intero sistema delle imprese registrate in Italia, avremmo a che fare con 4 milioni di imprese irregolari
.
Permane, nel complesso, la grande questione della legalità che continua ad essere evasa e dovrebbe invece essere rilanciata con forza.
Ma va tutto bene, sostengono.
Con queste premesse, la UIL, in occasione delle sue settantuno primavere ha lanciato una campagna di sensibilizzazione: zero morti sul lavoro. E’ stato un grido nel silenzio assordante dei media e della politica.
Utilizzando il simbolo dell’OK mutuato dalla scritta Zero Killed utilizzata nella guerra di secessione americana, abbiamo coinvolto tutto il gruppo dirigente, i quadri, i rappresentanti della sicurezza, i territori, le categorie, i nostri iscritti perché la battaglia di uno doveva diventare di tutti. I testimonial d’eccezione che hanno aderito a Zero Morti sul Lavoro, sono state innumerevoli le note personalità ad aver offerto il proprio volto, hanno dato un valore aggiunto alla nostra campagna, aumentandone il respiro, e toccando luoghi e persone magari distanti dall’ambito sindacale.
Migliaia di lavoratrici e lavoratori si sono uniti sui social al nostro movimento utilizzando gli strumenti che abbiamo fornito, ai quali abbiamo aggiunto un Videogame; sì, un videogioco, un’’idea innovativa e di grande impatto, per parlare ai giovani e nelle scuole con uno dei moderni linguaggi dell’immagine e far conoscere, in questo modo, i rischi per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
E intanto, il sito dedicato sito www.zeromortisullavoro.it si è ampliato, ospitando articoli redazionali di interesse sui temi legati alla sicurezza sul lavoro, interviste e testimonianze. E di testimonianze ce ne sono arrivate parecchie. Dalla mamma che ha perso il figlio in un incidente sul lavoro e ci ha voluti ringraziare per la nostra battaglia, all’uomo che ha perso l’uso di un braccio e ha rimarcato con noi la necessità di investire nella formazione, fino a vere e proprie denunce di luoghi di lavoro non sicuri, se non ai limiti della legalità.
Abbiamo costruito anche un viaggio itinerante, con un Tir, nelle principali piazze d’Italia, tra le persone, per raccontare la sicurezza sul lavoro e dimostrare, ancora una volta, che noi ci siamo, sempre, laddove c’è bisogno.
E in ultimo, in soccorso del nostro messaggio, abbiamo dato vita a Terzo Millennio, la prima piattaforma digitale interattiva di democrazia partecipata al mondo di cui si doti un Sindacato.
Dobbiamo lavorare su più livelli: con una formazione continua, con i nostri RLS e RLST che ogni giorno svolgono con tenacia questo compito che può salvare vite, con le strutture territoriali, con le categorie sindacali. E con un’attività di estenuante pungolo verso chi governa: chiediamo la creazione di una Banca dati unica, l’aumento dell’organico degli Ispettori del lavoro, un’apposita super procura, l’adozione di una patente a punti per le imprese estromettendo dai bandi pubblici quelle che non rispettano gli standard adeguati di sicurezza. Oltretutto, si potrebbe attingere dalle risorse giacenti presso l’INAIL, circa 40 miliardi di euro, un tesoretto non speso ed in passato parzialmente distratto, che potrebbe essere impiegato coerentemente nella prevenzione e nel rafforzamento degli organi ispettivi.
Per adesso abbiamo trasformato l’indifferenza diffusa in condivisa consapevolezza dell’opinione pubblica, dei media e di chi Governa. Ma non dobbiamo adagiarci finché non vedremo il compimento di misure concrete e il raggiungimento dell’obiettivo Zero morti sul lavoro.
La UIL non si è mai fermata nella tutela di tutte le lavoratrici e lavoratori. In ogni luogo, in ogni circostanza, sempre in primo piano per sostenere i diritti e le tutele di tutti, nessuno escluso. La Pandemia ci ha cambiati, questo è vero, ma probabilmente ha rafforzato le nostre convinzioni, in primis che la salute e la sicurezza non possono essere lasciati indietro.
E ringrazio Pierluigi Petricola per aver deciso di accendere i riflettori, impegnando il suo tempo e mettendo a disposizione le sue competenze, attorno ad una sfida davvero prioritaria. Il suo è stato un prezioso lavoro di studio, dentro un perimetro giuridico e normativo non privo di impulsi intellettuali e culturali; si legge, ugualmente, in modo fluido e scorrevole.
Buona lettera, nell’auspicio che questa grande battaglia diventi una causa di tutti e presto dal lieto epilogo.
Salute e sicurezza: natura vs positivismo
È sempre utile cercare di affrontare un tema partendo dai termini che lo denotano. Nel nostro caso, le due parole che esamineremo sono: salute e sicurezza. Zero morti sul lavoro fa subito balzare alla mente la seconda. La prima si dà per sottintesa nei casi migliori. Altrimenti la si ignora.
Eppure mai come nel corso di questi ultimi due anni il tema della tutela della sicurezza, conseguente alla tutela della salute, è stato protagonista.
Televisioni, tavolini da bar – quando e se utilizzabili – convegni in rete, discussioni fra amici e specialisti provenienti da vari ambiti: in tutte queste occasioni non se ne è che parlato. Ne sono emerse prospettive interessanti. Poche, a dire il vero, rispetto alle tante occasioni.
Persino la pubblicistica di scienziati, sociologi, opinionisti di ogni tipo, non ha fatto che ribadire l’importanza della tutela della salute. Occorre mettere in sicurezza i lavoratori
, si dichiarava ai vari microfoni o nei salotti televisivi. In sicurezza da cosa? Nello specifico, si intendeva dall’infezione di Sars-CoV-2.
Benvenuti i provvedimenti via via adottati per scongiurare un contagio esteso. Ma l’eccessiva, quasi esclusiva, attenzione a tale aspetto ha contribuito a trascurarne molti altri. Possiamo farne un breve elenco per non dimenticare: curare le malattie più gravi e irrimediabilmente mortali; concludere in tempi giusti e non biblici i procedimenti giudiziari; tutelare alcuni diritti dei lavoratori, soverchiati da angherie di ogni tipo prendendo a pretesto l’emergenza sanitaria; garantire la scrupolosa osservanza dei protocolli di sicurezza sul posto di lavoro.
Ve ne sarebbero tanti altri, ma questi sono, forse, i più essenziali.
Ogni urgenza ha questo di particolare: ingigantire il momento, assolutizzandolo, ponendo in disparte il resto. Il quale non cessa di esistere ed agire. Ma, essendo fuori dall’attenzione di tv e giornali, e di conseguenza dalla gente, non gode dell’interesse della collettività.
Se esiste solo ciò di cui si parla o si scrive, tacere su alcune questioni vuol dire dichiararle inesistenti. Se è vero quanto detto, se non altro sotto un profilo logico, come spiegare l’enorme quantità di decessi avvenuta sui posti di lavoro durante l’ultimo anno? Non si tratta di morti avvenute a seguito dell’infezione da Sars-CoV-2. Semplicemente, non sono state osservate, del tutto o non a sufficienza, le misure di sicurezza previste dall’attuale legislazione.
Fatta questa debita premessa che ci è servita per capire quanto importante sia di non prestare ascolto allo schiamazzo mediatico su un solo tema, veniamo ai termini su cui ruoterà tutta l’argomentazione. Salute e sicurezza.
Partiamo dal primo.
Il