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Lucio Battisti: La luce dell'estetica
Lucio Battisti: La luce dell'estetica
Lucio Battisti: La luce dell'estetica
E-book127 pagine1 ora

Lucio Battisti: La luce dell'estetica

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In un libro di interviste e aneddoti un ritratto alternativo di Lucio Battisti, tracciato da personaggi che hanno avuto in qualche modo rapporti con l’opera del cantante-compositore: interpreti, cantautori, musicisti, produttori, tutti ospiti de “La Lira Battistiana – premio pop d’autore”, ideato a Imperia da Jeff Aliprandi.
Il lavoro parte dalle atmosfere suggestive del grande Lucio che nei primi anni ’70 arriva all’apice dl successo con lavori quali Il mio canto libero – l’ellepì che si apre con La luce dell’est – per approdare al Battisti “bianco”, del CD del ’94 Hegel, ultimo frutto di trent’anni di attività compositiva, che ospita, tra i brani più significativi, quello intitolato Estetica.
Nel ripercorrere le vicende e l’opera di Lucio Battisti, attraverso testimonianze e documenti, gli autori pongono l’accento in particolare sul carattere originale, quasi isolato, dell’esperienza battistiana nel panorama della canzone d’autore dei passati decenni di fine secolo: accusato spesso di “parlare troppo di sentimenti”, di “non impegnarsi abbastanza nel sociale”, di puntare tutto sulla bellezza della musica e sulla musicalità del testo – sull’estetica dunque, più che sull’etica – ha fornito invece, secondo gli autori e gli intervistati, un illuminante esempio di come l’arte non possa che avere una sua funzione morale e sociale, quand’anche il contenuto non sia esplicitamente tale.

GLI OSPITI DELLA “LIRA BATTISTIANA” PARLANO DELL’ARTISTA
Dario Baldan Bembo, Ambra Borelli, Laura e Monica Donida, Alberto Fortis, Fernando Fratarcangeli, Italo Gnocchi, Mario Lavezzi, Massimo Luca, Roby Matano, Povia, Oscar Prudente, Gian Piero Reverberi
CON INTRODUZIONI DI Gianni Dall’Aglio, Pietruccio Montalbetti, Francesco Baccini
LinguaItaliano
Data di uscita30 mar 2015
ISBN9788869430367
Lucio Battisti: La luce dell'estetica

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    Anteprima del libro

    Lucio Battisti - Jeff Aliprandi

    Introduzioni

    I

    Del grande, grandissimo Lucio Battisti è stato scritto quasi tutto. Dico quasi perché, tra le pagine dei tanti libri dedicati a lui, mancano ancora informazioni preziose rimaste inedite, notizie inerenti l’uomo e l’artista, rivelazioni che solo i suoi collaboratori più stretti – dei quali sono onorato di far parte – possono riferire all’attento lettore.

    In questo libro, attraverso le varie testimonianze, si raccontano alcuni dei momenti utili a completare la grande avventura di un musicista immensamente creativo e autentico.

    Gianni Dall’Aglio

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    Gianni Dall’Aglio

    II

    Parlare di Battisti non è così semplice come sembra.

    È stato un autore versatile, che ha avuto il coraggio del cambiamento pur rimanendo coerente con se stesso e fedele alla propria ispirazione. Ironico, simpatico eppure sempre un po’ impenetrabile, eccessivamente riservato agli occhi di chi non lo ha visto da vicino.

    Io che invece ho avuto la fortuna di conoscerlo agli inizi della carriera, fresco ed entusiasta prima ancora che la fama lo costringesse all’isolamento, l’ho vissuto in maniera differente, tutta particolare: per me è l’amico con il quale ho instaurato un rapporto affettivo, prima ancora che l’artista di successo.

    Lucio deve la sua fama prima di tutto a se stesso – grande talento musicale e spirito tenace – ma anche alla sua prima editrice Christine Leroux, a Mogol che ha saputo valorizzare le sue potenzialità e, infine, un pochino anche a noi che fin dall’inizio abbiamo creduto in lui.

    Nel primo periodo, insieme a Mogol, ha saputo creare immagini di vita e di sentimenti tanto semplici quanto incisive, in uno stile del tutto nuovo e originale.

    Ma non si è fermato qui.

    La sua eccezionalità consiste nel non essere mai stato un replicante di se stesso: è riuscito ad affrontare tutti i generi musicali mantenendo in ogni creazione la propria cifra personale e scrivendo canzoni che rimarranno nel cuore e nella storia del nostro paese.

    Ad un certo punto, infine, ha avvertito la necessità di esplorare orizzonti sconosciuti e con Panella ha iniziato un nuovo viaggio, un nuovo percorso che pochi hanno compreso perché spiazzati dall’imprevedibilità e dall’intraprendenza di un artista che ha avuto l’audacia di sovvertire gli schemi, senza cedere alla tentazione di fossilizzarsi su ciò che aveva funzionato.

    Mi viene in mente un paragone con la pittura: la stagione artistica con Mogol ha prodotto quadri realistici in un linguaggio molto efficace ma sostanzialmente semplice. La seconda fase con Panella si è espressa invece in modo astratto, sicuramente meno comprensibile al primo impatto ma non per questo meno ricco di suggestioni. Un po’ come paragonare un pittore antico ad uno del Novecento...

    Si è detto che il divorzio con Mogol sia avvenuto per questioni di interesse. So con certezza che non è così: gli sono stato vicino in quel periodo ed ho intuito e compreso tutta la sua necessità di rinnovarsi.

    Pietruccio Montalbetti

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    Pietruccio Montalbetti

    (foto Alessandro Torrini)

    III

    Lucio Battisti è stato un grande innovatore della canzone italiana. L’ho scoperto piuttosto tardi perché da ragazzo apprezzavo altre cose, soprattutto musica straniera e molto repertorio classico. Poi ho cominciato ad ascoltare Battisti attentamente e ciò che mi ha colpito di più è stata la sua capacità di comporre canzoni sempre completamente diverse l’una dall’altra, brani unici e sempre nuovi nell’aspetto compositivo, dotati ciascuno di una propria personalità e freschezza. Credo sia questo uno dei motivi per cui la sua musica continua a piacere anche oggi e sia destinata a non essere dimenticata nel futuro.

    Francesco Baccini

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    Francesco Baccini

    (foto Marco Renna)

    Nota degli autori

    Quelli della Numero Uno…

    Molti dei personaggi intervistati per questo libro hanno gravitato attorno al noto marchio discografico nato sul finire degli anni Sessanta.

    Era il luglio del ’69 per la precisione, proprio mentre Neil Armstrong posava il primo piede umano sul suolo lunare e una serie di attentati in Italia dava inizio ai funesti anni di piombo.

    Fondatori dell’etichetta erano Giulio Rapetti (Mogol), suo padre Mariano ed Alessandro Colombini, cui in un secondo tempo si erano uniti con l’acquisto di azioni Lucio Battisti, Carlo Donida ed altri. Tra i musicisti che operavano per la casa discografica, oltre a Battisti, Lauzi e Bennato, c’erano tutti i protagonisti di quel periodo particolarmente fervido di novità, forse il momento più ricco di fermenti ed autenticità nel panorama della musica leggera italiana: fra loro Oscar Prudente, Mario Lavezzi, Dario Baldan Bembo, Massimo Luca, Gian Piero Reverberi.

    Abbiamo avuto la fortuna di averli ospiti alla Lira Battistiana, accanto a Laura Donida e Monica Bettinelli (rispettivamente figlia e nipote di Carlo Donida Labati), Ambra Borelli (una delle prime interpreti battistiane), Alberto Fortis (grande ammiratore di Lucio che fu in contatto con lui indirettamente, avendo inciso il primo album con la PFM, con Alberto Salerno e Claudio Fabi della Numero Uno), Fernando Fratarcangeli e Italo Gnocchi (tra i più accreditati collezionisti ed esperti di rarità, anche battistiane), Roby Matano (cantante e chitarrista dei Campioni, colui che scoprì Battisti) e Giuseppe Povia, a testimonianza della stima da parte delle nuove generazioni nei confronti del cantautore di Poggio Bustone.

    Chi meglio di loro poteva restituirci intatta l’atmosfera degli studi di registrazione dell’epoca – quando ancora si incideva senza computer – parlarci dell’avventura del Mulino, quella sorta di comune di musicisti fondata da Mogol, descriverci l’entusiasmo dei giovani cantanti e strumentisti che si ritrovavano in Galleria del Corso a Milano o, ancora, raccontarci la leggendaria cavalcata Milano-Roma di Mogol e Battisti?

    Chi poteva soprattutto offrirci un ritratto vivo di Lucio, con la verità di chi ha lavorato accanto a lui e l’ha conosciuto, come uomo e musicista?

    Dalle loro parole emerge il volto di un giovane timido, che sapeva però aprirsi con le persone di cui si fidava, rivelando un inaspettato quanto singolarmente ironico senso dell’umorismo; l’immagine di un musicista completamente immerso nel suo mondo di note, eppure sempre attento alla gestione di se stesso ed estremamente coerente e determinato nell’organizzazione del lavoro: un grande creativo, insomma, ma coi piedi per terra.

    Abbiamo voluto parlare dell’artista, tuttavia, più che dell’uomo, anche per rispettare le sue scelte, ciò che lui desiderava essere: diceva spesso di voler comunicare solo con la sua musica, con i suoi lavori, e non in altro modo. Di qui la sua decisione, talvolta criticata ma indubbiamente considerevole quale segno di estrema coerenza, di isolarsi e non esibirsi più dal vivo, con il conseguente ultimo periodo, quello del cosiddetto Battisti bianco, dedito alla ricerca e autore di opere sempre meno disposte a compiacere le mode e i gusti facili. Un orientamento che è stato inteso da molti come presunzione e misantropia, ma che è sicuramente una scelta coraggiosa e come tale portatrice di un messaggio che va oltre le conseguenze pratiche immediate: la scelta di chi, controcorrente, decide di rimanere se stesso – introverso, votato alla musica e un po’ fuori dal mondo – piuttosto che piegarsi alle leggi di un mercato che vuole sempre più l’omologazione a fini commerciali e richiede compromessi nel dialogo col mondo dell’immagine. Il proposito di chi preferisce guardarsi dentro e scavare in questa direzione, piuttosto che scendere a patti con il filtro e l’amplificazione dei media, anche a costo di essere incompreso – tipico, d’altra parte, degli autentici talenti, la storia ci insegna – o di andare incontro a risultati non sempre felicissimi.

    Per questo siamo dell’idea che il Lucio delle ultime creazioni abbia tutt’altro che tradito se stesso, anche se molti – tra cui alcuni degli intervistati che giudicano snaturato il Battisti dei dischi bianchi – la pensano diversamente. E, a ben vedere, le pubblicazioni recenti contengono pezzi – pensiamo soltanto a Però il rinoceronte o I ritorni – che, spogliati degli arrangiamenti indubbiamente troppo asettici nella loro impersonalità elettronica, contengono tutta la melodia e l’armonia del Battisti più amato, quello degli anni Settanta, il Battisti di sempre: basterebbe un po’ di attenzione

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