Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Come unto these yellow sands: Edizione italiana
Come unto these yellow sands: Edizione italiana
Come unto these yellow sands: Edizione italiana
E-book219 pagine3 ore

Come unto these yellow sands: Edizione italiana

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Un tempo era il cattivo ragazzo del mondo letterario, adesso l’unica droga del professor Sebastian Swift sono le poesie di Browning, Frost e Cummings.
Quando uno studente che ha aiutato a nascondersi viene sospettato di omicidio, Swift corre a cercarlo per convincerlo a consegnarsi prima che Max – suo amante e capo della polizia – capisca che è implicato.
Max ama le menzogne ancora meno dei sonetti. Eppure l’istinto – e il cuore – gli dicono che il suo uomo è stato incastrato, e un pericoloso nemico potrebbe non fermarsi finché Swift non diventerà il capo… di una società dei poeti estinti tutta sua.
LinguaItaliano
Data di uscita1 giu 2022
ISBN9791220703116
Come unto these yellow sands: Edizione italiana
Autore

Josh Lanyon

Author of nearly ninety titles of classic Male/Male fiction featuring twisty mystery, kickass adventure, and unapologetic man-on-man romance, JOSH LANYON’S work has been translated into eleven languages. Her FBI thriller Fair Game was the first Male/Male title to be published by Harlequin Mondadori, then the largest romance publisher in Italy. Stranger on the Shore (Harper Collins Italia) was the first M/M title to be published in print. In 2016 Fatal Shadows placed #5 in Japan’s annual Boy Love novel list (the first and only title by a foreign author to place on the list). The Adrien English series was awarded the All-Time Favorite Couple by the Goodreads M/M Romance Group. In 2019, Fatal Shadows became the first LGBTQ mobile game created by Moments: Choose Your Story.She is an EPIC Award winner, a four-time Lambda Literary Award finalist (twice for Gay Mystery), an Edgar nominee, and the first ever recipient of the Goodreads All-Time Favorite M/M Author award.Find other Josh Lanyon titles at www.joshlanyon.comFollow Josh on Twitter, Facebook, and Goodreads.

Autori correlati

Correlato a Come unto these yellow sands

Ebook correlati

Narrativa romantica LGBTQIA+ per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Come unto these yellow sands

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Come unto these yellow sands - Josh Lanyon

    1

    Era come in uno di quei romanzi del genere Scegli la tua avventura.

    Sei il comandante della prima unità della squadra speciale Lazarian Galaxy…

    Be’, no. Non quel tipo di avventura. Questa cominciava così: sei un rispettabile professore di college, direttore del prestigioso master in belle arti Lighthouse del Casco Bay College, Maine meridionale. Hai avuto una giornataccia e non vorresti altro che andare a casa a goderti un bicchiere di vino e una buona cena insieme a Max Prescott, capo della polizia e tuo fidanzato o giù di lì. Ma mentre raggiungi il tuo ufficio nella Chamberlain Hall adocchi un ragazzo accasciato su una sedia fuori dalla porta. Persino da quella distanza capisci che il ragazzo sta passando una giornata peggiore della tua. Se vuoi fare la cosa più responsabile, da adulto, continui a camminare. Se invece vuoi semplificarti la vita, ti giri e te ne vai prima che lui ti noti.

    Una volta la scelta sarebbe stata scontata. Ma adesso Swift era invecchiato, contro ogni previsione, e provava un certo orgoglio per il fatto di non schivare più le responsabilità. Inoltre, quella figura alta, scura e avvilita gli era familiare. Tad Corelli era uno degli studenti che partecipavano al programma Lighthouse. A Swift ricordava un po’ se stesso a quella età, se si escludono la presunzione e l’enorme vena autodistruttiva.

    Trovò le chiavi appena raggiunta la porta. Rivolse un’occhiata a Tad. «Scusa, mi hanno trattenuto. È tanto che aspetti?»

    Tad alzò la testa e a Swift caddero le chiavi di mano. «Che diavolo ti è successo?»

    Il ragazzo indossava un cappotto scuro e un berretto di lana nera che incorniciava un viso pesto. Un occhio era così gonfio da essere quasi chiuso, il labbro inferiore spaccato e tumefatto, e sotto una narice c’era una crosta di sangue. Si chinò con dolore a raccogliere le chiavi di Swift.

    Lui le afferrò automaticamente, senza smettere di fissarlo.

    «Sto bene,» mormorò Tad. Guardò la porta, chiaramente aspettando che lui la aprisse, e Swift ficcò le chiavi nella serratura per poi spalancarla con una spinta.

    Il suo ufficio era un caos accogliente di libri, piante e vecchi poster. La scrivania era antica, appartenuta a Carl Sandburg. La sedia in pelle dietro di essa era stata del padre di Swift, il poeta e drammaturgo Norris Swift. Quella di fronte era una comoda poltroncina di seconda mano. Swift mise una mano sulla spalla di Tad e lo condusse verso quelle morbide profondità beige.

    Tad si chinò in avanti, la testa tra le mani, e Swift chiuse la porta dello studio.

    «Hai bisogno… Di cosa hai bisogno?» Era confuso. La violenza fisica non era la sua area di competenza, anche se gli era successo di venire menato di brutto. Ma di solito se l’era andata a cercare.

    «Di niente.» Tad alzò lo sguardo, incrociò il suo e riuscì a fare un sorriso tetro. «Dovrebbe vedere com’è conciato l’altro, professor Swift.»

    «Cos’è successo?»

    Lui posò delle dita caute sul labbro spaccato. «Non è importante. Senta, de… devo andare via per un po’. La prego, non mi tolga dalla classe. O dal programma Lighthouse.»

    «Dove vai?»

    Tad scosse la testa.

    Swift si sedette sul bordo della scrivania e cercò di interpretare la sua espressione. «Non può essere stata una gran rissa. Non hai le nocche peste.»

    «La prego…»

    «Cosa?»

    Tad riprese in tono di supplica: «Devo solo andar via per un po’. Non sto mollando il corso. Mi serve solo del tempo per rimettermi in sesto. Giusto un paio di settimane.»

    «Okay,» rispose lentamente Swift.

    Davanti allo sguardo sorpreso del ragazzo aggiunse: «Non ti caccerò, Tad. Ti voglio nel programma. Ma perché non mi dici cosa ti sta succedendo? Magari posso aiutarti.»

    «Nessuno può aiutarmi.» Tad chiuse gli occhi, lottando contro le proprie emozioni.

    C’era tanto dolore su quel viso. Ma d’altronde, essere giovani è una condizione dolorosa.

    «Ti serve qualcosa? Hai del denaro? Un posto dove andare?»

    Tad scosse la testa.

    Swift ci pensò su. Ricambia il bene ricevuto. Era ancora vivo perché delle persone, senza alcun obbligo verso di lui, gli avevano dato una chance, gli avevano teso la mano quando ne aveva più bisogno; non una volta sola, ma svariate durante la sua giovinezza dissoluta. Si sporse sulla scrivania. Aprì il primo cassetto e pescò la chiave di riserva del suo bungalow.

    Prese il portafogli e rovistò all’interno. Non portava mai con sé molto contante. Non più. Troppo pericoloso. Aveva perso l’abitudine; una delle tante a cui si era sottratto. «Posso darti venti dollari, e puoi andare a stare a casa mia a Orson Island, mentre rifletti sul da farsi.»

    Tad riaprì gli occhi, l’espressione incredula. «Non… non so cosa dire.»

    «Non devi dire niente. Ci sono passato anch’io. Prenditi il tempo che ti serve, schiarisciti le idee e torna quando sei pronto a rimetterti al lavoro.»

    Tad lo fissò senza muoversi, in preda al dubbio.

    «Okay?» gli chiese Swift con gentilezza.

    Lui annuì. Prese le chiavi e il denaro, cacciandoseli in automatico nella tasca del cappotto. Posò entrambe le mani sul bordo della scrivania e si alzò.

    «Sicuro che non ti serva un dottore?» O magari un’ambulanza. Il ragazzo si muoveva come avesse cent’anni.

    Tad scosse la testa.

    «Fammi sapere come te la cavi, okay?»

    Un altro cenno di assenso. Tad si trascinò verso la porta. Si fermò con la mano sul pomello. «Grazie, professor Swift,» disse senza girarsi.

    Un momento dopo era sparito, la porta che si chiudeva lieve alle sue spalle.


    Swift viveva in una vecchia chiesa sconsacrata nel paese di Stone Coast. Al di là di ogni aspettativa era una abitazione comoda e pratica, pur conservando il suo fascino eccentrico.

    Le porte originali ad arco, con i pannelli di vetro policromo, erano ancora intatte. Le finestre gotiche facevano entrare una calda luce da est al mattino. Le spesse travi a vista, i pavimenti, i soffitti e persino le pareti erano di legno scuro brunito. Al posto dell’altare c’era una lunga isola ricoperta di marmo all’interno di una cucina rialzata e totalmente moderna. Swift era un cuoco appassionato. Per lui cucinare era meglio della terapia.

    Parlando di esperienze religiose, anche i banchi erano spariti da tempo; tutti tranne uno, posizionato all’ingresso. Swift aveva acquistato una quantità di statue e bassorilievi, grandi e piccoli, da centri di giardinaggio, liquidazioni dei beni e aste della chiesa, e tutti questi adesso decoravano la zona giorno. Il camino di pietra e le librerie incassate erano frutto della ristrutturazione, così come i pavimenti di ardesia nella cucina e nell’atrio. Il soppalco al piano di sopra, con la sua enorme camera padronale e il bagno, era circondato da una ringhiera decorata degli anni Quaranta. Di sopra le finestre di vetro istoriato erano quasi intatte. La gigantesca statua di bronzo di una donna alata abbracciava con lo sguardo il salotto, un sorriso benevolo sul viso.

    Swift non era particolarmente devoto, ma percepiva delle vibrazioni positive in quell’ex luogo di culto. Era un posto pieno di pace, e lui aveva avuto bisogno di pace quando, sei anni prima, era arrivato a Stone Coast fresco di disintossicazione.

    Arrivato a casa dopo l’incontro con Tad si versò un bicchiere di vino, uno solo (ci stava attento), e cominciò a preparare la cena. Non era sicuro se Max quella sera sarebbe passato o no. Andava e veniva a suo piacimento, modalità gradita a entrambi, anche se a Swift non sarebbe dispiaciuto più venire che andare.

    Mescolò limone, timo e pistacchi nel mixer per fare il pesto, spruzzò dell’olio di oliva e aggiunse del pepe nero appena macinato. Mentre lavorava pensò a Tad. Ragazzo sveglio, di talento, ma di certo non aveva partecipato a una rissa. Era stato picchiato. Brutalmente. Ed era spaventato.

    Tuttavia non si può imporre aiuto a chi non lo vuole. Nessuno lo sapeva meglio di Swift. Quindi si fa quel che si può. E magari un po’ di tempo e distanza erano tutto quello di cui Tad aveva bisogno. Prese un sorso di vino, mise da parte il pesto e preparò il pollo.

    Pollo con pesto al limone e timo e pomodori in insalata. Se Max si fosse presentato ci sarebbe stato cibo in abbondanza. In caso contrario ci sarebbero stati avanzi in abbondanza.


    Più tardi, appena dopo le nove, Swift stava leggendo Cuori appassionati: la poesia dell’amore sensuale quando sentì la chiave di Max nella porta d’ingresso. Il cuore accelerò come sempre, e gli spuntò un sorriso autoironico. Non era T.S. Eliot che aveva scritto del qui e ora che cessano di esistere?

    A un certo punto aveva cercato di convincersi che i suoi sentimenti derivassero dall’essere gli unici due uomini apertamente gay in una piccola città, ma nell’ultimo anno circa era arrivato ad accettare il fatto di tenere a Max. Più di quanto Max tenesse a lui. Per Max probabilmente si trattava davvero di essere gli unici due uomini apertamente gay in una piccola città. E qualsiasi cosa fosse stato Swift in passato, adesso era una persona del tutto rispettabile. Un buon partito. Eccetto che, come occasionalmente sottolineava, Max non stava cercando di accasarsi. Non aveva intenzione di impegnarsi.

    «Che buon odore,» disse dall’ingresso.

    Swift gettò da parte il libro e si tirò su. «Fame?»

    «Muoio.» Max apparve nella soglia ad arco, e Swift si alzò per andargli incontro. Il poliziotto era alto un metro e novantacinque e aveva le spalle larghe. I capelli ondulati erano castani con riflessi rossicci, gli occhi nocciola. Assomigliava molto a Tom Selleck, eccetto che per la diabolica cicatrice bianca sul sopracciglio sinistro, regalo di un aspirante ladro d’auto strafatto di coca che aveva cercato di cavargli l’occhio.

    Swift gli avvolse le braccia intorno al collo. Max lo avvicinò di più a sé e mentre la bocca di Swift trovava la sua, mormorò: «Ma posso aspettare.»

    Aveva il viso freddo e sapeva di troppe tazze di caffè, ma a Swift non importava. Amava il suo sapore. Lo baciò più in profondità, sciogliendosi interiormente quando Max reagì bramoso. Probabilmente aveva a che fare con il libro di poesia che stava leggendo prima della sua comparsa. Era decisamente in vena e si stava preparando a risolvere da solo la questione. E invece ecco lì Max, le grandi mani solide che gli affondavano nel sedere stringendolo ancora di più a sé, e la lingua che gli leccava le labbra. Swift si aprì a quella timida esplorazione, e la lingua calda e liscia di Max si infilò dentro.

    Produsse un gemito dal fondo della gola. Lo voleva, lo voleva sempre, e la cosa migliore era che anche Max sembrava volerlo sempre.

    Continuarono a baciarsi, poi il poliziotto si interruppe per prendere fiato. «Non so se sei tu o il fatto che non mangio da ora di colazione, ma sono un po’ stordito.»

    Anche Swift rise, le dita che si intrecciavano per un attimo alle sue mentre lo conduceva oltre un angelo di marmo, alto più di due metri e con la spada sollevata, fino ai due gradini che portavano in cucina. «Allora è venuto nel posto giusto, capo. Cosa ti va da bere?»

    «Cos’hai alla spina?»

    «Casco Bay Riptide Red e Summer Ale.»

    «Prendo una Red.»

    Max si appoggiò allo stipite e sorseggiò la sua birra mentre Swift prendeva gli avanzi dal frigo e riscaldava il pollo.

    «Giornata dura in ufficio?» chiese notando che il silenzio perdurava. Max sembrava distante anni luce.

    Questi alzò lo sguardo, facendo un debole sorriso. «Già. Puoi dirlo. Non ci capitano molti delitti. Il Maine ha il terzo tasso di omicidi più basso del Paese, e noi abbiamo uno dei più bassi del Maine. Ne siamo orgogliosi.»

    «Hai un caso di omicidio?»

    Max annuì. «Un ristoratore locale di nome Mario Corelli è stato trovato morto sulla spiaggia di Wolfe Neck con un proiettile in corpo.»

    Il dito di Swift si paralizzò sul pulsante del microonde. «Cosa?»

    «Se avessi la TV, sapresti tutto. Mario Corelli. Del ristorante Corelli’s. Ci abbiamo mangiato un paio di volte.»

    «Mi ricordo. I manicotti erano incredibili. Ricotta, mozzarella, pinoli, erbette e una salsa marinara per la cui ricetta ucciderei.»

    «Magari è quello il movente. Devo chiederti se hai un alibi?»

    «Non avete un sospettato?»

    «Ne abbiamo un paio. Ieri sera Corelli aveva licenziato un cameriere, che ora non si trova. È sparito anche il figlio di Corelli, Tad.»

    «Tad è tra i sospettati?»

    «Quel ragazzo e suo padre erano cane e gatto, litigavano sempre. Il fatto che sia scomparso è losco.»

    «Forse non sa del padre.»

    «Forse.» Max sembrava scettico.

    «Potrebbe essere scomparso per altre ragioni, giusto?»

    «Certo.» Max gli scoccò un’occhiata, aggrottando la fronte. «Ma la sua scomparsa risulta strana a chiunque lo conosca. Il ragazzo è già stato nei guai. Abuso di sostanze, quel genere di problemi.»

    Aveva detto la cosa sbagliata, e Swift si sentì assumere un tono difensivo. «La gente cambia.»

    «È quello che dicono i buonisti.» Come rendendosi conto del proprio cinismo, Max aggiunse: «Tu sei un caso raro, Swift.»

    Lui premette il pulsante e osservò il microonde vibrare. Fissò il proprio riflesso nello sportello. Aveva il viso vacuo e pallido. C’erano solo il bagliore degli occhi, lo scintillio del suo orecchino e la cornice scura dei lunghi capelli.

    «Sembri esserti già fatto una tua idea.»

    «Ho un’intuizione,» rispose Max, e la certezza nel suo tono scatenò le ire di Swift. Probabilmente non era logico né razionale, ma quella tendenza a giudicare era tra le caratteristiche che lo infastidivano in lui. Uno degli aspetti sotto i quali non erano compatibili.

    Strinse le labbra reprimendo delle parole poco prudenti. Osservò il pollo girare lentamente sul suo piatto nel microonde.

    Max riprese: «Ora che ci penso, Corelli è nel tuo corso di scrittura, no? Cosa puoi dirmi di lui?»

    Se aveva intenzione di parlare, quello era il momento. Max poteva anche essere disilluso, un po’ cinico, ma era un bravo poliziotto. Esperto. E riteneva Tad colpevole.

    E Swift non era d’accordo. Anche lui aveva delle intuizioni sulla gente, e di solito ci prendeva in pieno. Conosceva Tad Corelli, Max invece no. Tad non aveva agito come chi avesse appena ucciso il padre. Era impaurito, ma il comportamento non era quello di una persona colpevole o in fuga. Era malconcio, insanguinato, emotivamente esausto… ma nessuna di queste cose indicava che avesse commesso un omicidio.

    E Swift sentiva un legame con lui. L’aveva sentito da subito, dal giorno in cui Tad l’aveva pregato di essere iscritto al programma Lighthouse. Il ragazzo non stava lavorando a un master, ancora non si era neanche laureato, ma aveva pregato di partecipare al seminario di dieci giorni che si svolgeva ogni semestre, e anche se il corso era ristretto quanto competitivo, tutta quella passione aveva fatto effetto su Swift. Aveva fatto qualche telefonata.

    Tad si meritava una tregua. Si meritava di poter raccontare la propria versione della storia, e avrebbe fatto un’impressione migliore se l’avesse fatto di sua iniziativa. Almeno di questo Swift era certo, dopo tutte le lunghe serate invernali in cui aveva sentito Max parlare del suo lavoro.

    «Qualcosa non va?»

    Swift si girò verso di lui. Rifletté in fretta. Poteva raggiungere l’isola il giorno dopo e parlare con Tad, spiegargli cosa stava succedendo; probabilmente non sapeva ancora che il padre era morto, e sarebbe stato meglio ricevere quella terribile notizia da un amico. Swift ricordava con fin troppa chiarezza la morte del proprio padre. E

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1