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Impronte del passato
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E-book291 pagine4 ore

Impronte del passato

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Info su questo ebook

È accaduto proprio come in un film: i loro occhi si sono incrociati e si sono innamorati.
Nove anni dopo, il rapporto tra Chess e André è invidiato da tutti i loro amici.
Ma questa è la vita vera… e le cose non sono mai come sembrano.

Le apparenze ingannano, però… meglio nascondere l’orribile passato di Chess. Si è impegnato duramente per cancellare l’adolescente di un tempo e ora vive un’esistenza che mai avrebbe immaginato. L’amore di André è un dono che lo spinge a credere nelle seconde occasioni, e Chess è grato per ogni singolo giorno. L’unica cosa che desidera è qualcosa che però André non riesce a donargli: il suo tempo. Sei mesi lontani potrebbero essere il limite di sopportazione, anche per Chess.

Una notte orribile ha cambiato per sempre la vita di André. Ex festaiolo della scena mondana degli Hamptons, André si tuffa nel lavoro per anni finché non incontra Chess e impara a godersi le piccole cose della vita. È stanco di stare sempre lontano da casa ed è pronto a rinunciare al ruolo di amministratore delegato della società di famiglia, non importa quanto loro insistano. Tuttavia, le vecchie abitudini sono dure a morire… così come lo sono anche i ricordi.

Foto del passato e del presente sono pronte a sconvolgere la loro vita costruita con tanta cura.
Sono costretti ad affrontare l’inimmaginabile: l’amore che pensavano che sarebbe durato per sempre è sul punto di crollare. Vengono a galla segreti che aprono un vaso di Pandora che entrambi preferirebbero restasse chiuso per sempre. Adesso Chess e André si trovano di fronte alla domanda più complicata: si conosce mai sul serio la persona con cui si vive?
LinguaItaliano
Data di uscita15 nov 2022
ISBN9791220704526
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    Anteprima del libro

    Impronte del passato - Felice Stevens

    1

    Chester Braxton trovava che fingere diventasse sempre più difficile ogni giorno che passava. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stata la festa per l’inaugurazione della casa di Elliot e Win, quando aveva dovuto trovare ancora una volta una scusa per l’assenza di André.

    In quel momento era seduto da solo nel loro appartamento in una bellissima mattina soleggiata, mentre il suo compagno era dall’altra parte del mondo. Era sera in Svizzera, dove André si era rifugiato per occuparsi degli affari, ed erano collegati per la loro quotidiana videochiamata su FaceTime. Chess diede sfogo alla sua preoccupazione nel vedere il viso teso del compagno.

    «Vorrei che non dovessi stare via per tutto questo tempo.»

    «Lo odio anch’io, amore.» André si stiracchiò sul letto e sorseggiò una bottiglia d’acqua. «Ma ci sono situazioni che vanno oltre il mio controllo. Se non terrò d’occhio tutto, perderemo milioni di dollari.» Un’espressione tormentata gli incupì il viso. «Sai che non voglio starti lontano.»

    Erano nel bel mezzo della pausa estiva e Chess aspettava con ansia di poter trascorrere un po’ di tempo insieme, soprattutto perché André era in Europa da sei mesi, sommerso dalla gestione di complicati accordi per espandere la catena alberghiera di famiglia. Ovviamente, le foto che lo ritraevano durante le ore libere – a nuotare, giocare a tennis, a cena in ristoranti stellati Michelin con gente stupenda che Chess non conosceva – non aiutavano. Non trascorrevano così tanto tempo separati da quando avevano iniziato a frequentarsi, e Chess aveva cominciato a restare sveglio fino a tardi più del solito, in un letto vuoto che non offriva conforto.

    «A volte non sono così sicuro.» Ecco. Aveva lanciato il guanto di sfida, ma esprimere quello che gli passava per la testa da un po’ non lo fece sentire meglio.

    André si bloccò con la bottiglia a metà strada verso la bocca e, invece di bere un altro sorso, la posò sul comodino accanto al letto king-size. «Che vorrebbe dire?»

    «Mi dispiace, tesoro. Non era quello che intendevo.» Si tirò indietro come sempre perché amava così tanto André e non voleva metterlo ancor più sotto pressione. «Non voglio litigare. Mi manchi, tutto qui. Durante l’ultimo anno sei stato più via che a casa. Immagino che stare separati… maledizione, mi dia fastidio. Lo odio.»

    Lo sguardo intenso di André si addolcì. «Anche tu mi manchi, amore. Vederti nel nostro letto e voler essere lì quando so che non posso… mi fa male. Odio stare lontani per così tanto tempo, ma sai che la famiglia ha bisogno di me. Senza mio padre, e con Bianca ed Henry che non sono interessati all’attività di famiglia se non quando c’è da dividere i dei profitti, tutte le responsabilità ricadono su di me.»

    «Lo so. Ma trascorrere da solo ogni notte comincia a stufarmi. Esiste un numero limitato di libri che posso leggere o ascoltare.» Se doveva essere sincero, non credeva che volere il suo uomo con lui lo rendesse troppo bisognoso di attenzioni.

    «Amo che tu abbia bisogno di me. E anch’io ti amo e ho bisogno di te. È così da quando ti ho visto alla festa di facoltà.»

    Non riuscì a trattenere un sorriso nell’udire le parole di André. «Non ho mai visto un cameriere più bello con uno smoking più elegante.»

    Chess non avrebbe mai dimenticato quella notte. Era stato il suo primo evento universitario. Si sentiva solo, nervoso e fuori luogo, e aveva notato un cameriere alto e stupendo che indossava uno smoking e che teneva due calici di champagne in mano.

    «Potrei averne uno?»

    Sorpreso, l’uomo lo fissò e gli sorrise in modo strano. «Prego.» Gli offrì il bicchiere e Chess ne bevve metà in un sorso solo. «Prima volta a uno di questi eventi?»

    «Sì, sono appena arrivato all’università… sto lavorando al dottorato per diventare un professore di storia europea. Di solito non vado alle feste, ma il responsabile del dipartimento, il professor Williamson, ha detto che dovevo presentarmi se prima o poi volevo una cattedra.»

    «Ed è quello che vuole?»

    Se sembrava strano avere una conversazione simile con un cameriere, Chess non ci fece caso. Di certo non proveniva dal mondo accademico e, in una stanza in cui non conosceva realmente nessuno, trovò facile parlare con quell’uomo, oltre al fatto che era bello.

    «Certo. È l’obiettivo finale di chi lavora in questo settore.»

    «Allora… storia europea? Qual è il paese che preferisce?»

    «Non ho ancora avuto la fortuna di viaggiare all’estero, ma non vedo l’ora di visitare l’Inghilterra e l’Italia. E poi tutto il resto.» Ridacchiò. «Piani grandiosi, ma tutti hanno bisogno di avere sogni.»

    «Sì. Sogni. Dove saremmo senza?»

    Chess sorseggiò lo champagne con più giudizio, chiedendosi perché il cameriere fosse rimasto con lui e non avesse fatto il giro in mezzo alla folla. Bere troppo non sarebbe stata una buona idea… aveva letto storie orribili di gente che si era ubriacata a eventi simili e che si era rovinata la carriera ancora prima di avere la possibilità di cominciare. Non lui. Sapeva benissimo quanto fosse facile essere privati di qualcosa di buono, e non aveva intenzione di perdere la possibilità di avere la vita che si era impegnato tanto a creare.

    Dall’altro lato della stanza vide non solo il professor Martin Williamson, ma anche Francis Turcotte, il rettore dell’università, che camminavano verso di lui. Cominciò ad agitarsi. Non sapeva perché avesse attirato l’attenzione delle due persone più facoltose dell’università. Tuttavia, non si rivolsero a lui quando parlarono.

    Turcotte si fermò davanti al cameriere. «André, eccoti. Volevo assicurarmi che incontrassi il professor Williamson, in caso non potessi restare per tutta la sera. So quanto sei impegnato e siamo davvero euforici che tu sia riuscito a passare.»

    «Francis, mi dispiace, ma a quanto pare ho perso il tuo champagne.» Chess si sentì morire e fissò ammutolito l’uomo. «Ero nel bel mezzo di una conversazione interessante con…» Fece un sorrisino a Chess. «Mi dispiace. Non conosco il suo nome.»

    Non avendo idea di che cosa stesse succedendo, Chess rispose: «Chester. Chester Braxton.»

    Williamson e Turcotte lo fissarono con un miscuglio di sorpresa e confusione, poi Williamson lo salutò. «Salve, Chester. Spero che tu ti stia divertendo. Vedo che hai conosciuto André Webster.»

    Chess restò a bocca aperta e fissò l’uomo, che sollevò il calice, nascondendo un sorriso.

    «André Webster delle Webster Properties? Uno degli amministratori fiduciari dell’università?»

    «Sorpresa.» Gli occhi azzurri di André luccicarono, e una fossetta gli comparve su una guancia. Chess avrebbe potuto svenire per l’imbarazzo. Oppure andare in estasi per l’assoluta sensualità di quell’uomo. Riuscì a ritrovare la voce, però.

    «Io… io credevo che lei fosse un cameriere.»

    «Cosa che mi spinge a credere che sia ora di cambiare sarto. È chiaro che mi serva uno smoking di qualità migliore.»

    Chess sbuffò e divenne paonazzo. «Sono sicuro che non sarà un problema. Vi lascerò alla vostra conversazione, signori. È stato un piacere rivederti, Martin, presidente Turcotte. Signor Webster, è stato un piacere conoscerla, e grazie per avermi tenuto compagnia.»

    Si allontanò e trovò alcuni colleghi con cui aveva parlato durante l’orientamento. Li salutò, chiacchierando del più e del meno per un po’. Vide André Webster con altri membri importanti della facoltà, e i loro sguardi si incrociarono. Webster sorrise e gli fece l’occhiolino. Le guance di Chess andarono a fuoco e si girò. Si diresse verso il buffet tenendo in mano un bicchiere di champagne e mangiucchiò qualche antipasto. Il suo piano era di andare via senza dare nell’occhio.

    «Con chi devo lamentarmi per le condizioni tristissime del formaggio che hanno servito?» Le labbra di Chess fremettero nell’udire la voce profonda e sussurrata di André Webster nell’orecchio.

    «Non saprei.»

    «Be’, allora forse accetterai di venire a cena con me.»

    «Una cena?» Un fremito lo attraversò. «Quando?»

    «Adesso. Muoio di noia, e l’unica parte interessante della serata è stata parlare con te. Mi piacerebbe continuare, ma in un contesto molto più romantico.»

    «Romantico?» Chess si leccò le labbra. «Non è un po’ troppo, considerato che non ci conosciamo?»

    «Ho in programma di rettificare la situazione. Ho la sensazione che sarai l’ultimo uomo a cui chiederò un appuntamento.»

    L’insinuazione nelle sue parole sconvolse Chess, che senza proteste permise ad André di prenderlo per mano e accompagnarlo fuori dalla porta. Salirono nella limousine che attendeva, e Chess era perfettamente consapevole che stringeva ancora la mano di André.

    Chess imparò che, come in quasi tutte le decisioni riguardanti gli affari, André avesse ragione. Dopo quella prima cena in un modesto ristorante nascosto a Tribeca, erano diventati inseparabili. Era successo quasi nove anni prima.

    Scacciando il ricordo di quella sera, Chess chiese: «Come sta Margery?»

    Lui e la madre di André avevano una relazione strana. Nonostante fosse sempre cordiale con lui, non si era mai sentito del tutto a proprio agio con quella donna, come se lei riuscisse a vedere oltre la sua maschera. Ovvio che non poteva – nessuno ci riusciva, nemmeno i suoi migliori amici – ma lo infastidiva che lo presentasse sempre come un amico di André, mai come il compagno, come se non volesse dargli uguale importanza nella loro relazione. Di tanto in tanto chiedeva ad André se sua madre lo nominasse mai, ma la risposta di André era sempre la stessa: Non ha mai detto niente di spiacevole su di te.

    Cosa che non significava quasi niente. Non aveva mai nemmeno parlato bene. Se si guardava l’altro lato della medaglia, lui e il padre di André, Corbin, avevano instaurato un rapporto stupendo e avevano trascorso ore a parlare di libri, politica e del mondo. Aveva davvero sofferto dopo la sua morte, e aveva avuto la sensazione di perdere un altro padre… con la differenza che quella volta si trattava di qualcuno che ci teneva davvero a lui.

    «Sta bene. La solita.» André finì l’acqua e sbadigliò. «Devo riposare e poi fare una doccia. Festeggeremo la chiusura degli accordi con i nuovi finanziatori, e voglio essere in forze per tutti i discorsi interminabili. Ci sentiamo dopo. Ti amo.»

    «Anch’io ti amo. Divertiti.»

    Alzò gli occhi al cielo. «Ne dubito. Dovrò usare la maschera da amo stare qui, quando non vorrei far altro che salire su un aereo e tornare a casa da te.»

    «Ho fiducia in te. Regalagli il fascino speciale dei Webster. E tornerai presto.»

    André gli soffiò un bacio e lo fissò con occhi ardenti. «Quello è riservato a te, amore. Non ti lascerò un attimo, appena sarò a casa.»

    «Non vedo l’ora.»

    Lo schermo si scurì e Chess chiuse il laptop. Gli squillò il cellulare e sorrise nel vedere il numero di Elliot, così rispose.

    «Ehi. Come va?»

    «Bene. Che programmi hai per oggi? Ti va di accompagnarmi in una ricerca?»

    Chess si alzò dal letto e percorse la camera padronale spaziosa posizionandosi verso le tre finestre che si affacciavano su Central Park. Quel panorama pazzesco lo lasciava ancora senza fiato, nonostante si fosse trasferito da anni.

    «Dipende. Che cosa cerchi?»

    «I migliori ravioli in città. Ho già portato Win al Flushing nel Queens e a Chinatown in città, quindi sono pronto ad andare al Sunset Park e ad Avenue U a Brooklyn.»

    «Certo che sì. Dovrei essere folle per dirti di no.»

    «Grandioso. Ultimamente non abbiamo avuto occasione di parlare. Passa quando vuoi. Win è già andato al lavoro, e non mi dispiacerebbe fare quattro chiacchiere prima di uscire.»

    «Faccio una doccia, controllo le email e arrivo.»

    «Ti aspetto.»

    Era passato parecchio dall’ultima volta che era uscito con Elliot, e non vedeva l’ora di sentire quanto il suo amico fosse felice della sua relazione… e poi avrebbe provato i ravioli. Win era proprio il genere di uomo che riteneva giusto per Elliot. Parlare con André, e sapere che sarebbe tornato dopo un paio di giorni, gli aveva ridato energia. Nonostante fosse pieno di impegni, tra gli amici, le lezioni e valutare gli esami, le notti lo lasciavano un po’ smarrito senza l’uomo che amava al suo fianco. Entrò in doccia, poi si vestì e andò in cucina per preparare un toast e un caffè. Era inutile rimpinzarsi prima di provare i ravioli.

    «Buon giorno, Martine,» salutò la loro governante, che era sempre impegnata ai fornelli.

    Martine le sorrise. «Buon giorno, Chess.»

    Doveva rispondere a qualche email inviata dagli assistenti, e fece colazione mentre se ne occupava.

    Martine gli prese il piatto dopo che Chess finì di mangiare il toast. «Un altro?»

    «No, grazie, e sai che non devi prepararmi la colazione o sparecchiare al posto mio.»

    Non si era mai abituato all’avere una governante che gli faceva il bucato, lavava i piatti e puliva tutto. Essendo cresciuto con poco, si sentiva a disagio ad avere qualcuno che facesse tutto quello che gli avevano insegnato a fare da solo in casa.

    «Togliere un piatto e metterlo nella lavastoviglie non è una gran fatica, visto?» Per dimostrare che avesse ragione, sollevò il piatto davanti a lui. «Quando tornerà André?»

    «Ho parlato con lui prima e ha detto che tornerà dopodomani.»

    «Scommetto che non vedi l’ora. Forse puoi convincerlo a partire per una piccola vacanza, solamente voi due. Quell’uomo lavora troppo.»

    Chess apprezzava Martine, ed erano diventati amici da quando viveva con André. Lei aveva cominciato a lavorare con i Webster ancora prima che i genitori di André si conoscessero e sposassero, e Chess pensava che quella donna conoscesse André meglio di chiunque altro, inclusa la sua famiglia. «Mi piacerebbe, ma dovremo aspettare che torni per vedere che impegni ha. Sai che non posso fare programmi da solo.»

    Si accigliò e si sedette davanti a lui sull’isola di marmo. «Lo so, ma devi farti valere. Penso che lui vada sempre così accelerato che non si renda conto che di tanto in tanto qualcun altro debba prendere le redini.»

    «Tu credi?» Cominciò a sentirsi euforico. Forse Martine aveva ragione. Un fine settimana lontani, solamente loro due, in un posto in cui nascondersi dal mondo e rafforzare il loro rapporto. «Potremmo andare in un cottage fuori città o magari in un B&B vicino a Cape.»

    «La casa negli Hamptons sarebbe perfetta, anche se per André conta solamente che voi due stiate insieme, non gli interessa dove andrete. Ho capito che eri l’uomo giusto per lui quando ti ha portato qui.»

    Chess sorrise. «Ricordo che mi chiesi se non stessimo correndo troppo. Ha detto di essersi innamorato di me subito, ma avevo i miei dubbi.»

    «Tipico della famiglia. Suo padre ha avuto la stessa reazione quando ha conosciuto la madre di André. Amore a prima vista. Nessuno dei due ha avuto scampo nel momento in cui si sono incontrati. Lo ripeterò ancora e ancora finché non mi crederai: André sapeva chi voleva, ed eri tu. Lo conosco, forse meglio di quanto conosca se stesso, perché quell’uomo non si sofferma mai a riflettere su di sé. Forse da giovane era un po’ ribelle, ma è cambiato tutto quando ha conosciuto te.»

    «Non parla mai di quei tempi.»

    Gli occhi di Martine si incupirono. «Probabilmente perché non ricorda molto. Tornava a casa molto tardi e troppo ubriaco. Mi preoccupavo per lui, e anche Dottie e Freddie. Furono devastati quando André smise di andare negli Hamptons in estate. So che sentono la mancanza di lui e dei gemelli. Lavoriamo per i Webster da così tanti anni che sono una famiglia per noi.»

    Chess ne era consapevole. André gli aveva raccontato che aveva trascorso i suoi vent’anni all’insegna delle feste, un ragazzo troppo giovane e con troppi soldi e la mente annebbiata dall’alcol. Tutto era cambiato nel momento in cui il suo migliore amico era morto in un incidente stradale vicino casa loro negli Hamptons perché si era messo alla guida da ubriaco. La realtà aveva travolto André, che aveva deciso di rigare dritto e dare peso al valore della vita. Aveva cominciato a lavorare per la società di famiglia – alberghi di lusso – e trascorso il tempo viaggiando per il mondo, chiudendo accordi, controllando i progetti in costruzione e assicurandosi che fossero rispettati standard di un certo livello. Era un lavoro estenuante e faticoso, ma André lo amava.

    «Forse hai ragione. Cercherò qualcosa dopo il pranzo con Elliot.» Mandò giù il resto del caffè, si alzò e mise la tazza nel lavabo. «Devo scappare. Proveremo i ravioli e non voglio fare tardi.»

    «Meglio di no. Mi porterai gli avanzi.»

    Chess si piegò per baciarla sulla guancia. «Certo. A dopo.»

    «Salutami Elliot. Sono così felice che abbia trovato qualcuno. È una persona così gentile.»

    «Vero, e te lo saluterò.»

    Prese il cellulare, le chiavi e uscì. Una volta fuori si rese conto che non ce l’avrebbe mai fatta ad arrivare da Elliot a Brooklyn entro mezzogiorno se avesse preso la metro, così chiamò un taxi, e in meno di cinque minuti si diresse verso la West Side Highway.

    Poco dopo mezzogiorno salì sul portico della casa che Win condivideva con Elliot. Avevano piantato fiori di tanti colori lungo il bordo del giardino e inserito anche un’altalena. Suonò alla porta e sentì i passi di Elliot.

    «Arrivo.»

    Elliot aprì la porta e si abbracciarono. «Entra per un attimo mentre finisco di prepararmi. Ti va una tazza di caffè?»

    «Hai un aspetto da favola. Abbronzato e fresco come una rosa.» Seguì Elliot in cucina. «E no, grazie. Voglio lasciare spazio per il cibo.»

    Elliot ridacchiò. «Ci scommetto. Win e io abbiamo trascorso un fine settimana nell’appartamento di Long Beach. Nient’altro che sole, spiaggia e divertimento. Deve assolutamente chiudere il caso che sta seguendo. Non lo vedo mai prima delle undici di sera. La prossima volta che andremo, dovreste venire anche tu e André. Non c’è niente di meglio di qualche giorno libero per ricaricarsi.»

    «Sai, stavo pensando di portarlo da qualche parte quando tra un paio di giorni tornerà dall’Europa. Potrebbe essere proprio quello di cui abbiamo bisogno.»

    «Fatelo! Non so se Win potrà prendersi un po’ di tempo libero, ma ti darò le chiavi e potrete andarci senza di noi.»

    Commosso dalla generosità di Elliot, Chess gli strinse una spalla. «Grazie. Adesso dimmi, qual è la prima tappa?»

    A Elliot luccicarono gli occhi. «Il paradiso del raviolo. Ho quattro locali in programma. Dovremmo darci una mossa.»

    Tre ore dopo, Chess emise un verso soddisfatto e si massaggiò il ventre. «Giuro di essere incinta. Sono così pieno che non posso mangiare altro.» Erano seduti in un localino che si chiamava They Kai Feng Fu e che si trovava a Sunset Park, ed erano occupati a fare fuori la zuppa di ravioli e involtini di maiale, oltre ad altri piatti.

    «Considerando che abbiamo mangiato tutto a parte i tovaglioli, direi che siamo a posto.» Elliot si versò un bicchiere di acqua. «Potrei non mangiare per una settimana.» Prese nota sul tablet. «Qual è il tuo preferito? Mi interessa la tua opinione.»

    «Non lo so. Il Vanessa era grandioso, ma preferirei sostenere ristoranti meno conosciuti che non si trovano nella zona alla moda di Williamsburg. Quindi direi il Yaso Tangbao in centro a Brooklyn per gli involtini di maiale e la zuppa piccante con i wanton, ma questo posto prepara i migliori ravioli al maiale croccante e al cipollotto. Mmh.» Si leccò le dita. «Ci dovrò portare André. È la migliore zuppa di ravioli che abbia mai provato fuori da Shanghai.»

    «È via da molto, non è vero? Non c’era le ultime volte in cui ci siamo visti.»

    «Quasi sei mesi.» Chess appoggiò il mento contro la mano e fissò il soffitto.

    Forse il suo tono aveva lasciato trasparire qualcosa, perché Elliot smise di scrivere e spinse da parte il tablet. Lo fissò a occhi stretti e disse: «Sei arrabbiato.»

    «Ehm, cosa? No. Perché dovrei esserlo?» balbettò, colto alla sprovvista.

    «Non prendermi per il culo. È chiaro che qualcosa non va.» Elliot credeva di poter aiutare Chess dato che aveva messo ordine nella sua vita. «Si tratta di André? Non può essere semplice stare sempre così lontani.»

    Non si sarebbe mai lamentato della sua vita. Lamentarsi significava rinnegare le cose belle. Lo aveva imparato da piccolo.

    «Siamo a posto… va alla grande. Ormai ci ho fatto l’abitudine, e poi non viaggia per spassarsela alle feste. Lavora tanto ed è sempre così stressato che quando torna a casa ha bisogno di un po’ di tempo per rilassarsi. Voglio rendergli tutto più semplice.»

    «Lo capisco.» Elliot lo fissò con aria pensierosa. «Capita lo stesso quando Win conclude un caso importante. È così preso dall’adrenalina che ha bisogno di un giorno o due per tornare sulla Terra.»

    Chess ridacchiò. «Scommetto di sapere come scarica lo stress.»

    «Idiota.» Elliot arrossì e fece un cenno al cameriere. «Il conto, per favore.»

    Elliot aspettò con lui che l’auto passasse a prenderlo. Chess gli offrì un passaggio, ma Elliot declinò. «Voglio fare la spesa qui e prendere un po’ di roba che non trovo mai nel mio quartiere. Ci sentiamo.»

    Stringendo i ravioli che aveva promesso a Martine, Chess osservò la sua auto fermarsi. Salì a bordo e si mise comodo con un sospiro. Era stato bello trascorrere una giornata con Elliot, ma doveva imparare a tenere a bada le emozioni. Se Elliot riusciva a leggerlo così bene, Dio solo sapeva cosa sarebbero riusciti a capire Wolf e Spencer quando si sarebbero visti.

    Gli vibrò il telefono e, pensando che potesse trattarsi di un messaggio di André, lo tirò fuori dalla tasca, ma non era per niente un messaggio; era stato taggato in alcune foto che gli fecero raggelare il sangue: André, con gli occhi chiusi, un drink in mano, e le labbra contro quelle di un altro uomo. Chess scorse le varie immagini e vide André che ballava

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