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Il marchese cerca moglie: Harmony History
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E-book233 pagine3 ore

Il marchese cerca moglie: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, prima metà '800 - Lady Hester ha deciso: il Marchese di Lensborough è decisamente un insensibile arrogante. Non solo va cercando una moglie che gli dia un erede con lo stesso trasporto con cui "sceglierebbe un cavallo", ma per giunta non ne fa mistero! Pur non conoscendolo di persona, dunque, è decisa a odiarlo, tanto più che il suo sguardo insistente le dà i brividi e fa riaffiorare in lei vecchi incubi che sperava di aver dimenticato. Da parte sua, Lord Jasper vuole una moglie diversa dalle solite dame dell'aristocrazia, una donna che sia così inadatta al ruolo di marchesa da essere uno schiaffo per la buona società. E la fanciulla malvestita e dimessa che da anni fa la governante a casa di suo zio gli sembra subito la candidata ideale.
LinguaItaliano
Data di uscita11 feb 2019
ISBN9788858993682
Il marchese cerca moglie: Harmony History
Autore

Annie Burrows

Sposata, con due figli, ha messo a frutto la sua laurea in letteratura inglese e la sua incredibile fantasia nel creare avvincenti storie d'amore ambientate nei più diversi periodi storici.

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    Anteprima del libro

    Il marchese cerca moglie - Annie Burrows

    Immagine di copertina:

    Graziella Reggio Sarno

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    His Cinderella Bride

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2007 Annie Burrows

    Traduzione di Silvia Zucca

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-368-2

    1

    Lady Hester Cuerden non rimase ad attendere che qualcuno le aprisse la porta del piccolo vicariato di Beckforth. Dopo avervi battuto con forza un paio di volte il pugno, afferrò la maniglia, la spinse e marciò direttamente dentro.

    Colta nell’atto di nascondere un libro sotto la poltrona, Emily Dean, la figlia del vicario, scattò in piedi con aria colpevole e sgranò gli occhi quando notò che l’amica stava tremando.

    «Cosa ti è successo?»

    Hester si sfilò i guanti e si avvicinò al fuoco. «Fr... freddo...» ansimò, battendo i denti.

    «Ma sei completamente fradicia!» Emily afferrò i guanti della giovane e li gettò a sgocciolare nell’acquaio.

    Con le dita violacee per il gelo, Hester lottò per slacciarsi i bottoni del cappotto e l’amica l’aiutò ad appendere l’indumento accanto al fuoco.

    «Dov’è il tuo cappellino?» le domandò Emily in tono di rimprovero. «Con questo tempo, sei uscita senza indossarlo?»

    «Certo che no» ribatté Hester. «Avevo un cappellino, uno scialle e un cestino pieno di leccornie appeso al braccio. Vuoi sapere dove sono adesso? In un fosso, ecco dove sono!»

    Emily abbassò lo sguardo sull’orlo dell’abito dell’amica, che sgocciolava fango sul pavimento.

    «La sola eventualità per la quale non ero preparata» continuò Hester tra i denti, «era che sarei uscita dal porticato della loggia nell’esatto momento in cui Sua Signoria, anzi, Sua Maestà il Marchese di Lensborough decideva di svoltare l’angolo della strada a tutta velocità. Quel pazzo, criminale...» Si sforzò di trovare qualche epiteto che descrivesse la sua rabbia, per poi uscirsene con un: «Marchese!», come se fosse il più basso degli insulti che conosceva. «E stava andando troppo forte per potersi fermare o anche solo per contemplare la possibilità di scartarmi. E sai cos’ha scelto di fare, invece?» continuò senza che Emily avesse la possibilità di emettere fiato. «Ha gridato che ero una pazza a gettarmi sotto gli zoccoli del suo cavallo. Non ho mai sentito un linguaggio simile!»

    «E non ha neppure tentato di fermarsi?»

    «Ero troppo impegnata a immergermi nella melma per notarlo!» La pozza di fango tra i piedi di Hester si stava intanto allargando.

    «Devi toglierti subito quegli stivali» le ordinò Emily, inginocchiandosi davanti all’amica per slacciarle le stringhe. «Oddio come sono conciati!»

    Hester rabbrividì con violenza e si lasciò cadere su una sedia. «Perlomeno non mi sono fatta male.» Si passò una mano sul viso, anch’esso chiazzato di fango. Con la mente occupata dalle notizie che aveva appena ricevuto, non aveva pensato di controllare il traffico prima di uscire di casa. Non sapeva neppure cosa le avesse fatto alzare lo sguardo, dato che con il vento che tirava non aveva sentito il rumore del carrozzino.

    Vederselo arrivare addosso era stato un colpo, ma ancora di più lo era stato ritrovarsi oggetto della furia del conducente, i cui occhi neri l’avevano trapassata con tutto il furore di cui erano stati capaci.

    «In tutta onestà, non credo di essere una gran nuotatrice. Non che ci fosse molta acqua nel canale, quindi non dico che sarei potuta affogare...» spiegò a una Emily esterrefatta. «Ma meno male che ho avuto la prontezza di gettarmi di lato prima che Sua Signoria avesse la possibilità d’investirmi.»

    «Da quel che dici, sembra che lo abbia fatto di proposito, Hester, ma sai che non è così» la rimproverò Emily. «Soltanto perché tu hai deciso che non ti piace senza neppure averlo conosciuto...»

    Era facile per Emily essere indulgente, visto che non erano suoi i piani che quell’arrogante criminale dal sangue freddo – quell’uomo lascivo! – aveva mandato all’aria. Nelle tre settimane passate, dopo che Sua Signoria aveva scritto a zio Thomas per informarlo della data del proprio arrivo e della decisione di concedere a una delle cugine di Hester il dubbio onore di diventare sua moglie, la casa si era trasformata in un brulicante formicaio battuto con un bastone da un monello. Le sue cugine e la zia si erano tuffate nelle compere e ci era mancato poco che allo zio venisse un colpo alla prospettiva dei conti da pagare. A Hester, invece, era rimasto il compito di placare il malumore della servitù, già impegnata nell’organizzazione di un ricevimento che avrebbe visto tra gli ospiti anche l’imperiosa zia Valeria e che era previsto per quello stesso fine settimana. Tutto ciò non era stato sufficiente a far cambiare idea al marchese. A nulla era servito chiedergli di posticipare la data, dicendogli che non c’era abbastanza posto per ospitare lui e i suoi amici. Oh, no. Hester si era dovuta rimboccare le maniche per trovare una sistemazione per tutti.

    Gongolò abbozzando un sorriso tra sé e sé. Doveva solo aspettare che cercasse di dormire nelle stanze dell’ala nord, che aveva convinto suo zio a destinargli a uso privato. La zia, che aveva incontrato il marchese in diverse occasioni, le aveva riferito che era molto alto, così Hester aveva pensato bene di fargli preparare il cosiddetto letto della regina, negli ormai abbandonati appartamenti Tudor. Gli sarebbero spuntati i piedi fuori dal materasso, se solo avesse tentato di stirarsi. E se fosse riuscito a sonnecchiare – nonostante i cuscini duri – ci avrebbe pensato il viavai dei domestici nel sottotetto, proprio sopra la sua testa, a disturbarlo. Se fosse rimasto per tutta la settimana, come aveva detto di aver intenzione di fare, Hester ne sarebbe stata molto sorpresa. Un uomo del suo ceto era abituato ad avere il meglio di qualsiasi cosa. Doveva solo schioccare le dita per essere servito. Naturalmente, lei non aveva bisogno d’incontrarlo per decidere che lo odiava con tutte le proprie forze.

    «E non hai ancora sentito il seguito!» Gli occhi ambrati di Hester arsero per il fuoco dell’indignazione. «Mentre cercavo di inerpicarmi fuori dal fosso, il suo lacchè si è sporto verso di me rimproverandomi per aver spaventato i cavalli di Sua Signoria e avergli quasi fatto perdere la gara.»

    «No!»

    «Sì. E sai cos’ha fatto dopo? Ha messo il carrozzino di traverso per bloccare la porta e impedire che i suoi amici lo sorpassassero. Poi, quando il suo scudiero è sceso per aiutarmi, lui gli ha gridato di smetterla di perdere tempo e di tornare al suo posto.»

    Hester omise di raccontare a Emily che quando il marchese aveva richiamato il domestico, lei lo stava schiaffeggiando. In effetti, aveva un temperamento focoso che ben si addiceva ai suoi capelli rossi, e, quando il lacchè aveva borbottato che i cavalli di Sua Signoria valevano più di una donna, aveva perso il controllo. Aveva inteso dargli solo uno schiaffo, tanto per cancellargli dalla faccia il sorriso spaccone che le aveva rivolto quando era riuscita a emergere dal fosso, con il viso coperto di fango e il vestito arrotolato alle ginocchia. Ma lui si era messo a ridere ed Hester aveva continuato a colpire, dimenticando di essere una signora e che lui era solo un servo, nonché di trovarsi sulla pubblica via, dove aveva iniziato a prenderlo a calci con i suoi ormai malconci stivaletti.

    C’erano volute le grida esasperate di Sua Signoria per farla rinsavire. Allora, sollevando l’abito grondante di acqua sporca e ostentando una calma che era stata ben lungi dal provare, aveva attraversato la strada per affrontare l’autore di quel disastro. «Cosa credevate di fare? Potevate uccidere qualcuno. Poteva esserci un bambino che giocava sulla strada. Oppure un carretto diretto al villaggio.»

    «Ma non c’erano.» Lui aveva sollevato un sopracciglio. «Rimaniamo ai fatti.»

    «I fatti» aveva ribattuto Hester, irritata ancor più da quel tono brusco, «sono che ho dovuto gettarmi nel canale per salvarmi la pelle e che tutto quello che avevo nel cestino è finito nel fango.»

    Lui non aveva risposto, ma aveva raddrizzato la schiena, fissandola. «Senza menzionare la perdita del vostro cappellino e le calze rotte.»

    Hester era arrossita dall’imbarazzo e dalla rabbia. Che non indossasse più il cappellino era ovvio, ma quando era riuscito a vederle le gambe? Per un attimo, aveva sperato che la strada sotto i suoi piedi si aprisse per inghiottirla, così non avrebbe dovuto sopportare oltre la presenza del Marchese di Lensborough e il suo sguardo freddo.

    «Dio, cosa mi tocca sentire» lo aveva udito mormorare tra i denti, con disgusto.

    Come osava? Come osava quel prepotente guardarla dall’alto in basso come se fosse qualcosa che gli insozzava gli stivali? Per un attimo, aveva abbassato gli occhi sui gambali di Sua Signoria, pensando che probabilmente era molto orgoglioso di come il suo valletto glieli faceva risplendere, in modo da poterci riflettere dentro la sua faccia arrogante. E il resto dei suoi vestiti? Giacca, pantaloni e guanti dovevano essergli costati più di quanto lo zio spendeva in un anno per vestire le figlie. Non le importava cosa pensassero gli altri della sua visita. Per lei era sempre più detestabile. Non si era data la pena di nascondere la propria antipatia e a lui non era piaciuto. Quando i loro sguardi si erano incontrati di nuovo – quello di Hester pieno di disprezzo – lui, rabbioso, aveva afferrato il frustino e aveva imprecato ancora.

    Chissà come sarebbe andata a finire se una seconda carrozza non li avesse raggiunti?

    «E allora lui ha dato di frusta ai cavalli, per proseguire» finì di raccontare a Emily, mentre i denti le battevano ancora per una combinazione di freddo, rabbia e turbamento.

    Emily l’accompagnò di sopra.

    «Non riesce a fare a meno di scommettere e comportarsi da scavezzacollo neppure quando si deve cercare una moglie» borbottò Hester mentre si toglieva il vestito. «È stata sua madre a scrivere a tutte le famiglie di loro conoscenza con una coppia di figlie in età da marito e un albero genealogico di una certa importanza.» Lasciò cadere a terra le calze fradice. «E lui se ne va in giro come se stesse scegliendo un cavallo!» Emily le passò un asciugamano. «Quindi ha informato mio zio che sarebbe venuto a dare un’occhiata alle mie cugine con una lettera così mancante di sentimento che avrebbe potuto annunciare una visita a Tattersalls.» Sbuffò e prese a strofinarsi con vigore le gambe per asciugarle e riscaldarle.

    «Lo fai sembrare peggio di quanto non sia. Gli uomini della sua classe sociale contraggono matrimoni combinati tutti i giorni. E tua zia e la madre di Lord Lensborough sono amiche da anni. Julia non è forse la figlioccia di Lady Challinor? E poi, Sua Signoria è qui solo per conoscerla.»

    «Ma non è qui solo per Julia!» Anche l’asciugamano finì per terra, accanto alle calze bagnate. «Non dimenticare che in quell’orribile lettera sua madre pareva suggerire che lui avrebbe dato un’occhiata anche a Phoebe, mentre era da noi! E diceva che, forse, scegliendo una ragazzina così giovane potrà plasmarla e farla diventare la moglie ideale per lui. Plasmarla! Come se fosse un pezzo di creta, una marionetta con la quale giocare, non una persona in carne e ossa.» La voce di Hester era diventata acuta e stridula. «Em, Phoebe ha solo sedici anni. Non posso perdonare a un uomo della sua età di voler forzare una fanciulla così giovane alle nozze solo perché non è capace di trovare quello che vuole in una moglie dell’età giusta per lui.»

    Emily le passò un paio di calze pulite. «Nessuna delle tue cugine, però, ha obiezioni alla prospettiva di sposare un marchese, mi sembra. E lui non sarebbe qui, se tuo zio e tua zia non gli avessero detto che era il benvenuto.»

    Hester sospirò, ricordando come le sue belle cugine si erano messe a ballare per la gioia quando era arrivata la lettera che annunciava l’arrivo e le intenzioni di Sua Signoria. «Credo che questa sia la parte peggiore dell’intera faccenda. Sono pronte a svendere se stesse a un uomo orribile e senza cuore, solo per la sua enorme ricchezza e per la posizione che occupa in società.» Scosse il capo. «Se non fossi stata vicina al vicariato e avessi saputo che potevo contare su di te per cambiarmi i vestiti, sarei dovuta tornare a casa, invece di...» Si morse le labbra, ben sapendo che l’amica disapprovava il modo in cui aveva inteso passare quel pomeriggio.

    Emily le mise una mano sulla spalla. «Forse dovresti prendere quello che è successo come un suggerimento della Provvidenza e rivedere i tuoi piani.»

    «Non sto facendo niente di male» protestò Hester.

    «Nondimeno» obiettò l’altra, tirando fuori dalla cassapanca un paio di stivaletti, «non vuoi che nessuno della tua famiglia sappia dove stavi andando, vero? Senza menzionare il fatto che tua zia poteva aver bisogno di te, oggi, visto che devono arrivare così tanti ospiti.»

    Hester si infilò con un certo impeto gli stivali che Emily le aveva messo di fronte. «Ho passato le scorse settimane ad assicurarmi che tutto funzionasse come il meccanismo di un orologio. La servitù sa esattamente cosa fare e mia zia è tranquilla. Nessuno si accorgerà che non ci sono, saranno tutti troppo impegnati ad accogliere gli ospiti.» Si strinse nelle spalle. «Mi merito un pomeriggio libero, no?»

    Emily frugò nel proprio guardaroba, alla ricerca di un abito adatto all’impresa che Hester aveva intenzione di intraprendere. «Tutto il villaggio parla degli zingari che si sono accampati sul Podere della signora, l’altra notte. E scappare di casa per andare a far loro visita non è affatto appropriato, lo sai.»

    «Se avessi chiesto il permesso allo zio, non me l’avrebbe mai accordato» si giustificò Hester. «Ed è passato un anno dall’ultima volta che sono stati qui.»

    Emily sospirò. «Sei determinata, vero?»

    «Sì.» Hester sollevò il capo risoluta, sapendo che, nonostante disapprovasse, Emily non l’avrebbe tradita.

    «Allora posso venire con te? Così, se ti scopriranno, potrai dire di aver avuto almeno uno chaperon.»

    «Mi farebbe molto piacere avere la tua compagnia. Ne sei sicura? So che Jye a volte è...»

    «Spaventoso?» Emily tremò.

    «Stavo per dire imprevedibile, ma sì, so che ti spaventa. Perciò non ti avrei mai chiesto questo favore. In più, la visita di oggi non sarà più tanto piacevole, visto che ho perso il cestino con il cibo che intendevo portargli e che l’avrebbe blandito.»

    «Posso correre abbastanza veloce, se deciderà di scatenarci contro i suoi cani.»

    Hester rise. «E nessun uomo ci impedirà di perseguire i dettami della nostra coscienza, che sia un marchese o un gitano.»

    Dopo essersi lavata la faccia, Hester fu pronta a uscire. Per prima cosa, tornò al canale per recuperare i resti del cappellino. Una volta lavato e sostituiti i nastri, sarebbe stato come nuovo. Quanto al cestino, la torta e i pasticcini erano ridotti a una poltiglia fangosa e non c’era più niente da fare.

    Non avevano percorso che metà della strada, quando Emily osservò: «Non hai pensato che l’uomo che ti ha fatta cadere potesse non essere il marchese? Hai detto che avrebbe portato con sé un amico, giusto?».

    «Oh, io so che era lui!» esclamò Hester. «Era identico alla descrizione che zia Susan mi aveva fatto.» Incurvò le labbra in un sorriso cinico. «Ovviamente, i termini che lei ha usato dovevano farlo sembrare affascinante. Ha detto che ha un fisico statuario, che è moro e distinto.» Rise di quella descrizione. «La verità è che è un gran maleducato, un uomo con le spalle larghe come un carbonaio e con un ghigno da gradasso sempre sulla faccia. I suoi occhi sono neri come le ali di un corvo. In realtà non credo di aver mai visto un uomo altrettanto cupo. Come una creatura della notte.» Rabbrividì. «Tutto in lui era nero. I suoi vestiti, i suoi capelli, persino il linguaggio che usava. Inoltre» concluse, «ha dimostrato il suo completo disprezzo verso gli altri.»

    Em la guardò pensierosa. «Suppongo che debba aver pensato che eri una ragazza del villaggio, visto che indossavi quei vestiti, Hester, ed eri senza uno chaperon.»

    «E questo dovrebbe scusarlo?» Hester allungò il passo, costringendo Emily a trotterellarle dietro. «In effetti, è solo colpa mia se sono capitata sulla sua strada!»

    «Non è ciò che intendevo» annaspò l’amica. «Stavo soltanto cercando di giustificare il suo comportamento. Sono sicura che non tratterà le tue cugine allo stesso modo.»

    «Con lo stesso sdegno, vuoi dire? Oh, certo, in società mostrerà i modi più affettati, ma in privato sarà esattamente come si è rivelato a me. Gli uomini del suo rango pensano che le donne siano solo dei giocattoli. Ti sei dimenticata di tutto quello che ti ho raccontato sulle poverette che Mrs. Parnell ospita?»

    Durante la sua unica e disastrosa stagione a Londra, Hester aveva rinnovato la conoscenza con una vecchia

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