Dolce ribellione: Harmony Collezione
Di Kate Hewitt
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Info su questo ebook
Ben, dal canto suo, è costretto a stare al gioco se non vuole procurare una pubblicità negativa agli alberghi di proprietà della sua famiglia, ma frequentando Olivia scoprirà che la giovane attrice è ben diversa dall'immagine che ama dare di sé.
Benvenuti al Chatsfield, Berlino
Miniserie "Chatsfield Hotel" - Vol. 4/8
Kate Hewitt
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Dolce ribellione - Kate Hewitt
Felicità.
1
Olivia Harrington osservò la camera che aveva prenotato al Chatsfield poi sospirò. Aveva visto sgabuzzini più grandi. Molto più grandi.
Si tolse le scarpe dal tacco alto che aveva calzato per il viaggio da Los Angeles, appoggiò la valigia sul pavimento poi si sedette su un angolo del letto a una piazza. Allungò una gamba per chiudere la porta con un calcio, e di nuovo guardò la cella che avrebbe dovuto chiamare casa per la settimana successiva.
D'accordo, non si era aspettata la suite presidenziale, ma era lì per il festival cinematografico, e una camera standard nel migliore albergo della città sicuramente avrebbe dovuto avere un aspetto e dimensioni diversi. Mancava persino il bagno privato, e se si fosse sporta dalla finestra avrebbe potuto toccare il muro dell'edificio di fronte.
Inoltre gli addetti alle pulizie non avevano fatto un buon lavoro quando il precedente cliente era andato via. C'erano briciole sul tappeto, le lenzuola erano spiegazzate, anzi, si rese conto guardandole più da vicino, un'espressione disgustata sul viso, addirittura macchiate.
L'occasione meritava un drink, decise, aprendo lo sportello del minuscolo frigo bar posto sotto l'ancora più minuscolo televisore. Purtroppo però era stato già razziato e al suo interno vi restavano soltanto una bottiglietta di acqua minerale e la metà di una barretta di cioccolata.
Scosse la testa. Era possibile che quella giornata peggiorasse ancora?, si chiese.
I primi due voli in partenza da Los Angeles erano stati cancellati, infine le avevano trovato un posto in classe economica sul terzo, dove aveva viaggiato costretta fra una madre con un bambino schiamazzante in grembo, e un uomo di affari che aveva monopolizzato il bracciolo del sedile per tutta la durata del viaggio. Si era vestita al meglio, consapevole che i paparazzi si appostavano in aeroporto per scattare foto alle celebrità nell'atto di scendere dall'aereo, e adesso i piedi, dopo essere stati sottoposti a tredici ore di tortura nelle scarpe dal tacco alto, esigevano vendetta.
Non ricordava più quando aveva dormito l'ultima volta.
Quella specie di topaia adesso era il colpo finale. Indignata, si alzò, calzò le scarpe e si ritoccò il rossetto sulle labbra, chinando la schiena in modo da poter vedere la sua immagine riflessa nello specchietto appeso sopra al cassettone. No, non era una stella di Hollywood, non ancora, ma quella sistemazione era ridicola, decise. Le mancava lo spazio vitale persino per vestirsi in previsione delle prime dei film e dei party cui sarebbe dovuta intervenire.
Sapeva esattamente perché le era stato assegnato un alloggio simile.
Perché lei era un Harrington, ecco perché. Perché sua sorella Isabelle si era rifiutata di vendere gli alberghi di famiglia a Spencer Chatsfield, di conseguenza quest'ultimo, o almeno così sospettava, doveva aver giudicato molto divertente relegarla in una camera dalle dimensioni di una scatola per scarpe.
D'accordo, forse aveva commesso un errore scegliendo proprio il Chatsfield per la sua permanenza, considerata la rivalità fra le due famiglie. Ma chiunque contasse qualcosa alloggiava in quell'albergo durante il festival cinematografico, e lei non poteva accontentarsi di nulla di meno. C'era troppo in ballo, e aveva lavorato con troppo impegno per sciupare la prima possibilità che aveva per dimostrare il suo valore solo perché non aveva scelto l'hotel giusto. Sapeva bene come funzionavano le cose in quell'ambiente, falsi sorrisi, falsi convenevoli, tutto per il bene delle apparenze. Di conseguenza, sarebbe stata al gioco. In realtà, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di dare il giusto impulso alla sua carriera, per dare prova di non aver sbagliato decidendo di essere un'attrice, per onorare la memoria di sua madre.
Inoltre, era Isabelle ad avere problemi con i Chatsfield. Lei non era mai stata coinvolta negli affari di famiglia. In ogni caso non avrebbe permesso a nessuno, tantomeno a un Chatsfield, di maltrattarla.
Lanciò un ultimo sguardo allo specchio, aprì la porta e uscì dalla camera con passo marziale per andare in cerca dell'uomo che aveva creduto di potersi divertire alle sue spalle.
La grande hall era affollata da attori e rappresentanti della stampa. Olivia salutò un paio di conoscenze, scambiò baci sulle guance e saluti, infine arrivò al banco della reception. «Vorrei parlare con il direttore» esordì.
L'impiegata aggrottò un sopracciglio in un'espressione di incredulità. «Temo che il signor Chatsfield sia impegnato, signorina...?»
«Harrington. Olivia Harrington» precisò lei. La donna seduta dietro al banco non sembrò per nulla impressionata. D'accordo, ammise stringendo i denti, non era ancora famosa. Ma aveva recitato una parte, anche se secondaria, in uno dei film in gara al festival, e ottenuto la promessa del ruolo di protagonista in una pellicola cui teneva molto, il tipo di pellicola che vinceva premi. Non le interessava che l'impiegata non riconoscesse il suo nome, ma le importava che cooperasse. «Sono certa che il signor Chatsfield sia molto indaffarato» riprese con tono melenso, «ma considerando che io sono una Harrington, dell'omonima catena alberghiera, sono altrettanto certa che troverà qualche minuto da dedicarmi, lei non crede?»
L'impiegata esitò, chiaramente infastidita, poi annuì. «Vado a controllare se il signor Chatsfield è disponibile» affermò, prima di allontanarsi dal banco.
Olivia lasciò andare un sospiro di sollievo. Il primo scoglio era superato. Peccato che ce ne fosse almeno un altro milione sulla sua strada.
«Olivia Harrington?»
Ben scoccò un'occhiata perplessa all'impiegata in piedi davanti alla sua scrivania. Al momento stava cercando di accontentare una decina di attori, che ritenevano che pretese come quelle di avere bottiglie di champagne o enormi mazzi di fiori freschi, ma non rose e gigli, nelle loro suite fosse perfettamente accettabile. Già le cameriere lo avevano informato che svariati splendidi bouquet erano stati rifiutati, proprio perché contenevano una singola rosa. Alla prima occasione ne avrebbe cantate quattro a Spencer, decise. Suo fratello aveva parlato di stringere mani e dispensare sorrisi, ma il livello di attenzione che pretendevano i divi di Hollywood era davvero elevato. Inoltre, il fatto di essere di nuovo in un albergo Chatsfield, con tutti i ricordi dolorosi che il fatto risvegliava, lo rendeva ancor meno incline a impegnarsi per soddisfare richieste così ridicole.
Doveva esserci un motivo se aveva scelto di diventare uno chef.
Esitò ancora qualche istante nel tentativo di rammentare il nome della donna. Anna. Sì, certo. «Intendi dire che una Harrington della catena alberghiera Harrington vuole vedermi, Anna?» chiese infine.
L'impiegata annuì. «Esatto. Ha chiesto di parlare con il direttore, e l'ha fatto con una certa determinazione.»
Ben chiuse gli occhi per un istante. Perfetto. Una rappresentante degli Harrington voleva parlare con lui. E cosa ci faceva un Harrington a Berlino? Le delicate negoziazioni cui aveva fatto cenno Spencer non dovevano svolgersi fra Londra e New York? «Grazie» mormorò infine. «Falla accomodare.»
Dieci minuti di attesa in bilico sui tacchi erano davvero tanti, per fortuna alla fine la receptionist le comunicò con tono sbrigativo che il signor Chatsfield acconsentiva a riceverla. Ma gli alberghi Chatsfield non erano forse il meglio per quello che riguardava l'accoglienza del cliente?, si chiese lei mentre seguiva la donna lungo un corridoio. Se il comportamento di quell'impiegata e lo sgabuzzino che le avevano assegnato come camera erano di una qualche indicazione, si trattava di una fama decisamente mal risposta, ragionò Olivia.
Anche se forse quello era un trattamento riservato solo a lei.
L'impiegata aprì una porta e si fece da parte per lasciarla entrare. L'uomo seduto dietro la scrivania che si stava passando una mano fra la folta massa di capelli castani era Spencer Chatsfield?, si chiese. Dalle foto che aveva visto sui giornali, non le era sembrato così... Sexy. Rammentava un tizio in giacca e cravatta dal viso severo, quello che aveva davanti invece non aveva affatto l'aspetto del serio uomo di affari. D'accordo, indossava un completo, ma il suo fisico era più adatto a jeans e maglietta, magari anche a un giubbotto di pelle da motociclista.
E lo stava fissando, si rese conto con un attimo di ritardo. Olivia drizzò le spalle, puntò il mento in avanti e si preparò a recitare la parte della cliente scontenta.
«Spencer Chatsfield?» esordì, il tono gelido
L'uomo aggrottò un sopracciglio.
«No, sono Ben Chatsfield. E lei è...?»
«Olivia Harrington.»
«Mi dica, che cosa posso fare per lei, signorina Harrington?» domandò Ben con fare annoiato.
Sapeva della camera, decise Olivia. Lo capiva dallo scintillio che scorgeva nei suoi occhi verdi, nella postura del corpo rilassata. Lo sapeva. Non aveva mai sentito parlare di Ben Chatsfield, Isabelle nominava spesso Spencer e James appariva di frequente sui giornali di cronaca rosa, ma di una cosa era certa. Quel tipo doveva essere uno sbruffone. Appoggiò le mani sulla scrivania e si sporse in avanti, invadendo deliberatamente il suo spazio personale.
Ben Chatsfield non batté ciglio.
«Forse lei penserà che sia divertente fare alloggiare una Harrington in un ripostiglio» sibilò fra i denti, «invece per me è una dimostrazione del servizio scadente che offrite. Un servizio estremamente scadente, che non invoglia certo un cliente pagante come lo sono io a fare una buona pubblicità a questa struttura.»
«Devo dedurre che non è soddisfatta della sua camera?» replicò Ben impassibile.
«Sì, è quello che deve dedurre» confermò Olivia. «La mia camera è inaccettabile.»
«Inaccettabile» ripeté lui, la voce priva di inflessioni, poi si appoggiò allo schienale della sedia e socchiuse gli occhi.
Diavolo, ma perché doveva essere così affascinante?, si chiese Olivia irritata. Raddrizzò la schiena, incrociò le braccia sul petto e aspettò... Cosa? Che giustificasse il suo comportamento? Magari affermando che solo per una svista le aveva destinato una camera che non era più di un tugurio?
In quel caso, avrebbe aspettato a lungo.
«E cosa c'è di così inaccettabile nella sua camera, signorina Harrington?» domandò infine Ben.
«Tutto» rispose alla svelta lei. «Assolutamente tutto.»
Ben si sporse in avanti poi, lo sguardo fisso sul monitor del computer, cominciò a cliccare con il mouse. «Vedo dalla sua prenotazione che ha riservato una camera standard» affermò infine.
«Non c'è nulla di standard nello sgabuzzino che mi avete rifilato...» borbottò Olivia.
«Al Chatsfield non abbiamo sgabuzzini.»
«Allora forse dovrebbe venire a controllare di persona.»
Lui la fissò per qualche istante, gli occhi ancora socchiusi, le labbra strette in una linea sottile. Aveva labbra seducenti, notò Olivia. Piene e molto virili. E aveva anche ciglia lunghe. La vita a volte era ingiusta.
«Sì, forse ha ragione» concesse Ben. «Dovrei venire a controllare di persona, e verificare la veridicità delle sue lamentele.»
«Perfetto. Sarà il benvenuto.»
Dunque sembrava che un'ereditiera Harrington fosse intenzionata a sollevare un polverone, pensò Ben alzandosi. Chissà cosa l'aveva indignata tanto, si chiese reprimendo a stento un moto di irritazione. Le lenzuola non erano di un colore di suo gradimento? O forse non erano stati messi fiori freschi in bagno.
Raggiunse la donna, che peraltro continuava a lanciargli sguardi di fuoco. Doveva aver deciso di creargli problemi per uno scopo ben preciso, si disse, ma quale? Comunque, quella non era la sua battaglia. Aveva acconsentito a dare una mano a Spencer perché... Bene, perché i suoi sentimenti nei confronti della famiglia erano complicati. Ma non gli interessava niente degli alberghi, e di certo non gli interessava quella ricca ragazzina