Gli egoisti
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Anteprima del libro
Gli egoisti - Federigo Tozzi
Gli egoisti
Immagine di copertina: Shutterstock
Copyright © 1924, 2022 SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788728355107
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.
www.sagaegmont.com
Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.
CAPITOLO I.
Appena desto, Dario Gavinai sentì che ricominciava istantaneamente a pensare. Il suo pensiero era come una punta che sporgeva, facendosi innanzi da sè. Ma egli ne provava una specie di rammarico e di stupefazione.
Erano ormai parecchi mesi che la miseria cercava di entrare anche nella sua anima. Da prima, non ci aveva creduto; e proprio quando non aveva nè meno un pezzo di pane per mangiare, le cose più dolci e più buone della sua giovinezza gli stavano per ore ed ore fisse in mente; e gli era impossibile rendersi conto d’altro. Quanto più soffriva e indeboliva e tanto più quelle cose gli apparivano evidenti e serene; visibili come allucinazioni. Secchi di latte che gli pareva di bevere: un latte denso, con una panna quasi gialla; oppure tavolate di pane caldo e crocchiolante, levato allora dal forno.
A trent’anni, era ancora costretto a farsi mantenere da una sua zia di Pistoia che, quantunque più povera che ricca, faceva per lui tutto il possibile. E Dario credeva di essersi avvantaggiato a lasciare quella città, ch’era anche la sua, per andare a Roma, dove sperava di trovare più d’una via aperta alla fiducia della sua intelligenza. Nessuno aveva pensato sul serio, quando studiava la musica, che volesse dedicarvisi con uno scopo decisivo e ambizioso. Ed egli voleva provare che a Roma sarebbe riescito a farsi noto. Dopo le prime esaltazioni, aveva sentito un’apatia quasi cinica; poi aveva preso le cose con più calma, ma con più sofferenza. Conosceva, ormai, quasi tutti i letterati e gli artisti migliori; e li aveva avvicinati con desiderio e con fiducia in se stesso; sebbene chiunque di loro lo avrebbe dichiarato il più modesto e il più insignificante. Aveva dovuto imparare a non credere alle promesse di qualche amico, che avrebbe potuto aiutarlo da vero. E, sebbene questa diffidenza non gli riescisse naturale, s’era giurato di non procurarsi più maggiori delusioni. Non aveva voluto conoscere nessun musicista; perchè si vergognava a non aver fatto ancora nulla. E temeva di essere accolto con quel sorrisetto, che gli metteva la voglia di pigliare a pugni. Anzi, quando gliene indicavano qualcuno, arrossiva e cercava di allontanarsi subito. Dopo due anni che si trovava a Roma, si sentiva assillato a dare un saggio della sua intelligenza.
Era inutile cercare la Roma degli imperatori o dei pontefici; e quella della monarchia democratica gli era troppo insignificante e antipatica. Sognava Roma forte e intelligente; rinnovata da tutte le regioni d’Italia. Se fosse stato un uomo pratico, avrebbe potuto subito trovare una ricompensa; ma tutto consisteva in una psicologia che cominciava e finiva dentro lui stesso. Non partecipava mai alla vera vita; e sarebbe invecchiato, come tanti altri giovani, senza uscire dalle angustie d’un’impotenza egoista e immorale.
Stanco, come se non fose stato invece più di quattordici ore a letto, non aveva nè forza nè voglia di alzarsi. Ma dovette vestirsi, perchè voleva andare a trovare un suo amico impiegato al Ministero della Pubblica Istruzione.
Non sapeva fare niente; non aveva imparato a fare niente; e l’idea di doversi scegliere magari un mestiere gli faceva venire una ripugnanza che lo spaventava. Non poteva nè meno pensarci! Era come se gli dicessero che a una data ora gli sarebbe venuta una malattia orrenda che lo avrebbe ridotto irriconoscibile.
Tuttavia, vestendosi, si sentiva quasi allegro, o, per lo meno, ne aveva la voglia. Non si reggeva più in piedi, e gli girava un poco la testa; ma si fece animo, e finì di vestirsi in pochi minuti. Prima di muoversi verso l’uscio, però, guardò il letto; e fu quasi spinto a buttarcisi sopra steso. A quel modo, forse, avrebbe potuto riassopirsi e sognacchiare; con quella specie di febbrilità e di sovreccitazione a cui aveva preso gusto.
Era già vicino a mezzogiorno, e nella camera faceva molto caldo. I vetri parevano per doventare come una colla trasparente e il sole ficcarsi dentro le cose.
In Piazza della Pigna non c’era nessuno, ed egli si fermò; parendogli che il sole e le ombre non volessero farlo passare. Ma, ormai, a certe illusioni c’era avvezzo! Scosse la testa; e proseguì.
Anche il Ministero sembrava deserto: salì, inciampando parecchie volte. Al primo piano, in una specie di corridoio che serve da stanza d’aspetto, per quelli