Ritorno a Sitka
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Alexandra è andata via dalla sua città natale ‒ Sitka in Alaska ‒ dopo una cocente delusione d’amore: pensava di fuggire col suo amore giovanile e invece rimane sola nella notte, ad aspettarlo per strada, con la valigia fatta. Vi ha rimesso piede solo alla morte dei genitori e non via ha fatto più ritorno fino al momento in cui un’agente immobiliare le ha comunicato che c’è un acquirente per la sua abitazione. Il destino vuole che incontri di nuovo il suo amore dell’adolescenza, Thomas, il quale si rivela essere il potenziale acquirente. Rinascerà l’amore tra di loro o il cuore di Alexandra comincerà a battere per un altro uomo che entra dolcemente a far parte della sua vita?
Elena Andreotti
Sociologa con perfezionamento inbioetica.Ha lavorato per circa venti anni nella P.A.dove si è occupata a lungo di informatica,partecipando a progetti riguardanti il sistemainformativo aziendale e curando laformazione dei colleghi.Attiva nel volontariato, attualmente curala formazione dei volontari.Ha collaborato per una decina d’anni conun periodico locale, occupandosi dellarubrica di bioetica.Appassionata di pittura, fotografia emacrofotografia che praticadilettantisticamente, ma con buoni risultati.Lettrice onnivora, predilige la letteratura'gialla' e fantascientifica.
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Ritorno a Sitka - Elena Andreotti
Ritorno a Sitka
Elena Andreotti
Note dell’autore
Ogni riferimento a persone o fatti è puramente casuale.
Tutto quello descritto nel presente racconto è pura invenzione e senza alcuna relazione a situazioni realmente avvenute.
I luoghi citati sono reali; qualunque scostamento dalla realtà è dettato da pure esigenze narrative.
Tutti i diritti riservati ©Elena Andreotti
Design di copertina di ©Elena Andreotti
La foto di copertina è stata scaricata gratuitamente da Pexels (immagine di Mikhail Nilov) e rielaborata graficamente.
I decori natalizi sono stati realizzati con l’applicazione Canva.
Capitolo 1
Alexandra rimase a guardare attonita lo smartphone, ormai muto, tra le sue mani.
Era stata contattata da un’agenzia immobiliare della sua città natale, Sitka in Alaska, incaricata da un imprenditore edile di rintracciare i proprietari di alcune case in riva allo Swan Lake.
L’agente al telefono le aveva spiegato che l’intenzione era di trasformarle in graziosi bed and breakfast di lusso. Le spiegò che la zona stava acquistando sempre più notorietà tra gli stranieri, soprattutto americani degli Stati più a sud, che desideravano trascorrere le vacanze in zone più naturali e genuine. Alexandra aveva risposto che ci avrebbe pensato su.
Pensarci su era un’attività che le risultò alquanto faticosa. Aveva volutamente accantonato quel luogo e quel periodo della sua vita in Alaska.
Era nata a Sitka, circa ventotto anni prima, da una famiglia di origine russa. I suoi avi si erano trasferiti in quel territorio, allora appartenente alla Russia, mettendo in piedi un fiorente mercato di pesca e trasformazione del salmone. Il settore ittico era l’attività produttiva e commerciale più praticata, poiché la sua città sorgeva sull’oceano Pacifico e nei vari corsi d’acqua e canali i salmoni andavano a deporre le uova. Nella stagione in cui quei pesci risalivano le correnti c’erano gli orsi che aspettavano di cibarsene: uno spettacolo unico a cui Ale cercava di non mancare. Grazie al commercio ittico i suoi avi fino alla sua famiglia avevano vissuto agiatamente.
La sua origine russa era ancora rintracciabile nei suoi biondissimi capelli, lisci e fluenti, gli occhi che sembravano di ghiaccio, per la trasparenza dell’iride, leggermente obliqui, nonché una linea slanciata e perfetta, che manteneva grazie all’esercizio e alla dieta ferrea.
Da otto anni non metteva più piede a Sitka, da quando le avevano comunicato che i suoi genitori erano morti in un incidente stradale. Per lei era stato devastante tornare per il funerale. Non solo era stata sopraffatta dal dolore, ma anche da un profondo senso di colpa, perché era andata via a diciotto anni, quasi senza salutare nessuno; l’aveva fatto in forte contrasto con i suoi genitori, i quali pensavano che lei fosse troppo giovane per affrontare una nuova vita a New York. Non aveva mai perdonato i suoi, che riteneva, comunque, responsabili del suo allontanamento; tuttavia, la loro morte era stata un duro colpo.
Il ricordo della sua fuga
le causava ancora una forte sofferenza emotiva. Se fosse stata più matura avrebbe fatto altre scelte, avrebbe affrontato ogni problema, tentando di risolverlo, ma aveva solo diciotto anni e andare via le era sembrata l’unica soluzione.
Con una fitta al cuore, le tornò vivido nella mente il volto di Thomas, il suo primo e forse unico grande amore, quell’immagine che aveva voluto seppellire il più a fondo possibile tra i ricordi dolorosi che respingeva nei meandri remoti della sua mente. Thomas…
***
Aveva guardato dritto negli occhi il suo amore. Quegli occhi scuri come la pece che ricordavano che nel suo sangue correva anche sangue di Inuit, popolo nativo dell’Alaska. Infatti, il padre di Thomas, Jonathan Price, aveva sposato, in seconde nozze, una donna eschimese, contro il parere di tutti, parenti e amici. Il ragazzo era, di conseguenza, un mezzo-sangue, come avrebbero detto cent’anni prima, ma, anche se tale concetto non veniva più espresso, non vuol dire che nella piccola cittadina di Sitka fossero cessati i pregiudizi. Specialmente in una famiglia rigorosamente di religione ortodossa come la sua. Per i suoi genitori non era ammissibile che sposasse un uomo di un’altra religione.
Aveva conosciuto Tom, come si faceva chiamare dagli amici, sui banchi di scuola. Lei lo guardava di sottecchi. Aveva, come dire, una bellezza esotica, almeno ai suoi occhi. In breve scoprì che anche lui la osservava di nascosto. Alla fine era stata Alexandra ad avvicinarlo per proporgli di andare a pattinare allo Swan Lake. Ne erano seguite giornate insieme, fatte di uscite sulla neve, di cioccolate calde e di bagni estivi nei laghi dei dintorni. Il loro amore adolescenziale si era trasformato in qualcosa di più solido e avevano fatto coppia fissa per quasi due anni. Per Alexandra lui era stato tutto il suo mondo, in modo totalizzante, come può accadere a quella giovane età. Finché non se ne erano accorti i suoi genitori che non vedevano di buon occhio quella storia.
«Dovresti frequentare altri ragazzi. Sei ancora giovane ed è prematuro fermarsi al primo che ti fa gli occhi dolci. Ci sono tanti bravi ragazzi della nostra chiesa», le diceva sua madre ed era chiaro dove voleva andare a parare. Tom, non era dei loro, in nessun senso, ma la madre aveva ottenuto l’effetto opposto, come spesso accade con gli adolescenti: Alexandra si era incaponita di più e per lei, al mondo, esisteva solo Tom.
Quell’ultimo giorno che si erano visti, Alexandra non aveva pensato certo che a breve non l’avrebbe visto più. Accarezzandogli i serici capelli neri, aveva pensato che dovevano prendere una decisione drastica. «Penso che dovremmo fuggire insieme», gli aveva detto risoluta, forte dei suoi diciotto anni.
«Non so… Non penso che sia l’idea migliore».
«Ma i miei mi hanno minacciata di mandarmi dalla zia Elsa, finché non rinsavisco!».
«Vedrai che non lo faranno».
«Sì che lo faranno!».
«Non disperare. Troveremo una soluzione». Tom aveva guardato quei meravigliosi occhi di ghiaccio, che ardevano di passione per lui.
Invece l’unica soluzione che avevano trovato possibile era una fuga insieme, dato che i genitori di Alexandra avevano impedito la loro frequentazione. Avevano organizzato tutto con cura. Per un primo periodo li avrebbe ospitati una cugina di Ale, che viveva da tempo a New York.
L’appuntamento era stato fissato per la mezzanotte,