Il male, l'uomo, Dio: Un itinerario nella filosofia di Dostoevskij
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L’ineludibilità del concetto di libertà su cui si fonda l’intero pensiero del genio russo è afferrabile in toto solamente riconoscendo come necessario il male con cui l’uomo deve confrontarsi, e con il pensare Dio, a cui siamo necessariamente inclini.
Questo testo si configura come un percorso, una traccia, un corpo a corpo tra il pensatore russo e i filosofi che sono stati direttamente ispirati dalle sue opere. Perché Nietzsche, Heidegger, Wojtyla, Fabro, Solov’ëv e tanti altri pensatori contemporanei hanno dovuto misurarsi con i romanzi dostoevskijani desumendone influenze che hanno caratterizzato il loro percorso filosofico, al fine di chiarire quale sia la posizione dell’uomo da sempre sospeso tra la tentazione e la divinità.
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Anteprima del libro
Il male, l'uomo, Dio - Stefano Angiulli
i cento talleri
96
Direttori di collana
Paolo Calabrò, saggista
Mario Carparelli, Università del Salento
Diego Fusaro, IASSP Milano (Istituto Alti Studi Strategici e Politici)
Comitato Scientifico
Giovanni Bonacina, Università di Urbino
Gaetano Chiurazzi, Università di Torino
Vincenzo Cicero, Università di Messina
Massimo Donà, Università di Milano - San Raffaele
Domenico Fazio, Università del Salento
Sebastiano Ghisu, Università di Sassari
Giuseppe Girgenti, Università di Milano - San Raffaele
Marco Ivaldo, Università di Napoli - Federico II
Roberto Mordacci, Università di Milano - San Raffaele
Vesa Oittinen, Università di Helsinki
Pier Paolo Portinaro, Università di Torino
Roberta Sala, Università di Milano - San Raffaele
Andrea Tagliapietra, Università di Milano - San Raffaele
I membri del Comitato Scientifico fungono da revisori. Ogni saggio pervenuto alla collana I Cento Talleri
, dopo una lettura preliminare da parte dei Direttori di collana, è sottoposto alla valutazione dei membri del Comitato Scientifico (due per ogni saggio).
Le proposte di pubblicazione devono essere inviate ai seguenti indirizzi: info@ilprato.com o, in forma cartacea, Casa Editrice il Prato
, via Lombardia 41, 35020 Saonara (Padova).
Prefazione
Chiunque in Europa, e non solo, abbia una formazione umanistica sufficiente e ami leggere non può non imbattersi in Dostoevskij, magari più di una volta, nel senso che, dopo averlo letto tutto, possibilmente, viene voglia di ricominciare.
Tutto Dostoevskij. Stefano Angiulli guarda di preferenza i quattro grandi romanzi (è già una buona idea averli così considerati), vale a dire L’idiota, Delitto e castigo, I fratelli Karamazov, I demoni, e li filtra filosoficamente, e anche teologicamente, mediante le ermeneutiche non solo ma soprattutto di Solov’ev (che è Myskin!), di Guardini, il saggio teologo d’Occidente amico intellettuale di Ratzinger e Bergoglio insieme (guarda un po’), di von Balthasar, ossia il Tommaso d’Aquino del secolo XX. Si tratta, dunque, di una interpretazione che, riconosciuta la piacevolezza erotica della pura lettura del grande russo, affronta con coraggio una speculazione di ragione e fede. Opera non comune su Dostoevskij, almeno nell’intento sistematico che questo lavoro persegue, ossia: in Dostoevskij, cosa è il male, cosa l’uomo, cosa Dio? E viene fuori che Quest’ultimo è solo il Padre di Cristo, che è poi solo l’Uomo nostro fratello. A fronte di questa novità cristiana, meglio che nella teologia di Occidente proclamata dall’Oriente cristiano, sofianicamente, impallidisce esangue ogni razionalismo e riaffiora la Vita. Come? A partire proprio dal male, che non è affatto una lacuna filosofica, bensì la ostilità personale del Nemico, della creatura deforme, l’unica tale, che vuole uccidere il Bambino, il Figlio, l’Uomo e, così, facendo soffrire il Padre, scardinare la verità su quel che diciamo Dio
, il Fondo delle cose, di questo mondo tanto bello, facendolo trapassare da Padre dell’Uomo-Idiota a Essenza suprema (e da qui principiano tutti i mali, poiché perduto il Seno amico si deve opporre la distrazione del cinismo alla assurdità delle cose). Uomo Idiota, sì, ossia puro di cuore è, Myskin è icona, Gesù, Persona relazione tutta sbrecciata verso il Mistero che non è Nulla ma è Abbà, e verso i fratellini, spesso sporcati e corrotti, per i quali fa Pasqua, ossia muore, e resta compatendo, sempre. Dio
è tutto questo, un Evento amico e tragico, non un competitore. Il Male suggerisce falsamente che sia un competitore o un protettore
. L’Oriente cristiano ha visto che il santo imitatore del Cristo Fratello, Uomo senza titoli, è sempre jurodvyj, ossia stolto agli occhi efficienti del mondo fatto di misure e di mercati, che poi, contro la stessa epistemologia e Goedel, dopo aver lottato contro metafisica e Bellezza, pretende che Fondo metafisico assoluto sia la misura, la quantità, infine il Niente. Ecco, questo è il male, la radice dei demoni (con accento sulla o
), non un prurito contro leggi verginali o mitici capri satireschi, bensì l’odio verso la indissolubile unità di un Figlio e di un Padre, della Vita, come Alfa e Omega di questo cosmo bello da piangere.
Dostoevskij suggerisce tutto ciò. Non solo Solov’ev, ma anche Florenskij, e altri, da lui dipendono per questo erotismo basico del Cristianesimo autentico, che non è né ateismo, né panteismo, né banale teismo. È lacrime delle cose fino in fondo... È Trinità.
Angiulli segue Dostoevskij sul terreno del pensiero radicale, teologico-vitale, Florenskij direbbe omouisiano e non omeosiano, ossia di consustanzialità, non di deista lontana somiglianza tra il Figlio, il Bambino spessissimo violato, e il suo inerme onnipotente Padre...
Infine, ed è normale, non manca di rimarcare la piacevolezza letteraria di Fiodor. Leggi e ti piace, e ci incontri presto il problema e non la sua soluzione, ma la sua inserzione nella Carne di Dio.
Tutto questo è aria, è profumo di casa.
Carmelo Pandolfi
A mia madre,
che mi ha trasmesso l’amore per la conoscenza
Abbreviazioni
Introduzione
Il 14 settembre del 1998 – ventesimo anno del suo pontificato – papa Giovanni Paolo II espresse nell’enciclica Fides et ratio¹ le sue considerazioni sul rapporto in atto tra teologia e filosofia, e in particolare sui legami vigenti e storicamente fondati tra la scienza della fede e le esigenze della ragione filosofica.
In un’ampia parabola storico-temporale coinvolgente i padri della Chiesa, Sant’Agostino e la triade Sant’Anselmo, San Bonaventura e San Tommaso d’Aquino, il pontefice sottolineò come negli ultimi secoli siano stati gli autori orientali – tra cui Vladimir S. Solov’ev, Pavel A. Florenskij, Petr J. Caadaev e Vladimir N. Lossky – ad aver indagato in maniera molto approfondita questo plesso tematico deducendone tesi di altissimo valore filosofico; e pose in questi autori e nei suoi contemporanei «la speranza che questa grande tradizione filosofico-teologica trovi oggi e nel futuro i suoi continuatori e i suoi cultori per il bene della Chiesa e dell’umanit໲. Al fine di inquadrare al meglio il nostro studio sulle tesi dostoevskijane inerenti a questo ambito teologico-filosofico³ è doveroso accennare all’idea di base che la tradizione teologico-mistica dell’Oriente bizantino slavo espone circa il rapporto tra uomo e Dio, e la tentazione del male a cui siamo ontologicamente esposti.
Dostoevskij conosceva la tradizione cristiano-bizantina⁴; e analizzando le figure e le opere di Nicholas Kabasilas⁵ (scrittore, teologo e santo ortodosso), Massimo il Confessore⁶ (monaco e teologo bizantino) e Giovanni Damasceno⁷ (padre e dottore della Chiesa) ritroviamo la loro decisiva impronta filosofica – mutuata attraverso le esigenze letterarie e stilistiche – nelle opere del genio russo; e in particolare in quelle decisive raffigurazioni (pensiamo a Myskin, Aleskej Karamazov, le due Sonja e le figure degli jurodivye) in cui l’autore riversa i princìpi alla base del suo sistema filosofico e in particolare della sua visione del rapporto in atto tra Dio Padre e il Cristo Figlio fattosi uomo tra noi.
Essendo il Padre un atto eterno che si riversa nel Figlio, il Figlio fa lo stesso verso del Padre (attraverso lo scambio operato dallo Spirito Santo). Il Figlio vuole il mondo, vuole i fratelli, vuole noi in quanto ontologicamente e originalmente immagini somiglianti a Cristo. Il problema del male e del peccato viene risolto attraverso la crocifissione di Cristo e il perdono che questa scelta porta con sé e in sé. Tutto ciò è possibile alla luce di un concetto che il cristianesimo latino ha sopito ma che è tuttora vivido nel mondo cristiano orientale, e che riguarda il rapporto tra creatore e creatura: Dio genera della stessa sostanza
– in un atto che è lui stesso – il Figlio. L’importanza creaturale che questo snodo concettuale porta con sé è solamente successiva all’originario e fondamentale atto d’amore infinito che tira fuori da sé un Figlio unico. Il credo niceno⁸ descrive questa relazione con il termine ὁμοούσιον (homoousion) – traducibile con consustanziale – e in essa vede, come Dostoevskij, l’orizzonte in cui l’uomo debba realizzarsi dopo aver preso coscienza del suo rapporto originario con il Padre e con il Figlio.
A questo nodo teologico-filosofico Dostoevskij e Solov’ev hanno sempre direzionato le proprie esposizioni mantenendo sullo sfondo la necessaria esperienza della Chiesa vista come espressione tangibile dell’orizzonte escatologico rappresentato dall’Icona della Sofia⁹, figura femminile in cui si incarna la Sapienza di Dio¹⁰ e che Solov’ev descrive come «maestoso essere, di natura regale e femminea, [...] vero e puro ideale dell’umanità stessa [...] eternamente collegata a Dio e che nel mondo temporale tutta si unisce a Lui e in Lui unisce tutto ciò che è. [...] Verità fondamentale della collettività o dell’anima del mondo, il cui nome più semplice nel linguaggio cristiano è Chiesa
»¹¹.
L’apporto dottrinale della tradizione bizantina all’evoluzione del pensiero di Dostoevskij è sicuramente decisivo quanto le ermeneutiche che hanno preceduto il presente lavoro e le novità che esso porta con sé. Muovendoci nel solco delle interpretazioni di Solov’ev, Guardini e De Lubac, lo scopo che questo studio sottende è direttamente in linea con l’augurio e la prospettiva di Giovanni Paolo II di ampliare le conoscenze in merito, al fine di inquadrare le problematiche in un plesso unitario in cui la relazione tra il male, l’uomo e Dio venga esplicata come indistricabile nell’interrogazione teologica-filosofica; soprattutto alla luce degli avvenimenti sociali accaduti nell’ultimo secolo e che hanno provocato una forte recisione tra le consuete forme di pensiero – cristiane e non – e le nuove correnti atee e nichiliste. Sarebbe infatti inimmaginabile poter relegare l’opera di Dostoevskij al solo periodo in cui l’autore visse e scrisse proprio a causa del carattere profetico del suo pensiero. Le ermeneutiche dei nostri tre principali interlocutori si differenziano anche nella possibilità che hanno avuto di rapportarsi alle precognizioni dostoevskijane. A un Solov’ev immerso totalmente nel milieu russo dostoevskijano e già operante in seno a un’evoluzione delle forme del male allora esistenti, si affianca l’analisi di Guardini orientata alla valorizzazione delle figure salvifiche dei romanzi e all’esplicazione del loro profondo cristianesimo vissuto tra accettazione, malinconia e dignità; a entrambe segue lo studio di De Lubac teso a focalizzare l’attenzione sulle distruzioni dottrinali e sociali attuate dall’umanesimo ateo ormai imperante in larga parte nel mondo occidentale del XX secolo.
In questa sede introduttiva è doveroso citare i fondamentali lavori di Nikolaj Berdjaev¹² e Luigi Pareyson¹³; sono stati i due autori ad aver inaugurato attraverso i loro studi tutta l’analisi contemporanea circa l’interpretazione filosofica degli scritti dostoevskijani. Si deve infatti al filosofo di Kiev la prima schematizzazione formale del pensiero di Dostoevskij e all’accademico italiano la valorizzazione dello scrittore come punto di riferimento per il pensiero contemporaneo.
Negli anni Venti del secolo scorso Berdjaev tenne un seminario¹⁴ in cui evidenziò come una lettura filosoficamente orientata permette di scandagliare il pensiero di Dostoevskij al fine di evincerne un sistema organizzato in tematiche comunicanti fra loro, tese a un unico principio cardine: la libertà. Le analisi – le prime a essere attuate con rigore e formalità scientifica – evidenziano come le macroaree dell’uomo, del male, dell’amore e del socialismo siano le strutture portanti su cui Dostoevskij ha fondato il suo pensiero.
Nel solco di questo studio, Pareyson – in un corso universitario tenuto nel 1967 e in altri saggi pubblicati tra 1978 e il 1991 e raccolti nel fondamentale Dostoevskij. Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa¹⁵ – evidenziò i caratteri teoretici dei romanzi dando una vera e propria svolta metafisica alla lettura di Dostoevskij, riconoscendolo come fautore di una letteratura filosofica in cui tutto è orientato all’analisi dell’essere-uomo e del suo travagliato rapporto con Dio.
Il nostro lavoro parte dalla valorizzazione delle ermeneutiche citate per concretizzarsi in un corpo a corpo con i filosofi che hanno maggiormente elaborato l’influenza dostoevskijana all’interno del proprio pensiero¹⁶, al fine di evincere un sistema filosofico dostoevskijano dal quale possa emergere una nuova visione del male totalmente adattata al vivere contemporaneo. E di conseguenza proporre come valida la strada segnata da Dostoevskij per sopportare questa condizione a cui l’uomo è chiamato: il sentiero che porta a Cristo, figura irrinunciabile per qualsiasi forma di salvezza e redenzione nel cui Amore l’uomo può muoversi per riscattarsi dal male individuale e sociale. Un abbandono dunque dell’uomo-Dio annunciato dagli ateismi contemporanei che presuppone l’abbraccio del Dio-uomo in cui l’umanità può ancora ritrovare il senso della sua posizione nel mondo e del suo stato ontologico.
Alleghiamo il seguente schema per delineare