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L'animale nella fossa
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E-book79 pagine46 minuti

L'animale nella fossa

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Info su questo ebook

Un potente viaggio in una dimensione poetica nuova e ricercata

Prefazione di Tommaso Ottonieri

Avvicinarsi alla poetica di G.G.G. è un’e­sperienza immersiva, un avanzare insieme nel bosco, luogo misterico per eccellenza. Nelle parole del prefatore Tommaso Ottonieri: «Il bosco psicomagico di Gaia Ginevra s’accatasta di altarini fonici, ultrasuoni tellurici che solo in uscita si condensano in immagine verbale, grammatizzando lo spezzarsi di linee (di cui si genera) a esprimere l’ustoria traccia della materia fiabesca di cui s’erano impressi per rapprendersi in sillabare di sciamano. […] E il paesaggio, il bosco, a schegge, esploso, secco, a sé non basta. Vocante, ovunque, il filo vibrato dalla lingua ne corre il senso oscuro».
Con la sua ricerca linguistica, G.G.G. tenta un’architettura effimera fatta di margini, parti, pluralità; una decolonizzazione del linguaggio; un’opera di traduzione/tradimento dell’esperienza. Soprattutto, afferma un “materialismo vitalistico” in cui tutti i corpi (tramite mescolanze, innesti, esercizi di memoria e profezia) e tutti gli oggetti sono vivi e in relazione, nel solco dell’“interdipendenza simpoietica” della filosofa Donna Haraway.
La parte finale del libro – una sorta di diario impossibile, esploso, un cut-up forsennato di appunti e corrispondenze da leggere alla rovescia – lascia emergere la dimensione del corpo postorganico, della materia sottile, del ricordo e del sogno, e si costruisce attraverso il meccanismo della memoria, come fenomeno contrario alla museificazione.
LinguaItaliano
Data di uscita20 ott 2021
ISBN9788833861852
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    L'animale nella fossa - Giorgi Gaia Ginevra

    Tavola dei Contenuti (TOC)

    prefazione di Tommaso Ottonieri

    mediterraneo simpoietico

    (agosto 2017)

    (agosto 2018)

    (agosto 2019)

    Sullo smembramento e sulla dissoluzione (di tutte le cose)

    Profezie del corpo. archivio di fatti umani e non umani

    La materia ha superato la postura della carne

    la memoria è l’antimuseo! [leggere alla rovescia]

    scafiblù
    ( 17 )

    gaia ginevra giorgi

    l’animale nella fossa

    © 2021 Miraggi edizioni, Torino

    www.miraggiedizioni.it

    In copertina: Tommaso Pandolfi, Esercizio di scrittura

    Progetto grafico Miraggi

    Finito di stampare a Chivasso nel mese di agosto 2021

    da A4 Servizi Grafici snc per conto di Miraggi edizioni

    su Carta da Edizioni Avorio Book Cream 80 gr

    e Carta Fedrigoni Materica Acqua 180 gr

    Prima edizione digitale: novembre 2021

    isbn 978-88-3386-185-2

    prefazione di Tommaso Ottonieri

    La sete della terra, crepa l’involucro dei corpi, cavo il quadrante del tempo sotto il peso troppo della luce, trema dalle colate fredde della semina dallo scricchiolio delle conchiglie sotto i piedi, dal collassare scalzo dei labirinti isterici dagli incavi-gomma del corpo, fitti nel torace: dai roghi a giro del sonno lo slacciarsi ovunque di radici, un magnete di vertigini dentro il cerchio vociante dei taglienti spiriti. Separato dal nucleo, un sottile di fiamma, ghiaccio arde il bosco nello scoccarsi dall’obliquo delle frecce raggelate: e lava, a strisce, spenta lava, dai reticoli morti del suolo le arterie sfiatando delle sterpaglie a sibilo, dello sfrigolio delle schiume, lava labbro che si prosciuga: accatastata la gravità dei suoi carboni-­spettri giù nel grasso, che geme, della polvere, stende il suo sole a velo un’intermittenza di neon, un sole nero lacerando, lievitata dai corpi, l’estinta luce degli strappi: come levandosi nel sacerdozio del caos, quando la mano incerta tasta lo spazio scarno del varco, il risucchio a ventosa del sottile alla fine d’ogni dislessia.

    Il bosco psicomagico di Gaia Ginevra s’accatasta di altarini fonici, ultrasuoni tellurici che solo in uscita si condensano in immagine verbale, grammatizzando lo spezzarsi di linee (di cui si genera) a esprimere l’ustoria traccia della materia fiabesca di cui s’erano impressi per rapprendersi in sillabare di sciamano.

    Non c’è grazia nella frenesia, certo. E il paesaggio, il bosco, a schegge, esploso, secco, a sé non basta. Vocante, ovunque, il filo vibrato dalla lingua ne corre il senso oscuro, prova a imprimere l’orma d’una sillaba tra le impronte aguzze, disanimanti, che senza conoscerlo lo parlano. Sa che abitarlo, non può significare che dissolversi, dissolverlo; che salvezza sola dalle/nelle sue gore è nel disancorarsi, dal peso-stagno del dire, farsi sola resistenza della schiuma (il suo frangersi, il salto – tra le cose liquide e lo schianto) farsi patimento muto o pulsante materia (che sempre esubera da ogni postura della carne e sempre il sé-carne ringoia), e il rito psicomagico del verbo (… sul lenzuolo un boato, una vocale piena…) non fa che rinverdire gli abbandoni, eccitare gli spettri convocati a sé, che si annidano fitti dietro le maschere del sonno. Ma ancora, la traccia della lingua, prova per obliquo, per soliloquio, a narrarsi, tratto per tratto (strappo per strappo), nell’affabularsi autotestimoniale (… lirica sformata/infranta, corpo-diario della perdita, Bildung degli strappi, costruzione per via di lacerarsi…) [n.b.: fino alla lunga/spuria prosa di diario e di montaggio, di corpi, spettri e residui, che è, in due parole, il punto in assoluto più avanzato, e davvero di non ritorno, della scrittura di G.G.G.]. Prova a stendere, sapendoli vani (nello spalanco della fossa, del varco), feticci di lontane architetture, sintassi che appellino, a raduno, tutto ciò che s’è disperso (la frenesia in cui ci si è dispersi), spreme la linfa ultima d’una reciprocità molteplice e già succhiata infine nelle carni del teatro naturale, nel respiro incandescente dei fossati. Ed è lì in attesa della voce: pura voce elettrificata: che dis/alienandosi possa sfondare il varco per spalancare, senza presunzione di grazia, quello

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