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E-book164 pagine2 ore

Più di là che di qua

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Un viaggio in bicicletta nell’Aldilà. Un monaco buddhista di tradizione tibetana, ex ciclista, per mezzo di una tecnica rituale trimillenaria s’intrufola nello stato post-mortem e ci vaga per un po’, riuscendo a rintracciare le biografie di famosi personaggi della storia mondiale. Che cosa è successo nell’Aldilà ai brandelli d’anima di Garibaldi o Bach per esempio, Socrate e Savonarola, Hitler e Cleo­patra, Presley e Moravia, Leopardi e Totò? Di curriculum mortis si potrebbe parlare, o ancora meglio della descrizione dello stadio intermedio dopo la morte che in quella tradizione precede sempre una rinascita. Un intermezzo chiamato Bardo che dura 49 dei nostri giorni, ma che in quella dimensione ha tempi diversi e dilatati a dismisura, in cui le anime restano in qualche modo impigliate nei fatti e nelle circostanze della vita passata. E 49 sono le storie, più la cronaca di una corsa ciclistica davvero ultraterrena, in cui l’autore, con la sua solita prosodia vicina al recitato, getta al contempo uno sguardo divertito e dissacrante, ma pure delicato e impertinente sulle nostre vite “di qua”.
LinguaItaliano
Data di uscita9 giu 2021
ISBN9788833860756
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    Anteprima del libro

    Più di là che di qua - Paolo Morelli

    Tavola dei Contenuti (TOC)

    Avvertenza

    Appena al di là, Malabrocca Luigi

    Coppi Angelo Fausto

    Garibaldi Giuseppe Maria

    Alighieri Durante, detto Dante

    Hemingway Ernest Miller

    Bach Johann Sebastian

    Di Bondone Angiolo o Ambrogio, detto Giotto

    Romolo

    Enobarbo Lucio Domizio, in arte Nerone

    Omero

    Gesù, il Cristo

    Savonarola Girolamo Maria Francesco Matteo

    Blaskó Béla Ferenc Dersö, in arte Béla Lugosi

    Attila, e in più Temüjin Gengis, detto Khān

    D’arco Giovanna

    Borgia Lucrezia

    Van Gogh Vincent Willem

    Leopardi Giacomo Taldegardo Francesco di Sales Saverio Pietro

    De Curtis di Bisanzio Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi, in arte Totò

    Bruno Filippo, noto come Giordano

    Bernardone Giovanni di Pietro, poi San Francesco, detto d’Assisi

    Marx Karl

    Nel paese di Moravia (un’interferenza: reportage nel reportage)

    Socrate

    Gāndhī Mohāndās Karamchand, onorato Mahatma

    Salomone

    Bonaparte Napoleone

    Paganini Niccolò

    Colombo Cristoforo

    Freud Sigismund Schlomo

    Di Ser Piero da Vinci Leonardo

    śākyamuni Siddhārta Gautama, detto il Buddha ossia lo sveglio

    Yotanka Tatanka, noto come Toro seduto o meglio Bisonte, seduto

    Saavedra de Cervantes Miguel, nonché Shakespeare William

    Hitler Adolf

    Filopatore Tea Cleopatra

    D’asburgo-Lorena Maria Antonia Giuseppa Giovanna, nota come Maria Antonietta

    Kŏng Qiū, dalle nostre parti Confucio

    Archimede

    Kahlo y Calderón Magdalena Carmen Frida, detta Frida Kalho

    Santippe

    Presley Elvis Aaron

    Ecke Xaver Franz

    De Sade, Donatien-Alphonse-François, marchese e conte

    Gran premio del mandala (coppa florilegio)

    scafiblù

    ( 16 )

    © 2021 Miraggi edizioni, Torino

    www.miraggiedizioni.it

    In copertina: Romolo in bicicletta, disegno di Carlo Bordone

    Progetto grafico Miraggi

    Finito di stampare a Chivasso nel mese di giugno 2021

    da A4 Servizi Grafici snc per conto di Miraggi edizioni

    su Carta da Edizioni Avorio Book Cream 80 gr

    e Carta Fedrigoni Woodstok Materica Acqua 180 gr

    Prima edizione digitale: giugno 2021

    isbn

    978-88-3386-075-6

    Prima edizione cartacea: giugno 2021

    isbn

    978-88-3386-073-2

    L’arte è il metodo per spezzare il pane coi morti.

    W.H. Auden

    Non mi interessa pensare al mondo al di qua del mondo.

    F.W. Nietzsche

    La morte è l'una o l'altra di due cose. O è un annullamento e i morti non hanno coscienza di nulla; o, come ci vien detto, è veramente un cambiamento, una migrazione dell'anima da un luogo ad un altro.

    Socrate

    Dalla copertina

    Un viaggio in bicicletta nell’Aldilà. Un monaco buddhista di tradizione tibetana, ex ciclista, per mezzo di una tecnica rituale trimillenaria s’intrufola nello stato post-mortem e ci vaga per un po’, riuscendo a rintracciare le biografie di famosi personaggi della storia mondiale. Che cosa è successo nell’Aldilà ai brandelli d’anima di Garibaldi o Bach per esempio, Socrate e Savonarola, Hitler e Cleo­patra, Presley e Moravia, Leopardi e Totò? Di curriculum mortis si potrebbe parlare, o ancora meglio della descrizione dello stadio intermedio dopo la morte che in quella tradizione precede sempre una rinascita. Un intermezzo chiamato Bardo che dura 49 dei nostri giorni, ma che in quella dimensione ha tempi diversi e dilatati a dismisura, in cui le anime restano in qualche modo impigliate nei fatti e nelle circostanze della vita passata. E 49 sono le storie, più la cronaca di una corsa ciclistica davvero ultraterrena, in cui l’autore, con la sua solita prosodia vicina al recitato, getta al contempo uno sguardo divertito e dissacrante, ma pure delicato e impertinente sulle nostre vite di qua.

    Biografia dell'Autore

    Paolo Morelli vive a Roma. Tra i suoi libri Vademecum per perdersi in montagna (nottetempo 2003, 2017), Er Ciuanghezzù (nottetempo 2004), Caccia al cristo (DeriveApprodi 2010), Il trasloco (nottetempo, 2010), Racconto del fiume Sangro (Quodlibet 2013), Né in cielo né in terra (Exòrma 2016), Da che mondo è mondo (nottetempo 2017) e il saggio La postura del guerriero (Sossella 2020). Ha tradotto Pseudo-omero, Zhuang Zi, Lao Zi, Rabelais, Stevenson e il poeta cinese Yang Wanli (La contrada natale dei sogni, Quodlibet 2020) finora inedito in Italia. Come performer ho curato gli spettacoli Animali Parlanti, Jazzcéline, varie edizioni di Parentele Fantastiche, A passo di Walser nel senso di Robert e dal 2015 la serie di Letture Strampalate.

    Avvertenza

    Un mio amico d’infanzia è diventato monaco buddhista nella tradizione tibetana. Prima si chiamava Giuseppe Strapanzani, ora Lung-po Rimpoche. Era un ciclista forte, una promessa anche a livello nazionale, mentre io giocavo a calcio. Ricordo quando è partito per l’Oriente, fanno quarant’anni proprio quest’anno. A casa sua, mentre riempiva lo zaino, mi ha chiesto per l’ennesima volta di andare con lui. Cercherò di cavarmela qui, gli ho risposto. Ci è andato in bici, in Oriente. Non ne ho saputo niente per un decennio e più, poi è tornato per una visita, sempre in bici, e ci siamo rimessi in contatto. Ha vissuto in Tibet e ora vive nella regione impervia e sperduta dell’Alto Dolpo, in Nepal, visto l’accanimento del governo cinese che « usa la civiltà occidentale come un veleno » sono parole sue « io però sono immunizzato… » aggiunge sempre. Ci scriviamo delle email, certe volte da parte sua in modo avventuroso: « L’unico punto dove la pennetta prende bene è sul ciglio di un burrone ». Ogni tanto torna, in aereo ormai, e dorme a casa mia sul divano-­letto. Di solito sta un paio di settimane e le passiamo a parlare di cose inutili che fanno ridere solo noi. A volte ci stiamo male, dalle risate. È come allora, in questo non siamo cambiati.

    Siccome lui negli anni si è specializzato, diciamo così, nei rituali arcaici del Bön (l’approccio religioso locale tradizionale, derivante dalle pratiche sciamaniche) e siccome pretende di poter fare, per mezzo di una tecnica rituale trimillenaria e quella che chiama divagazione o vagabondaggio dell’attenzione dei veri e propri viaggi nell’Aldilà, vale a dire che secondo lui s’intrufola nello stato post mortem e ci vaga per un po’, un giorno gli ho chiesto di seguire, intercettare, rintracciare le biografie di alcuni personaggi famosi. Di curriculum mortis si potrebbe parlare, o ancora meglio di una descrizione dello stato intermedio dopo la morte che in quella tradizione chiamano Bardo e precede sempre una rinascita. In quella filosofia infatti la successione lineare può avere anche un senso inverso e, come nel mondo alla rovescia del Politico di Platone, ciò che ha inizio con la morte non può che terminare con una nascita. Si vede che osservando per bene la natura è sembrato loro, e tuttora sembra, la cosa più ragionevole.

    Sempre secondo lui, in quella tradizione tuttora in vita nonostante le aggressioni e il tentativo feroce (lui dice appassionato) di farla sparire dalla faccia della Terra, in quella scuola insomma ci si allena talmente all’attenzione da restare vigili e presenti al punto che non li spaventa nemmeno il momento in cui la mente si stacca dal corpo per il lungo e inquietante periodo di transizione. Un interregno, diciamo così, di 49 dei nostri giorni, ma che invece in quella dimensione ha durate temporali insolite e variabili, di millenni perfino, e reversibili anche, avanti e indietro nel tempo. Ne hanno un’impressione iniziale, dei 49 giorni, che poi gli si dilata a dismisura, anche se alla fine del transito sempre di quel periodo si tratta, se calcolato coi nostri parametri. In quelle nostre sette settimane si fanno salti e giri nel tempo a noi poco comprensibili, sostiene lui, così come sostiene che quel viaggio nel mondo parallelo lo si può seguire anche quando « si è vivi per la maggior parte » secondo la sua espressione. « Ma prima di tutto è necessario, bisogna fare in modo che il nostro corpo accetti fino in fondo la propria morte, e non tanto la testa perché quella non lo farà mai veramente, altrimenti nulla si può fare… »

    Quando ho chiesto spiegazioni su queste ultime affermazioni, mi ha risposto solo che « quando un pensiero scompare ciò è detto morte . Quando appare il pensiero successivo è detto nascita . Pertanto nasciamo e moriamo continuamente. Se qualcosa non muore non può rinascere, poiché qualcosa muore la cosa successiva nasce. È questo che si intende per vita e morte ». Non mi ha detto altro e così lo scrivo.

    Come possa succedere poi di reincarnarsi magari un millennio dopo, quando non sono passate che poche settimane, o come sia stato possibile per lui seguire vicende già conclusesi in una rinascita o, ancora peggio, come facciano certi a non tornare ancora pure se il periodo è passato, è qualcosa che deve restare incompreso perché secondo lui « sono proprio le cose che non capiamo a tenerci vivi e non solo, per quanto riguarda quelle che capiamo o crediamo di capire più tempo ci mettiamo a capirle e più ci si allunga, la vita… ».

    Di fatto, ricopiando le schede che man mano mi mandava via email, non ho potuto fare a meno di notare che, forse trattandosi di personaggi famosi, tutti, chi più chi meno, in qualche modo vorrebbero fare il contrario, staccarsi un po’, contrastare con la morte la vita che hanno fatto, in qualche caso fuggirla, ma è come se restassero impigliati nei residui, intralciati, rimbalzano su di essi, forse per la coazione a ripetere che fa restare le cose per l’aria per anni e perfino secoli e millenni, può essere. In alcuni casi è come se nell’Aldilà tendano stavolta alla vita di un individuo anonimo, un privato che nessuno conosce, per una vita appartata e priva di seccature. Senza successo però, troppe le esperienze accumulate o forse è troppo presto. Notabile per esempio come in certi casi alcuni piccoli avvenimenti, momenti isolati o addirittura parole trascendano il generale assumendo grande importanza, mentre altri, che pure sono stati rilevanti nelle loro vite, lì quasi scompaiono. Tutti i loro gesti comunque sembrano eventi destinati a restare per l’aria per un tempo lunghissimo e allo stesso tempo, ma proprio allo stesso è meglio precisarlo, sbiadiscono in un secondo, nel nostro, di secondo.

    Per tentare di spiegare, e utilizzando stavolta il Platone della Repubblica (non che io sia un appassionato, ma non trovo di meglio per inventare un disperato aggancio a ciò che a un certo punto si è rotto e non è più stato ripristinato in una sorta di interruzione, cesura o lobotomia con una tradizione che di certo era anche la nostra), la maggior parte di loro sembra scegliere secondo le abitudini sfilacciate della vita precedente. È un tipo di vita diciamo così chiamata morte, o forse sarebbe meglio dire un movimento, un destino insomma che ognuno crede di scegliere e pare determinato in buona parte dal caso e dalla consuetudine, dall’assuefazione a certe parole o gesti, trascinato nella direzione dei desideri e attaccamenti più intensi. Scegliendo un paradigma di vita, ogni anima o quello che è sceglie secondo il suo demone, cioè il suo carattere (andrebbe forse ricordato che in greco le parole per carattere e abitudine, ēthos ed ethos, sono etimologicamente la stessa parola e significano entrambe l’ esser sé che prende forma in un carattere o in un’abitudine, quindi pratica, caratteri, abitudini e inclinazioni di carattere morale; e anche il termine buddhista in sanscrito per regola, precetto o metodo, vale a dire sīla, altro non significa che acquisire un’abitudine ; e poi d’altra parte, ora che ci penso, Giuseppe chiama proprio addestramento etico tutto l’insieme degli esercizi della sua scuola).

    Una specie di vita insomma già un po’ preconfezionata che lui o lei, l’anima, non può vivere appieno, solo in qualche modo rivivere secondo il decreto di Ananke, la necessità, e le sue azioni quindi paiono non così importanti, che non lo tocchino mai del tutto visto che le esegue quasi solo per imitare il carattere, ed è per questo forse che finiscono per somigliare a scherzi e buffonerie, disguidi bislacchi, reazioni inusitate, che spesso siano paradossali va da sé. Agli occhi di qua certe potrebbero sembrare solo stupidaggini, reazioni banali o addirittura resti di esse, forse perché di qua abbiamo un bisogno continuo di vedere le cose più interessanti di quello che sono.

    Se uno poi volesse usare un linguaggio che dà sul poetico, l’impressione è che una volta chiusi gli occhi, invece di capire che fin dal principio si sono affannati troppo e la vita è stata niente di più e niente di meno che un sogno fatto a primavera, sotto un tiglio o in una discarica a seconda di come sono andate le cose, invece di capire di essere stati niente di più o niente di

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