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L’isola delle voci
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L’isola delle voci
E-book57 pagine56 minuti

L’isola delle voci

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Info su questo ebook

Kalamake, un mago che sembra disporre di un’inesauribile ricchezza, con un incantesimo si trasporta assieme a Keola su un’isola sconosciuta abitata da antropofagi, a cui i due sono però invisibili. Qui gli rivela che le conchiglie dell’isola possono essere trasformate in monete, e poi lo abbandona in mare. Tornato sull’isola misteriosa, Keola scopre che tanti visitatori vengono da tutto il mondo per raccogliere le conchiglie, e scatena una battaglia tra i maghi invisibili e gli isolani.
LinguaItaliano
Data di uscita5 dic 2023
ISBN9788892968226
L’isola delle voci
Autore

Robert Louis Stevenson

Robert Louis Stevenson (1850-1894) was a Scottish poet, novelist, and travel writer. Born the son of a lighthouse engineer, Stevenson suffered from a lifelong lung ailment that forced him to travel constantly in search of warmer climates. Rather than follow his father’s footsteps, Stevenson pursued a love of literature and adventure that would inspire such works as Treasure Island (1883), Kidnapped (1886), Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde (1886), and Travels with a Donkey in the Cévennes (1879).

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    Anteprima del libro

    L’isola delle voci - Robert Louis Stevenson

    I LEONCINI

    frontespizio

    Robert Louis Stevenson

    L’isola delle voci

    ISBN 978-88-9296-822-6

    © 2018 Leone Editore, Milano

    Traduttore: Luigi Marfè

    www.leoneeditore.it

    ENG

    Keola era sposato con Lehua, figlia di Kalamake, il saggio di Molokai, ed era andato a vivere con il padre di sua moglie. Non c’era uomo più scaltro di quel veggente; leggeva le stelle, sapeva trarre auspici dai cadaveri e dalle creature maligne; poteva salire da solo sulle vette più alte delle montagne, nella terra dei folletti, dove piazzava delle trappole per gli spiriti antichi.

    Era l’uomo più consultato di tutte le Hawaii. La gente prudente comprava, vendeva, si sposava e regolava la propria vita sulla base dei suoi consigli; e il re l’aveva chiamato due volte a Kona per cercare i tesori di Kamehameha. Nessuno era più temuto di lui: alcuni dei suoi nemici si erano ammalati in forza dei suoi incantesimi, altri erano addirittura spariti, anima e corpo, tanto che invano la gente aveva cercato le loro ossa. Si diceva che avesse l’abilità o il dono degli antichi eroi. Era stato visto la notte, sulle montagne, saltare da un contrafforte a un altro, e camminare per l’alta foresta, con la testa e le spalle al di sopra degli alberi.

    Questo Kalamake era proprio un uomo bizzarro. Discendeva dalla miglior stirpe di Molokai e Maui, sangue puro; eppure era più bianco di qualunque straniero: i suoi capelli avevano il colore dell’erba secca, e i suoi occhi erano rossi e spenti, tanto che «cieco come Kalamake, che vede il domani» era un’espressione comune nelle isole.

    Di tutte le gesta di suo suocero, Keola ne conosceva qualcuna per sentito dire, altre le sospettava e il resto le ignorava. Ma c’era una cosa che lo turbava. Kalamake era un uomo che non risparmiava su nulla, che si trattasse di mangiare, bere o vestire; e ogni volta pagava in dollari sonanti. «Sonanti come i dollari di Kalamake» era un altro detto delle Otto Isole. Eppure non aveva mai esercitato il commercio, né faticato nei campi, né lavorato al servizio di qualcuno – solo occasionalmente, e con la sua magia – e non c’era alcun modo di spiegare tutte quelle monete d’argento.

    Un giorno la moglie di Keola era andata in visita a Kaunakakai, sul versante sottovento dell’isola, e gli uomini erano a pescare. Ma Keola era un cane pigro, e se ne stava in veranda e guardava le onde rifrangersi sulla spiaggia e gli uccelli volare sugli scogli. Era sempre il suo chiodo fisso, quello dei dollari sonanti. Quando si andava a coricare, si chiedeva perché fossero così tanti e, quando si svegliava al mattino, si chiedeva perché ce ne fossero di nuovi; e il pensiero non lo abbandonava mai. Ma proprio quel giorno si era convinto, in cuor suo, di una qualche scoperta. Pare infatti che avesse visto dove Kalamake teneva il suo tesoro, vale a dire in un tavolo chiuso a chiave contro il muro della sala, sotto la stampa di Kamehameha v e una fotografia della regina Vittoria incoronata; e pare anche che, non più tardi della notte prima, avesse trovato un’occasione per guardarci dentro, e la sacca fosse vuota. E quello era il giorno del vaporetto, poteva vederlo sfumacchiare da Kalaupapa. Presto sarebbe arrivato con la scorta mensile di prodotti: salmone in scatola, gin e ogni genere di beni di lusso per Kalamake.

    «Se oggi potrà pagare per i suoi acquisti» pensò Keola «saprò per certo che quell’uomo è uno stregone, e che i dollari escono dalla tasca del Diavolo.»

    Mentre pensava così, dietro di lui c’era suo suocero, apparentemente afflitto.

    «È quello il vaporetto?» chiese.

    «Sì» disse Keola. «Si fermerà a Pelekunu, poi arriverà qui.»

    «Non c’è alternativa, allora» replicò Kalamake «e ti devo fare una confidenza, Keola, poiché non ho nessuno di meglio. Vieni qui, entra in casa.»

    Così entrarono insieme nella sala, che era molto bella, con la carta da parati e le stampe appese, ammobiliata con una sedia a dondolo, un tavolo e un sofà in stile europeo. C’era anche uno scaffale di libri, una Bibbia di famiglia in mezzo alla tavola e contro il muro uno scrittoio chiuso, in modo che tutti vedessero che era la casa di un uomo facoltoso.

    Kalamake fece accostare a Keola gli scuri delle finestre, mentre lui stesso chiudeva a chiave tutte le porte e sollevava la tavola dello scrittoio. Ne trasse fuori un paio di collane con braccialetti e conchiglie, un fascio d’erba secca, delle foglie secche e un verde ramo di palma.

    «Chi sono io» disse lui «è fuori discussione. Gli

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