GenerAzioni in campo: Radici e percorsi del Vino al Femminile
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Info su questo ebook
Troppe sono state lasciate indietro dalle cronache e dalla Storia: poco considerate e raccontate solo nel ruolo di mogli o figlie di un qualche notabile, sono state spesso private dei fondamentali contributi apportati dalla loro competenza sostanziale.
Questo focus dedicato interamente alle figure femminili, partendo dall’analisi odierna delle situazioni meno idilliache, vuole raccogliere un flusso di emozioni parlate, un lessico del vino al femminile che, rafforzato dalla testimonianza di quattordici voci, riconsegna il senso della forza, della presenza e del contributo profondo delle donne al mondo dell’enologia.
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Anteprima del libro
GenerAzioni in campo - Panitteri Eva
Presentazione
Il libro che avete tra le mani è frutto di una collaborazione tra due appassionati di cultura del vino che di questo amore comune hanno deciso di farne parole, scrittura, condivisione.
Una genesi che potremmo definire naturale nei processi narrativi, quando ci si muove dalla sorpresa dell’incontro con le vite delle aziende e si arriva ad assaporare il frutto del lavoro, condizione ideale per degustare in intimità le storie delle persone.
Se degustare, infatti, vuol dire scegliere di regalarsi l’ascolto dell’essenza di un vino, abbandonarsi al compito dei sensi richiamati dall’anima e dalla mente significa accogliere anche ciò che non è narrabile in quanto dialogo profondo preverbale tra la vite, il frutto e il vino di chi produce e che con essi definisce il senso della propria vita.
Ci auguriamo che le parole scritte su carta possano essere vie da percorrere nel tempo e nello spazio che nel vino, soprattutto, sono in continuo divenire.
Maurizio Saggion, ha percorso piacevoli chilometri per visitare le aziende, accarezzare le vigne, conoscere le persone e vivere il tempo dei luoghi assaporando i vini e accogliendo le storie diventate scrittura in questo volume. Emergono incontri dove la trama si è costruita lentamente, nodo su nodo, grazie alle sapienti parole delle produttrici. Emergono note profonde e disegni analitici che aprono una nuova possibilità narrativa: la degustazione emozionale della parola unita al sapore coerente dei loro prodotti.
Eva Panitteri, che ha ascoltato e dato forma narrativa alle storie raccolte in campo, ha anche creato la cornice che inquadra il contesto sociale e il contesto culturale, attraverso lo studio di ricerche, dati e indagini di settore. Dialogando con le esperte, poi, ha tracciato un’analisi chiara del tema lavoro, sostenendo la forza e l’importanza di un’appartenenza professionale che rende le donne protagoniste dell’altra storia del vino. Storia confermata dalle voci di un passato che si deve riconoscere e recuperare e dagli accenti che tratteggiano l’idea di un futuro ancora tutto da scrivere.
Prefazione
di Maurizio Saggion
Le parole, anime e indirizzi di viaggio
Il viaggio e il viaggiare, l’adesso e il mutamento. Questo è l’itinerario narrativo che emerge dalle parole raccolte dalle donne protagoniste di questo racconto. Un transitare quotidiano la via della vite, ciascuna con il proprio passo, le proprie visioni, i desideri, i tanti sogni e tutte con un ritmo costante, non privo di ostacoli, compiuto con passi sicuri e ben saldi a terra.
Questo libro racconta di un tempo leggero e accogliente, di un dialogo vissuto nei luoghi dell’essere produttrice. Uno spazio ospitale che mi ha concesso di degustare le parole e di agire con rispetto nello spazio generatosi tra la narrante e il narrato.
Il mio compito, in questo progetto editoriale, era quello muovermi nei territori fisici della produzione, in particolare l’Emilia-Romagna, ascoltare, registrare e, se possibile, creare un contesto relazionale funzionale al libero fluire dei pensieri delle donne incontrate, sperando che questo discorso a più voci potesse diventare patrimonio narrativo a disposizione di lettrici e lettori.
La ricchezza delle persone incontrate ha portato ben oltre l’obiettivo editoriale che avevamo ipotizzato con la coautrice Eva Panitteri, anima del progetto, ovvero realizzare un racconto collettivo che rappresentasse in modo adeguato il mondo del vino al femminile e che suggerisse aspetti sottovalutati e non (ri)conosciuti del grande apporto che le donne hanno offerto e offrono all’articolato mondo enologico.
Il racconto mi ha portato a transitare nei pensieri di vita, negli approcci imprenditoriali, nelle diverse esigenze di persone competenti e appassionate. Abbiamo descritto prodotti mentre si parlava della vita, gustato i vini dove si fanno e colto la loro essenza, ascoltato le piccole
storie personali appartenenti alla grande storia del vino.
Ed è così che le tante esperienze raccolte, diverse per contesto professionale, ambito geografico e culturale, sono diventate una mappa narrativa ricca di sentieri, tappe e destinazioni percorse spesso individualmente, a volte in solitudine. I tanti itinerari descritti da queste donne hanno evidenziato una direzione comune, vissuta grazie a una bussola usata costantemente per confermare il proprio ruolo, la propria funzione all’interno e oltre l’azienda di appartenenza. Le coordinate, i punti di riferimento del tragitto, sono rintracciabili nelle parole utilizzate, colorate per non perdersi, dimensionate per il giusto cammino e tutte orientate verso una chiara meta: la consapevolezza del proprio valore conquistata nella complessità del viaggio.
In questo spazio di vite e di terra abbiamo raccolto quattordici voci femminili, alcune accompagnate da figure maschili significative che condividono con le intervistate l’impegno quotidiano e la visione del percorso.
In questo viaggio narrativo di vicinanze dialettiche ed emozionali con le protagoniste del racconto, non poteva sfuggire, a noi autori, la dicotomia tra il concreto apporto e il reale valore che le donne offrono all’articolato universo enologico e la percezione che appassionati ed esperti hanno oggi del contributo offerto dalle tante professionalità al femminile.
Lascerò a una lettura attenta rilevare tale distanza, ma di fatto, per chi vive nel mondo del vino, la trama lessicale che accompagna la descrizione di un prodotto è di per sé un paradigma di questa separazione.
La nostra attenzione, entrambi siamo sommelier del vino, si è rivolta naturalmente al catalogo delle espressioni che accompagnano l’analisi sensoriale di un vino, dove la descrizione del prodotto segue una traiettoria lineare, muovendosi da una funzione didattica iniziale (che aiuta a delineare una provenienza geografica, un vitigno, un metodo produttivo), verso un piano di suggestione emozionale. Attraverso l’analisi gustolfattiva del prodotto, tesa a suggerire una gamma di aromi, odori e gusti per orientare il degustatore a individuare un posizionamento merceologico.
Pur nella logica del percorso formativo (centrata più sull’insegnamento che sull’apprendimento esperienziale), il quadro narrativo si presenta il più delle volte denso di luoghi comuni.
Nelle rappresentazioni gustolfattive realizzate nella galassia del mondo Food & Wine (blogger, sommelier, influencer, ecc.) più o meno competenti per conoscenza tecnica e sensibilità analitica, la scelta del vocabolo assurge a dogma della trama narrativa, assegnando al vino solo il ruolo di oggetto bisognoso di interpreti capaci di maneggiare una sorta di stele di Rosetta enologica, utilizzata per la decodifica sensoriale di un vino, ignota ai più e definita al maschile.
Le trame linguistiche che diversificano e distanziano le organizzazioni del vino trovano un terreno comune nella connotazione di genere utilizzata nell’esposizione di un prodotto. Descrizione che appare quasi un patto tacito che trova funzionale la declinazione al femminile di una serie di sensazioni, soprattutto quando è necessario semplificare il racconto o una percezione.
Non sono rare le descrizioni di un vino elegante e aromatico, attraverso l’uso di espressioni come vino femminile
, o di un vino morbido e non troppo strutturato rappresentato come un prodotto che piace sicuramente a un donna
, o di un vino dalle tonalità rosee e tenui fotografato come un colore che piace alle donne
, assegnando di fatto a un prodotto una caratteristica caratteriale e comportamentale attribuita arbitrariamente a un universo articolato e unico come quello femminile.
Generalizzazioni e distorsioni meno presenti, invece, nell’utilizzo di espressioni riferite alle caratteristiche così dette maschili
di un vino. Non crediamo di aver mai sentito l’espressione: questo vino è così intenso che non può che piacere agli uomini
, oppure vino dalle chiare caratteristiche cromatiche maschili
. A volte abbiamo udito di un vino muscoloso
per identificare un prodotto dalla grande struttura, anche qui con un’immagine irreale e omologata della società. L’alfabeto enologico al maschile è sommerso e occulto, perché da tempo pratica di produzione linguistica e terreno di consumo sociale quasi esclusivamente agito da uomini e quindi privo della giusta ampiezza e della necessaria inclusività.
Dall’ascolto delle storie, appare urgente la necessità di avviare un’operazione culturale di rinnovamento, ovviamente non solo linguistica, che potrebbe trovare nel mondo del vino addirittura uno spazio di avanguardia. Il contesto in cui si vive un’esperienza sensoriale appare terreno fertile per coniugare una trama lessicale sensibile con la generazione di emozioni libere. In tal modo potremo saldare l’evoluzione di un vocabolario tecnico alla possibilità di generare sensazioni individuali profonde e non suggestionate.
Dunque, è all’interno della dimensione emozionale ed esperienziale del sapere che potremo costruire una nuova struttura lessicale paritaria, libera e capace di attivare un processo profondo di apprendimento che renda protagonista il momento sensoriale e chi lo vive.
Le storie contenute in questo libro sollecitano questa libertà trasformativa del linguaggio, finestra indispensabile per vedere il valore delle persone.
I racconti parlano in profondità di questa esigenza di riconoscersi e del riconoscere l’alterità come elemento fondate di questo viaggio unico e irripetibile che è la vita ed è quello che ognuna delle protagoniste del libro vive in modo consapevole.
La vite e il vino ci suggeriscono che dal rispetto delle fasi stagionali, della natura, della pianta, si può produrre un valore che travalica il gusto in quanto insieme di storie umane, di patrimoni collettivi storico-culturali da salvaguardare.
Dobbiamo avere cura delle parole del vino, allevare le storie di produzione, valorizzare le persone del lavoro e viaggiare dentro le emozioni dei gusti che il vino continua a raccontare e magari essere più consapevoli che ci sono donne, oltre quelle che abbiamo raccontato, che lo fanno da tempo, ogni giorno, con pazienza e sapienza.
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Essenza e valore
Il mondo del vino nell’immaginario collettivo è sempre stato monopolio dell’esperienza maschile, un luogo dove le donne compaiono ma raramente incidono, e un settore nel quale la scarsità di dati e di racconti strutturati sull’apporto professionale della componente femminile rafforza gli stereotipi e falsa gli equilibri.
Nel contesto moderno, insieme all’importanza di esserci, per le donne del vino fa la differenza raccontarsi e riconoscersi. Molte aziende a conduzione femminile sono state avviate in passato da nonni, padri, zii, i quali ne hanno letteralmente posto le radici e, a prescindere se per le produttrici sia stato relativamente difficile o particolarmente facile rilevarle, emanciparsi da questo comune denominatore generativo al maschile non dev’essere semplice.
Sebbene le radici esercitino un fascino antico, a partire dal senso intrinseco della parola, dell’immagine e dell’idea di appartenenza e unione che suscita, a ben guardarle ogni filamento, di fatto, genera un percorso indipendente. Pur sviluppandosi nella stessa terra, ogni fibra è capace di sostenere una crescita sincrona, autonoma e parallela: in alto, in basso, lateralmente, altrove, insieme o separatamente.
Le radici, che da sempre ci richiamano a percorsi familiari e profonde connessioni sono, nondimeno, anche la metafora di cammini indipendenti e dell’avvicendarsi dei tempi, il primo segno della trasformazione di ciò che, dividendosi per talea o germinando dal seme, genera il nuovo, lentamente e gentilmente.
Il dualismo simultaneo di leggerezza aerea e salda struttura che vediamo osservando la liana (ovvero la pianta di vite), ricorda da vicino l’evolvere dell’anima di ogni donna, fisicamente e filosoficamente stretta alle realtà di spazio e di tempo e solo in parte sommersa.
Articolate, concrete, pragmatiche e complesse, le donne del vino sembrano strutturalmente inclini a mostrare poco di sé, nonostante venga loro quasi naturale condividere con le radici delle vigne a cui si legano quelle capacità sinergiche che le rendono l’anima del successo delle proprie aziende.
Malgrado, infatti, l’importanza e l’ampiezza dei progressi e delle innovazioni, che qui portano una firma culturale femminile già a partire dalla metà dell’Ottocento del millennio passato, la sostanza dello sguardo di genere tarda a farsi parola quotidiana nella narrazione del lavoro delle produttrici.
Una quasi assenza, emersa nel tempo e nel corso di innumerevoli dialoghi, letture e interviste, che richiama l’esigenza di sollecitare