Tra le nuvole e i boschi
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Info su questo ebook
Comincia così per l'autore un viaggio alla ricerca di un luogo capace di restituirgli le emozioni di un tempo.
Su e giù per le colline del piacentino fino a trovare la casa tra nuvole e boschi in cui trascorrere ultima parte della sua vita.
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Anteprima del libro
Tra le nuvole e i boschi - Ettore Degradi
Premessa
Finché sarò vivo, questa terra, dolce fianco di collina, fazzoletto d’Appennino, piccolo e grande, non vedrà mai cemento né asfalto. Ne ho visto troppo in pianura seppellire per sempre prati, filari d’alberi e fossi colmi di pesci e rane.
Camminavo in una marcita a piedi nudi tra i ranuncoli e l’erba grassa pronta per il taglio. Sugli stessi passi, sopra un metro di ghiaia e asfalto, cammina ora un camionista polacco per entrare nel discount. Ha parcheggiato il suo tir insieme ad altri sulla stessa area che era un tempo una distesa verde. Lui non sa e non immagina come tutti gli altri che verranno. I salici lungo il fosso, i fiori, i lombrichi, le farfalle sono diventati solo poche molecole nella mia testa e ora segni su un foglio di carta.
Voglio che questi prati incolti, invasi da rose canine e da una scolaresca di cerri, frassini, sorbi, roverelle, peri e meli selvatici, aceri, e poi noci, sanguinelli, ginepri, viburni e rovi, veri laboratori di biodiversità, non diventino molecole di ricordi ma esprimano bellezza e gioia per altre generazioni. Non lascerò che mani rapaci distruggano in nome di un progresso ormai superfluo e oltremisura.
Il cemento fa fatica a salire in collina, ma a volte basta l’apripista di una strada che da sterrata diventa asfaltata. Il passo verso orrendi prefabbricati con relativo cortile in cemento è breve. Ricordo ancora il posto esatto delle querce da bambino tra i filari di pioppi. Ora la loro mancanza lancia lo sguardo a chilometri di distanza per scorgere le sagome lugubri di grigi capannoni.
Ho scelto le nuvole... e i boschi... Le prime: fragili, mutevoli, evanescenti e impalpabili. I secondi: tenaci, fermi, misteriosi, vivificanti. Ho scelto una vita a metà strada fra queste due sponde. Sopra la testa solo nuvole e azzurro, come vestiti i boschi e qualche prato.
I boschi come prima dimora dell’uomo e degli animali, i boschi d’alta collina difficili da raggiungere e da cambiare. I boschi per ritornare a imparare, a capire, ad ascoltare il silenzio, le parole delle foglie. Le nuvole per pensare, per vedere i colori della luce, per sentire il vapore sulla pelle. Vederle mescolarsi ai rami, salire argentate dalla valle o scendere in picchiata per buttare acqua.
Eppure anche quella nuvola bellissima che ora vaga per il cielo non è libera, ma obbedisce a leggi a lei ignote. I suoi padroni sono il vento e il sole. La nuvola è solo vapore che si mostra in cento colori, il vento ne cesella le forme, il sole la spalma di luce e colore. Le leggi in un bosco sono altre. Il bosco è figlio della terra e del sole, ma anche dell’acqua. Boschi e nuvole si ritrovano, si amano, si mescolano. Il bosco ha tanti segreti, tante vite, bisogna entrare in silenzio per capirle. In un bosco mi sento meglio che dentro una chiesa. Il bosco è la mia cattedrale, la luce entra da mille vetrate tra i rami. La vita sale da terra con i germogli e scende dal cielo con i pollini. La musica è un uccello qualsiasi in amore.
Ettore Degradi
Inverno
È iniziato come è finito. L’anno nuovo ha ancora giorni freddi e sereni, la temperatura da circa un mese è costantemente sotto lo zero. Tutto è cominciato con una tremenda bufera di neve. Un vento fortissimo da est soffiava neve asciutta come fosse farina. Sibilava in orizzontale quasi non cadesse dal cielo ma arrivasse direttamente dalla Siberia. Non sembrava fermarsi in nessun posto perché continuamente spazzata e spostata dalle folate di vento. Verso sera il vento è diminuito e la neve ha smesso di cadere. Oggi, a quasi un mese di distanza, c’è ancora un po’ di quella neve ammucchiata in qualche angolo più a nord. Anche il vento ha lasciato il suo segno spezzando un pruno ormai morto e scoperchiando in parte l’orrendo portico in lamiera che ripara alcuni attrezzi agricoli. Via via che scompare, la neve mi aiuta a capire quali sono i terreni meglio esposti a sud, anche se con il giro del sole riesco a intuirlo.
In questi giorni sto continuando la pulizia di alcuni pendii da vitalba e rovi. Sono facilitato dal fatto che il terreno non è fangoso e le innumerevoli liane della vitalba senza le foglie si notano subito e sono (facili) da tagliare: spero che così non ricaccino a primavera più forti di prima. Per i rovi so già che sarà una lotta ancora più dura. Facendo una pulizia così omogenea riesco a capire anche l’esatto profilo del pendio e inoltre ridò vita a piccoli arbusti di nocciolo e prugnolo ormai soffocati e piegati. Il sistema usato da Primino, il vecchio proprietario, e da quasi tutti in collina, è quello di bruciare a fine inverno. Può sembrare un metodo risolutivo, ma in realtà blocca solo parzialmente le infestanti e inoltre danneggia eventuali cespugli o piccoli alberi, senza contare gli insetti e gli altri animali fatti arrosto.
Può darsi che il mio metodo conti poco e che l’anno prossimo debba ricominciare tutto daccapo. Questo lo verificherò, comunque quello che ho ripulito era il risultato di diversi anni di incuria. Nelle pause mi ritrovo a pensare che anche ciò che sto tagliando può essere un habitat e un buon riparo per lumache, bisce, uccelli, topolini… La zona che sto ripulendo però non è che una minima parte dei pendii ricoperti di rovi e vitalba. Con la sua notevole invadenza e capacità di copertura la vitalba impedisce l’attecchimento di altre specie meno forti.
Oggi a Castagneto c’è un sole sporco e anche nella valle c’è foschia. Primino è venuto a trovarmi e, mentre ce ne stavamo seduti su un muretto a secco, mi ha raccontato della costruzione della strada sterrata circa 40 anni fa dove prima c’era solo una mulattiera. La strada passa con una curva a gomito più o meno 20 metri sotto la casa collegando il paesino di Ebbio con il Passo del Cerro. A suo dire, sarebbe stato lui l’ideatore del tracciato, poi modificato diverse volte a causa di continue discussioni tra i vari proprietari dei terreni ai quali la strada avrebbe tolto ora un boschetto ora una fetta di prato.
Primino è ridisceso a valle con la sua Panda color ciclamino, così prendo la zappa e mi incammino a seminare qualche spicchio d’aglio dove l’anno scorso c’era una fila di fagiolini. Il gelo continuo di