Donne in cooperazione: Esperienze di vita e di lavoro in Romagna
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Anteprima del libro
Donne in cooperazione - Tito Menzani
Tito Menzani e Laura Orlandini
Donne
in cooperazione
Esperienze di vita
e di lavoro in Romagna
Collana Radici cooperative n°1
Donne in cooperazione
Esperienze di vita e di lavoro in Romagna
© 2024 Homeless Book®
www.homelessbook.it
Il Circolo Cooperatori APS è a disposizione del titolare dei diritti sull’immagine di copertina che non è stato possibile rintracciare.
ISBN: 978-88-3276-382-9 (brossura)
978-88-3276-383-6 (eBook)
Pubblicato in maggio 2024
Indice
Prefazione
di Antonella Ravaioli Circolo Cooperatori APS
1. Questioni di genere nella cooperazione romagnola dalle origini a metà del Novecento
1.1 Lo sfondo e la cornice: un inquadramento storiografico
1.2 L'approccio metodologico e le fonti 16
1.3 Le donne e le cooperative fra XIX e XX secolo
1.4 L'avvento del fascismo e le conseguenze sulla condizione femminile e sul movimento cooperativo
2. Donne e cooperative di fronte alle sfide del secondo Novecento
2.1 La lunga strada per la conquista dei diritti: una panoramica
2.2 Il secondo dopoguerra: la ricostruzione e il ruolo di Udi, Cif e Mfr
2.3 La voce delle cooperatrici negli anni del boom economico
2.4 Donne e cooperative nel dibattito pubblico degli anni Settanta, Ottanta e Novanta
3. L’agricoltura è donna. Il bracciantato femminile e l’esperienza delle Cab
3.1 Presenti e invisibili: una storia dalle radici lontane
3.2 Il dopoguerra delle donne tra marginalità e volontà di trasformazione
3.3 Segnali di emancipazione: retaggi atavici e nuove prospettive per le donne braccianti
4. I settori storici della cooperazione romagnola: un approccio di genere89
4.1 L'edilizia e il tentativo di rottura degli stereotipi di genere
4.2 I dibattiti sul genere nel settore della distribuzione commerciale
4.3 Le donne nel credito cooperativo
5. I settori più giovani della cooperazione romagnola: un approccio di genere
5.1 Cooperatrici e artigiane nel contesto manifatturiero
5.2 Le donne nelle cooperative di servizi all’impresa e alla persona
5.3 Le cooperative sociali: una storia al femminile
5.4 Uno sguardo sugli altri settori: pesca, trasporto, abitazione, case del popolo
Conclusioni
Bibliografia sulle donne nel movimento cooperativo
Nota
Il libro è frutto di una ricerca svolta da Tito Menzani e da Laura Orlandini e la stesura è stata concordata nelle sue linee interpretative generali. Nello specifico, i capitoli 1, 2, 4 e i paragrafi 5.1, 5.2 e 5.4 sono di Tito Menzani, mentre il capitolo 3 e il paragrafo 5.3 sono di Laura Orlandini; l’introduzione e le conclusioni sono state redatte congiuntamente.
Abbreviazioni
Archivi consultati per la ricerca
ACCR Archivio del Circolo cooperatori, sede di Ravenna
AFCR Archivio della Federazione delle cooperative
della Provincia di Ravenna, sede di Mandriole
AFIB Archivio della Fondazione Ivano Barberini
AISRFC Archivio dell’Istituto storico della Resistenza
e dell’età contemporanea di Forlì-Cesena
AISRRA Archivio dell’Istituto storico della Resistenza
e dell’età contemporanea in Ravenna e provincia
AISRRN Archivio dell’Istituto per la storia della Resistenza
e dell’età contemporanea della provincia di Rimini
AUDIR Archivio Unione donne in Italia, sezione di Ravenna
Altre sigle
Acmar Alleanza cooperativa muratori e affini di Ravenna
Agci Associazione generale cooperative italiane
Alcoop Alimentaristi in cooperativa
Bcc Banca di credito cooperativo
Cab Cooperativa agricola fra braccianti
Cad Cooperativa assistenza domiciliare
Cafe Cooperativa di acquisti fra esercenti
Camst Cooperativa albergo mensa spettacolo turismo
Caviro Cooperative agricole vitifrutticoltori italiani riuniti organizzati
Cbr Cooperativa braccianti riminesi
Cci Confederazione delle cooperative italiane, poi Confcooperative
Cefla Cooperativa elettricisti fontanieri lattonieri e affini
Cevico Centro vinicolo cooperativo
Cierrepi Cooperativa reggiana pulizie
Cif Centro italiano femminile
Cifar Centro italiano per la formazione e l’addestramento professionale
Cmc Cooperativa muratori e cementisti
Cofar Cooperativa operai fornai e affini di Ravenna
Cofper Cooperativa fra piccoli esercenti di Ravenna
Conad Consorzio nazionale dettaglianti
Copem Cooperativa parrucchiere ed estetiste di Massalombarda
Copra Cooperativa di prestazioni accessorie
Copura Coperative pulizie Ravenna
Cor Cooperativa ortofrutticola di Ravenna
Coril Cooperativa ravennate industria legno
Crai Commissionarie riunite Alta Italia
Gemos Gestione mense operaie e scolastiche
Ica International co-operative alliance
Icel Industria conduttori elettrici di Lugo
Lncm Lega nazionale delle cooperative e mutue, poi Legacoop
Mfr Movimento femminile repubblicano
Sacmi Società anonima cooperativa meccanici Imola
Sigma Società italiana gruppi mercantili associati
Sisa Società italiana supermercati associati
Udi Unione donne italiane, poi Unione donne in Italia
Usl Unità sanitaria locale
Prefazione
di Antonella Ravaioli
Circolo Cooperatori APS
In Romagna, le donne sono parte da sempre del mondo delle cooperative: ci lavorano, lo vivono, lo nutrono. Sono prima braccianti e contadine poi operaie nei magazzini di lavorazione e trasformazione della frutta, sono artigiane nelle cooperative di sarte, magliaie, sono le «consumatrici» e socie negli spacci cooperativi solo per citare alcuni settori della cooperazione.
Il Circolo cooperatori, associazione di promozione sociale unitaria che fa riferimento alle tre centrali cooperative - Agci, Confcooperative, Legacoop - del territorio romagnolo, promuovendo la ricerca vuole ripercorrere questa storia.
Il Circolo nasce una trentina di anni fa con l’obiettivo di far conoscere, valorizzare, approfondire i valori della cooperazione. Ed il principio di parità di genere è uno di questi valori. Tuttavia, la storia delle donne come socie, lavoratrici, dirigenti nelle cooperative è stata una storia di progressione in salita.
Già tra XIX e XX secolo, il movimento cooperativo aveva dimostrato di essere un alveo molto più recettivo delle istanze di genere delle imprese private o pubbliche. Ma naturalmente si partiva da un contesto sociale fortemente incentrato sui tradizionali ruoli familiari. In agricoltura, ad esempio, nell’«eroica epopea» della emigrazione dei braccianti di Nullo Baldini ad Ostia, le donne che vi parteciparono non erano neppure socie. A partire dagli anni Sessanta, però, diventano socie indispensabili per condurre le aziende agricole delle cooperative bracciantili, impoverite della mano d’opera maschile passata ad occupare i posti lavoro nell’industria.
È una storia che segue ed a volte anticipa quella dell’economia del nostro Paese e, soprattutto, dei movimenti femminili spinti dalla partecipazione alla Resistenza, vera fucina di riscossa ed emancipazione. Saranno, ad esempio, le cooperative a sostenere le battaglie progressiste, a partire da quelle per la parità salariale.
Abbiamo chiesto ai due studiosi, Tito Menzani e Laura Orlandini, di focalizzare il loro lavoro anche sul secondo dopoguerra e sugli anni successivi, esplorando i settori economici in cui si è sviluppata l’attività delle cooperative. Siamo consapevoli che le fonti, la documentazione, i dati sono di problematica reperibilità. Tuttavia, abbiamo accettato il rischio a fronte della nascita e della crescita di cooperative nelle quali la presenza delle donne è stata ed è molto significativa.
Sono gli anni Settanta quelli in cui il lavoro delle donne nelle cooperative si fa sempre più prominente. Le cooperatrici iniziano a far parte dei consigli di amministrazione, diventano presidenti e occupano ruoli di responsabilità negli uffici amministrativi e gestiona li. In particolare, è il settore terziario che le vede protagoniste. Nascono cooperative nell’ambito di uno dei mestieri più antichi, quello delle pulizie, e saranno le donne a guidare queste imprese.
Sempre negli anni Settanta emergono sul mercato alcune cooperative culturali, gestite da giovani con una buona istruzione, tra cui molte donne, che si occupano di comunicazione, grafica, pubblicità e organizzazione di eventi.
È la volta poi delle cooperative sociali che si dedicano all’assistenza di anziani, bambini, disabili, rispondendo ad una richiesta qualificata di welfare da parte della società e delle istituzioni pubbliche che la rappresentano. Questo settore, come ben ci ricorda Laura Orlandini, nasce da una lunga storia in seno alla cooperazione. I primi asili per i bimbi furono aperti in alcune cooperative bracciantili per consentire alle lavoratrici di svolgere il proprio lavoro, prima di diffondersi nel secondo dopoguerra con l’apertura di colonie estive e l’organizzazione di molteplici attività sociali a sostegno delle famiglie e delle donne.
Questa ricerca non è la prima e ci auguriamo neppure l’ultima. Vuole essere un contributo che ci aiuti a disegnare questa storia fatta di momenti di accelerazione e di silenzi, ma in cui il percorso di emancipazione e consapevolezza non si è mai interrotto.
1. Questioni di genere
nella cooperazione romagnola dalle origini
a metà del Novecento
1.1 Lo sfondo e la cornice:
un inquadramento storiografico
La cooperativa è un’impresa nella quale le relazioni tra i soci sono orientate al conseguimento di un fine comune: la realizzazione dello scopo mutualistico attraverso l’esercizio di una specifica attività imprenditoriale. È stata definita un Giano bifronte, perché si tratta di un’organizzazione caratterizzata da una duplice natura. In pratica, coesistono due dimensioni distinte sia pure non rivali: quella economica, perché si tratta di un’impresa che opera entro il mercato, accettandone la logica e le regole, e quella mutualistica, perché persegue il vantaggio dei soci e genera esternalità positive a beneficio dell’intera collettività.
In tutto il mondo operano centinaia di migliaia di imprese cooperative, per un totale di oltre un miliardo di soci. L’Italia è uno dei paesi che vanta una delle tradizioni più importanti in tal senso, perché storicamente capace di esprimere esperienze innovative e all’avanguardia, tanto da aver rappresentato un punto di riferimento per i movimenti cooperativi di altri paesi. E in ambito nazionale, la Romagna è certamente uno dei territori che più e meglio ha consentito la germogliazione, lo sviluppo e il radicamento dell’impresa cooperativa.
Questa ricerca vuole analizzare tutto ciò in una prospettiva storica e di genere. Ovvero si cercherà di rispondere alle seguenti domande: qual è stato il ruolo delle donne nelle imprese cooperative romagnole? In tanti decenni di storia, come è cambiata la loro collocazione professionale in questo tipo d’impresa? E le imprese cooperative romagnole hanno facilitato l’inserimento lavorativo delle donne anche in ruoli considerati tradizionalmente maschili? E se sì, quali sono le differenze che si ravvisano nei vari settori merceologici?
Le ragioni di un interesse storico su questi aspetti sono molteplici. Sin dalla metà degli anni Settanta, diverse ricerche - soprattutto anglosassoni - hanno contribuito a mettere in evidenza come il movimento cooperativo sia stato un veicolo di emancipazione per le donne. Non si tratta di un’affermazione generalizzabile, perché anche all’interno di questo contesto ci sono state forme di discriminazione basate sul sesso. Tuttavia, siccome le cooperative sono state storicamente ispirate a valori progressisti, si è spesso messo in evidenza come abbiano rappresentato un contesto che più delle aziende private tradizionali e di quelle pubbliche ha visto una maturazione e una crescita del ruolo femminile nel mondo del lavoro. Varie ricerche su casi di studio nei paesi emergenti hanno messo in luce questa funzione sociale anti-sessista, così come analoghi risultati sono emersi da studi su cooperative con una base etnico-religiosa in Paesi ad economia matura.
In Inghilterra - il paese dove nella prima metà del XIX secolo nacque l’impresa cooperativa - la correlazione con le rivendicazioni femminili fu molto forte. Basti pensare che qui fu fondata nel 1883 la Women’s co-operative guild, ovvero una Lega delle cooperatrici, animata da figure che appartengono alla storia della lotta per i diritti delle donne. Tra queste ricordiamo Alice Cunningham Acland (1849-1935), che ne fu la prima presidente, ma anche Alice Honora Enfield (1882-1935), che nel 1921 fondò l’International women’s co-operative guild, ovvero una rete internazionale delle cooperatrici, molto radicata soprattutto nelle colonie o ex colonie britanniche¹. Non a caso, il rapporto tra movimento cooperativo e movimenti per i diritti delle donne appare molto stretto in tutta l’area del Commonwealth².
Tra le cooperatrici di fama internazionale dobbiamo citare anche Beatrice Potter Webb (1858-1943), che fu una brillante sociologa ed economista, ma anche una militante del Fabianesimo, con precise idee di riforma sociale, nonché tra le fondatrici della London school of economics. Nel suo celebre lavoro The co-operative move ment in Great Britain³, sottolineava come nella prima cooperativa di successo al mondo, quella di Rochdale del 1844, «le donne fossero