Parole altrove
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È una sorta di agenda-intellettiva che propone una riflessione e un approccio concettuale a vari itinerari di pensiero. Rappresenta sicuramente una nuova operatività e una nuova rilettura nel percorso di una logica ideativa, quasi una controffensiva verso alcuni stereotipi culturali e sociali.
La proposta per approdare a questa diversa prospettiva passa attraverso un approccio apparentemente discontinuo ma che possiede un’ottima referenzialità alla scrittura e soprattutto un’ironica capacità di parafrasare molti concetti.
È sicuramente un viatico adatto soprattutto ai pionieri dell’innovazione e ai cultori della rielaborazione concettuale.
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Anteprima del libro
Parole altrove - Luciano Caggianello
1985
Presentazione
di Mariella Garotta
Questo progetto, all’interno del quale non si collocano categorie definite, appare come l’intento di una deformazione del reale molto vicina a una soglia trasfigurativa, e sembrerebbe che l’autore intenda perseguire, oltre ogni misura, la destrutturazione di qualsiasi certezza e di qualunque parametro di giudizio.
In realtà vuole fornire una diversa capacità di relazione evitando questioni ritenute invece fondamentali per ogni seria
legislatura verbale: il rendiconto della propria operatività. Spesso, infatti, si è costretti ad assistere a una strumentalizzazione della logica che adduce immotivati demeriti a chi non persegue una precisa metodologia ideativa.
Secondo il mio pensiero, questa traccia valutativa è un falso-artificio che ogni individuo serio non dovrebbe accettare, perché perderebbe pericolosamente terreno la capacità di immaginare il valore di un concetto. Una regola etica imporrebbe il sostegno intellettuale verso una riflessione che ambisca alla costruzione di un futuro ipotizzabile. Questa è l'unica agenda intellettiva che possa o debba interessare alle moltitudini, siano esse colte o vagamente interessate ai concetti della creatività della parola.
Spesso, per il proponente, è difficile affrontare un fenomeno e imporlo, o anche soltanto proporlo. Infatti, quando un concetto culturale ancora non esiste la situazione appare come il tentativo di rispondere a questioni mai indicate. Insomma è come voler dare una risposta senza che vi sia mai stata una domanda.
In ogni caso le risposte ci sono, eccome. Sono tutte intrise di aspetti sociali e tematiche interiori, che sempre spingono all’elaborazione e alla riflessione, seppur talvolta amara.
Sono comunque sicura che Luciano non ha bisogno di validazioni burocratiche formali, perché il suo intento vuole essere la forza di un’idea avulsa da stereotipizzazioni, ingerenze informative e complotti di bassa intellettualità morale. La sua finalità è solo una speranza per il futuro. Una speranza che segni e incida il coinvolgimento di ogni mente possibile, e riesca ad affrontare l’approccio di una rielaborazione concettuale permeabile e serena.
Testimonianza
Parlare di questo testo è per me un po’ bizzarro, considerato che conosco l’autore da tantissimi anni e da quando ho avuto il piacere di interagire la stima è sempre stata la materia prima per coagulare il nostro rapporto. Apparirò quindi come una persona vittima di un probabile conflitto d’interesse intellettuale, però me ne sono fatta una ragione. Del resto parlare di cose interessanti, professionali ed autentiche non è mai stato un problema e non rappresenta certamente un intoppo o un demerito all’intelligenza. La mia non sarà quindi né una critica né una recensione, ma soltanto una breve testimonianza e una condivisione di questa buona esperienza letteraria.
Non nego che per me, da un punto di vista culturale, il testo è abbastanza difficile e, pur conoscendo abbastanza bene la lingua, sono presenti dei passaggi concettuali ostici. Ma quest’apparente ostacolo lo ritengo invece un supporto perché mi obbliga a rallentare e riflettere con maggiore attenzione, facendomi assaporare con assoluta profondità questa controffensiva che Luciano ha voluto proporre nei confronti di una letteratura attuale che personalmente trova un po’ generica, limitata e forse anche troppo globalizzata.
L’esperimento, o forse l’innovazione, che Luciano ha sviluppato nelle sue pagine, lo considero un Testo più che un libro. Intendendo per testo uno di quei libri caposaldo di principale riferimento che ognuno di noi è stato abituato ad usare nel proprio percorso didattico. Anche se Luciano, nella sua premessa, dice che potrebbe essere uno sterile e inutile esercizio di scrittura, io sono convinta che sia invece una felice e riuscita proposta, probabilmente un regalo per tutti quelli che avranno il piacere e la volontà di leggerlo fino in fondo, e magari anche più volte e in momenti temporali diversi, com’è successo a me. In qualità di esseri umani siamo infatti in balia di umori quotidiani variabili, ed è proprio questa discontinuità che permette una diversa prospettiva di lettura per ogni diverso giorno di lettura.
Questo di Luciano, è un accelerato e ritmato dibattito che potrebbe essere valutato in due modi opposti : aiutare la comprensione e la riflessione proprio perché obbliga a procedere con maggiore cautela oppure stordire con la sua irruenza e la sua capacità di parafrasare ogni singolo dettaglio. Sono due possibili chiavi di lettura anche in relazione al grado di comprensione personale e all’elevata qualità di scrittura che Luciano ha saputo spendere in queste pagine.
Buona lettura e buona vita a tutti.
Angunn LLOCELJIAO
( ….. una sintetica ) Premessa
o eventualmente una Sintesi Premissiva
Nella replica incessante del quotidiano, noncuranza e dileggio compresi, si affina la rassicurante consuetudine di una multipla ripetitività. Nella costante ricerca del sempre uguale le persone ritrovano l’identità di se stessi oltre che delle cose
, poiché con esse, e attraverso di esse, si stabilisce una specifica, forte e profonda relazione.
Analizzare il fenomeno, significa capire che le nostre modalità d’interrelazione diventano deficitarie e trascinano con sé brandelli della nostra stessa identità. Coinvolti nel meccanismo di negazione, non ci accorgiamo di quanto siamo, o potremmo essere, compromessi rispetto a << un’estetica e un’etica della standardizzazione >> che, nell’evoluzione del mondo attuale, comincia ad essere inadeguata e insoddisfacente.
Nel tentativo di ricucire una differente tessitura lessicale ho quindi deciso che, dall’uso delle parole standard, le parole di tutti e a cui tutti possono attingere, si dovesse compiere e ottenere una eterogenea ri-omologazione del pensiero, di una diversa forma-pensiero, definendola però più come segmento di percorso che non itinerario compiuto. Certamente è un tragitto frammentato che intende fornire soltanto spunti, dubbi, minuscole finestre temporali, attraverso cui le proprietà logiche, lessicali e grammaticali subiscono un sabotaggio e una ricollocazione interminabile.
Parole altrove. Altrove ricollocate, altrove ricollocabili.
Un alveolo pulsante, dove tutti diventano, possono o potrebbero diventare, i personaggi : io, lui, lei, un altro, un’altra, forse voi, forse loro. Forse anche nessuno. Una sorta di lateralizzazione provvisoria del concetto, di rimappatura delle sinapsi, attraverso l’inutilità del chiedersi se questo terminabile groviglio di parole, sia un romanzo, un anti-romanzo, una biografia, uno pseudo-saggio, una pura fantasia speculativa, perché, di fatto, questo testo non ha nessuna di queste etichette possibili. Probabilmente rappresenta il prototipo dell’anti-libro e il culto della diversificazione, dannata e inqualificabile.
E’ sempre difficile essere figlio del proprio tempo, perché si pensa al passato sperando nel futuro, si tende al futuro guardando sempre al passato, si rimuove il passato per ottenere un nuovo futuro, s’ipotizza un futuro