La rosa dei Draghi (Il destino degli Arash Vol. 1)
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Recensioni su La rosa dei Draghi (Il destino degli Arash Vol. 1)
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Anteprima del libro
La rosa dei Draghi (Il destino degli Arash Vol. 1) - Teodoro Pollini
Teodoro Pollini
La rosa dei Draghi (Il destino degli Arash Vol. 1)
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Indice
Il destino degli Arash
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Ringraziamenti
Il destino degli Arash
La rosa dei Draghi
In molti mi hanno chiesto perché scrivo fantasy. Le mie risposte sono sempre state scrivo fantasy perché mi piace il contesto
, perché ho delle storie da raccontare
, perché mi piacciono le ambientazioni
, perché mi riesce
...
Sono sempre state risposte sbagliate.
Mi facessero adesso la stessa domanda, la mia risposta sarebbe molto più semplice scrivo fantasy perché devo
.
La rosa dei Draghi è il primo libro della serie Il destino degli Arash, spero vi piaccia.
Teodoro Pollini
Capitolo 1
Inseguimento
Attraverso i prati di trifoglio rosso appena tagliati un Folletto volava velocemente, inseguito da una ragazza. Il profumo di fieno ed erba fresca era inteso e pizzicava le narici.
La maestosa città di Mullerstorm era alle porte e i due avanzavano talmente vicini da sembrare che una corda invisibile li unisse. Raggiunsero le ben tenute e acciottolate strade del mercato e questo legame immaginario sembrò quasi impigliarsi tra le gambe di commercianti e clienti. Crearono così tanta confusione che questo ravvicinato inseguirsi, nonostante i continui scusi… scusi
fece arrabbiare tutti i passanti.
I Folletti erano molto rari ma quello che perlopiù attirava l’attenzione della gente era la velocità con cui la ragazza riusciva a correr dietro a uno di questi, gridando: Fermati… per favore, fermati!
Lei correva schivando pozzanghere, bancarelle colme di oggetti, mucchi di paglia e cesti di frutta. Entrò anche in una locanda nel pieno della spillatura della birra e si infilò tra un’anziana signora e un venditore di tessuti, incurante della lunga trattativa in corso.
Il suo sguardo era fisso sul cappello rosso a punta che le volava dinanzi. Sul viso del Folletto appariva un’espressione indaffarata come se fosse in ritardo per un appuntamento importante, particolare curioso che però non tutti riuscirono a notare per via dell’andatura spedita.
Melissa avrebbe voluto urlare il nome del Folletto e cercare così di rallentare il suo volo ma tutto era accaduto tanto rapidamente da non aver avuto neppure il tempo di chiedergli il nome, né al Folletto stesso, né al custode degli oggetti magici del Castello di Mullerstorm. Sebbene la ragazza ricordasse bene quando tutta questa frenesia ebbe inizio.
Essendo da sempre stata attratta dalla magia e avendoci sempre avuto a che fare fin da piccola, era solita trascorrere la maggior parte delle sue giornate nel luogo dove venivano conservati tutti gli oggetti magici del Regno di Mullerstorm.
Era un vero e proprio ufficio, con tanto di archivio impolverato, scatole numerate riposte su alti scaffali e una grande scrivania di legno di cedro, piena di oggetti per il disegno e le misurazioni. Il fornitissimo laboratorio era gestito dall’anziano Sir Alexander Meravilion e si trovava all’ultimo piano nell’ala esterna del Castello più importante del Regno. Prima era collocato nella lussureggiante area centrale, proprio accanto ai giardini pensili della Regina, ma le troppo frequenti esplosioni ed esalazioni magiche avevano convinto il Re a ordinarne il trasloco in una sezione più decentrata. In questo modo eventuali bolle temporali, lampi di vento o draghi fantasma, che comparivano di tanto in tanto da alcuni dei tanti marchingegni sotto osservazione, non avrebbero danneggiato i preziosi fiori tanto cari alla Regina.
Gli oggetti magici giungevano dai più remoti borghi del Regno e venivano studiati, disegnati, numerati e catalogati con cura nel suo ufficio: Ricezione Oggetti Magici
.
Sir Alexander Meravilion era rimasto sconcertato quando quel mattino aprendo la porta aveva visto davanti a sé il meraviglioso Folletto, con un cartello sospeso e legato al collo grazie a una cordicella. Era la prima volta che veniva consegnato qualcosa di vivo nel suo ufficio, da decenni infatti riceveva unicamente oggetti presunti magici, ma mai creature in carne e ossa. Il fatto che un Folletto fosse magico non era da mettere sicuramente in discussione, stava quindi riflettendo se potesse però anche essere considerato un oggetto e quindi correttamente pervenuto nel suo ufficio e di sua competenza.
Nel laboratorio erano ordinatamente riposti in scaffali e teche alcuni manufatti molto rari, capaci di evocare o contenere al loro interno delle creature, in alcuni casi docili e affabili come le fate o gli stregatti, in altri invece molto pericolose come il temibile gigante che la settimana precedente era finito con la testa nella camera del ciambellano, sfondando la volta del tetto dopo essersi alzato in piedi.
Ma un Folletto era qualcosa di veramente insolito.
Erano creature rare e preziose, se ne vedevano talvolta nelle Corti dei più importanti nobili del Regno o in casa di ricchissimi mercanti. Erano famosi per essere goliardici portatori di confusione e allegria con il loro intrepido volare e la loro innata curiosità.
La loro preziosità risiedeva nel fatto di non poter essere venduti o comprati senza la loro stessa volontà. Il possederne uno significava non solo ricchezza, dato il considerevole prezzo a essi associato, ma soprattutto l’essere reputati degni di tale possesso.
L’essere scelti come custodi dal Folletto stesso trasformava immediatamente una persona comune in icona di ammirazione e rispetto.
Questo Folletto aveva un aspetto adulto, ma era piccolo come un bambino di sette anni ed era riccamente vestito con scarpe adornate di fibbia lucida, calzoncini corti di un verde brillante, una casacca guarnita da vezzose medagliette e il classico cappello a punta di color rosso vivo che tutti si aspettano di veder comparire quando si parla di tali creature.
Il copricapo affusolato era una vera e propria esigenza per loro poiché serviva a tenere il berretto ben calato sulla piccola testa anche in fase di volo accelerato, facendo sì che non sporgesse in caso di passaggio in spazi ristretti.
Il particolare che la sua vista in quel momento destava maggiore interesse era, però, il cartello appeso al collo e custodito gelosamente dal Folletto. Lo mostrò solo a Sir Meravilion, celandolo agli occhi dei curiosi che si erano nel mentre affollati nella stanza Ricezione Oggetti Magici
poco dopo il suo arrivo.
Aveva un viso simpatico e sincero, ma l’atteggiamento era deciso e risoluto come se si trovasse nel bel mezzo dello svolgimento di un'importante missione e non volesse essere distratto.
Sir Meravilion, a chi appartiene questo Folletto? Non può non essere di nessuno e andare in giro da solo
domandò Melissa, scrutandolo da vicino.
Sir Meravilion era seduto su un tavolo circondato da alambicchi e, come se non avesse udito la domanda, continuò imperterrito a tentare di togliere le mani del Folletto dalle sue strumentazioni. A un tratto si sentì un sonoro rumore di vetri rotti e un pezzo di questi, aguzzo e molto lavorato, rimase tra le mani del Folletto che si fermò soddisfatto, accomodandosi sopra una pila di libri.
Ero sicuro che avrebbe rotto qualcosa nel giro di pochi istanti, per questo costa molto mantenerli!
bofonchiò sbuffando quasi sovrappensiero e togliendogli il cristallo dalle piccole mani.
Dovrai scoprilo tu a chi appartiene
disse ancora, ricordandosi della domanda che gli aveva fatto Melissa, guardandola dritta negli occhi e accarezzandosi preoccupato la lunga barba bianca.
Sul cartello c’è scritto che per ora è tuo!
le sussurrò, mostrandoglielo.
"A Melissa, che al momento con me starai,
grande e importante missione avrai.
Un amico che ancora non conosci aiutare dovrai
e di una guida veloce ed esperta necessiterai".
Melissa lesse stupita a voce alta le parole impresse sul cartello e non appena ebbe finito, il Folletto indicò con la punta del dito se stesso, riferendosi alla guida veloce ed esperta.
Sarà una buona idea affidarti questo Folletto?
chiese Sir Meravilion.
Melissa non rispose e si accarezzò delicatamente i capelli folti e disubbidienti, come era solita fare quando si trovava assorta nei suoi pensieri.
Il vecchio osservò attento e meravigliato il cambiamento di umore del Folletto che aveva appena realizzato di essere finalmente di fronte alla sua destinataria. Un impeto di gioia attraversò il suo sguardo.
Vai con lui, ti porterà dal suo vero custode… o ti guiderà verso un’avvincente avventura
disse a quel punto Sir Meravilion.
Sin da quando aveva accolto sotto la sua protezione e tutela quella dolce bambina dai capelli spettinati color miele, aveva immaginato che lei non fosse destinata a un’esistenza banale; sapeva che lei avrebbe avuto un ruolo di rilievo in qualche storia importante, se lo sentiva sin dal principio.
Ora, a diciassette anni, forse quel momento era arrivato.
Dopo il benestare, seppur velato, di Sir Meravilion, Melissa tese gentilmente la mano per presentarsi ma il Folletto incurante delle formalità si lanciò in aria con tale impeto che il turbine creato quasi la trascinò con sé.
Sir Meravilion allungò le braccia per afferrarla e poi cercò di rincorrere la ragazza per impedire che venisse risucchiata da quell’attrazione invisibile, ma fu del tutto inutile.
Melissa corse giù attraverso le scale di pietra e fu catapultata nella stradina sterrata costeggiata di cespugli di mirto che correva lungo il Castello, poi attraversò il grande ponte levatoio a una velocità incredibile. Le sue gambe si muovevano da sole a ritmo incalzante.
Quel giorno la ragazza non vide più Sir Meravilion… e neanche i giorni a seguire.
Ci sono istanti particolari nella vita di ognuno che segnano l’arrivo del cambiamento; istanti in cui si ha la percezione che la vita sarà stravolta in maniera radicale e irreversibile, e quello era proprio uno di quei momenti.
Il Folletto puntò dritto verso la zona commerciale, il Borgo Mercato, con Melissa immediatamente dietro.
Il cappellino rosso schizzava come un fuoco d’artificio tra le vie del mercato che quel giorno era più affollato del solito.
Erano arrivati anche venditori da Contee e Regni lontani che offrivano diverse varietà di frutta e verdura, spezie ed erbe, manufatti di legno e metallo, armi spettacolari e armature lucenti, strumenti musicali, stoffe e vestiti.
Elfi, nani e uomini commerciavano animatamente e Melissa seguiva il cappellino tra lo stupore della folla ipnotizzata.
Il Folletto si fermava all’imbocco degli incroci più complessi da cui si snodavano vie più piccole, ragionava un momento e, prima che Melissa potesse riuscire ad afferrarlo, ripartiva più veloce di prima. Ebbe un attimo di esitazione solo passando vicino a un gruppo di persone ferme e disposte in cerchio, attorno a un quartetto di suonatori. Melissa ebbe così il tempo di girarsi e rimase ammaliata scorgendo quattro uomini a torso nudo con variegati disegni su tutto il torace e le braccia che suonavano una canzone ritmata. Avevano pantaloni colorati, larghi e di tessuto leggero che oscillavano a ritmo di musica; le scarpe di pelle a punta tenevano il tempo e i monili appesi al collo, alle braccia e alle cinture, si muovevano all’unisono.
Il ritmo era possente. Due tamburi, una cornamusa e un piccolo strumento a corde erano la composizione di strumenti di quel singolare quartetto che sembrava composto più da pirati all’arrembaggio che da musicisti. I loro muscoli guizzavano sotto la pelle sudata e i disegni si animavano, come se i serpenti, i draghi marini e le balene impressi sulla loro pelle fossero vivi.
Fu però una sosta molto breve poiché il Folletto riprese la sua corsa più veloce di prima, dopo aver lanciato con precisione una grande moneta d’oro nel cappello riposto a terra per l’obolo ai suonatori.
Il Borgo Mercato era immenso e Melissa aveva ormai perso l’orientamento. Avevano lasciato la parte centrale delle contrattazioni e correvano ora in una zona più tranquilla con pochi venditori e ancora meno clienti.
Alcune stradine erano buie o appena illuminate, nonostante la bella giornata di sole.
Tutto a un tratto il Folletto si fermò davanti all’ingresso di una bottega. Sull’insegna di ferro battuto spiccava a caratteri gotici la scritta Lavorazione Metalli
. Da dietro la pesante porta di legno, aperta per metà, s’intravedeva un grosso mantice accanto al fuoco e si udivano battiti d’incudine e martello. Il caldo che usciva dalla porta era ben percepibile e guardare il rosso vivo del fuoco non era possibile, se non strizzando gli occhi.
Melissa, occupata a guardarsi intorno per cercare di capire dove si trovasse, non si accorse che un individuo alto e irsuto, con un enorme grembiule grigio di cuoio, aveva con facilità aperto la gigantesca porta e le stava chiedendo qualcosa.
Dov’è il ragazzo?
chiese l’uomo che aveva tutta l’aria di essere il fabbro mastro.
Melissa si girò, immaginando che la grande figura, molto più alta di lei e coperta di fuliggine, si riferisse a qualcuno alle sue spalle. Ma non c’era nessuno quindi comprese che la domanda era proprio a lei rivolta.
Allora dov’è il ragazzo?
ripeté il fabbro mentre si accovacciava per accarezzare con dolcezza il Folletto con le sue enormi mani callose.
Il Folletto era chiaramente a suo agio e dopo quella piccola sosta, durata già fin troppo a lungo per i suoi gusti, entrò svolazzando nella bottega, toccando e facendo cadere spade, elmi, parti di armature e barre di ferro e bronzo.
Il fabbro sospirò sorridendo, essendo ovviamente abituato al trambusto causato dal Folletto, e fissò Melissa con occhi sospetti. Con una mano si sfregava il mento percorso da una spessa cicatrice e con l’altra faceva roteare un grosso martello come se fosse più leggero di una piuma. Melissa non lo avrebbe sollevato neanche se avesse usato entrambe le mani e fatto forza con tutte e due le gambe.
Perché il Vecchio Solitario ha deciso di mandare te e non il solito ragazzo per l’ultimo componente?
chiese.
Tirò fuori dal tascone centrale del suo grembiule un piccolo oggetto dorato e lo posò sull’incudine che stava tra lui e Melissa. Estrasse poi da un’altra tasca un monocolo per ingrandire i dettagli e dei piccolissimi attrezzi da lavorazione. Inforcata la lente, con sapienti movimenti degni di un mastro orafo, cominciò a dare quelli che sembravano essere gli ultimi ritocchi di perfezionamento di quel curioso componente dorato.
Melissa osservava meravigliata il gigante all’opera. Era dotato di braccia muscolose e adatte alla forgiatura del ferro ma al tempo stesso possedeva un’inaspettata delicatezza e precisione nel definire i dettagli. Solo una volta ricordava così tanta perizia dedicata su un lavoro manuale e andò con la mente indietro nel tempo, anni prima al Castello di Mullerstorm, quando si era fermata a contemplare come ipnotizzata un nano gioielliere all’opera per la creazione di un regalo commissionato dal Re per la Regina.
L’oggetto lavorato dal grande fabbro appariva di forma cubica, grande come un pugno, con tante piccole viti, ingranaggi, molle e pendolini intrecciati. Il Folletto si era posato sulle possenti spalle del fabbro e osservava il tutto con compiaciuta reminiscenza. Probabilmente non era la prima volta che assisteva a quella realizzazione.
Nel frattempo la mente di Melissa era tempestata da una moltitudine di domande.
Cosa ci faccio qui? A quale ragazzo si riferiva il fabbro? Quest’oggetto dorato dovrebbe essere da Sir Alexander Meravilion al Castello, a cosa servirà?
Era tanto sovrappensiero che non si accorse delle parole che le venivano rivolte.
Cos’hai, ragazza? Sembra che tu non stia ascoltando!
le chiese affabilmente il fabbro.
Melissa osservò l’involucro di panno scuro in cui era avvolto l’oggetto che le stava per essere affidato.
Maneggialo con cura, è il più delicato dei pezzi che mi sono stati richiesti. Non vorrei essere nei tuoi panni se portassi al Vecchio Solitario il componente danneggiato. Lo aspetta da settimane. Ora glielo puoi consegnare
disse in tono solenne alla ragazza e quindi ammiccò al Folletto che gli restituì subito un piccolo