Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Dama in maschera
Dama in maschera
Dama in maschera
E-book245 pagine2 ore

Dama in maschera

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Il matrimonio improvviso e affrettato non ha permesso a Felicity e Nathan di conoscersi bene e di comprendersi a fondo. Ora, dopo cinque lunghi anni, ritrovarsi sembra più difficile che dimenticare, soprattutto se a dividerli sono segreti mai confessati, sentimenti mai rivelati, e una donna che cerca in tutti i modi di mettere zizzania tra loro. Ma Nathan ha un carattere passionale e leale, è il tipo che quando si innamora lo fa per sempre, ed è ben deciso a riconquistare l'amore di Felicity. A qualunque costo.
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2017
ISBN9788858975190
Dama in maschera
Autore

Sarah Mallory

Sarah Mallory grew up in the West Country, England, telling stories. She moved to Yorkshire with her young family but after nearly 30 years living in a farmhouse on the Pennines, she has now moved to live by the sea in Scotland. Sarah is an award-winning novelist with more than twenty books published by Harlequin Historical . She loves to hear from readers and you can reach her via her website at: www.sarahmallory.com

Correlato a Dama in maschera

Ebook correlati

Narrativa romantica storica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Dama in maschera

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Dama in maschera - Sarah Mallory

    Immagine di copertina:

    Gian Luigi Coppola

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Earl’s Runaway Bride

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2010 Sarah Mallory

    Traduzione di Elena Vezzalini

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-519-0

    1

    Felicity era furibonda, il terrore e l’angoscia di trovarsi sola e senza un soldo in un paese straniero cancellati dalla collera per il furto della borsa che conteneva tutto ciò che possedeva al mondo. Senza pensarci su, inseguì il cencioso furfante allontanandosi dalla plaza per inoltrarsi nel labirinto di viuzze che si diramavano dal porto di La Coruña. Decisa a riprendersi il maltolto, non si fermò neppure quando il vento le strappò il cappellino. Solo quando si ritrovò in una piazza che non aveva mai visto, delimitata da magazzini portuali, si accorse del pericolo.

    Vide la sua borsa passare di mano, consegnata a un ragazzino che scappò via mentre il ladro si voltava ad affrontarla con un ghigno malevolo. Felicity si fermò. Guardò in fretta da sopra la spalla: altre due figure minacciose le bloccavano la via di fuga. Si fece forza, raddrizzò la schiena e pronunciò in tono altezzoso: «Quella borsa è mia. Restituitemela subito e la faccenda finirà qui».

    La risposta fu una violenta spinta in avanti, che la fece barcollare e cadere in ginocchio. Felicity si rialzò in fretta, schivando appena in tempo l’uomo che cercava di agguantarla. Davanti a lei ce n’era soltanto uno, se solo avesse potuto superarlo... Con una risata gutturale l’uomo la prese per i capelli e le diede una spinta, gettandola tra le braccia dei suoi due complici. Felicity si dibatté come una furia, senza riuscire a liberarsi dalla loro presa d’acciaio. La tennero ferma, mentre l’uomo basso dai denti gialli e l’alito fetido le si avvicinava con un ghigno lascivo e le apriva la giacca.

    Lei chiuse gli occhi, come per cancellare le loro risate crudeli e le orribili minacce. Fu allora che udì un’altra voce, pacata, profonda e inconfondibilmente inglese.

    «Lasciate andare la signora, brava gente.»

    Aprì gli occhi di scatto. Alle spalle del ladro c’era un ufficiale inglese, alto e splendido nella giubba scarlatta. Del tutto a proprio agio, osservava la scena con aria distaccata, ma quando il suo aggressore estrasse un pugnale dalla cintura, sorrise.

    «Ve l’ho chiesto gentilmente» riprese, sguainando la spada. «Ma adesso mi vedo costretto a insistere.»

    Con un ruggito gli uomini che tenevano stretta Felicity la lasciarono andare e corsero a dar manforte al compare. Lei si appiattì contro un muro e rimase a guardare mentre l’ufficiale si liberava dei malfattori. Con sorprendente agilità, ne ferì uno al polso, facendogli cadere il pugnale. Il secondo furfante gridò di dolore quando la lama gli fece uno squarcio nel braccio e il terzo se la diede a gambe, seguito dai suoi compari.

    Dopo aver ripulito la lama, l’ufficiale rimise la spada nel fodero. All’improvviso un raggio di sole si insinuò tra due edifici, illuminandolo in pieno. Aveva lucidi capelli color mogano e le sorrideva, gli occhi scuri scintillanti di allegria, come se negli ultimi minuti si fosse dedicato a un’attività estremamente divertente invece che a una lotta impari. In un lampo Felicity si rese conto che quell’uomo impersonava l’eroe che aveva sempre sognato di incontrare.

    «Siete ferita, signora?»

    La sua voce profonda e calda l’avvolse come un manto di velluto. Lei scosse la testa. «Io... No. Chi siete?»

    «Maggiore Nathan Carraway, per servirvi.»

    «Vi ringrazio per il tempestivo intervento, maggiore.»

    «Venite.» L’ufficiale le offrì il braccio. «Meglio che ce ne andiamo, prima che quegli individui decidano di tornare con i loro amici.»

    «Ma la mia borsa...»

    «Temo che dovrete rassegnarvi a non rivederla, signora. Conteneva oggetti di valore?»

    Felicity deglutì. «Là dentro c’era tutto ciò che possiedo.» D’un tratto si sentì quasi male, pensando alla gravità della propria situazione. «Che cosa farò adesso? Non ho più niente, nessuno...»

    D’impulso si voltò verso l’uomo al suo fianco. Guardandolo negli occhi fu consapevole di un moto di attrazione ed ebbe l’improvvisa certezza di aver trovato un amico. La paura e la collera si dissolsero mentre lui le rivolgeva un pigro sorriso.

    «Avete me» dichiarò l’ufficiale.

    «Buongiorno, miss. Vi ho portato la cioccolata calda.»

    Felicity si mosse, riluttante ad abbandonare il sogno, ma quando la cameriera aprì le imposte il sole irruppe nella stanza, cancellando la speranza di tornare a dormire.«Che ore sono, Betsy?»

    «Le otto. Avevate detto di non chiamarvi troppo presto, stamattina, visto che i padroncini John e Simon sono partiti per il collegio.»

    Felicity si mise a sedere. Non aveva immaginato che un’ora di sonno in più le sarebbe costata un sogno così tormentoso.

    Dopo essersi vestita in fretta si recò nell’aula destinata allo studio. Il silenzio irreale la colpì. Per quattro anni si era occupata di due vivaci ragazzini, li aveva visti crescere e non c’era da stupirsi che ne sentisse la mancanza. Era stata la loro istitutrice e si era affezionata molto a loro, che le avevano fornito un’eccellente distrazione dalla continua, dolorosa tristezza che la opprimeva.

    «Fee, Fee, dove siete?»

    Felicity udì la voce di Lady Souden e corse ad aprire la porta. «Avete bisogno di me? Stavo riordinando la stanza.»

    Lady Souden entrò nell’aula piena di sole e si guardò intorno con un sospiro. «Sembra così tranquillo adesso che i ragazzi sono a scuola. Ma voi non siete più un’istitutrice, Felicity.» Si posò le mani sul ventre. «Almeno finché questo piccolino non avrà bisogno di voi.»

    Lei sorrise. «Ossia tra qualche anno.»

    «Lo so. Oh, Fee, è talmente eccitante! I ragazzi sono tanto cari e io adoro essere la loro matrigna, ma non vedo l’ora di avere un bambino mio.» Lydia scosse la testa. «Dopo cinque anni temevo che non sarebbe mai successo. Ma non è per questo che vi cercavo. Venite. Non dovete sfacchinare in questa stanza.»

    Felicity raccolse una pila di libri dal tavolo. «Non sto sfacchinando, Lydia, mi piace rendermi utile. E poi i ragazzi la useranno ancora quando verranno a casa ed è giusto che la trovino come l’avevano lasciata.»

    «In questo caso dovreste spargere i loro giocattoli sul pavimento e tirar fuori tutti i libri dagli scaffali. Oh, Fee, lasciate stare e venite in giardino. È una splendida mattinata e voglio parlare con voi.»

    «Solo cinque minuti...»

    «No, adesso. È un ordine!»

    Mentre accompagnava al piano di sotto Lady Souden, Felicity rifletté che una datrice di lavoro così poco esigente era davvero molto rara. A scuola lei e Lydia erano state amiche del cuore e quando Felicity era andata da lei, senza un soldo e con la disperata necessità di trovare un lavoro, Lydia aveva convinto il suo innamoratissimo e fresco sposo ad assumerla come istitutrice dei due bambini che aveva avuto dalla prima moglie. Felicity si reputava incredibilmente fortunata. Sir James era un datore di lavoro molto premuroso e l’eccellente educazione che lei aveva ricevuto le aveva permesso di soddisfare le sue esigenze in merito all’istruzione dei bambini. Anzi, Sir James era stato talmente soddisfatto del suo operato che, quando i ragazzi avevano raggiunto l’età per andare in collegio, aveva accettato senza discutere la richiesta della moglie di tenere Felicity come dama di compagnia. Una soluzione ideale, visto che lui trascorreva parecchio tempo lontano da casa e gli dispiaceva lasciar sola Lydia. Felicity rimpiangeva soltanto di essere poco occupata, ma quando lo faceva presente a Lydia, la sua amica rideva e le raccomandava di stare allegra.

    Mentre passeggiavano in giardino, trasse un piccolo sospiro soddisfatto.

    «Felice?» le chiese Lady Souden.

    L’amica esitò. C’era una differenza abissale tra la contentezza e la vera felicità, ma erano rare le persone che potevano aspirare a tale lusso. «E chi non lo sarebbe in un posto così idilliaco?» rispose. «Il parco di Souden in primavera è meraviglioso. Avete sempre intenzione di far realizzare un giardino all’italiana? In biblioteca ho trovato diversi libri sull’argomento e mi piacerebbe moltissimo aiutarvi a disegnare il progetto.»

    «Oh, sì. Ma temo che il giardino dovrà aspettare. James mi ha scritto per chiedermi di raggiungerlo a Londra, il mese prossimo. Per le celebrazioni della pace.»

    «Mentre voi sarete a Londra potrei...»

    «Voi verrete con me.»

    Felicity la guardò a bocca aperta. «Oh, no! Non è necessario.»

    «È assolutamente necessario.» Lydia le prese le mani. «Con i ragazzi a scuola, non c’è ragione che vi nascondiate qui in campagna. E poi avete letto i giornali. Molti personaggi importanti arriveranno a Londra per le celebrazioni: l’Imperatore di Russia e sua sorella la Granduchessa di Oldenburg, i giovani principi prussiani e... Insomma, sono troppi per ricordarmeli tutti. E James ha già ricevuto l’incarico di intrattenerli. Pensate, Felicity. Cene, ricevimenti, balli! Il mio caro James dice che dovremo dare un ballo anche noi! E avrò bisogno del vostro aiuto per organizzare tutto. Da sola non potrei mai farcela.»

    «Aspettate un bambino, non dovreste affaticarvi.»

    «Oh, Fee, non sono malata! Se resterò qui senza niente da fare finirò per morire di noia. E poi il bambino nascerà in autunno e le celebrazioni termineranno molto prima di allora. Non assumete quell’aria inorridita, sarà un divertimento irripetibile.»

    «Un divertimento! Lydia, sapete che non... so stare in compagnia. Temo che vi deluderei.»

    «Stupidaggini! Avete modi impeccabili, siete solo un po’ fuori esercizio a causa di quel vostro orribile zio che vi ha costretto a lasciare l’Accademia per farvi sgobbare come una serva.»

    «Lydia! Zio Philip non era orribile... solo molto devoto.»

    «Un autentico tiranno» ribadì l’altra con insolita durezza. «Ha cercato con tutti i mezzi di impedirvi di essere felice.»

    Lei esitò. «Riconosco che per lo zio qualsiasi forma di divertimento rappresentava un peccato» concesse, «ma solo perché era molto pio.»

    «Allora avrebbe dovuto assumere una serva altrettanto pia, invece di trascinare voi nel cuore dell’Africa nera.»

    «Non c’è riuscito!» Felicity scoppiò a ridere. «Siamo arrivati solo fino al nord della Spagna. Là zio Philip si convinse che i cattolici spagnoli erano tanto bisognosi di essere salvati quanto gli africani, ma io ho sempre pensato che in realtà non avesse il coraggio di affrontare un altro viaggio per mare.»

    «Be’, in ogni caso ha sbagliato a portarvi via invece di darvi la possibilità di sposarvi, di avere dei figli...»

    Felicity alzò una mano, decisa a evitare quell’argomento. Non voleva pensare a ciò che sarebbe potuto essere.

    «Dimentichiamo il passato» mormorò piano. «Sono molto felice, qui a Souden, e preferirei restare in campagna quando voi andrete a Londra.»

    «Ma io avrò bisogno di voi!»

    Il tono lamentoso di Lydia la riportò agli anni della scuola, quando la sua amica la supplicava spesso di tenerle compagnia. La cara Lydia non aveva mai sopportato la solitudine. E, proprio come allora, Felicity non riuscì a resistere.

    Come se le avesse letto nel pensiero, Lydia premette una mano sulla sua. «Ditemi che verrete con me, Fee. E poi siete tanto brava a organizzare le feste.»

    «Non aspettatevi però che vi prenda parte.»

    «A meno che non lo vogliate voi, mia cara.»

    «Non c’è cosa che desideri di meno.»

    «Allora resterete dietro le quinte, invisibile.»

    Felicity rise. «Non posso essere la vostra dama di compagnia se resto sempre chiusa nella mia stanza. Sir James non ne sarebbe contento.»

    «Gli dirò che avete una paura folle degli sconosciuti» dichiarò Lydia. «Capirà, perché ha un cugino che soffre della stessa fobia, solo che, siccome è un uomo e anche molto ricco, può vivere da recluso senza creare scandalo. E poi James sa quanto mi sia prezioso il vostro aiuto, soprattutto adesso che aspetto un bambino.»

    «Forse sarebbe meglio che non andaste a Londra» suggerì Felicity, in un estremo tentativo di evitare quel viaggio.

    La sua amica fece una risatina. «Certo che ci andrò. Sto benissimo e il dottore sostiene che devo condurre una vita del tutto normale. Oh, andiamo, dite che verrete con me, Fee. La vostra presenza è indispensabile per il mio benessere.»

    Lo sguardo implorante di Lydia era irresistibile.

    «Siete sempre stata tanto gentile con me che non posso rifiutare.»

    «Ho la vostra parola?»

    Quando Felicity annuì, Lydia emise un grosso sospiro. «Sono così sollevata.» Riprese l’amica sottobraccio e la tirò. «Venite, muoviamoci o prenderemo freddo. Dopotutto, siamo soltanto in aprile.»

    Per qualche minuto passeggiarono in amichevole silenzio.

    «È questo che volevate dirmi?» domandò Felicity. «Che andremo in città?»

    «Be’, sì. Ma c’è anche dell’altro.»

    «Che cosa state combinando, Lydia?»

    «Niente di serio, ve l’assicuro.» Lady Souden le diede una scrollatina al braccio. «Mi avete dato la vostra parola, non dimenticatelo!»

    «Certo. Fuori il rospo.»

    «A Londra ci sarà anche il Conte di Rosthorne.»

    Felicity sentì il cuore balzarle in gola. Il Conte di Rosthorne, Nathan Carraway, il suo eroe. L’uomo che tormentava ancora i suoi sogni, ma che si era dimostrato un maestro nell’arte della seduzione. Deglutì a fatica, cercando di restare calma. «Come fate a saperlo?»

    «James mi ha scritto...»

    «Lydia, non gliel’avrete detto!»

    «No, naturalmente. Ho promesso di serbare il vostro segreto. Nella lettera mi ha descritto tutti i programmi per le celebrazioni. Carraway è stato convocato a Londra, non solo perché ora è il Conte di Rosthorne, ma soprattutto perché è... era... un ufficiale dell’esercito e il Principe Reggente vuole fare buona impressione. Verranno aperti al pubblico i giardini reali e ci saranno spettacoli, fuochi d’artificio. Oh, Felicity, sarà così eccitante! Non siete neppure un po’ curiosa di vedere tutto quanto?»

    «No, se esiste la benché minima possibilità di incontrare il Conte di Rosthorne» ribatté lei.

    I grandi occhi azzurri di Lydia la fissarono.

    «So che vi ha trattato male, mia cara, ma sul serio non siete curiosa di rivederlo?»

    Felicity esitò. Nathan l’aveva salvata, le aveva ceduto il proprio alloggio e fornito un nuovo guardaroba. Aveva conquistato il suo amore e aveva finito per spezzarle il cuore.

    «No. Affatto.»

    «Siete arrossita, Felicity. Vi importa ancora di lui.»

    «Non è vero. È accaduto cinque anni fa. Acqua passata.»

    «Diciamo che forse non piangete tutte le notti fino allo sfinimento, come quando siete venuta a vivere con noi, ma a volte, quando la sera siete seduta tranquilla, avete un’espressione così remota...»

    Felicity scoppiò a ridere. «Lydia, siete troppo sentimentale! L’espressione remota, come la definite voi, probabilmente è da attribuire alla stanchezza. Non poteva essere altrimenti, dopo aver passato tutto il giorno a prendermi cura di due scavezzacolli.»

    «Ebbene, a voi forse non importa, ma io sono così curiosa di vedere l’uomo che...»

    «Lydia!» proruppe Felicity. «Quando mi sono rivolta a voi, avete promesso che avreste rispettato il mio segreto.»

    «E così sarà, tesoro mio, ma...»

    «Vi prego, non parliamo più dell’odioso Lord Rosthorne. Se volete davvero che vi segua in città, lo farò, ma lui non dovrà sapere che ci sono anch’io. Sarebbe imbarazzante per tutti.» Deglutì a fatica. «Per lui io non esisto più.»

    Lydia la abbracciò di slancio, avvolgendola in una stretta calda e profumata. «Oh, mia cara, non farei mai qualcosa che potrebbe rendervi infelice!»

    «Lo so. Almeno non di proposito.» Felicity alzò lo sguardo al cielo. «Quelle sono nubi di pioggia. Presto il sole se ne andrà. Rientriamo, cara Lydia.»

    Non parlarono più di Londra né del Conte di Rosthorne, ma quando Felicity si ritirò nella propria stanza per la notte, lui era là, nella sua mente, presente e reale come sempre.

    «Il Conte di Rosthorne, sir.»

    La voce stentorea del maggiordomo risuonò nello studio stipato di libri, conferendo notevole solennità all’annuncio. Nathan raddrizzò le spalle. Era passato un anno e il titolo continuava a metterlo a disagio. Il gentiluomo seduto dietro la scrivania di mogano si alzò in piedi e gli andò incontro. Nathan lo osservò con interesse. Conosceva di fama Sir James Souden e, anche se non avesse saputo che era un attivo sostenitore di Lord Wellesley, l’avrebbe trovato ugualmente simpatico per l’aria intelligente e arguta e l’energia che sprizzava dalla sua figura slanciata. Ecco un uomo abituato a portare a compimento ciò che iniziava, si disse. In quel momento Sir James gli sorrise e gli indicò una sedia.

    «Benvenuto, milord. Grazie per la sollecitudine.»

    Nathan si inchinò.

    «Ho trovato il vostro messaggio stamattina, appena arrivato in città.»

    «Ah. Conoscendo il motivo di questo incontro, non sarei rimasto sorpreso se l’aveste rimandato.»

    Lo scintillio che illuminò gli occhi dell’uomo, di qualche anno maggiore di lui, gli strappò un sorriso ironico. «Le faccende sgradevoli vanno affrontate senza indugio.»

    «Così parla un vero uomo d’armi.» Sir James indicò i liquori sul tavolino accanto. «Posso offrirvi qualcosa? Ho dell’ottimo cognac... rubato ai francesi, naturalmente, quindi credo che lo apprezzerete.»

    «Vi ringrazio.»

    «Ebbene» esordì il padrone di casa quando i bicchieri furono pieni e il suo ospite sistemato in una delle poltrone imbottite davanti allo scrittoio. «Che cosa sapete delle celebrazioni?»

    «Soltanto che Sua Altezza desidera che lo aiuti a intrattenere gli ospiti coronati.»

    «Già. Sta trasformando la città in un dannato

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1