Il ruolo di un gentiluomo: Harmony History
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Info su questo ebook
La vita di Laurence Bretton si è complicata a dismisura da quando ha annunciato pubblicamente di essere l'acclamato commediografo Valentine Lawe. Recitare quel ruolo, tuttavia, gli consente di proteggere la reputazione della sorella e lui non l'ha mai considerato un problema... prima di conoscere Lady Joanna Northrup. Fin dal loro primo incontro, infatti, il giovane capisce che quella donna bellissima, con la quale condivide mille interessi, è la sua anima gemella. Lei, però, lo tiene a distanza, soprattutto dopo aver scoperto che ha una doppia identità. E a quel punto Laurence, che non può confessarle la verità, deve trovare un altro modo per conquistare la sua fiducia... e il suo cuore.
Gail Whitiker
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Il ruolo di un gentiluomo - Gail Whitiker
Immagine di copertina:
Nicola Parrella
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
No Role for a Gentleman
Harlequin Mills & Boon Historical Romance
© 2013 Gail Whitiker
Traduzione di Elena Vezzalini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-454-7
1
Laurence Bretton la vide per la prima volta alla libreria Temple of the Muses, davanti al bancone circolare: era una giovane donna esile, con i capelli scuri e il viso in parte nascosto dall’ampia tesa del cappellino alla moda, e stava conversando con un commesso, evidentemente desideroso di aiutarla, ma i cui rossori frequenti e i balbettii indicavano più interesse per la persona che per l’eventuale acquisto.
«Ab... abbiamo una vasta scelta di libri che parlano dell’Impero ottomano» lo sentì dire. «Molti li ho letti, e posso consigliarveli. State of Egypt after the Battle of Heliopolis di Reynier è molto interessante e ne ho una bu... buona copia disponibile.»
«Si dà il caso che l’abbia già» rispose la donna in tono spiccio ma non sgarbato. «E anche se trovo interessante il punto di vista dell’autore, a mio parere non è abbastanza dettagliato. Avete una copia di Travels through Syria and Egypt di Volney? Il secondo volume?»
Volney? Laurence conosceva quel nome. Constantin-François de Chassebœf, Conte di Volney, era un filosofo e storico francese che, dopo avere trascorso parecchio tempo in Egitto e nella Grande Siria, al ritorno in Francia nel 1785 aveva scritto Voyage en Egypte et en Syrie. Si trattava di una lettura abbastanza noiosa anche per uno studioso, perciò non sembrava il genere di libro che potesse interessare a una gentildonna inglese.
Incuriosito, si avvicinò in tempo per udire il commesso che diceva: «Purtroppo non abbiamo una copia di quel volume al momento, ma se posso suggerirvi...».
«È possibile ordinarlo?»
La richiesta fu accompagnata da un sorriso così dolce che il giovane trattenne il fiato. «Be’, naturalmente, ma non so se riuscirò a trovarlo. Non vi interessa Letters on Egypt di Savary?»
«Sì, è interessante, ma mi hanno detto che il testo di Volney è più dettagliato.»
«È vero» si intromise Laurence avvicinandosi. «E anche se non è corredato di tanti schizzi quanti ne vorrei, il disegno del Tempio del sole di Baalbek è straordinario.»
Quando la donna girò il capo, le piume del cappello ondeggiarono offrendo a Laurence la visuale di un viso delizioso: gli occhi grandi ed espressivi, incorniciati da ciglia scure in contrasto con la carnagione dorata, lo fissarono con un’espressione più curiosa che preoccupata. «Davvero?»
«Sì, sarei felice di prestarvi la mia copia se promettete di restituirmela quando l’avrete letto.»
Al di sopra del nasino spruzzato di efelidi, le sopracciglia morbide si sollevarono. «Prestereste un libro così prezioso a una sconosciuta?»
«No, lo presterei a una persona che so essere interessata all’argomento quanto me» rispose Laurence con un sorriso, «dopo essermi preso la libertà di presentarmi, così non sarebbe più una sconosciuta.» Sfiorando la tesa del cappello di castoro accennò un inchino. «Laurence Bretton, studioso di storia noto per prestare i suoi libri poco usati. Voi siete...?»
La domanda fu accolta da una pausa stupita, seguita da un lampo divertito negli occhi che avevano lo stesso colore degli smeraldi di Cleopatra. «Joanna Northrup, ricercatrice impegnata e appassionata di tutto ciò che riguarda l’Egitto.» Porgendogli la mano concluse: «Il nostro sembra un incontro promettente, Mr. Bretton».
La mano protesa era coperta da un guanto di morbida pelle, ma non fu la franchezza della risposta a stupire Laurence, e nemmeno la stretta vigorosa. «Northrup» ripeté pensieroso. «Non siete per caso parente di Mr. William Northrup, già docente a Oxford e archeologo impegnato nelle esplorazioni nell’alta valle del Nilo in Egitto?»
Lo sguardo di stupore divertito fu sostituito da uno di cauto interesse. «È mio padre. Avete avuto la fortuna di assistere a una delle sue conferenze?»
«Purtroppo no, anche se, vista la sua tendenza a tirare i gessetti, forse è stato un vantaggio.»
«In effetti ha un’ottima mira» convenne Joanna.
«Conosco diversi gentiluomini che sarebbero pronti a testimoniarlo. Tuttavia, mi sarebbe piaciuto poterlo ascoltare: è una vera leggenda per chi è interessato allo studio dell’antico Egitto.»
«E voi lo siete, Mr. Bretton?»
Ripensando alle ore trascorse a leggere avidamente tutto ciò che era riuscito a trovare sulla stele di Rosetta, un’antica lastra di granito nero scoperta in Egitto e grazie alla quale erano stati decifrati gli antichi geroglifici, annuì. «Direi di sì.»
«Allora potreste essere interessato alla conferenza che mio padre terrà domani sera all’Apollo Club. La partecipazione è a invito, ma...» Miss Northrup frugò nella reticella, da cui estrasse un cartoncino. «... se presenterete questo all’ingresso, vi faranno entrare.»
Laurence diede un’occhiata e notò l’indirizzo del club e delle iniziali: JFN. «Grazie, verrò sicuramente. Non ero certo che vostro padre fosse ancora impegnato nelle esplorazioni dell’Egitto, dato che da tempo non sento parlare di lui.»
«Ultimamente non abbiamo frequentato molto la società» confermò la fanciulla distogliendo lo sguardo. «C’è stata una serie di... decessi nella nostra famiglia, e solo di recente abbiamo smesso il lutto.»
«Sono desolato.» Dall’espressione che era apparsa sul viso della giovane, era evidente che i ricordi erano ancora dolorosi. «Non sono eventi facili da affrontare.»
«È vero, soprattutto quando le conseguenze sconvolgono la vita di una persona.» Miss Northrup fece una pausa, sembrava immersa in ricordi molto personali. Poi inspirò a fondo e disse: «Comunque si fa del proprio meglio e si va avanti».
«Proprio così.» Laurence non ritenne opportuno informarla che anche nella sua vita si erano verificati dei cambiamenti drammatici che, pur non essendo stati causati da eventi altrettanto dolorosi, lo avevano tenuto impegnato in ambiti che nulla avevano a che fare con l’esplorazione archeologica. «A che ora inizia la conferenza?»
«Alle sette, ma vi consiglio di arrivare prima se volete trovare un buon posto. Essendo la prima dopo tanto tempo, ci aspettiamo un’alta partecipazione.»
«Farò il possibile» disse Laurence infilando l’invito in tasca. Poi, dato che ci teneva a saperlo, domandò: «Sarete presente anche voi?».
«Oh, sì. Mio padre, pur essendo uno degli archeologi più meticolosi che io conosca, non è affatto preciso per ciò che riguarda l’organizzazione delle sue conferenze» ammise Miss Northrup con un sorriso. «Lascerebbe sicuramente metà degli appunti a casa, e finirebbe per perdersi in un’interminabile dissertazione sulla Piramide di Djoser, che non ha nulla a che fare con i suoi lavori più recenti nell’area intorno a Tebe. La mia presenza è necessaria affinché segua il programma.»
Osservando l’abito alla moda, il cappellino elegante e lo scialle di cachemire trattenuto da una spilla impreziosita da una perla, Laurence non riusciva a capacitarsi di come la delicata creatura che si trovava davanti a lui potesse essere interessata in ciò che sua sorella più giovane aveva definito una volta l’argomento più noioso al mondo. «Non trovate che sia una materia tediosa?»
«Niente affatto. Ho lavorato al fianco di mio padre per diversi anni trascrivendo i suoi appunti, organizzando ed etichettando gli oggetti che trovava, l’ho addirittura aiutato a progettare le spedizioni. Lo scorso anno, mentre visitavamo un complesso vicino a Dendera, sono stata così fortunata da trovare il più incredibile pezzo di...»
«Avete detto: visitavamo? Mi state dicendo che siete andata in Egitto con vostro padre?» domandò Laurence, sbigottito.
Fu un passo falso da parte sua. Gli occhi della giovane si strinsero, il sorriso delizioso impallidì un poco. «Sì. Era il mio secondo viaggio e, per certi versi, è stato assai più interessante del primo. Non vi sono parole per descrivere le dimensioni e la grandiosità di Dendera, o la magnificenza del tempio di Hathor. Bisogna vederli di persona per poterli apprezzare appieno.»
«Non v’è dubbio. E non intendevo offendervi» si scusò Laurence. Si era reso conto che lei, avendo frainteso la sua reazione, sembrava un po’ delusa. «Sono semplicemente invidioso dell’opportunità che avete avuto di visitare un paese che da anni è l’oggetto delle mie letture. Risalire il Nilo e vedere con i miei occhi le meraviglie scoperte nel deserto sarebbe la realizzazione di un sogno.»
Joanna sollevò un sopracciglio, poi domandò con voce scettica: «Parlate sul serio?».
«Santo cielo, sì. Ho letto libri, studiato i disegni, parlato con gentiluomini che sono stati in Egitto ma so che niente può eguagliare l’esperienza di trovarsi in una strada affollata del Cairo, sentire i rumori e gli odori dei mercati o il cicaleccio di migliaia di voci. Solo recandosi di persona è possibile capire che cosa si prova.»
La donna inclinò il capo. Sembrava stesse riconsiderando la prima impressione che aveva avuto di lui. «E intendete recarvi in Egitto un giorno, Mr. Bretton?»
«Lo spero davvero» rispose Laurence, sapendo che, se si fosse presentata l’occasione, non se la sarebbe lasciata sfuggire. Quanto alle conseguenze, inevitabili, le avrebbe affrontate al ritorno.
Per fortuna la sua risposta sincera sembrava averla convinta, perché lei annuì e disse: «In questo caso vi darò qualche consiglio. Con gli abitanti del posto, prendete tempo per negoziare su qualsiasi cosa vi venga offerta. Se non lo farete, dovrete pagare delle cifre esagerate».
«Vi ringrazio.» Laurence era sollevato per non avere danneggiato in modo irreparabile una relazione che era intenzionato a coltivare. «Se sarò così fortunato da trovarmi a trattare il prezzo di una fellukah, mi ricorderò il vostro consiglio.»
«La fellukah è un mezzo di trasporto usato per attraversare il Nilo, ma se il vostro viaggio sarà più lungo consiglierei una dahabeeyah: è più confortevole, alcune sono lussuose, anche se naturalmente il prezzo è più elevato.»
«Naturalmente.» Laurence ritenne opportuno non sorridere, anche se fu tentato di farlo. Non aveva mai conosciuto una donna che sapesse cos’era una dahabeeyah, tanto meno che fosse in grado di dirgli che era il mezzo più adatto per navigare sull’antico fiume. «Volete che vi porti il libro di Volney alla conferenza, domani?»
«Se non vi dispiace. A meno che...» Joanna si rivolse al commesso, che continuava a fissarla con occhi adoranti: «Credete di riuscire a procurarmi una copia prima di allora?».
Un’espressione di sgomento apparve sul viso del giovane. «Farò il possibile, ma ne dubito fortemente.»
«Capisco. Allora vi sarò grata se mi presterete il vostro, Mr. Bretton» disse lei con un sorriso. «E prometto di restituirvelo il prima possibile. Sapendo quanto sia difficile trovare libri preziosi come quello, capisco quanto vi costi separarvi da un volume del genere.»
«In questo caso non ho nessun timore» la rassicurò Laurence, che sapeva di avere una scusa per incontrare la giovane, finché il libro fosse stato nelle sue mani. «Volney e io vi rivedremo domani sera all’Apollo Club. Buona giornata, Miss Northrup.»
«Anche a voi.» Joanna stava per girarsi, ma si fermò. «Mr. Bretton, c’è... un’altra cosa.»
Laurence si voltò. «Sì?»
Lei aprì la bocca per parlare, ma una piccola ruga le solcò la fronte e la bocca si chiuse di nuovo. Era evidente che avrebbe voluto dire qualcosa, ma qualche ragione la tratteneva. Alla fine si limitò a scuotere il capo sorridendo. «Non importa. Ci troverete nella Oracle Room, al primo piano, domani sera. Cercate di arrivare presto, e non dimenticate l’invito.»
Dopo averla salutata con un inchino, Laurence riprese a curiosare tra i libri, benedicendo la sorte che lo aveva mandato in quella particolare libreria proprio quel giorno.
Joanna non rivolse più la parola a Laurence Bretton. Era consapevole che lui stava dando un’occhiata a una selezione di libri disposti su un tavolo vicino alla finestra, ma non trovò una scusa per avvicinarlo una seconda volta al solo scopo di correggere la sua errata supposizione che lei fosse Miss Joanna Northrup.
Infilati gli acquisti sotto il braccio, lasciò il negozio e salì sulla carrozza che la aspettava.
Non avrebbe saputo dire perché non lo aveva corretto subito. Aveva avuto otto mesi per abituarsi all’idea di essere diventata Lady Joanna Northrup. Otto mesi per accettare il fatto che, dopo la morte prematura di suo zio e del suo erede, suo padre non era più un umile accademico, ma il quarto Conte di Bonnington. In teoria era un tempo sufficiente per adattarsi a un cambiamento così radicale.
«Invece no» mormorò tra sé mentre la carrozza si avviava verso la sua nuova casa in Eaton Place.
Se così fosse stato, non avrebbe permesso a un gentiluomo di bell’aspetto, ma sconosciuto, di avvicinarla in un negozio, offrirle un libro e approfittarne per presentarsi, senza informarlo del posto che lei occupava in società.
La prassi, come la sorella maggiore di suo padre amava ripetere, era di attendere che fosse una terza persona, che conosceva entrambi, a fare le presentazioni. A quel punto la donna avrebbe partecipato alla conversazione nella misura che avrebbe ritenuto opportuna, cosa che dipendeva dalla posizione del gentiluomo in società e, solo in parte, dai suoi modi e dalla sua bellezza.
Da quel poco che era riuscita a capire della situazione di Mr. Bretton, sua zia non avrebbe certo approvato ciò che era successo nella libreria.
Naturalmente, se lui non si fosse presentato, lei non si sarebbe trovata nell’invidiabile posizione di poter leggere il libro di Volney nel fine settimana. E avrebbe continuato a perlustrare le tante librerie di Londra, interrogando commessi inesperti nella sua ricerca del libro raro, per ottenere gli stessi risultati insoddisfacenti delle volte precedenti.
Dunque l’incontro con Mr. Bretton era stato un colpo di fortuna che le aveva risparmiato lunghe ore di noia!
L’iniziale scetticismo che lui aveva mostrato circa il suo interesse per l’Egitto era un difetto che era disposta a perdonargli. Sarebbe stato un piacere conversare con un gentiluomo londinese più interessato ai faraoni che alla caccia alla volpe, e che, per di più, non si vergognava di ammetterlo!
Giunta a casa, Joanna rivolse la propria attenzione agli impegni che l’avrebbero occupata nel futuro più prossimo.
Quando la famiglia aveva smesso il lutto, gli inviti avevano ripreso ad arrivare. E, anche se a lei sarebbe piaciuto credere che la ragione fosse il desiderio di dare il benvenuto in società al nuovo Lord Bonnington e alla figlia, aveva il fondato sospetto che molti venissero inviati per eccesso di curiosità.
Dopotutto, nel giro di pochissimo tempo, suo padre, figlio minore ignorato e fratello di un conte, aveva ereditato il titolo di Conte di Bonnington mentre lei, da illustre sconosciuta con pretese intellettuali, era diventata Lady Joanna Northrup, una donna da sposare.
«Eccovi qui» disse Lady Cynthia Klegston, quando entrò nel salottino. «Avete finito di fare acquisti?»
«Per oggi sì.» Joanna si chinò per posare un bacio sulla guancia della zia, in segno di rispetto più che per affetto.
Non si era mai trovata del tutto a suo agio in compagnia della sorella maggiore del padre, una vedova dai modi rudi e senza peli sulla lingua, con due figlie sposate, che non si era curata molto del fratello minore finché non era inaspettatamente diventato conte. E che da allora se ne preoccupava soltanto perché riteneva che fosse nel proprio interesse.
«Ho lasciato la vostra collana dal gioielliere perché la aggiusti, ho controllato l’ordine per la carta da lettere e avvisato Madame Clermont che andrete da lei oggi pomeriggio alle due. Ha detto che vi aspetta.»
«Immagino» commentò Lady Cynthia in tono sbrigativo. «Le porto molto lavoro, ed è doveroso da parte sua essere gentile. Credo che dovreste venire con me; ho deciso che indosserete un abito nuovo per la cena che organizzeremo. Siete una giovane donna né fidanzata né sposata, perciò dovete sempre apparire al meglio, specialmente ora che siete Lady Joanna Northrup e che avete bisogno di un marito facoltoso. Dove sono i miei occhiali? Non li trovo mai quando li cerco.»
Joanna, che li aveva visti sul tavolino vicino alla poltrona, andò a prenderli. Di norma cercava di evitare la zia, considerandola una presenza ingombrante. Era curioso che proprio lei, che un tempo aveva disapprovato ogni aspetto della vita del fratello, non facesse che ripetere che avrebbe fatto qualunque cosa per aiutare lui e la figlia ad affrontare i cambiamenti che la vita aveva riservato loro.
«Avete trovato ciò che cercavate?» le domandò Lady Cynthia.
«Si trattava di un libro, e non l’ho trovato» rispose Joanna, sorpresa che si ricordasse che era uscita per altri motivi che non fossero le sue commissioni. «Ma ho incontrato un gentiluomo che si è offerto di prestarmi il suo.»
«Che persona premurosa.» La guardò da sopra la montatura degli occhiali. «Immagino che lo conosceste...»
«No, ma lui conosce mio padre» rispose forzando la verità. «Domani sera assisterà alla conferenza.»
L’espressione della zia si fece vacua. «Conferenza?»
«Sì, quella che terrà domani sera all’Apollo Club. Ve ne ho parlato, e vi