La settima parte
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Anteprima del libro
La settima parte - Gerolamo Oliverio
Capitolo I
Preparati Bonifacio perché, con tua madre, abbiamo deciso che la tua formazione avverrà presso l’Abbazia di San Donato a Sesto
disse Enrico, lasciando basito il figliolo che aveva tutt’altre aspettative.
Ma padre, io qui ho amici e fratelli che possono insegnarmi.
Enrico lo riprese con autorità e saggezza dicendogli: Figliolo, per vivere questi tempi non basta adagiarsi a diciassette anni e sopravvivere, ma devi prendere il volo e riempire gli occhi, la mente e il corpo della bellezza del mondo che è un bene indivisibile … perché è di tutti.
Erano le calende di Novembre. In una mattinata piovigginosa e fresca, Enrico e Bonifacio bussarono all’ingresso dell’Abbazia di San Donato di Sesto e chiesero di parlare con l’Abate Landolfo. Questi li accolse con calore, perché già preparato all’evento. L’interessamento di Oddone da Campione, discendente di famiglia mercantile da secoli attiva nell’area tra Pombia, Sesto Calende, Arsago Seprio e Castrum Sibrium¹ riuscì, infatti, a far accettare Bonifacio come ministeriales, semplice servitore armato.
Reverendo Abate
disse Enrico da Caidate: ho accompagnato Bonifacio presso il vostro monastero affinché possa servirvi e imparare.
Landolfo, abate assai navigato, apprezzò la concretezza della richiesta e rispose: Messer Enrico, da quanto ho intuito dal mercante Oddone e da voi, desiderate lasciarmi Bonifacio per introdurlo alla vita religiosa. Ma, vista la giovane età, lo destinerò a un lavoro che nessuno vuol fare, per metterlo alla prova per un periodo di due anni: poi decideremo se vorrà prendere i voti.
Così, Bonifacio rimase a Sesto con il compito di aiutare Antonio, il traghettatore sul Ticino, a «governare» il flusso dei mercanti che gestivano il mercato di Sesto e l’andirivieni della popolazione che, ogni primo mercoledì del mese, affluiva da ogni dove per comperare, barattare, trattare, vendere e promettere, lungo il Ticino e nel centro di Sesto.
Aiutare Antonio voleva dire agevolare l’approdo della barca del monastero al molo e governare significava riscuotere la gabella sull’attraversamento del Ticino, che doveva essere versata all’economo dell’Abbazia di San Donato ogni sera. Questo era il compito che l’Abate Landolfo conferì a Bonifacio, ricordandogli che sarebbe stato comunque un uomo libero nell’attesa di una sua decisione per diventare monaco.
Ma l’Abate non aveva preso questa decisione a cuor leggero: lo mise, infatti, alla prova.
Si accordò con Antonio, il traghettatore che fino ad allora aveva fatto tutto da solo, che al primo mercato Bonifacio dovesse consegnare all’economo la gabella giornaliera. Ma Antonio consegnò, per ordine dell’Abate, una quantità di soldi maggiore rispetto ai traghettati. Bonifacio, pur accorgendosi subito dell’errore, prese la borsa e si avviò verso il monastero. Dopo alcune decina di passi, ritornò alla barca, avvisò Antonio che aveva sbagliato e gli riconsegnò le monete. Ricontate le stesse, si avviò al monastero con la somma esatta.
L’economo riferì all’Abate la somma ricevuta e questi capì che Bonifacio «ragionava con la sua testa». Era quindi affidabile, ma non sarebbe mai diventato monaco.
«… Sesto e Castelletto sopra Ticino sono sorte su rive opposte proprio dove finisce il Lago Maggiore e inizia il Ticino, suo emissario: le coste dei due territori tendevano sempre più ad avvicinarsi agevolando la traversata, facilitata dei bassi fondali.
L’Abbazia di San Donato, detta la Scozzola, nacque di fronte :
ad una insenatura, oggi scomparsa, che venne scelta come porto e in questa fascia di terreno, compresa tra l’Abbazia e il Ticino, conveniva mensilmente il mercato sei giorni prima della calende divenendo così importante che diede il nome, nel tempo, alla località stessa: Sesto Calende;
e tra due zone ben precise:
il bosco sacro dell’Oca, a circa 500 metri a nord-ovest di San Donato, dove venivano praticati i culti pagani, prima dell’avvento del Cristianesimo (pare nel IX secolo)
la collina di Coqcuo, denominata allora Coco, dove vivevano strani personaggi, chiamati i Barbaroni di Coco, definiti «gli emulatori dei giganti di Flegro»: soggetti scorbutici e rissosi, non amanti delle novità.
… L’ubicazione dell’Abbazia di San Donato comportò sia la possibilità di esercitare il diritto di pesca e di riscuotere i pedaggi sulla navigazione del Ticino sia un processo di scambi non solo di prodotti ma anche incontri di persone e di opinioni differenti tale da produrre l’alternarsi e il coesistere, per un lungo periodo di tempo, di diversi riti religiosi.
… Fu Liutardo De Conti, Vescovo di Pavia, a fondare l’Abbazia di San Donato grazie alla donazione, da parte di Lotario e di Lodovico II regnanti longobardi, di vasti territori prealpini quale la Scozzola a Sesto, la corte di Baveno ed altre località situate presso il monte San Salvatore, al di sopra di Lesa.
… Riguardo all’anno di fondazione non si è potuto stabilire una data precisa comunque durante la prelatura di Liutardo e cioè tra l’anno 840 e l’anno 864 mentre la dedica a Donato vescovo di Arezzo, martirizzato sotto Giuliano l’Apostata, è stata messa in relazione alla presenza di gruppi di arimanni, di origine toscana, che avrebbero fondato un primitivo edificio sacro, tra il VI e VII secolo.
… L’abilità del Vescovo pavese si manifestò anche nella scelta dei monaci: i benedettini di San Carlo. Questi ultimi erano allora potentissimi grazie alle larghe donazioni ricevute da Carlo Magno nel territorio elvetico e, in parte, anche nella fascia prealpina.
… Solo con queste premesse può venire spiegata la fondazione di un monastero a Scozzola lontano dalla giurisdizione di Pavia e facendo, territorialmente, parte della Diocesi di Milano: infatti, fisicamente, l’Abbazia di San Donato si trovava nella piana di Angera e, come dicono molti istrumenti antichi e moderni, nella diocesi di Milano.
… Ma il fatto più importante era la celebrazione dei riti: da una parte Milano affermava che i riti erano celebrati secondo il culto ambrosiano mentre i Pavesi asserivano che si celebrava secondo il rito Romano.
… Il reverendo Nicolaus della Porta affermò che durante il suo periodo, ovvero intorno alla metà del 1500, si celebrava in Ambrosiano ma in precedenza i riti si celebravano secondo il rituale Romano e che nelle festività, soprattutto il carnevale, si seguiva il rito Ambrosiano: dimostrando, così, quanto sia stata lenta la penetrazione di Milano nel territori²».
Antonio soppesò subito Bonifacio: inesperto sul fiume ma appassionato alla mansione, tale da vederlo raramente sbuffare nei momenti in cui riceveva ordini.
Di settimana in settimana Bonifacio apprezzava sempre più le giornate così diverse tra loro: un po’ per il tempo un po’ per le persone che, con la voglia di trattare, chiedevano di traghettare a Sesto per il mercato. Il suo compito era quella di riscuotere la scozzola³, mentre nei giorni calmi girovagava in riva al Ticino.
Antonio guarda: ieri ho trovato questi sassolini sulla riva verso Golasecca
disse Bonifacio, mostrando ciottoli di colore rosso e blu. Non chiamarli sassolini perché sono corindoni e puoi scambiarli al mercato
. Non vorrei essere truffato
gli rispose Bonifacio: ma posso chiedere a Oddone cosa posso ricavarne
. Stai attento
rispose Antonio: «il gatto perde il pelo ma non il vizio».
Sono grezzi, ma servono agli orefici per abbellire i loro gioielli
disse Oddone alla vista dei corindoni: perché le dame non sono mai soddisfatte abbastanza … ma, quanto possono valere dipende dal loro colore e dalla loro bellezza e queste possono interessarmi: le acquisto.
E pose sul tavolo una piccola borsa di pelle con sei