Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Una Passione nel Tempo - Il mistero
Una Passione nel Tempo - Il mistero
Una Passione nel Tempo - Il mistero
E-book319 pagine4 ore

Una Passione nel Tempo - Il mistero

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

«Baciami... Baciami... come se non avessi mai desiderato altro... come se mangiassi un frutto proibito… come se fosse il tuo ultimo respiro perché… è quello che farò io… baciami Natalie»

La vita tranquilla di Natalie, docente in psicologia e specializzata in criminologia all’università di St.Andrews, in Scozia, viene travolta da alcuni eventi inspiegabili che iniziano per caso durante una collaborazione con la polizia locale. Il trovare in seguito un libro antichissimo che sembra legarla a sé, le provocherà dei flashback dal passato a cui non riesce a dare spiegazione. Quello che la sconcerterà molto di più, sarà apprendere la verità dal misterioso Adam e due figure provenienti dal passato. L’incontro con Kieran, giovane cantante e amico di Brian, le farà scoprire la passione e l’amore e la obbligherà a fare una scelta che la porterà a sfidare il proprio destino.
LinguaItaliano
Data di uscita22 gen 2015
ISBN9786050350906
Una Passione nel Tempo - Il mistero

Leggi altro di Ester Ashton

Autori correlati

Correlato a Una Passione nel Tempo - Il mistero

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Una Passione nel Tempo - Il mistero

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Una Passione nel Tempo - Il mistero - Ester Ashton

    Ester Ashton

    Una passione nel tempo - Il mistero

    UUID: cf71f280-4f53-414e-826c-0080d445237e

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Dedica

    Citazione

    1.

    2.

    3.

    4.

    5.

    6.

    7.

    8. Kieran

    9.

    10.

    11.

    12. Kieran

    13. Kieran

    14. Kieran

    15.

    decorationimmagine 1

    Dedica

    decoration

    Dedicato a tutte le donne

    che amano con passione

    che credono nell’amore unico e

    irraggiungibile e nei loro sogni.

    Citazione

    decoration

    L’amore è la più saggia delle follie,

    un’amarezza capace di soffocare,

    una dolcezza capace di guarire.

    William Shakespeare

    1

    decoration

    Dopo aver parcheggiato la mia Mercedes SL, percorrevo a piedi l’isolato che mi avrebbe fatto raggiungere il locale per incontrare e fare colazione con July, prima di recarmi al lavoro all’università.

    La giornata era molto bella, un sole accecante e caldo illuminava la strada e i negozi che affollavano la via da entrambi i lati. Nonostante tutto, avvertivo nell’aria una strana sensazione che non riuscivo a decifrare, come se dovesse accadere qualcosa. Non mi meravigliava per niente poiché ultimamente mi ero ritrovata in alcune situazioni alle quali non riuscivo a dare realmente una spiegazione.

    Scossi la testa lasciando questi pensieri, quando mi avvicinai al locale di Brian McDonald’s. Lo conoscevo sin dalle elementari, come July del resto, ma al contrario di noi, che eravamo rimaste in città, lui una volta finita l’università era partito per Londra. Dato il suo quoziente intellettivo era riuscito a fare per qualche anno ciò che si era prefissato, ossia l’agente di borsa. C’eravamo sentiti all’inizio, solo per telefono e lui non era più tornato neanche per una breve vacanza. Poi un giorno sentii bussare la porta, la aprii e rimasi allibita nel trovarlo sulla soglia sorridente, era tornato a St. Andrews.

    Senza darci alcuna spiegazione su cosa gli fosse accaduto, tranne che non si era trovato bene a Londra, dopo qualche mese aveva aperto questo bellissimo locale. Non ha smesso del tutto di fare l’agente e spesso compie dei viaggi, ma al momento è qui in pianta stabile.

    Le mura del locale erano per metà vetrate di un grigio sfumato per dare un po’ di privacy. Spinsi la porta elegante ed entrai. Nell’aria permeava un odore di fiori mischiato al profumo di caffè che le cameriere stavano servendo ai tavoli. Mi guardai intorno per cercare July e la notai seduta che guardava il menù.

    Mi diressi nella sua direzione, passando davanti al grande banco tondo di marmo pregiato bianco che capeggiava nel mezzo del locale posto di fronte all’entrata. Alle sue spalle, altissime mensole in vetro contenevano liquori e ogni tipo di bicchiere. La piccola vetrina lì accanto conteneva tanti tipi di dolci: dalle creme, ai pasticcini, alle torte. Il locale nel complesso era elegante e discreto con tavoli tondi non molto grandi, coperti da tovaglie color crema che cadevano fino al pavimento di marmo. Le poltroncine, con uno schienale di media altezza, erano molto comode, fatte apposta per rilassarsi ed è quello che mi accadeva quando vi sedevo.

    Un posto in cui si poteva fare colazione o un pasto leggero a pranzo.

    Dietro il bancone c’erano le scale che conducevano al club, dove la sera si cenava e alle volte si esibivano dei piccoli gruppi. July sollevò lo sguardo e un sorriso le affiorò sulle labbra nel vedermi e ricambiai mentre le arrivavo accanto, spostai la sedia e sedetti prima che potesse anticiparmi il cameriere. Appoggiai la borsa su una poltroncina vuota, sfilai l’impermeabile Burberry’s blu e poi guardai July.

    Era veramente molto bella con i suoi capelli ondulati color tiziano e gli occhi azzurri. Indossava un twin-set verde che risaltava sulla sua carnagione di porcellana, abbinato a dei jeans e un trench anch’esso verde muschio. La sua bocca carnosa e rosa era atteggiata in uno splendido sorriso.

    «Mi aspetti da molto?» chiesi a July.

    «No» rispose, appoggiando il menù sul tavolo.

    «Da una decina di minuti. Ti vedo affannata, come mai?» domandò a sua volta.

    «Ho lasciato la macchina a un isolato da qui, non riuscivo a parcheggiare» replicai voltando la testa verso il cameriere che si era avvicinato.

    Ordinata la colazione, chiesi ancora: «A che ora apri la boutique?»

    Lei guardò l’orologio e rispose: «Fra un’oretta, ma non ho fretta, aprirà la mia aiutante.»

    Mi addossai allo schienale appoggiando il braccio sulla sedia.

    «Beata te, io fra mezz’ora dovrei essere all’università e non ho voglia di chiudermi in quelle aule.»

    I suoi occhi mi scrutarono a fondo prima di aggiungere: «Noto una certa sofferenza oggi, cos’hai?»

    «Niente, July, cosa mai dovrei avere?» negai.

    «Natalie…» iniziò. «Ti conosco troppo bene, non puoi mentirmi.»

    «Oh, va bene» sospirai e posai il mio sguardo su un punto dietro di lei. «Sento una strana sensazione nell’aria, a parte tutte quelle cose inspiegabili che mi succedono…»

    «Non sarà nulla» cercò di tranquillizzarmi. «E non è detto che quelle cose siano inspiegabili come dici tu, possono essere solo coincidenze.»

    Stavo per risponderle quando avvertii il suono del mio cellulare. Lo presi dalla borsa e rimasi perplessa dal numero non identificato, ma spinsi comunque il tasto per accettare la chiamata. «Pronto?»

    Dall’altra parte dissero: «La signorina Natalie Mackenzie?»

    «Sì, sono io» ribattei spostando i miei occhi su July e sollevando le spalle, quando lei mimò con le labbra chiedendomi chi fosse.

    «Sono Logan MacGregor della polizia di St. Andrews, volevo chiederle se possiamo vederci, dovrei parlarle di un caso.»

    «Se per lei va bene, sarei libera all’ora di pranzo nel mio ufficio, all’università.»

    «Perfetto, sarò da lei a pranzo» confermò.

    Chiusi la telefonata e posai il cellulare in borsa, poi presi dello zucchero e lo versai nel caffè, ci aggiunsi un po’ di latte e mescolai. Con la coda dell’occhio notai July che mi osservava sbalordita e piena di curiosità per quella telefonata. Non dissi nulla e non la guardai direttamente negli occhi perché altrimenti sarei scoppiata a ridere.

    Portai il caffè alle labbra cercando di nascondere il mio viso dietro la piccola tazza, poi come se niente fosse presi la forchetta e tagliai un pezzetto della torta al cioccolato che avevo davanti. Chiusi gli occhi assaporando quella delizia che si scioglieva in bocca e quando li riaprii, notai dei movimenti e poi la mano di July fermò la mia, prima che potessi portare ancora alle labbra la torta.

    Il mio sguardo interrogativo fece sollevare una delle sue sopracciglia di rimando, fino a quando poiché ancora non dicevo nulla, sospirò e chiese: «Allora, hai intenzione o no di dirmi chi era al telefono?» E iniziò a sorseggiare il suo tè.

    «Un poliziotto» risposi.

    «Cosa? E che vuole da te?»

    «Vuole discutere di un caso.»

    «Lo conosci?»

    «No, ma ogni tanto veniva un altro poliziotto» affermai. «Ma suppongo che ormai sia andato in pensione poiché mi ha chiamato lui.»

    «Mm…» pronunciò July.

    «Mm, cosa?»

    Un sorriso malizioso le spuntò sulle labbra. «Non sei curiosa di come sia? Potrebbe essere un bell’uomo» rispose.

    Alzai gli occhi al cielo. «Non iniziare di nuovo con questa storia.»

    «Ma perché?»

    «July! Ti rendi conto che stai ipotizzando delle cose su una persona che non conosciamo nemmeno?» la rimproverai. «Be’, che male c’è» replicò. «Meglio premunirsi.»

    «Ok, meglio lasciare stare» sospirai rassegnata. Posai lo sguardo sul mio orologio e mi alzai. «È tardi devo andare, July.»

    Allungai la mano sulla poltroncina per prendere il mio impermeabile e notai i suoi jeans. Le calzavano come una seconda pelle, risaltando la sua figura magra. «July, sono favolosi. Quale stilista questa volta?» domandai ridendo.

    «Armani, lo sai che è il mio preferito, dopo…» Non la lasciai continuare precedendola.

    «Cavalli, Valentino, Dolce e Gabbana, Dior, Miu Miu… ho dimenticato qualcuno?»

    Sollevai la mano a fermarla. «Per te non c’è una graduatoria, sono tutti sullo stesso livello.»

    «Natalie, ma è normale, se li ho nella mia boutique…» Si entusiasmò. «Devi venire a provare qualcosa, ieri sera è arrivata tanta merce.»

    «Ecco, immaginavo che l'avresti detto, lo sai che sei la mia spina nel fianco?»

    «Ma davvero, eccome se lo so!» Scoppiò a ridere mentre mi chinavo a prendere la borsa. «Comunque questi pantaloni sportivi grigi che hai preso la settimana scorsa, ti stanno da favola, per non parlare del maglioncino» affermò. «Quel blu ti fa risaltare molto i capelli e la carnagione.»

    Lasciai una banconota sul tavolo e senza dirle nulla, trascinai July per un braccio, prima che dicesse qualcos’altro, e ci dirigemmo verso l’uscita. Stranamente stamattina non avevamo visto Brian e mi domandai dove fosse finito.

    Una volta fuori dal locale il sole ci accarezzò e io presi dalla borsa i miei occhiali e li infilai, la stessa cosa fece July mentre iniziammo a camminare sul lungo marciapiede, verso la mia macchina. «Hai bisogno di un passaggio o sei venuta con la tua?» chiesi.

    «No, la macchina l’ho portata stamattina dal meccanico, c’era qualcosa che non andava al motore, faceva uno strano rumore, quindi ho preferito farla controllare.»

    «Ti accompagno» dissi arrivando vicino alla macchina e attivando il telecomando per aprirla.

    Salii, posai la borsa sul sedile posteriore e scivolai nel traffico diretta alla boutique di July. Lei accese la radio cercando una frequenza che le piacesse e nemmeno dieci minuti dopo frenai di fronte al suo negozio.

    July aprì la portiera e si girò verso di me. «Ti chiamo più tardi, così se non hai niente da fare stasera ceniamo a casa.»

    Non obiettai sulla parola stasera . «Ok, a più tardi.» Stavo per immettermi di nuovo nel traffico diretta all’università, quando avvertii ancora più forte quella strana sensazione. Sembrava che attorno a me aleggiasse come una fonte di calore potente, un’energia tanto bruciante da sentirmi opprimere.

    Com’era mai possibile che la percepissi a pelle? Cosa poteva mai essere?

    Il semaforo scattò al rosso, frenai dolcemente e mi fermai. Ne approfittai per togliermi un attimo gli occhiali perché sentivo qualcosa nell’occhio. Guardai nello specchietto retrovisore e l’immagine di una macchina che si scontrava con un’altra fu così nitida e reale da pensare che mi stesse veramente venendo addosso. Lanciai un urlo, terrorizzata, abbassando la testa sul volante, stringendo gli occhi e aspettando l’impatto, ma quello che sentii non fu altro che il clacson della macchina dietro di me e mi segnalava che il semaforo era verde. Imbarazzata e sbalordita per quello che pensavo di aver visto, ingranai la prima e partii, non senza guardare ancora indietro. Continuai a guidare cercando di non pensare più a nulla, per non far rivivere nella mia mente quelle immagini.

    Sospirai di sollievo quando mi si presentò davanti il viale dell’università.

    Era una delle facoltà più antiche della Scozia, fondata tra il 1410 e il 1413, era situata nel Fife; continuai fino ad arrivare vicino alla biblioteca dove parcheggiai l’auto e mi diressi nell’edificio principale.

    Era un luogo meraviglioso, quando entravi nell’immenso atrio, la storia trasudava dalle mura, dagli antichi scaloni che portavano nelle varie aule, ai quadri appesi e al mobilio.

    Salii le scale girando subito a destra per andare nel mio ufficio, oggi non avevo lezione le prime ore ma poco prima di pranzo e subito dopo. Aprii la porta e subito un profumo di cera d’api mi arrivò alle narici. Appesi l’impermeabile e mi sedetti alla scrivania, aprendo subito i test che avevo dato ai ragazzi il giorno prima. Mi lasciai totalmente trasportare nel correggerli, così tanto che mi accorsi a malapena delle ore che passavano.

    Un lieve bussare alla porta mi fece sollevare la testa e mi resi conto che mancava poco e sarei dovuta andare a lezione.

    «Avanti» dissi chiudendo nella cartella i test e proponendomi di continuare dopo.

    La porta si aprì lasciandomi intravedere degli occhi grigio ghiaccio, che ti ammaliavano al solo guardarli e risaltavano su un viso dalla carnagione olivastra. «Brian, che ci fai qui?» domandai.

    Lui superò la soglia chiudendosi la porta alle spalle e avanzò verso la scrivania. Nel suo incedere verso di me, lo osservai: i capelli neri non erano molto corti e un minuscolo ciuffo si appoggiava leggermente sulla fronte. I lineamenti del viso erano ben disegnati e marcati, le sue labbra carnose erano una debolezza per chi lo guardava. Alto quasi un metro e novanta, aveva un fisico asciutto, muscoloso e scolpito, che si intravedeva dalla sua maglietta bianca che gli aderiva al petto e dai jeans stretti. Faceva un certo effetto vederlo; sbattei le palpebre e rivolsi un sorriso per mascherare l’imbarazzo di averlo fissato.

    «Perché, forse non posso venire a trovare la mia migliore amica?» chiese, girando attorno alla scrivania e prendendomi la mano, mi fece alzare. Il suo abbraccio era forte e caldo, le sue mani posate sulla mia schiena mi accarezzarono lentamente, prima di lasciarmi andare.

    Si scostò dandomi un bacio sulla guancia, troppo vicino alla bocca per non sentire il suo respiro e il suo profumo di uomo. Lasciò scivolare le mani sulla mia vita e si sedette sull’angolo della scrivania con ancora la mia mano nella sua. Avvicinai la poltrona e, lasciando la sua mano, mi sedetti accavallando le gambe. «Certo che puoi, lo sai» risposi. «Allora stamattina dov’eri? Siamo venute al locale.»

    «Ero in banca e ho fatto più tardi del dovuto, quando sono arrivato al locale eravate già andate via» spiegò. «Che ne dici se stasera ceniamo al club? C’è un nuovo cantante che si esibirà, è la prima volta che viene in città» propose.

    «Per me va bene, avviso July e stasera saremo da te» confermai. «A che ora?»

    «Alle otto, sarò tutto vostro.» Sorrise.

    Ricambiai. «Come, non sarai di qualcun’altra?»

    «No.» Spostai lo sguardo verso la parete di fronte dove l’orologio segnava qualche minuto prima di mezzogiorno e mi lasciai sfuggire un’imprecazione. Scattai in piedi, radunando i libri che mi servivano e presi anche la borsa nello stesso momento che Brian mi chiedeva perplesso. «Che succede?» Alzandosi dalla scrivania.

    «Fra cinque minuti devo essere in aula» ribattei e mi diressi alla porta.

    «Ehi, Natalie?»

    «Sì?» Girai la testa.

    «Vai via senza salutarmi?» E si avvicinò.

    «Oh, scusa!» Mi sollevai sulle punte per dargli un bacio sulla guancia. «Ci vediamo stasera» aggiunsi e uscii diretta all’aula.

    Percorrevo il lungo corridoio con marmi pregiati e lucidi, pensando alla lezione di psicologia che mi attendeva, mentre rispondevo ai saluti dei ragazzi e dei colleghi. Arrivata alla mia aula, entrai trovandola già piena e senza alcun indugio iniziai la lezione.

    Dopo un’ora, ritornai nel mio ufficio, per aspettare l’agente che mi aveva chiamato e questa volta lasciai aperta la porta. Il tocco lieve su questa, mi distolse da quello che stavo facendo e voltai la testa in quella direzione.

    «Sì?» domandai.

    «Natalie Mackenzie?» Fece un passo avanti. «Sono Logan Mac Gregor.»

    «Sì, sono io» risposi. «Prego, si accomodi» gli feci segno di sedersi sulla poltroncina davanti a me. Era veramente un bell’uomo, all’incirca sui trentacinque anni, capelli biondi che gli arrivavano appena sotto il mento, il cui colore assomigliava tanto al miele con qualche sporadica ciocca molto più chiara. I suoi occhi blu erano contornati da ciglia lunghissime e bionde che risaltavano sul viso abbronzato. Le labbra erano ben disegnate, gli zigomi marcati e avrebbe avuto un viso bellissimo se il naso non avesse avuto quella piccola sporgenza, segno che doveva esserselo rotto. Questo lo rendeva comunque affascinante. Nonostante fosse molto alto, il suo corpo era ben modellato, con spalle possenti, doveva praticare palestra visti i suoi muscoli. Aveva un giubbotto di pelle marrone scuro e sotto di esso una maglia blu e jeans. Si passò la mano tra i capelli.

    «Allora, diceva che mi doveva chiedere qualcosa riguardo a un caso» accennai.

    «Sì, so che il collega che ho sostituito veniva da lei.» Annuii.

    «Ho frequentato una specializzazione in criminologia dopo essermi laureata in psicologia. Ne sono da sempre affascinata. Il suo collega veniva solo per consultarsi su alcuni comportamenti dei serial killer.»

    «Capisco» disse. «Quello che le mostrerò ora non può essere divulgato, questo individuo ci sta dando filo da torcere. Ha ucciso diverse donne e il suo comportamento sta cambiando…»

    Posò una cartellina chiusa, che non mi ero nemmeno accorta avesse, sulla scrivania e la spinse verso di me.

    Nonostante mi piacesse dare una mano, presi un bel respiro perché avevo timore ad aprirla. Ci sarebbero state foto delle donne uccise?

    La sua voce roca mi fermò, posando la mano sinistra sul rivestimento della cartellina.

    «Prima che apra la volevo avvisare che ci sono delle foto.»

    Ecco… come pensavo, non mi rese felice, ma decisa aprii e rimasi senza fiato alla loro vista.

    Lo sguardo di quelle donne, i loro occhi aperti e terrorizzati che mi guardavano attraverso la foto, ricoperte di sangue, torturate, sventrate e sgozzate. Incamerai aria con un grosso respiro, cercando di non lasciarmi condizionare e passai oltre.

    Girai la pagina e guardai l’identikit di un uomo alquanto giovane. Appoggiai per caso la mia mano sul foglio all’altezza del suo viso e, all’improvviso, immagini e flash mi si presentarono davanti agli occhi.

    Tolsi di scatto la mano prendendola con l’altra, come se mi fossi scottata e mi appoggiai allo schienale della poltrona. Gli occhi di quell’uomo mi guardavano dal foglio, beffardi, cattivi e con odio profondo. Non riuscivo a distogliere i miei da quel semplice disegno. Nel mio raggio visivo si sovrappose la mano lunga e magra di Logan Mac Gregor nel momento in cui mi chiedeva: «Sta bene, Natalie? È diventata pallida.»

    «Sì, per quanto si possa rimanere distaccati guardando quelle foto» risposi, sollevando gli occhi sino a incontrare i suoi.

    «Non ci si fa mai l’abitudine» aggiunse.

    I miei pensieri vorticavano, le immagini di quell’uomo che torturava quelle donne erano così vivide da sembrare reali. Cosa mi stava succedendo?

    Un campanello d’allarme mi risuonò in testa quando realizzai e tornai indietro a guardare di nuovo quelle foto; e trovai la conferma che quello che avevo visto non erano quelle donne, ma un’altra.

    Cosa mai potevo dire a Logan? Che mi era comparsa così l’immagine? Mi avrebbe preso per pazza e chissà, forse lo ero realmente visto quello che mi stava accadendo.

    «Logan, posso darti del tu?» chiesi alzando di nuovo gli occhi da quella cartellina.

    «Certo, Natalie» rispose.

    «Allora, vorrei sapere come si è evoluto il suo modus operandi.»

    «Non conosce le sue vittime, non ha avuto, almeno da quello che sappiamo, un contatto con loro. Erano donne che accompagnavano i loro figli a scuola o come questa ragazza che ha avuto la sfortuna di uscire dal lavoro tardi e di essersi trovata sulla sua strada. La prima vittima è stata torturata fino a farla morire, è cambiato diventando più violento. Continua a torturarle ma, come può vedere, la seconda è stata sgozzata e sull’ultima ha proprio infierito.» Si fermò come per farmi riprendere fiato, e poi aggiunse: «Il medico legale dice che erano ancora coscienti quando le ha seviziate, come se volesse sfidare qualcosa o qualcuno.»

    «Capisco» mormorai. «Da quello che mi hai detto, deduco che potrebbe infierire ancora di più su una nuova vittima. Vedendo queste foto potrebbe sembrare che non ci sia nulla in comune tra loro. Invece c’è» obiettai. «Lui vede, attraverso loro, tutti coloro che possono avergli fatto del male nel corso della sua vita, come una moglie o una madre… potrebbe far capire questo tale accanimento. Oppure è malato e segue ciò che gli dice la mente: per esempio sente delle voci immaginarie che gli dicono cosa fare. L’unica sicurezza è che colpirà ancora.» Quest’ultima affermazione la dissi quasi sussurrando dopo quello che avevo visto.

    «Mi auguro di riuscire a fermarlo prima, non ho alcuna voglia di andare ancora a comunicare brutte notizie a casa della gente.»

    «Lo spero, non mi piace sapere che c’è un individuo simile in giro» concordai.

    «Quando esci, cerca di guardarti attorno, ok?» aggiunse.

    «Lo farò senz’altro, non dubitarne» affermai.

    «Bene, ti lascio al tuo lavoro.» Si alzò prendendo la cartellina. «La prossima volta ti posso chiamare per andare a prendere un caffè? Ti andrebbe?»

    «Certo, perché no, quando vuoi» risposi alzandomi anch’io e avvicinandomi a lui.

    «A presto, Natalie» salutò dandomi la mano e dopo un suo ultimo sguardo, aprì la porta e uscì.

    Non appena avvertii lo scatto della serratura, indietreggiai fino a sentire dietro le gambe, l’orlo della poltrona e mi ci accasciai esausta.

    Oh, Dio, cosa avevo visto? Non poteva essere, di sicuro mi ero impressionata e la fantasia aveva fatto il resto.

    Allora perché quando i flash si susseguivano, li sentivo come se fossero sulla mia pelle? Forse avrei dovuto parlarne con qualcuno, perché la mia immaginazione stava superando ogni limite.

    Guardai l’ora, sarei dovuta andare in aula per la lezione, ma non ne avevo alcuna intenzione e ricordai che dovevo telefonare a July.

    Sollevai la cornetta e composi il numero della sua boutique. Lo squillo del telefono raggiungeva la mia mente ma, al tempo stesso, risultava lontano poiché ero troppo impegnata a pensare. La voce armoniosa e allegra di July mi destò dai miei strani pensieri. «Pronto?»

    «July, sono Natalie, preparati che passo a prenderti verso le sette e trenta, Brian ci ha invitato a cena al club» enunciai tutto d’un fiato e con affanno.

    «Ehi, che hai fatto, la maratona?» aggiunse, ma non riuscii a replicare perché lei continuò ancora. «Sarò pronta, e … Natalie, stai bene?»

    «Sì, tranquilla, vado di corsa che ho lezione, a dopo» e chiusi la comunicazione.

    Con riluttanza mi alzai e lasciai l’ufficio, diretta alla lezione che mi attendeva, ma che non vedevo l’ora passasse per tornare a casa.

    E così fu, l’ora trascorse velocemente senza che ricordassi neppure esattamente ciò che avevo spiegato e detto, avevo solo cercato di concentrarmi per non pensare a quello che era accaduto.

    Non appena sentii la campanella, radunai le mie cose, passai dal mio ufficio per prendere l’impermeabile, lo indossai e mi diressi alla macchina.

    Guidai tranquilla districandomi per le strade, ero quasi arrivata e dopo qualche minuto, percorsi finalmente il viale alberato.

    Entrai e respirai odore di casa: fiori, miele e il tipico buon aroma del legno antico. All’ingresso c’era un piccolo mobiletto con lo specchio dove appoggiai le chiavi e la borsa, invece sulla sinistra una porta in noce scuro, il cui interno fungeva come appendiabiti.

    La mia era una bellissima villetta e non avevo avuto esitazione nel comprarla, mi sentivo in pace e dava tranquillità. Entrai nel salone e sorrisi, mi piaceva la disposizione della stanza. Molto grande e quadrata, mostrava una parete attrezzata con mensole in noce e i mobili color crema; al centro avevo appeso la tv a schermo piatto e mi sembrava di stare al cinema quando ero seduta sul divano di forma angolare, damascato blu con rilievi bianchi. Feci ancora qualche passo ascoltando il suono dei tacchi sul parquet color miele e poi andai verso il camino in pietra bianca e mi piegai per accenderlo. Anche se dovevo andar via, volevo che per un paio d’ore, riscaldasse la stanza perché la sera faceva ancora freddo nonostante fosse primavera.

    Il

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1