Giulietta e Romeo hanno 80 anni
Di Hanabi
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Anteprima del libro
Giulietta e Romeo hanno 80 anni - Hanabi
Hanabi
Giulietta e Romeo hanno 80 anni
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Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)
un prodotto di Simplicissimus Book Farm
Romeo
Giulietta
.
Ci siamo incontrati.
Amore, aspettative, fatalità… ma alla mia età cosa potevo ancora temere?
La Montagna Incantata. La casa di riposo dove vivevo da più di tre mesi. Novembre. Tempo inclemente. Giorni di pioggia interminabile e un’umidità da far scricchiolare le mie vecchie ossa. Quel pomeriggio dalla porta finestra della mia stanza intravedevo appena il bosco in lontananza. E all'improvviso ecco sbucare dalla nebbia i fari di un’automobile. L’auto procedeva lentamente sulla ghiaia bagnata. Dopo poco si fermò davanti all’entrata e un uomo aprì lo sportello dalla parte del passeggero. La guidatrice scese velocemente e si avvicinò per aiutarlo, ma lui rifiutò. L’uomo, alto e un po’ curvo, uscì con fatica dall’auto, si guardò intorno, alzò gli occhi e mi vide.
Dai vetri della tua porta finestra ho intravisto una graziosa silhouette femminile. Ho sentito subito che quel luogo mi avrebbe riservato delle belle sorprese
, mi confidò Romeo durante la nostra prima passeggiata nel bosco. Poi prese la mia mano, la baciò e la trattenne a lungo tra le sue. Sorrisi compiaciuta e gli confessai che nello stesso momento avevo sentito un brivido lungo la schiena.
I nostri occhi si erano forse incontrati?
Romeo era stato professore di Matematica all’università e, come tutti i matematici, è un po’ picchiatello. Magari sembra un cliché, invece è vero, proprio vero! Ed ebbi modo di verificarlo con lui un mucchio di volte. Divertente, ombroso, tenero, misterioso e soprattutto picchiatello. Era realmente così l’uomo che a sorpresa era entrato nella mia vita.
Quante risate ci siamo fatti insieme. Abbiamo riso di tutto. Degli infermieri che volevano imporci il pannolone. Dell’imbarazzo dei medici, del direttore e dello staff nello scoprire che eravamo diventati inseparabili. Della cameriera romena che ci aveva trovato nel mio letto, abbracciati. Non lo disse a nessuno perché Romeo le regalò una bella mancia e da quel momento diventò la nostra complice. L’unica di cui potevamo fidarci in quel covo di spie e d'invidiosi, medici, infermieri, inservienti e a volte anche i pazienti. Per non parlare del nuovo direttore, il professor Guidi. Un giovane presuntuoso e incompetente che, in seguito scoprimmo, era il nipote del precedente direttore.
Per due giorni dopo il suo arrivo non vidi Romeo, né a colazione, né a pranzo, né a cena. Si rifiutava di uscire dalla sua stanza per ripicca. Era furioso con i figli che l’avevano costretto a lasciare la sua casa.
Come lo capivo!
E’ terribile essere sradicati dalle proprie cose, dalle proprie abitudini. Se hai ottant’anni, è una vera tragedia. E molti di noi alla Montagna Incantata condividevamo lo stesso destino.
Che società stupida e ottusa è la nostra che non rispetta e non dà valore alla vecchiaia. Che pensa valga la pena vivere solo quando si è giovani e belli. Se non sei Berlusconi, Murdoch o un riccone come loro, che a ottant'anni si fidanzano con donne di mezzo secolo più giovani.
Romeo e io volevamo essere un esempio del contrario. E con le nostre scelte dimostrare che la vita può essere piacevole anche a ottant’anni e soprattutto che c’è tanto da scoprire di noi stessi e del mondo. E molto si può ancora dare e ricevere da anziani.
Finalmente tornò il sole. Un sole caldo, inaspettato a novembre. Camminavo, non volevo più smettere di camminare. Avevo bisogno di natura, di respirare il profumo del bosco, di abbracciare il tronco di un albero.
Arrivai fino al confine del bosco e come d’abitudine mi fermai davanti al mio acero giapponese. Dal primo momento che ho messo piede in quella casa di riposo, ho saputo che sotto i suoi rami dalle piccole foglie rosse, avrei sempre trovato conforto. A lui ho confessato il mio dolore, i propositi di fuga e anche le mie gioie. Fu il primo a sapere che mi ero innamorata e fu accanto a lui che Romeo e io ci parlammo per la prima volta.
C’era un piccolo foro nella corteccia del tronco e noi comunicavamo attraverso quel foro. O almeno io gli parlavo e mi sembrava che lui mi rispondesse. E’ stato un amico per me e nei momenti più bui accarezzavo il suo tronco per ricevere energia. Per sentirmi radicata nella terra. Per sentirmi viva.
Il mio albero era ormai completamente spoglio. Intorno a lui si era formato un tappeto di foglie dalle varie sfumature di rosso, di giallo, di marrone. Immaginai che fosse piacevole affondare i piedi in quel morbido tappeto e così mi tolsi le scarpe da ginnastica e i calzettoni.
Alla mia età non è consigliabile e neppure saggio rimanere a piedi nudi nell’umido delle foglie, ma come avrei potuto resistere? E fui felice di averlo fatto, perché un momento dopo udii una risata divertita alle mie spalle. Mi voltai e lo vidi. Indossava pantaloni di velluto a coste larghe un po’ sformati, una camicia di flanella, senza cravatta e con il bavero del soprabito rialzato. I capelli piuttosto lunghi e bianchissimi svolazzavano al vento.
Beata lei! E i reumatismi?
, mi chiese e con un gesto lento cercò di togliersi i capelli dal viso.
"E chi se ne importa dei reumatismi. E' da un bel po’ che fanno parte delle mie giornate e purtroppo anche delle mie notti. Affondare i piedi nudi nelle foglie, beh, non ricordo più l’ultima volta che l’ho fatto. Almeno mezzo secolo fa o giù di lì.
Le consiglio di provarci, magari non le capiterà un’altra occasione".
Per un attimo il suo viso si rabbuiò, come se avergli ricordato che eravamo due signori vicini alla fine, l’avesse precipitato nell’angoscia. Poi mi guardò intensamente e rimase in silenzio. E io mi sentii come una scolaretta colta in fallo. Quella sensazione mi divertiva, mi scrollava di dosso tanti anni.
Mi sedetti con la schiena poggiata sul tronco dell’acero per infilarmi i calzettoni e le scarpe. Lui si chinò sul tappeto di foglie e fece una cosa inaspettata, le scompigliò con le mani. Un profumo intenso di terra bagnata e di foglie secche si diffuse nell’aria.
Credo che sia altrettanto piacevole con le mani e di sicuro meno imprudente
, disse e mi sorrise.
Ma è meno divertente!
, replicai e appoggiai le mani sul tronco del mio albero per alzarmi. Sa, l’autunno è la stagione che amo di più. Solo in autunno puoi trovare queste sfumature di colore
, aggiunsi e ricambiai il sorriso.
I funghi, altro che! L’autunno ci regala i frutti più buoni che produce la terra. E questa mattina nel bosco ne ho trovati di magnifici
.
Stringeva a sé un borsone, come se volesse proteggerlo da un ladro. Poi mi offrì una mano per aiutarmi.
Fui lieta di essermi passata sulle labbra il mio rossetto preferito, quello color ciliegia, e ancora di più l’ombretto azzurro con i puntini luminosi che metto solo nelle occasioni importanti.
Ma è assolutamente vietato raccogliere i funghi. L’ha visto il cartello all’entrata del bosco?
, gli chiesi afferrando con naturalezza la mano che mi aveva appena offerto.
Ma che ne sanno in quest'ospizio di funghi. Io sì che sono un esperto. Vado a funghi da quando avevo tre anni e ne ho mangiati… e sono arrivato alla mia età senza neanche un’indigestione
.
E mi mostrò il bottino che teneva nascosto nel borsone.
Questa è una Colombina viola, non è molto facile da trovare, ma è squisita. Questi sono degli Agaricus campestris…
.
E questi sono Chiodini
, dissi, toccando una famigliola di quei piccoli funghi. Sono i miei preferiti
, aggiunsi e arrossii leggermente.
Cercherò di corrompere la cuoca, magari ci prepara un sughetto. Devono essere speciali. Li ho trovati accanto alle radici di una betulla. Comunque lei non dica a nessuno che ho raccolto i funghi
.
Le sembro il tipo che fa la spia? Non mi fido di nessuno là dentro. Li sopporto solo perché so che presto me ne andrò. Non ho nessuna intenzione di finire i miei giorni a giocare a carte e a guardare la tv
.
"A chi lo dice! Io seguo solo il tg perché ormai mi stanco a leggere i giornali.
I miei figli sperano che me ne starò qui zitto e buono. Per fortuna io ho Letizia, Giancarlo e Alberto che mi hanno promesso di prendersi cura di me finché non me ne vado all’altro mondo.
Sono i miei ex-allievi più cari, tre matematici di fama internazionale. Solo Letizia è rimasta in Italia, gli altri due sono in America. Alberto per poco non vince il Nobel per le sue ricerche sulla Matematica pura…".
Mi guardò a disagio. Mi scusi, non intendevo annoiarla e mi perdoni se non mi sono ancora presentato. Romeo Sartori, felice di fare la sua conoscenza, signora…
.
Incredibile! Incontrare Romeo a ottanta anni e per di più in una casa di riposo.
Giulia Bongiorno, ma tutti mi chiamano Giulietta
.
Per un lungo momento rimanemmo in silenzio. In fondo cosa dovevamo dire? A parte scambiarci un sorriso, imbarazzati e stupiti.
Giulietta
, disse lui, felicemente sorpreso.
Sì, Romeo
.
Notai che era un uomo ancora bello. Fui subito affascinata dai suoi occhi neri e dal sorriso scanzonato che all’improvviso gli illuminava il viso con le tante rughe che raccontavano una vita intensa e coraggiosa. E anche se un po’ curvo, era almeno quindici centimetri più alto di me.
Ci lanciammo uno sguardo furtivo e, ancora frastornati e grati al destino per averci fatto incontrare in quel modo divertente, percorremmo in silenzio la strada che separava il giardino dall’entrata della Montagna Incantata.
Era stato un colpo di fulmine. Un colpo di fulmine a ottant’anni!
Quante volte abbiamo ricordato me a piedi nudi sulle foglie di acero e le sue mani che cercavano nelle stesse foglie un pretesto per rimanere con me.
Nell’oscurità della notte le piante si