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Carlotta: C'è posta @nche per me
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Carlotta: C'è posta @nche per me
E-book89 pagine1 ora

Carlotta: C'è posta @nche per me

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Info su questo ebook

Carlotta, con i suoi tipici calzettoni e gonnella scozzese, con i suoi capelli “imprigionati in treccine infiocchettate di bianco o di rosa oppure tagliati corti da nervose sforbiciate” della nonna, con le sue “ginocchia ossute, spesso adorne di brutte crostacce” o con ferite sottoposte ad infettarsi, la quale, uscita dai terrori della guerra, trova subito un nuovo motivo di turbamento nella paura dell’interrogazione del professor Giulini “elegante, severo, ma giusto”: un insegnante d’altri tempi segnati dalle diete forzate per la misera razione personale prevista “dai tagliandi delle tessere annonarie che ignoravano vitamine, grassi, sali minerali e tante altre cosucce” e “infelicitati” dalla quotidiana “penitenza” delle nauseanti cucchiaiate d’olio di fegato di merluzzo, ritenuto “miracoloso”. E, su questo frizzante “incipit”, ecco innestarsi tutta una serie di accadimenti, situazioni, ricordi, passioni che hanno il potere di farci rivivere, dall’ intus un’epoca che sembra lontana anni luce, vissuta da una generazione che ha patito la guerra e che l’ha scavalcata rafforzata dentro e desiderosa di vivere una nuova esistenza di riscatto, capace di far dimenticare gli orrori che ogni conflitto reca inevitabilmente con sé. Bruna Nizzola sulla scansione di vicende lontane, avvalendosi anche di mezzi moderni quali la posta elettronica, poco concedendo all’alone mitizzante della memoria, in sordina, senza che ce ne accorgiamo, riesce a veicolare le sue convinzioni etiche ed esistenziali dettate dal buon senso di chi, giunto ad un’età in cui possibile e doveroso stilare un bilancio critico di un’epoca, nutre ancora la fervida speranza che certe situazioni non si verifichino mai più e cerca di portare la propria pietruzza all’edificazione di un’epoca più giusta e serena, se non proprio felice.
LinguaItaliano
Data di uscita2 apr 2012
ISBN9788866900047
Carlotta: C'è posta @nche per me

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    Anteprima del libro

    Carlotta - Bruna Nizzola

    Nizzola

    Il vuoto

    inabitato

    che occupammo

    e che attende

    fin ch’è tempo

    di colmarsi di noi

    di ritrovarci...

    Eugenio Montale

    Date...

    To…

    From…

    Subject…

    Cara Carlotta, ben trovata, da…un mezzo secolo all’altro. Credo di ricordarmi la tua fisionomia, ma un po’ di confusione in testa ce l’ho: capelli lisci o riccioli? Mah! Avevi gli occhi azzurri? E un maglione grigio azzurro con il collo, come si dice, rivoltato, arrotolato? Cos’altro?

    Rosa, rosae, rosae, rosam... Ce l’insegnava il professor Giulini, elegante, severo ma giusto...

    Eccome! Severo, molto severo!

    Lei ne aveva una paura matta.

    Era anche colpa sua, di quel profe dal tono tranquillo, senza picchi fastidiosi di voce, ma sempre così serio, così irriducibile nelle affermazioni e nei giudizi che lei, al risveglio, quando s’annunciava la nuova giornata di scuola, quindi un nuovo incontro con lui, chiamava disperata:

    Nonna, tremo!

    Ma come tremi? Io non vedo niente!

    Tremo dentro!

    Ma va là, sciocchina! Cosa vuoi tremare! La guerra è finita!

    Sì, era appena appena finita e con essa la grande paura, quella che arpionava lo stomaco al suono delle sirene, al rombo delle fortezze volanti, al fragore delle esplosioni e faceva tremare il corpo: dentro e fuori.

    Qualcosa era rimasto di tutto quel terrore nella timida Carlotta che, veramente, sentiva salire dalla pancia un brivido irrefrenabile.

    E saliva, su fino alla gola e le impediva di respirare e le faceva venire una gran voglia di piangere, di rintanarsi sotto le coperte a succhiarsi freneticamente il pollice.

    Quel povero pollice usurato da prolungate ciucciate consolatorie che ne avrebbero per sempre ridotto le dimensioni rispetto al dito gemello e in più, spostando di brutto l’arcata dentaria, avrebbero creato nella bocca della bimba un effetto castorino, simpatico, ma per nulla gradito ai numerosi dentisti che si sarebbero avvicendati nella cura dei suoi denti, rimasti fragili.

    Te lo ciucciavi il dito, eh?

    Sì, ma non era colpa solo del ciucciare!

    C’era stato quello strano latte, fatto di chissà cosa, che ingrumava tutto il fondo del bollitore e che il calcio non sapeva cosa fosse.

    C’era stata quella dieta assolutamente controllata dai tagliandi delle tessere annonarie che ignoravano vitamine, grassi, sali minerali e tante altre cosucce, dimenticati optional per l’allevamento di balilla e piccole italiane nutriti invece, abbondantemente, di patrio furore.

    C’era stata la fiducia assoluta che il tutto fosse rimediabile con nauseanti cucchiaiate d’olio di fegato di merluzzo.

    Non tutti i bambini l’avevano avuto.

    Carlotta, una dei privilegiati, non vista, versava spesso la sua dose quotidiana nel vaso di una pianta verde che, dopo un breve periodo di anomalo rigoglio, era intristita improvvisamente, ripiegando su se stessa con le foglie ingiallite e tutte accartocciate.

    Ma cosa sarà stato? s’interrogava la nonna, mentre gettava pianta e vaso nelle spazzature.

    Poi lasciava perdere, impegnandosi invece ad ingozzare la nipotina di pane e latte, buono questa volta!

    Mangia, su. Guarda qui, che stecchi di gambe. Fanno senso. Per forza ti senti tremare!

    Carlotta, Carlotta! Stupida Carlotta!

    Che ti credevi?

    Che ci fosse sempre, per le tue paure, per i tuoi tremiti dentro e fuori, il conforto di una tazza di latte tiepido e della tenera voce di una nonna?

    O nonna, o nonna! Deh com’era bella Quand’ero bimbo...

    Nella vita non succede. Non succede proprio che continui a lungo il tempo delle novelle.

    E per alcuni finisce anche prima.

    Com’era Carlotta, cinquant’anni avanti di ricevere l’interessante e-mail?

    Non erano rimaste, semmai ne fossero state fatte, delle foto d’epoca.

    Sugli occhi azzurri non potevano esserci dubbi.

    I capelli, per quello che lei ricordava, erano castani, lisci, imprigionati in treccine infiocchettate di bianco o rosa, oppure tagliati corti da nervose sforbiciate che seguivano a raptus d’impazienza della nonna, stanca delle proteste della bimba ad ogni operazione di pettinatura.

    Allora, a quei tempi, non erano tanto rilevanti le motivazioni estetiche riferite al mondo dell’infanzia.

    Non sono difficili da immaginare le gambette magre con le ginocchia ossute, visibili fra il bordo dei calzettoni e l’orlo della gonnella scozzese tutta pieghettata, non sempre pulitissime e spesso adorne di brutte crostacce a documento d’incidenti di percorso fra corse, scivoloni, arrampicate... (Ma è un vero maschiaccio!).

    Carlotta, maschiaccio forse, ma sicuramente inguaribile fifona, non voleva essere medicata e fuggiva da una stanza all’altra con la lunga benda appiccicata al ginocchio, terrorizzata dall’ultimo doloroso strattone che avrebbe messo a nudo la viva superficie della ferita, giallognola di siero purulento.

    La nonna, stanca d’inseguire la poco eroica nipote, alla fine metteva un piede sull’ultimo lembo di garza strisciante per il pavimento, strappandola dalla pelle e, fra le urla della bambina, procedeva alle necessarie sevizie: alcool e tintura di iodio direttamente sulle croste o, in mancanza di meglio, una bella strofinata con acqua e sapone.

    Quanto all’abbigliamento di un’undicenne del ’46, non povera, ma nemmeno tanto ricca, beh, c’era da dire che ogni capo aveva la sua storia, una lunga

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