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Un bacio nella piccola bottega del tè
Un bacio nella piccola bottega del tè
Un bacio nella piccola bottega del tè
E-book320 pagine4 ore

Un bacio nella piccola bottega del tè

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Info su questo ebook

Romantico, dolce e mai scontato

Questo libro scalda il cuore

Autrice del bestseller La piccola bottega del tè

Cupcake dopo cupcake, Ellie Hall si è conquistata la simpatia e il rispetto di tutti nel pittoresco Claverham Castle. Persino l’avaro Lord Henry ha dovuto ammettere che Ellie è riuscita a riportare al suo antico splendore la piccola bottega del tè. I dolcetti che sforna sono dei veri capolavori, al punto da diventare una presenza irrinunciabile in tutti i matrimoni celebrati al castello. I dipendenti di Ellie adorano contribuire con un pizzico di dolcezza ai sogni romantici delle coppie, ma saranno messi a dura prova da un’impresa titanica. Natale infatti è proprio dietro l’angolo e una prenotazione dell’ultimo minuto rischia di far saltare i piani di tutti. Ellie e il suo adorabile marito, Joe, avevano altri progetti per le feste, ma sono determinati a regalare a questa coppia speciale il matrimonio che hanno sempre desiderato...

Dolci, castelli e un pizzico di meraviglia: la ricetta della felicità

Una storia che ha la magia del Natale

«Questo libro è come un biscotto di Natale: gustoso e dolcissimo.»

«Perfetto per un pomeriggio pigro, da assaporare con un dolce e una tazza di tè.»
Caroline Roberts
Scrive romanzi che parlano di amore, perdita, tradimento e famiglia. Vive nel Northumberland, in Inghilterra, un luogo che, con le sue spiagge sabbiose, i castelli e i meravigliosi panorami di campagna ha ispirato quasi tutte le sue storie. È autrice di numerosi romanzi di successo nel Regno Unito. La Newton Compton ha pubblicato La piccola bottega del tè, I nostri momenti magici e Un bacio nella piccola bottega del tè.
LinguaItaliano
Data di uscita31 lug 2018
ISBN9788822724946
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    Anteprima del libro

    Un bacio nella piccola bottega del tè - Caroline Roberts

    2027

    Titolo originale: The Cosy Christmas Teashop

    Copyright © Caroline Roberts 2016

    Originally published in the English language by HarperCollins Publishers Ltd.

    Caroline Roberts asserts the moral right to be identified as the author of this work

    All rights reserved

    Traduzione dall’inglese di Micol Cerato

    Prima edizione ebook: ottobre 2018

    © 2018 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    ISBN 978-88-227-2494-6

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Caroline Roberts

    Un bacio nella piccola bottega del tè

    Indice

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Capitolo 25

    Capitolo 26

    Capitolo 27

    Capitolo 28

    Capitolo 29

    Capitolo 30

    Capitolo 31

    Capitolo 32

    Capitolo 33

    Capitolo 34

    Capitolo 35

    Capitolo 36

    Capitolo 37

    Vigilia di Natale, un anno dopo

    Ringraziamenti

    Alla contea del Northumberland, dove sono nata:

    paesaggi stupendi, gente meravigliosa

    Cinque anni fa, Ellie Hall arrivò al bellissimo, anche se un po’ cadente, Claverham Castle, con l’ambizione di mandare avanti una sala da tè tutta sua. Armata solo di sogni e speranze, del suo amore per la pasticceria e del libro di ricette della defunta nonna, prese in gestione la sala da tè, lasciandosi alle spalle una famiglia unita e un noioso lavoro nel settore assicurativo. Dando inizio alla sua vertiginosa avventura, imparò strada facendo, conoscendo un gran numero di nuovi amici, e s’innamorò persino del bellissimo amministratore della tenuta, Joe.

    Dopo un matrimonio, un incendio e la rivelazione di un segreto di famiglia, eccoci di ritorno. Benvenuti nel mondo di Ellie. Benvenuti alla piccola bottega del tè nel castello…

    1

    «C’è un pullman di cinquanta persone in arrivo tra venti minuti».

    Ellie si voltò per vedere Joe che le sorrideva; doveva essere entrato senza far rumore nella cucina della sala da tè.

    «Stai scherzando». La stuzzicava spesso, poteva essere solo una presa in giro. Già così non si era praticamente fermata, quel giorno. Era stato un lunedì festivo di agosto molto pieno: la fine delle vacanze scolastiche estive. Buono per la cassa, ma pesante per i piedi. Le sembrava di aver passato il giorno a fare la giocoliera; mentre stava dietro alle ordinazioni per il pranzo, aveva preparato al volo un altro paio di torte al limone, quando era sembrato che potessero finire, nonostante avesse passato la settimana a sfornare un sacco di torte e biscotti in più in previsione del weekend.

    Joe stava scuotendo la testa, con aria seria. «No… Deana ha appena ricevuto una chiamata dall’autista. Ottimo per gli affari, però».

    «Va bene, allora farò meglio a darmi una mossa e vedere come siamo messi con le torte nella sala da tè». Ellie non sapeva cosa sarebbe stata in grado di improvvisare in venti minuti, ma poteva esserci qualcosa nel congelatore. Per esempio i cupcake: teneva spesso un’infornata di riserva di quelli alla vaniglia, per gli imprevisti; avrebbe potuto glassarli piuttosto in fretta in caso di bisogno.

    «Meglio, sì. Ma prima…». Si avvicinò, l’abbracciò da dietro e la baciò sulla nuca, proprio nel punto in cui la pelle nuda era visibile sotto la coda di cavallo.

    Le fece scorrere un piccolo brivido lungo la spina dorsale. «Non ho tempo, Joe. Non puoi dirmi questo, e poi aspettarti una sessione di baci». Si voltò verso di lui, cercando di sembrare contrariata.

    «Perché no?». Sorrise sfrontato.

    Quel sorriso la fregava ancora. «Ah, va bene allora. Un bacio solo. Breve».

    Gli premette un bacio impertinente sulle labbra e fece per tirarsi indietro. Lui l’attirò più vicino, avvolgendola tra le braccia. La baciò di nuovo, caldo e tenero, e maliziosamente bravo.

    Lei fece un passo indietro, ricordando a se stessa che quello non era né il momento né il luogo adatto. «Doris arriverà a momenti. Non è giusto. E poi ho fin troppe cose da fare. Via». Ma stava sorridendo.

    «D’accordo, d’accordo, capisco quando non sono desiderato. Avrei dovuto lasciare che ti spuntassero davanti senza preavviso».

    Si diresse verso la porta a vento.

    «Grazie», concluse lei.

    Lui le fece l’occhiolino mentre usciva.

    Erano sposati da più di tre anni, ormai, dopo essersi incontrati al suo primissimo colloquio per prendere in gestione la sala da tè di Claverham Castle. Lui era l’amministratore della tenuta, alto, con capelli scuri che gli cadevano leggermente sulla fronte – adesso li portava più corti – e lei una ventiseienne piuttosto ingenua, che arrivava da un lavoro poco entusiasmante nel settore assicurativo nella città di Newcastle-upon-Tyne, armata solo del suo amore per la pasticceria, del libro di ricette di sua nonna e del suo sogno di avere una sala da tè. Un po’ bruciacchiato, il libro di ricette della nonna conservava ancora il suo posto d’onore su una mensola della cucina; ma quella era un’altra storia.

    Adesso, cinque anni dopo, suo marito era ancora affettuoso come sempre, forse persino di più. L’amore e la fiducia, e la tenerezza, erano cresciuti tra loro. Ma in momenti frenetici come quello, lei doveva assolutamente concentrarsi sul mandare avanti la sala da tè. Si sarebbero ritrovati più tardi, nel loro appartamento nel castello, e se tutto fosse andato bene avrebbero potuto riprendere da dove si erano interrotti.

    Il pomeriggio volò via, in un vortice di glassa alla vaniglia e al cioccolato per i cupcake di riserva (ne aveva trovato qualcuno nel congelatore, sì!). In una vaschetta della dispensa aveva anche rinvenuto dei frollini con le gocce di cioccolato in più e, dopo aver sistemato le torte e i biscotti rimasti nell’espositore della sala da tè, l’assortimento sembrava piuttosto buono.

    Anche Irene (l’ultima aggiunta alla squadra, nonché la meravigliosa assistente pasticcera ultrasessantenne di Ellie), Doris (cameriera, amante dei pettegolezzi, a volte difficile ma con un cuore d’oro) e Lauren (un’incantevole ragazza del paese che le aiutava nei weekend e durante le vacanze) erano in piena attività.

    Servire altre cinquanta persone in una sala da tè già quasi piena era una sfida. Per fortuna avevano alcuni tavoli in più fuori nel cortile, ed essendo un giorno soleggiato la cosa funzionò bene, ma significò ancora più avanti e indietro per le cameriere. La macchinetta del caffè sputacchiava e schiumava, decisamente sovraccarica, ma spandeva comunque quelle fragranze meravigliose e intense. Le torte e i pasticcini erano adagiati sui piatti: la torta al limone si stava dimostrando un successo.

    Ellie aveva i piedi doloranti e la schiena indolenzita. Erano quasi le quattro e mezzo, e di solito chiudevano verso quell’ora. Ma erano rimasti ancora diversi ritardatari, seduti a chiacchierare e sorseggiare le loro bevande come se non avessero alcuna preoccupazione al mondo. E andava bene. Che si godessero la gita, e il dolce al termine della visita al castello, era quella l’unica cosa importante. Ma cavolo, non vedeva l’ora che fosse sera per immergersi in una profonda vasca da bagno piena di bolle.

    Stavano chiudendo, erano le cinque e venti passate, ben oltre l’orario in cui se ne andavano normalmente, e una coppia di mezza età si stava ancora attardando su una teiera che condivideva da quasi un’ora.

    Ellie era dietro al bancone che rimetteva in ordine le stoviglie e le posate prese dal vassoio della lavastoviglie, pronte per il giorno successivo. Avvertì la familiare fitta di dolore che le comunicava l’arrivo del ciclo, insieme a un sordo senso di delusione.

    Oh, no, non questo. Non di nuovo.

    Era ancora presto, lo sapeva. Lei e Joe stavano cercando di avere un bambino da cinque mesi, ma quella volta non aveva potuto fare a meno di emozionarsi; aveva avuto un ritardo di quattro giorni, e le sue speranze erano schizzate alle stelle. Aveva già deciso di procurarsi un test di gravidanza non appena avesse avuto un giorno libero, e si era immaginata mentre dava a Joe la splendida notizia.

    Maledizione.

    Doris stava pulendo intorno alla coppia che rimaneva ancora seduta a chiacchierare, senza far caso all’ora. La cameriera si tenne occupata passando lo straccio su tutti gli altri tavoli, girando intorno al loro, ma senza successo. Poi passò alla scopa, spazzando rumorosamente nella loro direzione. Il tatto non era il suo forte. Ellie non poté trattenere un sorriso ironico.

    «Doris, devo uscire un minuto. Puoi restare da sola per un po’?»

    «Nessun problema», annunciò lei ad alta voce. «Ormai non ci vorrà molto, comunque». Doris sorrise ai due clienti, destandoli dal loro piacevole sogno a occhi aperti. «Tutto a posto?», chiese, e tanto valeva che li avesse pregati direttamente di andarsene. Come faceva? Nel corso degli anni Ellie aveva fatto del suo meglio per addestrarla al servizio clienti, ma nella natura della sua cameriera c’erano alcuni tratti che non potevano essere domati. E in qualche strano modo, Ellie vi si era affezionata.

    Scarpinò fino al bagno delle donne. Come volevasi dimostrare, ecco quella macchia di sangue a rivelarle che non era per nulla incinta. Maledizione.

    Lavandosi le mani, si ripeté che andava tutto bene. Erano solo agli inizi. Il suo volto nello specchio appariva pallido, stanco. Non c’era da stupirsi, dopo la giornata frenetica che aveva avuto. I suoi folti capelli biondi erano raccolti nella solita, pratica coda di cavallo. Sospirò rivolta al suo riflesso. Cose che capitano. In fondo, aveva letto da poco che la maggior parte delle coppie impiegava fino ai sei mesi per concepire. Ma ci aveva sperato, non è vero? Era stata così entusiasta al pensiero di dirlo a Joe. Si sentivano entrambi pronti per una famiglia, per passare a quella nuova fase eccitante della loro vita in comune, negli ultimi tempi ne avevano parlato tantissimo.

    Adesso aveva un ulteriore aiuto nella sala da tè grazie a Irene, la favolosa assistente che preparava torte e sformati assolutamente meravigliosi. Deana le dava una mano con tutte le prenotazioni dei matrimoni che avevano accettato di organizzare, e andava d’accordo anche con lei. Sembrava un buon momento perché lei e Joe facessero progetti per la loro famiglia. Lei avrebbe dovuto continuare a lavorare, certo, la sala da tè e il castello erano molto più che un lavoro, avevano un posto enorme nel suo cuore e nella sua vita, ma avrebbe fatto un passo indietro, permettendo alla squadra di aiutarla di più.

    Ellie adorava organizzare matrimoni, l’idea di rendere il più speciale e unico possibile il giorno delle nozze di una coppia. Si trattava di un servizio piuttosto recente che lei e Joe avevano sviluppato negli ultimi anni. Il castello si stava guadagnando una buona reputazione come location alla moda dove sposarsi, essendo una delle località più belle della zona. Un incantevole vecchio castello di pietra, circondato da giardini curati, laghetti e bellissime colline ondulate.

    Se avesse avuto un bambino, l’idea di Ellie era di continuare a lavorare, naturalmente facendo meno ore. Con qualcuno che l’aiutasse a badare al figlio avrebbe potuto continuare comunque a occuparsi di ogni cosa. In fondo non viveva lontano, ma al piano di sopra, nelle stanze dell’ala ovest che prima erano di Joe!

    In ogni caso, smise di sognare a occhi aperti: non era destino, non quella volta. Malgrado il devastante senso di delusione, sapeva che avrebbe dovuto tenere alta la testa e tirare avanti. Potevano aspettare, si disse. Avrebbero dovuto.

    Si asciugò le mani e fece ritorno alla sala da tè.

    Come volevasi dimostrare, la coppia di mezza età era scomparsa e Doris stava lavando il pavimento.

    «Grazie, Doris, adesso ci penso io».

    «Sicura, cara?»

    «Sì, tu vai pure. Già così sei un po’ in ritardo».

    «D’accordo, allora grazie, Ellie. Ci vediamo domattina».

    «A domani, Doris».

    Era tutto tranquillo. Diede un’occhiata alla sala da tè, la Bottega di Ellie, e provò un senso di orgoglio. Ci era davvero riuscita. Illuminato dal lieve bagliore del sole di tardo pomeriggio che filtrava dalle vetrate, il locale era incantevole. Aveva mantenuto le tele cerate a fiori stile vintage, anche se era ormai passata al secondo set. E i tavoli erano apparecchiati con vasi che in origine aveva comprato nel negozio di fiori di Wendy, nella vicina cittadina di Kirkton. Quel giorno erano pieni di graziosi lillà e cicerchie odorose rosa, che Colin le aveva permesso di cogliere dai giardini all’interno delle mura, dove crescevano in abbondanza. Avevano un profumo assolutamente stupendo.

    Aveva conservato dal suo matrimonio alcuni festoni fatti a mano e li aveva appesi alle antiche pareti di pietra. Il caminetto ardeva; era sempre acceso, estate e inverno, per tenere lontano il freddo. Era davvero un luogo grazioso e accogliente. Il posto perfetto per passare un’oretta con una tazza di tè e una fetta di pan di spagna, o di torta al cioccolato, o di qualunque cosa potesse stuzzicare la tua fantasia.

    La porta si spalancò. «Quasi finito?». Apparvero i capelli scuri e il volto sorridente di Joe. Quel sorriso che le scioglieva ancora il cuore.

    «Sì, dammi solo cinque minuti».

    «Ti va di fare due passi? È una serata così bella», propose lui.

    «Sì, d’accordo. Sembra una buona idea». Poteva essere proprio quello di cui aveva bisogno. Una bella passeggiata e un po’ d’aria fresca. Era stata una giornata difficile, per usare un eufemismo.

    «Che ne dici di un picnic serale? Fuori fa ancora caldo».

    Anche meglio. «Porterò un po’ di avanzi. È rimasta qualche fetta dello sformato di Irene: oggi era di pancetta, porri e funghi. Sembra delizioso».

    «C’è della torta al limone?»

    «Sì, solo un paio di fette, penso. Sei peggio di Derek e Malcolm. Avete tutti una fissa per la torta al limone».

    «Assolutamente». Le rivolse lo sguardo sfacciato che la faceva sempre sorridere. «Sai che farei di tutto per una fetta della tua torta al limone». Detto questo, lasciò la sala da tè, girandosi all’ultimo per farle l’occhiolino. «Ci vediamo tra poco di sopra, allora».

    Malgrado le sfide della giornata, lei si sentì un po’ meglio.

    La valle si estendeva sotto di loro, nelle sfumature tardoestive del verde e dell’oro; campi di grano rettangolari punteggiavano il paesaggio, un trattore avanzava in lontananza, le pecore e le mucche pascolavano. Le violette Cheviot Hills del Northumberland si alzavano maestose all’orizzonte. E abbassando lo sguardo, potevano intravedere le torrette di pietra e le merlature dei tetti del Claverham Castle, lì ai piedi della collina che avevano appena scalato, nascosto nella valle e protetto da una schiera di alberi secolari.

    «Sembri un po’ silenziosa, Ellie. Stai bene?»

    «Sì».

    Gli si rannicchiò accanto. Erano entrambi seduti, con la schiena poggiata a una roccia calcarea. Ellie ricordava la prima volta che avevano ammirato insieme quello spettacolo meraviglioso, mangiando mele e scambiandosi il loro primo bacio.

    «Joe… non è ancora successo». La sua voce era bassa.

    Lui la guardò perplesso.

    «Non questo mese, comunque». Ellie non poté nascondere la delusione nel suo tono.

    «Oh».

    «Mi spiace», sussurrò.

    «Ehi». Lui strinse il braccio che già la cingeva. «Non c’è bisogno di dispiacersi. Sono cose che capitano… Succederà presto, vedrai».

    «Lo spero».

    «E… io mi sto divertendo parecchio a fare pratica». Le lanciò un altro dei suoi sguardi sfacciati.

    Per un istante il suo commento sembrò un po’ cinico, ma Ellie si rese conto che stava solo cercando di sollevarle il morale. Probabilmente lei si stava mostrando ipersensibile. Le sue emozioni erano come fili scoperti, al momento.

    «Sì, quella parte è piuttosto divertente». Cercò di adattarsi al tono più leggero della conversazione. Ma per lei le cose erano già cambiate, lo sapeva. Il sesso era diventato qualcosa di più. Qualcosa di meraviglioso che poteva dar vita a un bambino. Un bambino suo e di Joe. E quel desiderio era cresciuto dentro di lei.

    «Su, non preoccuparti. È davvero solo l’inizio. Tra pochissimo avremo un’intera tribù. E poi non vedrai l’ora di avere cinque minuti di pace. E poi…». Lui sembrò farsi più serio, a quel punto, alzò la mano a toccarle la guancia. «Qualunque cosa succeda, avremo sempre noi».

    «Lo so, lo so. Mi sto comportando da sciocca».

    Lui la strinse leggermente. «No, non è vero. Hai solo tantissima voglia di diventare mamma. E sarai fantastica, lo so. E anch’io non vedo l’ora di diventare papà. Ma forse ci toccherà aspettare un altro po’, a quanto pare».

    La vita era bella, Ellie lo sapeva. Avrebbero dovuto godersi soltanto il qui e ora. C’erano così tante cose di cui essere grata. Essere sposata con Joe era meraviglioso. Lo amava tanto quanto il giorno in cui se n’era innamorata quasi cinque anni prima, probabilmente ancora di più. E la vita al castello stava andando alla grande. La sala da tè la teneva occupata, e anche l’organizzazione dei matrimoni. C’erano i soliti alti e bassi, ovvio. Un’enorme parte dei suoi sogni si era già avverata. Ma un bambino, il bambino di Joe, avrebbe reso tutto ancora più speciale.

    Ellie si appoggiò a lui, posò la testa contro il suo petto. Sentì il proprio cuore che rallentava per accordarsi alla forza del suo, e chiuse gli occhi per qualche secondo.

    2

    «Ciao Ellie, sono Lucy».

    Solo quattro parole, ma c’era qualcosa nel suo tono, apparentemente piatto all’inizio ma poi attraversato da quell’inflessione di panico, che gelò il cuore di Ellie. Era il giorno dopo il lunedì festivo, Ellie era tornata nelle cucine della sala da tè e stava preparando l’insalata per il pranzo. Aveva appena risposto al telefono.

    «Lucy, è tutto a posto?». Una futura sposa non avrebbe dovuto avere quella voce, a sole due settimane dal giorno delle nozze.

    «No».

    Oh, no. «Cos’è successo?»

    «È Daniel… Do-dovremo annullare il matrimonio».

    Ma erano sembrati così ben assortiti. Durante l’organizzazione del matrimonio Ellie si era trovata benissimo con entrambi. Era arrivata a considerarli degli amici. Erano solo i dubbi dell’ultimo momento?

    «Ha avuto un incidente, Ellie. È caduto dalla moto… è messo davvero male». Un gemito echeggiò nel telefono.

    «Oh, no. Se la caverà?».

    Si sentì il rumore di un piccolo singhiozzo. «Penso di sì… ma non sta bene. Si è rotto tante ossa, la gamba sinistra in non so quanti punti, la caviglia, la clavicola, il polso e… ha perso la sensibilità alle gambe».

    «Oh, Lucy, è terribile. Mi dispiace tantissimo».

    «Ma il matrimonio… Mancheremo alla parola presa con te e il castello. Ormai non possiamo tenerlo. E poi c’è la fioraia, e la band che abbiamo ingaggiato, e tu probabilmente hai già fatto la torta, e tutto il catering…».

    «Ehi, questo adesso è l’ultimo dei tuoi problemi. L’importante è che Daniel si riprenda. Tutto il resto possiamo risolverlo. Lascia a me il compito di contattare la fioraia e la band».

    Sì, un po’ di cibo sarebbe forse andato sprecato, pensò Ellie. Per il pranzo nuziale avevano assunto una ditta di catering, ma si sarebbe occupata lei dei drink all’arrivo e degli stuzzichini, e della colazione per gli ospiti che si sarebbero fermati la notte. La sua speciale torta alla frutta secca era già fatta, pronta per essere glassata, ma poteva sempre recuperarla in qualche modo.

    Dio, la vita era così precaria. Erano una coppia incantevole. Avevano poco più di trent’anni e sembravano molto innamorati. Che disgrazia terribile. Ellie avvertì una leggera nausea. Sperava che Daniel si sarebbe ripreso. Ma se avesse perso l’uso delle gambe? Che cosa spaventosa.

    Ellie ricordava benissimo quando erano venuti a vedere il castello come potenziale location per il matrimonio, con alcuni amici su un trio di Harley-Davidson che aveva risalito rombando il vialetto. Sì, avrebbe dovuto saperlo che non bisognava giudicare dalle apparenze, ma quando li aveva visti arrivare nelle loro giacche nere da motociclista non aveva potuto fare a meno di immaginare dei tipi alla Hell’s Angels. Poi loro si erano tolti i caschi, le avevano rivolto ampi sorrisi, stretto la mano, e si erano mostrati così calorosi e amichevoli. Erano andati d’accordo all’istante e avevano chiacchierato disinvolti mentre li accompagnava in giro, e loro si erano innamorati dell’originalità e del carattere del castello come location nuziale.

    «Davvero, non preoccuparti per noi, Lucy», riprese Ellie. «Pensa a rimettere in sesto Daniel. Poi, più avanti, potrete prendere una decisione riguardo al matrimonio. Consideriamolo un rinvio, ecco tutto. Informatemi per tempo, e potremo fare un’altra prenotazione. D’accordo?»

    «D’accordo… grazie. Puoi tenere l’acconto, allora, e ti terrò aggiornata».

    Poverina, sembrava sotto shock.

    «Certo, se è quello che preferisci. E io provvederò a informare tutte le parti coinvolte, per quanto riguarda il rinvio della prenotazione. Non preoccuparti, sistemerò tutto».

    «Ti ringrazio tantissimo».

    «C’è qualcos’altro che posso fare per aiutarti, Lucy?»

    «Non penso, no. Per il momento Dan è ancora all’ospedale. Il Royal Victoria a Newcastle».

    «D’accordo, fagli i nostri migliori auguri… Quale reparto?».

    Gli avrebbe mandato un biglietto, magari un po’ di fudge fatto in casa: l’aveva adorato quando glielo aveva servito con il caffè, mentre parlavano dei progetti per il matrimonio. Non era molto, ma avrebbe potuto contribuire a risollevargli il morale. Era piuttosto difficile sapere che fare per dare una mano, in circostanze del genere.

    «Reparto Sette. Questo pomeriggio farò un altro salto a trovarlo, gli dirò che hai chiesto di lui…». Ci fu una lunga pausa. «È stato un camion, sai, a provocare l’incidente. È finito sul lato sbagliato della strada in una curva, l’ha preso in pieno».

    «Oddio, è terribile… Mi dispiace tantissimo, Lucy».

    «Almeno è ancora qui. Sarà anche tutto fracassato, ma mio Dio, pensare…».

    Era quasi troppo spaventoso andare avanti, permettere alla mente di fare il passo successivo.

    «Riguardatevi, entrambi. E non preoccuparti di nulla, qui. Sono cose che capitano. Va tutto bene, possiamo fare una nuova prenotazione quando sarete pronti. Tienici solo informati su come sta Daniel».

    «Grazie… per essere così comprensiva».

    «Ehi, non c’è problema. Si riprenderà, Lucy. Ne sono sicura, tesoro mio. Dopotutto, ha un matrimonio che lo aspetta».

    Messa giù la cornetta, Ellie rimase un po’ stordita. Deana le aveva passato la chiamata nella cucina della sala da tè. Joe entrò e la trovò immobile, lo sguardo fisso sulla superficie di lavoro dove stava affettando pomodori e cetrioli.

    «Stai bene?»

    «Oh… ho appena avuto un piccolo shock. Hai presente Daniel e Lucy, il nostro prossimo matrimonio?»

    «Certo».

    «Be’, al telefono era Lucy… Oh, Joe, è Dan, ha avuto un bruttissimo incidente. È caduto dalla moto e a quanto pare adesso è in uno stato pietoso».

    «Oh, Gesù. Se la caverà?»

    «Si spera di sì, ma si è rotto un sacco di ossa, e al momento ha perso la sensibilità alle gambe. È così preoccupante».

    «Ah, merda».

    La vita poteva cambiare in una frazione di secondo. Eravamo tutti così dannatamente fragili. Ellie cominciò a sentirsi un po’ malferma sulle gambe, aveva gli occhi offuscati di lacrime. «Mi ha solo preso un po’ di sorpresa. Sono una coppia così bella. Mi sembra così ingiusto. Dovrebbero avere il loro bellissimo giorno di nozze».

    «Vieni qui». Le braccia forti di Joe la circondarono, confortanti, salde.

    Lei posò la testa contro il suo petto e lasciò che una lacrima le scorresse lungo la guancia. Si sentiva così fortunata per averlo

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