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L'uomo a benzina
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E-book199 pagine2 ore

L'uomo a benzina

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Info su questo ebook

Alberto detto Berto, ripercorre la sua vita tra ricordi d’infanzia e flashback della sua giovinezza. Tra arrampicate alpinistiche e voglia di politica che sul finire degli anni sessanta coinvolse una intera generazione. Uomo della vecchia sinistra comunista, chimico per formazione, lavora prima come tecnico in una azienda industriale per poi finire a fare il sindacalista in una Provincia del nord d’Italia a grande vocazione metalmeccanica, dove le fabbriche sono costrette dalla crisi a lasciare il posto alle cattedrali della grande distribuzione. Il tutto si intreccia con amori difficili e appassionati, in rimandi continui a nostalgie del passato e al disincanto del presente.
LinguaItaliano
Data di uscita18 gen 2017
ISBN9788822892867
L'uomo a benzina

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    Anteprima del libro

    L'uomo a benzina - Giovanni Torri

    Tommaso)

    CAPITOLO PRIMO

    Lo disse semplicemente, senza una particolare emozione nella voce:

    - Ho conosciuto un altro uomo, è meglio se non ci vediamo più.

    E come in quei sogni nei quali appare una scena a noi sconosciuta, ma in essa si scorge qualcosa di famigliare, di già visto, così quella rivelazione di Chiara non fu completamente inaspettata.

    Finì senza una vera ragione che già non si sapesse. Erano i primi giorni di novembre. Quel tema li aveva sempre accompagnati, ma non aveva mai avuto la forza di mettere veramente in crisi quella relazione nata quasi per caso.

    Si erano incontrati molti anni prima. Una lunga storia. Lui si chiamava Alberto ma per tutti era Berto, anche per i parenti più stretti, come spesso accade per i nomi, per renderli più famigliari. Una relazione da sempre complicata più dalle loro vite private che da loro e dalla loro storia. Ma queste difficoltà non erano mai state d’ostacolo. Le gestivano con sufficiente serenità e con il rigore che a volte le circostanze richiedevano. Tuttavia un bel giorno, così come era iniziato, tra i due tutto finì.

    Dopo che Chiara lo aveva lasciato per quell'uomo più anziano di lui, Berto era rimasto in uno stato di smarrimento. Continuava ad avvertire una sorta di anestesia che riguardava l’intero corpo. Non solo l’anima e i suoi distretti più adiacenti, ma tutto soffriva un senso di vuoto e di abbandono.

    Quello stato divenne lentamente, ma senza possibilità di poterlo arrestare, un vero e proprio malessere continuo e generale.

    Ci volle molto tempo per riuscire a contenere e poi sopprimere quell'angoscia.

    Spesso Alberto si imponeva, quasi la sua mente fosse fuori da sé, una condotta naturale, cercando ogni tipo di distrazione capace di allontanare il pensiero da quel fatto. Dicono che in questi casi deve essere elaborato il lutto. Forse era così, ma un lutto è uno iato, una separazione, un prima e un dopo e questo dopo è altro dal prima. Il lutto è un non più . Ma quella perdita non era un non più , era un più nulla . Un più nulla di un quasi quotidiano un più nulla del pensiero di lei.

    Un distacco dalla possibilità d’incontro che per anni non era mai venuto meno.

    Fu così che non si incontrarono più. Ci furono tentativi maldestri di contatto telefonico ma quasi tutti naufragarono nella banalità di un saluto.

    Come stai? Va tutto bene?

    Le solite domande vuote, come ormai svuotata era la loro storia.

    Erano già passati più di due anni, e se pur il sordo intontimento che lo aveva accompagnato in tutto quel periodo, non fosse ancora completamente superato, Alberto iniziava a vivere una discreta normalità.

    Il lavoro, a volte fonte di difficoltà nel rapporto con i colleghi e spesso di fatiche nel gestire situazioni di crisi occupazionale sempre più difficili, lo assorbiva quasi completamente. Riprendeva a vedere anche nei volti femminili un interesse. Non direttamente un interesse erotico, ma l’attenzione verso quei volti ritornava ad essere normale, consueta.

    Quegli ultimi due anni li aveva trascorsi in apnea, senza una vera considerazione per l’altro sesso. Quella sorta di narcosi aveva ridotto, quasi annullato, anche la sola idea di avere una nuova storia.

    Giulia l’aveva incontrata in una giornata calda del mese di Agosto, nell'ambito delle attività che avevano a che fare con il suo lavoro di sindacalista. Il giorno di San Lorenzo . La data non poteva dimenticarla, più di una notte in passato aveva rivolto lo sguardo verso il cielo per riuscire a scorgere qualche meteora propiziatoria.

    Partecipava ad una assemblea provinciale di delegati di tutte le categorie. Periodo inusuale per quelle riunioni. Lei rappresentante sindacale ospedaliero. Quell'incontro non suscitò nessuna reazione. Fu come molti altri, formale e impersonale.

    L'immagine di quella donna per molti mesi restò depositata in un angolo della sua memoria. Il ricordo di Chiara non era ancora del tutto svanito.

    Passò altro tempo prima che quel viso sedimentato riaffiorasse, e con esso una sorta di attrazione prendesse forma nel suo cuore.

    Lavorava come medico nell'ospedale cittadino con una specializzazione in oncologia.

    Aveva da poco compiuto quarantacinque anni, ma l'età che la divideva da quella di Alberto la faceva apparire ai suoi occhi ancora giovane e fresca.

    Si incontrarono casualmente sempre per questioni sindacali.

    Ma non ci volle molto tempo per Berto, e forse per entrambi, per comprendere che, oltre agli argomenti che riguardavano l' Organizzazione, lentamente si inanellavano altri interessi. Così decisero di vedersi, la sera, ogni tanto. Incontri innocenti, pubblici, per un aperitivo in un bar, o per un caffè.

    La conoscenza divenne sempre meno superficiale, iniziando a modellare qualcosa di più profondo. Parlavano di libri, di film e di musica, che quasi sempre avevano procurato ad entrambi le stesse emozioni. Anche le tematiche che riguardavano il lavoro, ma in generale quasi tutto, trovavano una inaspettata consonanza di idee. Quella condivisione a tratti si mostrava con una attenzione in più. Diversa, intensa.

    Lui aveva iniziato a sentire il bisogno di lasciare qualche cosa di sé. Alcuni libri, brani di musica raccolti in un cd di autori che conoscevano entrambi. Doni senza una precisa motivazione. Tuttavia Alberto avvertiva che forse qualche ragione ci doveva essere. Giulia ogni volta lo ringraziava con un sorriso che le rendeva il viso luminoso e sereno.

    Una sera che si erano incontrati in un piccolo locale per un caffè, lei raccontò qualcosa di sé, del suo lavoro. Era empatica e a tratti dolente. Parlò dei sentimenti che le persone sensibili come lei provano, di fronte ai drammi che a volte la vita dispensa. Dalle sue parole emergevano emozioni forti, per una professione difficile che aveva voluto scegliere, e per la sofferenza delle persone colpite da quei mali.

    Raccontò delle domande dei suoi pazienti, dei bambini sopratutto, dei loro famigliari e di come a volte la morte, che tra quei reparti aleggiava silenziosa, facesse sentire l'impotenza del suo sapere. Ma diceva che amava il suo lavoro e amava quello che faceva per quelle persone sventurate che vedevano in lei la speranza.

    Dopo la laurea in medicina aveva deciso di specializzarsi in oncologia perché una sua amica d'infanzia era stata fulminata in poche settimane da uno di quei mali. Il dolore per quell'avvenimento, per quella dolorosa perdita, l'aveva convinta a perfezionare le sue conoscenze mediche in quel campo.

    Come per la laurea in medicina anche la specializzazione l'aveva ottenuta con il massimo del punteggio e dopo una breve trafila di precariato era riuscita a vincere un concorso all'ospedale cittadino.

    Il padre, operaio in una fonderia, era morto da poco e la madre, ancora in buona salute, viveva sola. Aveva una sorella di pochi anni più giovane. Da qualche tempo si era iscritta al sindacato e quasi subito era stata eletta rappresentante di quell' Organizzazione .

    Era credente anche se non aveva mai professato la sua fede con le ritualità che la Chiesa richiede. Diceva che la spiritualità la trovava nel suo lavoro, nell'alleviare il dolore dei suoi pazienti e quando qualcuno riusciva a stare meglio o a guarire, ringraziava Dio e pregava.

    Berto la guardava, e mentre lei parlava sentiva rinascere un desiderio da tempo rimosso. Il suo modo di raccontare del suo faticoso lavoro, teneramente l'avvicinava. Lui non aveva mai avuto a che fare direttamente con quelle sofferenze, ma da quando aveva iniziato a lavorare al sindacato, aveva compreso che è sopratutto la relazione umana, tra persone in carne ed ossa, a muovere l'empatia che investe, spesso con forza ineludibile, i più sensibili. Una vicinanza che percorre strade diverse da quelle della mera comprensione, le strade della compassione. Era questo il tema che traspariva da quello che aveva raccontato di lei, la compassione, nel suo significato più profondo.

    Prima di lasciarsi, lui le disse che alcune persone si riconoscono da una sorta di a priori . Una conoscenza che viene prima dell’incontro e che dopo l’incontro si svela completamente, dando forma ad una immagine già disegnata nei propri pensieri. Lei sorrise e lo abbracciò.

    Fu così che le attenzioni divennero sempre più frequenti consolidando quel loro inatteso sentimento. Attenzioni sempre più manifeste di una speciale e intima complicità.

    Quella vicinanza possedeva una ermeneutica che faceva riaffiorare un bisogno di amore celato, come una vecchia fotografia che riporta alla luce ricordi dimenticati, e se pur l’immagine dell’altro e delle emozioni che suscitava era ancora incerta e confusa, già avvertivano il possibile orizzonte di quelle affinità, che crescevano come governate da un moto indipendente e inarrestabile.

    Si incontrarono all'uscita dell’autostrada. Alberto le aveva proposto di visitare un antico monastero arroccato su un colle. Appena scesa dall'auto, lui la baciò.

    Fu un bacio immediato, intenso e lungo. Sorpreso, quasi istintivo, di quell'istinto impetuoso che hanno gli amanti che si rivedono dopo tanto tempo.

    La giornata era splendida. Il sole era caldo per quei primi giorni d’autunno che avevano già dato prova di un freddo inaspettato. Lungo il tragitto lei appoggiò il capo sulla sua spalla, delicatamente come fosse un atto consueto. Raggiunsero con l’auto di lui il monastero, quasi senza dialogo. Anche sotto il portico settecentesco non ci fu il tempo per le parole.

    Gli abbracci e i baci quasi violenti si susseguivano inarrestabili. Lui sentiva che quello che stava accadendo, senza nessun preavviso, squarciava un sentimento potente, come fosse uscito da un torpore millenario. Il sangue premuto dal cuore impazzito, pulsava, e una sensazione di abbandono e di strana debolezza gli rendeva fiacche le gambe. Lei, occhi chiusi, non dava tregua a quel susseguirsi di baci, di carezze e di abbracci, stretti come in una morsa.

    Si sedettero su un muricciolo che, delimitando l'imponente porticato, si arrestava sul bordo di un prato scosceso. Da quella posizione si potevano vedere le colline circostanti che, alla fievole luce pastello di un sole ormai al tramonto, si dipingevano di un colore lento e caldo. Qualche parola. Una:

    - Ti amo.

    Era ormai giunto il tempo per rientrare. Il distacco da quell'abbraccio e da quei baci sembrava impossibile. Una forza magnetica manteneva attaccati i corpi, ormai esausti. Ripresero la strada del ritorno e lungo la via le parole uscirono, finalmente libere e docili come un dialogo mai interrotto. Parlarono di loro e di quanto difficile pareva essere quella storia appena iniziata ma già colma di attese e di paure. Paure di un futuro indistinto all'orizzonte di quel desiderio, e di un presente pieno di legami, ancora forti e vivi. Parlarono dei figli, e degli adulti segnati da quei legami e di questa nuova felicità che era entrata prepotentemente nella loro vita.

    Le giornate trascorsero una dopo l’altra, nell'attesa. Poi finalmente si incontrarono di nuovo un bel pomeriggio soleggiato e limpido. Raggiunsero una zona collinare che sormontava ampi prati lisci e piani. Era un posto che Berto conosceva da tempo. Se ne era innamorato in passato per la tranquillità e la bellezza di quel luogo. Sulle cime di alcuni di quei rilievi erano installati dei roccoli . Costruzioni con architetture caratteristiche, geometricamente simili, impiantate dai cacciatori di quelle zone, che per tradizione erano ancora numerosi.

    Quei roccoli richiamavano un passato non del tutto cristallizzato, che a stento cercava di mantenere la sua vitalità e il suo senso.

    Erano costruzioni arboree particolari, sagomate con piante disposte circolarmente. Lungo il perimetro si ergeva una torretta in muratura o in legno, sede del cacciatore. Tra le piante che costituivano il perimetro di quel cerchio originale, erano fissati dei sostegni per reggere le gabbie degli uccelli. Il canto di quei pennuti avrebbe richiamato altre ignare prede nelle reti, posizionate con cura dal cacciatore.

    Qualche anno prima su una bancarella di vecchi libri che, quando gli capitava, nei mercatini o nelle fiere di paese, scandagliava minuziosamente, Alberto trovò un piccolo testo.

    Era una copia anastatica di una stampa del 1724 dal titolo molto eloquente: La descrizione dell’uccellare col roccolo. Composta e dedicata al genio bergamasco ed alla curiosità dei forestieri . Il libro, scritto da un poeta e storico di quelle zone, riportava minuziosamente sia le tecniche costruttive, sia quelle per la cattura degli uccelli di passaggio. Un testo esile, affascinante e bello, anche nella forma, che dopo essere stato letto quasi con voracità, trovò un giusto posto nella sua libreria.

    Anche quell'incontro fu dolce, intenso, a tratti sommerso dall'emozione.

    Si sedettero vicini ad uno di quei roccoli , il più bello e maestoso. Si ergeva tra prati punteggiati dagli ultimi fiori distribuiti, senza una precisa geometria, nel verde dell'erba che già iniziava ad impallidire. Tutto attorno il silenzio, rotto solo da un lontano cinguettio di uccelli che volavano fuori e dentro un piccolo boschetto di imponenti alberi, dove le foglie dei faggi, ormai raggiunte dal fuoco dell’autunno, gareggiavano con quelle, giallo screziato, di alcune betulle.

    Giulia, stretta a lui, iniziò a parlare dei ricordi d'infanzia, della nonna lontana che le mancava e che vedeva solo qualche giorno d'estate.

    Fin da piccola, e per tutta l'infanzia, con la sorella aveva trascorso da lei l'intero periodo estivo, in un paesino incastrato tra le montagne del friulano che aveva lasciato quando era ancora molto piccola.

    Suo padre, trasferitosi alla ricerca di un lavoro, aveva trovato casa lontano, e viveva con la famiglia in un modesto appartamento preso in affitto. Il racconto era un susseguirsi di ricordi che emergevano come flashback dalla sua memoria. L'abbandono della casa natale, la giovinezza, i primi amori, la voglia di studiare e i sacrifici. E poi ancora la nonna che avrebbe voluto fargli conoscere. Parlava piano, come ordinasse i ricordi che affioravano alla mente. La voce femminile, dolce, senza angolature, delineava un'indole precisa e un disegno di donna limpido e lineare. Fu una sorta di intima biografia che l'emozione di quel racconto aveva resa ancor più viva e vera.

    Ritornarono quando il sole non era ancora calato. Giulia non poteva fare troppo tardi, a casa l'attendevano i figli, e il marito sarebbe rientrato dal lavoro alla solita ora.

    L'inquietudine del sentirsi lontani e i problemi quotidiani in famiglia, teneva il pensiero del loro amore disciolto tra gli altri, ma a volte questo affiorava potente e incontrastato. Questa forza, inusuale, riusciva a scollegare ogni legame con lo spazio e con il tempo.

    Da quel timido primo incontro in quel giorno di San Lorenzo , pareva fosse trascorso un tempo infinito. Trovarono il modo di vedersi regolarmente, nei momenti e nei luoghi opportuni. Ogni volta, una leggera eccitazione, per la vista di quel viso sempre luminoso, si impadroniva di Alberto. Spesso erano incontri precari, ma riuscivano a dare il tempo all'amore e al dialogo, che tra un abbraccio e l’altro, fluiva tra i temi che più li appassionavano. Ma tra questi emergeva sempre, quasi atteso, quello che più faticosamente li riguardava.

    Era il disagio per un futuro incerto, sospeso tra un presente tormentato, fatto di vincoli e di legami famigliari che non potevano essere recisi in un sol colpo, e le possibilità del domani che quel presente riduceva e condizionava. Tutto ciò innestava nelle loro anime una inquietudine

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