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La Moddìa
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E-book344 pagine5 ore

La Moddìa

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Info su questo ebook

La Moddìa è il nome della strada panoramica di Ripi, il ridente paese della Ciociaria ove si svolgono i principali eventi del racconto. Mentre si favoleggia sull’origine del nome, si va dipanando la saga dei Cervaro, una tipica famiglia patriarcale tra le due guerre e oltre.

Non una epopea di eroi, una storia di gente comune: La Moddìa come metafora del villaggio globale.

Nella coscienza critica di figure emergenti la "patria delle balie" scopre i suoi valori e si rende consapevole della propria identità. Le Mura Ciclopiche come simbolo di quella forza antica e paziente in grado di irridere i regimi di turno e di sopravvivere ad ogni avversità.

In un mondo sempre più globalizzato la voce di quei saggi compari e di quelle pietose comari merita più che mai di essere ascoltata.
LinguaItaliano
Data di uscita26 gen 2017
ISBN9788826006932
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    Anteprima del libro

    La Moddìa - Ferrino Sedran

    http://write.streetlib.com

    CAPITOLO I

    Quella mattina di Luglio c’era un gran daffare nella cucina dei Cervaro. Il lavoro giù nei campi non dava tregua, gli operai venuti a giornata superavano la decina e perfino le nuore e le ragazze erano scese a dare una mano. Così Comare Marietta doveva pensare a mandare avanti da sola le faccende di casa, badare agli  ùttr', senza perdere di vista i più grandicelli che giocavano sotto il pergolato. Seduta in un angolo le faceva compagnia l’anziana suocera, mentre Nino, sulla punta del tavolo, si piegava svogliatamente sui suoi compiti.

    Comare Marietta all’alba è già in piedi dietro ai fornelli. La pentola coi fagioli deve borbottare a lungo prima che la zuppa per gli operai sia pronta e c’è da pensare alle varie pietanze, sughi e dolci per soddisfare i bisogni di una delle famiglie più numerose del paese. Intorno alla casa ancora immersa nel sonno, un brulichio sommesso di bestiole, con qualche richiamo dalla stalla e dall’ovile. Marietta corre a sfamare e a liberare le diverse colonie di piòche, papere, tacchini, conigli, riempie il trogolo dei maiali, allunga una manciata ai piccioni, per tornare in fretta ad alimentare il forno e a controllare quanto sta sul fuoco. Intanto l’impasto per il pane lievita silenzioso nella madia, mentre la sfoglia si allunga sotto il mattarello.

    La famiglia al suo intorno comincia ad animarsi: gli uomini a mungere e a sistemare le bestie, le donne con le mani nel bucato, i figli ai giochi o al lavoro a seconda dell’età. Poi la barrozza trainata dai buoi prende lentamente la strada dei campi, la casa si svuota e i piccoli restano sotto l’occhio vigile della nonna. Nessun sacrificio, con i suoi sorrisi e le sue carezze riesce a tenerli buoni e puliti, da quello in fasce al più cresciuto che smania per andare in giro pei campi in cerca di nidi. A ciascuno il suo contento, a chi la crosta di pane, a chi la fetta di crostata, la ciambella o la pizza. Sono i grandi a gonfiare il cuore di nonna con le continue tensioni che si agitano tra le pieghe della grande famiglia.

    Nel corso della mattinata gli occhi di Marietta di tanto in tanto cercano quelli della Madonna Addolorata che dalla penombra della sua nicchia veglia sulla famiglia, mentre sospiri e preghiere si confondono con il brusio delle pentole: con quello che è successo a Luisa c’è poco di che stare allegri. Sono giorni che la figlia non lascia la sua camera, è uscita un’oretta domenica per andare alla messa scortata da Zi’ Adelina. Ciò che più preoccupa la madre è quell’atteggiamento strano che ha adottato la figlia: non una parola, una protesta, rimane lì in silenzio con lo sguardo fisso e assente. Sa bene lei come vanno a finire queste storie di cuore!

    I fratelli l’avevano vista parlare per strada con quell’americano di Pofi che dirige i lavori sulla provinciale. Tornava dalla fonte con la conca in testa quando lui si è fatto avanti. In famiglia erano volate parole grosse e anche qualche schiaffo, da parte di Piero che più di ogni altro ci tiene all’onore dei Cervaro. Erano giorni che quel tizio le ronzava intorno, sembra sia pure riuscito a farle arrivare qualche messaggio. Marietta non reggeva più la situazione, non sopportava vedere la figlia sfiorire di giorno in giorno e aveva deciso d’interrompere la penitenza. Il pofano era ormai lontano, giù al Borgo con i suoi carri e operai. Si avvicinava l’ora della colazione e il sole cominciava a picchiare sulle colline.

    Nino, va’ su a chiamare Luisa, dille che oggi tocca a lei portare da mangiare agli operai.

    Dopo un po’ Nino si affacciò sulle scale:

    Nonna, Luisa non c’è.

    Come non c’è! Hai guardato in fondo al corridoio nella camera dei maschi?.

    Il ragazzo si strinse nelle spalle. Nonna rimase soprappensiero. Si affacciò alla finestra:

    Adelina, per caso hai visto Luisa?.

    Senza smettere di trafficare la cognata rispose:

    È da stamattina che non la vedo.

    Comare Marietta cercava di mantenere la calma, anche se un brutto presentimento si stava facendo strada. Voleva darsi una ragione per non lasciarsi travolgere dalla inquietudine, scaricando la tensione sulla sfoglia. Rivolse un ultimo sguardo alla Madonna, poi salì le scale in fretta, si diresse decisa verso la camera che Luisa condivideva con Zi’ Adelina. La porta cedette alla tenue spinta, la finestra era aperta, dalla stradina deserta entrava il riverbero della breccia sotto il solleone. Nella stanza regnava il disordine di un lavoro lasciato a metà, dalle ante semiaperte dell’armadio s’intravedevano i vestiti appesi, nel cassetto del comodino, al solito posto, la collanina d’oro regalo dell’Arciprete.

    Si lasciò cadere sul letto sfatto, un groviglio di pensieri si agitava nella sua mente confusa. Potrebbe aver fatto una pazzia, disperata com’è. Andata via con quel pofano? Se questo è il suo destino... meglio un matrimonio d’amore. E se l’avessero rapita? Non è possibile, ce ne saremmo accorti. Che fare? Forse siamo ancora in tempo... No, meglio aspettare, sarà andata da qualche amica, presto si farà sentire.

    Ma si stringe il cuore davanti alla finestra aperta, alla vista di quella strada deserta!

    Giù in cucina si alzò il pianto di un bimbo, presto gli altri gli fecero eco. La suocera scrutava il suo orizzonte nebbioso con occhi spiritati, sul fuoco qualcosa stava bruciando. Scese a calmare i piccoli, a riprendere il controllo della situazione. Alle sue spalle, sul vano della porta, percepì il fruscio di un’om­bra. Indugiò un istante prima di volgersi verso la cognata.

    È successo qualcosa?.

    Alzando gli occhi verso le camere e trattenendo le lacrime: Luisa... sparita!.

    Con l’aiuto di Nino e Bice fecero una rapida perlustrazione di tutta casa e dintorni, chiesero con discrezione ai vicini se avessero notato qualcosa. Tutto volgeva al peggio.

    Comare Marietta riprese contatto con la sua forza interiore, si asciugò le lacrime e si accinse a mettere in atto i suoi piani:

    Nino, corri giù al Meringo a chiamare nonno, digli che gli devo parlare con urgenza.

    Affidò a Zi’ Adelina la colazione per gli operai, mandò Bice dall’Arciprete, raccomandandole di accendere di passaggio un cero a San Rocco.

    Nino correva a rotta di collo sotto i filari delle viti, lungo i solchi di mais che gli coprivano le spalle e gli tagliuzzavano braccia e gambe con le foglie affilate. Nella testa gli baluginava la storia di Zia Luisa che era sparita, che era stata rapita, che era fuggita con l’americano di Pofi. Anche lui un giorno se ne sarebbe andato lontano insieme a Margherita. A Ceprano c’era un tale che faceva imbarcare di contrabbando per l’America, una volta arrivati a New York ci avrebbe pensato Zio Maurizio a sistemarli. Lontano, lontano da questo paese, da questa gente che ride del suo amore, che disprezza la sua ragazza perché ha i capelli rossi. Si girava nelle radure a guardare il paese che incombeva alle sue spalle e che sembrava inseguirlo come un vascello sul mare. No, noo! Solo lui sarebbe andato lontano, il paese doveva rimanere lì, abbarbicato al colle, rinchiuso entro le mura, staccato dalla piana e sollevato verso il cielo dal verde della macchia.

    I pensieri davano ali ai piedi e alla sua fantasia. Non era fatto lui per andare in collegio, ci andasse Memmo ad Anagni a studiar latino come voleva l’Arciprete e a far le marce su La Moddìa non ci sarebbe più andato, al Sabato Fascista c’era il figlio del Podestà a far da padrone. Meglio andare per nidi o con Maestro Nobile in cerca di pietre antiche. Adesso c’è lei a riempire le sue giornate, con lei sarebbe andato in capo al mondo e con i soldi che avrebbero mandato dall’America i Cervaro avrebbero comprato una proprietà più grande dell’Ara Sodana. Quando sarebbero tornati, tutti li avrebbero salutati con rispetto, lassù su La Moddìa la domenica mattina.

    Da lontano il paese acquisiva ancora più nitido il profilo di una nave, le case degradanti come vele al vento da San Rocco a Sant’Agostino, sulla punta del colle la torre del Municipio come albero maestro.

    Arrivò al Meringo trafelato, con il fianco che gli doleva da morire. Nonno Giovanni stava dirigendo i lavori nella vigna. Sulle prime non ci fece caso a quanto il ragazzo stava cercando di dirgli, poi si fermò di scatto e si volse verso i figli e le nuore che stavano accorrendo. Si fece un grande silenzio nella cerchia dei Cervaro. Una bestemmia echeggiò sopra i filari: era Piero che stava dando sfogo al suo livore: Ve l’avevo detto io che quello è un fetente.

    Le donne cercavano di calmarlo, come volessero tenere in famiglia un segreto che presto sarebbe stato sulla bocca di tutti. Gli operai si stavano radunando all’ombra degli alberi in riva al fiume, il gruppo ondeggiava come avesse perso la bussola. Lorenzo buttava acqua sul fuoco, forse non era successo niente di grave, meglio aspettare e non farsi prendere dai nervi.

    Sì, aspettare! Aspettare cosa? Che vengano a fare i comodi loro davanti alla porta di casa tua?.

    Eh, vabbè, ma non è con le bravate che si aggiustano le cose.

    Nonno Giovanni non sopportava sentirli litigare. Scuro in volto, nello sguardo i segni evidenti della rabbia repressa: Andiamo! Non possono essere andati lontano.

    Cominciarono a salire la china. A mezza strada incontrarono Zi’ Adelina che scendeva con la colazione per gli operai. Più su sfiorarono il campo dell’Arciprete. Nonno Giovanni si fermò a prendere fiato, mentre con lo sguardo accarezzava gli ulivi degradanti lungo il pendio. Era una vita che faceva l’amore a quel pezzo di terra, lo lavorava da anni resistendo all’invidia dei vicini. Da quando Luisa si era messa con il nipote dell’Arciprete le cose erano andate di bene in meglio, il Reverendo sembrava sempre più propenso ad un cambio di proprietà, purché il matrimonio andasse in porto. Le donne di casa non ne erano entusiaste, la figlia non voleva dispiacere a papà, la moglie non faceva che sospirare quando si toccava quel tasto, mentre la sorella gli diceva a muso duro: Mica si può vendere l’anima al diavolo per la roba.

    Lui batteva i pugni sul tavolo: Perché mi devo lasciar fregare dagli altri?.

    Man mano che si avvicinavano alla casa cresceva l’affanno e si stemperavano gli umori. Nonno Giovanni non sopportava vedersi addosso gli occhi dolenti di Marietta: le donne finiscono sempre per aver ragione. D’altronde, che si può fare se Luisa è andata via con quello? Lorenzo avrebbe preferito trovarsi altrove: chi la fa se l’aspetti, anche se nel caso suo c’erano tante scusanti, Bettina ci stava, eccome, erano i Cervaro a non vedere la cosa di buon occhio per via della dote che non era un granché. Ma lui e Bettina si volevano bene e se ne vogliono ancora. Solo Piero persisteva nella sua rabbia, gli sembrava già di udire gli sghignazzi dei compari all’osteria e il sangue gli dava alla testa.

    In casa regnava una quiete sinistra, le donne della contrada si erano raccolte intorno a Marietta, sotto l’immagine dell’Addolorata ardeva un lumino. L’anziana suocera con sguardo allarmato chiedeva cosa stesse succedendo. Marietta, avvicinandosi, le disse forte all’orecchio: Luisa, è andata via Luisa, non sappiamo dov’è.

    La donna alzò la testa con in viso un’espressione divertita: Credevo fosse successa una disgrazia.

    Nel frattempo qualcosa era trapelato, si era vista di buonora una macchina ferma sulla provinciale, poi era partita a tutta velocità verso il Giglio.

    Preparate la cacciatora! ordinò Compare Giovanni. Mentre Lorenzo attaccava la cavalla Piero fece un salto di sopra a prendere il fucile.

    Ma siete impazziti! urlò la madre dalla finestra. Il Compare strappò il fucile dalle mani di Piero, piegò le canne, estrasse le cartucce e le scaraventò nella buca della stalla, poi si mise il fucile a tracolla e salì sulla cacciatora. Prima di arrancare disse alla moglie: Manda Nino da Maestro Nobile.

    Come soldati nella nebbia che annaspano in una palude, così i Cervaro salivano la strada sterrata verso il paese. Sul costone di tufo una fila di case con le finestre come occhi che scrutavano dall’alto. La campana del Salvatore si mise a suonare l’Angelus, presto le fecero eco San Rocco e Sant’Agostino. Per i nostri uomini suonavano a morto. Senza un piano preciso, con tutte le strade sbarrate e un senso d’impotenza. Bisognava muoversi comunque, agli occhi della gente non potevano darsi per vinti.

    Andare dai carabinieri? Sarebbe stato come violare una legge non scritta, sfidare un tabù secolare. Rivolgersi a parenti e amici? Mai e poi mai! Dare la soddisfazione di intingere il pane dell’invidia nel piatto delle proprie disgrazie. Mettersi in mano a un avvocato? Sì, a farsi ridere dietro, come se le fuitine d’amore fossero una novità. Non era questo a impensierire i nostri uomini, i Cervaro non sono gli ultimi arrivati, hanno un bel po’ di coppe di terra al sole e la terra fa gola a tutti. Forse Maestro Nobile poteva tirarli fuori dal pantano. Avrebbero preferito andare a spallare la Rocca d’Arce.

    Al bivio della provinciale Compare Giovanni diede una strattonata alle redini per imboccare una strada di campagna. Girando intorno al paese sbucarono sulla strada del Borgo. Gli operai avevano smesso di lavorare, stavano mangiando in piccoli gruppi sul ciglio della strada. L’americano seduto in mezzo a loro, totalmente ignaro della presenza della cacciatora.

    Abbiamo toppato, disse tra sé Compare Giovanni, se lui è qui vuol dire che non c’entra.

    I pensieri più cupi si affacciarono alla mente. Il fiume di Ceccano! Gli zingari! La fuga in città! Luisa non era così disperata al punto di fare simili sciocchezze. Qualcosa non quadrava. La cacciatora avanzò in mezzo agli operai, c’era una strana tensione, non era stagione di caccia. Sul momento di girare verso i campi si accorsero che l’americano li inseguiva con la coda dell’occhio.

    Aspettare! Bisognava aspettare, almeno fino a domani. L’angoscia non dava tregua. Andasse qualcuno a tenere d’occhio quella casa di Pofi. Come si chiamano? Sono sempre stati fuori. E al fiume di Ceccano... Non si riusciva neppure a fare quel nome. Sulla strada del Giglio ci potrebbe essere qualche traccia da seguire. Quella sera anche i piccoli rimasero alzati fino a tardi per unirsi alla recita del rosario. Le litanie lauretane uscivano dalle labbra di Nonna Marietta con inflessioni ciociare e andavano ad inanellarsi nelle sette spade che trafiggono il cuore dell’Addolorata.

    La mattina dopo le donne stavano ancora alzando i piccoli e rassettando le camere quando Bice, che stava alla finestra, disse: Sta arrivando Maestro Nobile.

    La notizia si sparse per tutta casa, fino giù nelle stalle dove gli uomini stavano finendo di mungere. Il Maestro entrò senza tanti complimenti, si può dire che era di casa, specialmente da quando aveva preso a benvolere Nino. Compare Giovanni era seduto al suo posto tra le sue carte. Sentita l’aria che tirava, il Maestro spezzò subito una lancia:

    Coraggio! Il diavolo non è poi così brutto come lo dipingono.

    Avete saputo? disse il Compare.

    Sì sì, ho saputo e vi posso assicurare che a vostra figlia non è stato torto un capello.

    Dio sia lodato! mormorò Comare Marietta. La cucina si era riempita di gente, le donne tenevano a bada i bambini. Il Maestro cercava di mantenere la calma, non era la prima volta che si trovava in simili frangenti, abituato com’era a comporre dissidi, ristabilire alleanze, cercare compromessi. Sentiva su di sé gli occhi di tutti:

    A quest’ora Luisa è già arrivata a Pofi, a casa della famiglia Florestani, ha trascorso la notte non lontano da qui a casa di un parente del ragazzo.

    Ora era tutto chiaro, l’americano aveva fatto in tempo a portarla in quella casa per tornare subito sul lavoro. Piero masticava amaro: oltre la carognata, li aveva fatti pure fessi.

    Nonno Giovanni si chiuse in un silenzio corrucciato, le donne piangevano. Zi’ Adelina ostentava freddezza e distacco, mentre la madre non si dava pace, voleva sapere di quella famiglia, se c’avevano il timor di Dio, di questi che tornano dall’America non ci si può tanto fidare.

    Eh, comare mia, quando la radice è buona... Non è che li conosca tanto bene, ma tengo inteso si tratta di brava gente.

    La brava gente non fa di queste porcherie, sbottò Piero, non credo che mia sorella avesse perso la testa fino a questo punto.

    Forse siamo stati noi a spingerla, obiettò Lorenzo.

    È vero, proseguì la madre, abbiamo sbagliato un po’ tutti e non da adesso, ma da quando è entrato l’interesse per la roba.

    Sul viso di Compare Giovanni si addensavano le nubi. Il Maestro si decise per l’affondo:

    Una cosa vi posso assicurare, in tutta questa storia non c’è stata alcuna violenza.

    Come sarebbe a dire?, urlò Piero indignato.

    Il ragazzo non è entrato dentro casa vostra, da sotto la finestra si è limitato a dire: Se mi vuoi bene, vieni via con me, non ti mancherà niente".

    A questo punto Zi’ Adelina ebbe un sussulto, diventò tutta rossa in viso e uscì sbattendo la porta.

    Le donne si accinsero a servire la colazione a piccoli e grandi, mentre le ragazze si misero a confabulare tra loro: sarà bello? Come si chiama? Per meritarsi Luisa dev’essere per lo meno simpatico.

    Il Maestro approfittò per dare un’occhiata ai quaderni di Nino. Si avvicinò Lucia, la madre: Lo sgridi, Maestro, non fa altro che andare in giro.

    Eh, vabbè, siamo in vacanza, no?.

    Si fece avanti Bice: Quando torna papà dall’America vado anch’io a studiare a Frosinone.

    Al Maestro non era sfuggito il carattere irrequieto di quella ragazzina, vedeva come marcava da vicino il cugino invidiosa dei suoi privilegi. Perché Nino, oltre ad essere il maggiore dei maschi, portava pure il nome del nonno.

    Il Compare era rimasto in disparte assorto nei suoi pensieri. Il Maestro non lo perdeva d’occhio, conosceva bene il suo uomo, sapeva che non si era ancora arrivati al nocciolo della questione. La cucina si andò svuotando e i due uomini si misero a parlare fitto fitto. Comare Marietta avvicinò un boccale di vino con i bicchieri.

    Il Compare la prese alla larga: le tasse da pagare, il raccolto scarso a causa della stagione secca, le tante bocche da sfamare, le nipoti da sposare e le rimesse dall’America che arrivavano a singhiozzo. Anche Mussolini si è messo di traverso, a voler fare la guerra all’America si esce con le ossa rotte, il mondo è proprio impazzito.

    Il Maestro era abituato a questa musica. La sua gente deve far credere che se la passa male, non ce la fa a mettere insieme il pranzo con la cena, per poi magari lasciarsi andare a improvvise vanterie. Quando il nostro Compare andava in Municipio si presentava con il solito gilè sdrucito e le ciocie ai piedi, mentre quando frequentava le fiere di paese tirava fuori il vestito buono, la catena dell’orologio bene in vista e gli stivali tirati a lucido. Entrava al trotto nell’abitato sulla cacciatora tirata dalla cavalla con gualdrappa e sonagli. Quando tornava la sera, pimpante e un po’ alticcio, se la godeva a snocciolare le cifre dei suoi affari. Era sempre Bice a fare i conti al volo battendo sorelle e cugini. Nonno se la rideva sotto i baffi: con nipoti così lesti e attenti al soldo la famiglia può dormire sonni tranquilli.

    Il Maestro aspettava l’amico al guado. L’umore di costui era sempre più cupo, una ridda di storie d’interessi, di angherie e tradimenti affluiva alla sua memoria. Nel paese tale due fratelli si erano man­giati la proprietà con gli avvocati perché non si accordavano sulla divisione, nel paese quale una coppia di anziani era addirittura andata a parare in casa di ricovero per aver incautamente ceduto i beni per risparmiare sulla successione. Ad Arce un tizio venuto dalle parti di Napoli aveva fatto perdere la testa a una brava figliola, non so quante coppe di terra hanno dovuto cedere per via della dote:

    È un sacrilegio dividere la terra, su tutto si può trattare, ma non....

    Non vi dovete impensierire, la famiglia manda a dire di non pretendere nulla. Il ragazzo è pure orgoglioso, ha voluto che vostra figlia andasse via con quanto aveva addosso.

    Neppure questo è giusto, intervenne Comare Marietta staccandosi dal focolare, Luisa ha la sua buona dote, mica è un’orfanella che sta dalle suore.

    Compare Giovanni scuoteva la testa con un sorriso amaro:

    Beati voi che la pensate così, non avete idea di quanto è crumira la gente. Ora che la focaccia è calda si fanno le sparate, vedrete quando si sarà raffreddata... Cominciano i parenti a soffiare sul fuoco, i maligni a seminar zizzania, poi si mettono di traverso gli avvocati.... La voce gli si spezzò dalla commozione.

    Dovete stare calmo, gli disse la moglie, ve lo ha detto anche il dottore.

    Maestro Nobile finiva sempre per coinvolgersi di persona, era la sua gente e il Compare, amico di vecchia data.

    Capisco la vostra preoccupazione, ma non c’è motivo, credetemi, la famiglia gode di una ottima posizione, gli anni dell’America li hanno fatti fruttare.

    La roba non è mai troppa.

    Meglio però spartire il sale con chi mangia tutti i giorni.

    Su questo non vi posso dar torto, in fondo ciò che conta è la coscienza.

    Un po’ più rassicurato il Compare ascoltava con attenzione quanto il Maestro gli riferiva di quegli americani di Pofi. Oltre la casa e un terreno sulla salita del paese, possedevano un grande orto irriguo sotto la fonte, più la tenuta contigua al bosco di Ceprano con allevamento di bestiame allo stato brado secondo il costume americano. Si son pure aperti strada nel commercio con il banco di frutta e verdura sui mercati della zona, più l’appalto dei lavori sulle strade di tutta la Provincia.

    Mal celava il Compare il contrasto delle emozioni che trapelavano dal guizzo degli occhi dietro le palpebre socchiuse. Come nei temporali estivi quando il fronte massiccio di nuvole nere scende rumoreggiando dai Monti Ernici e comincia a frastagliarsi per poi disperdersi nella Valle del Sacco, con grande sollievo per lo scampato pericolo. Marietta lasciò pentole e tegami in mano alle nuore per sedersi vicino a Giovanni. Il silenzio è d’oro, ma al cuore non si comanda e il cuore di mamma, non corre, galoppa verso quella casa di Pofi per dire alla figlia che lei non è arrabbiata e neppure papà, di stare tranquilla che tutto si sarebbe aggiustato. Importante che stai bene e che la seconda mamma ti vuole bene.

    Il Maestro guardava con tenerezza quella coppia di anziani prigioniera di leggi non scritte. Quella figlia era arrivata come dono del cielo in una età in cui stanno per prosciugarsi le fonti della vita, dopo la nascita di cinque maschi (anche i gemelli erano nati maschi). Venuta su con le coccole di tutti, quando i nipoti erano ancora di là da venire, con la sua bellezza stupiva il paese ad ogni primavera. Poi, il miraggio di quelle coppe di terra... Il Maestro aveva fatto la sua parte, ora tocca a Marietta, che più di ogni altro sa ove penda il cuore di Giovanni.

    Il Maestro aveva ancora una carta da giocare: Compare Giovanni, vi devo dire una cosa che mi tengo dentro da una vita.

    Dite pure, Maestro.

    Mia madre mi riferì che tanti anni fa, quando lei non sapeva a che santo votarsi, Voi le avete dato una mano come a una sorella.

    Ho fatto quello che consideravo giusto e lo rifarei ancora per la Signora Assunta, dovessi rimetterci l’osso del collo.

    Non dicevo io che siete un galantuomo? Per quanto riguarda quei ragazzi sono più che convinto si tratti di una storia di cuore, ma se gli americani dovessero barare, giuro che non me ne starei con le mani in mano.

    Al Compare vennero le lacrime agli occhi, allungò la mano sul boccale, riempì i bicchieri, li fecero tintinnare e brindarono alla salute. Asciugandosi gli occhi con il grembiule Comare Marietta disse: Vedete che il Signore non ci ha abbandonati.

    Sul punto di congedarsi il Compare si rivolse al Maestro con occhio sornione: Non vorrei essere indiscreto, ma come ha fatto a sapere tante cose?.

    Molto semplice, il parente che ha ospitato Luisa è un mio collega che lavora all’Arnara.

    Zi’ Adelina era andata fuori di testa. Erano passati più di quarant’anni e le ferite ancora sanguinavano. Si era rifugiata nell’orto e si era messa a lavorare con foga per scaricare la tensione. Comare Marietta la venne a cercare nel timore stesse per cadere in una delle sue crisi ricorrenti.

    Non c’era in famiglia persona più discreta e laboriosa di Zi’ Adelina, passava i mesi a sgobbare nei campi, nella stalla, dietro ai nipoti, senza mai lamentarsi, senza pretendere nulla. Unici svaghi, le devozioni in chiesa e la passeggiata domenicale al cimitero. Poi, senza un motivo apparente, diventava diffidente e scontrosa, si chiudeva in un silenzio cupo e minaccioso, per scoppiare finalmente in un pianto inconsolabile catalizzando su di sé l’attenzione di tutti. Si dilungava in sproloqui lamentosi e recriminatori riesumando fatti e misfatti di famiglia, atteggiandosi a bambina indifesa e affamata di affetto. Da un giorno all’altro tornava la Zi’ Adelina di sempre.

    Da quando la madre era uscita di senno toccava a Marietta accudirla e non è che i rapporti fossero rose e fiori, anche se con gli anni tutto si era temperato, gli attacchi isterici si erano diradati e il carattere arcigno e pungente della zitella si era ammorbidito.

    Marietta si avvicinò cautamente cercando un’alleanza per uscire dall’impasse e stabilire un contatto con la madre del ragazzo, magari tramite l’Arciprete o qualche comare intraprendente. Meglio non dire niente agli uomini, con il loro orgoglio non fanno che complicare le cose. La cognata si manteneva fredda e distante, improvvisi sussulti rivelavano l’intensità del travaglio:

    Se ti viene in mente qualcosa fammelo sapere.

    Nella testa della povera donna continuavano a martellare le parole di Maestro Nobile: Non c’è stata alcuna violenza. Come le bruciavano! A lei non era stata riservata neppure l’ombra di rispetto, come una capra l’avevano trascinata via, scavalcando siepi e fossati, scalza e scarmigliata, inzuppata d’acqua e di fango, in quella che sarebbe dovuta diventare la

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