Il Trucchista
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Info su questo ebook
Dalla condotta scanzonata e irritante procede quotidianamente verso la follia, si innalza a livelli crescenti di brutalità e vendetta.
Si scontrerà con la freddezza del leopardo e tornerà alle proprie origini.
Una parabola alla fine della quale lo attenderà la ferocia e l’espiazione.
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Anteprima del libro
Il Trucchista - Lorenzo Pseudolapis
22
1
Entrai e lo trovai lì, sulla mia poltrona, indifferente.
Con disappunto, spinsi l’interruttore e la mia veranda si illuminò.
Così compresi il motivo per il quale, pur essendo comodamente seduto, non aveva azionato il mio Toshiba a led da 37 pollici, visto che c’era.
Il sangue non colava, penso che non ne avesse neanche più, considerata l’enorme pozza sul mio pavimento, mescolata a qualcosa di molliccio, che non ricordavo di avere mai visto, trattandosi verosimilmente di vari organi interni in parte ancora pendenti dall’anfratto sul ventre.
Per terra, immersa in quella poltiglia, la mia ascia medievale che, di norma, stazionava sulla mia parete insieme ad uno stemma in legno con un lupo nero al centro, di cui non ricordo la provenienza.
In un primo momento, non lo riconobbi, forse a causa della strana espressione del viso, allarmata o spaventata direi, per via degli occhi sbarrati.
Poi, mentre ero ancora lì, in piedi, nella mia veranda, con la mia Piquadro ancora in mano, esclamai il suo nome, come per verificare, senza rendermene conto, se fosse definitivamente morto: " Giovanni…".
Ovviamente, il cadavere non rispose.
*
Giovanni Imerese era il mio vicino di casa, anzi, uno dei miei pochi vicini di casa.
Abitava da solo, nella villetta accanto.
Penso che avesse più o meno la mia stessa età, circa 50 o forse 55 anni.
Alto, ben piazzato, capelli neri, lisci e folti, dimostrava meno della sua età.
Aveva un negozio in città, in una piccola via del centro storico, uno di quelli che non si trovano più, un emporio, affogato dai periferici centri commerciali.
Abitava, come me, nella campagna vicino la città.
Ma, diversamente da me, non era un solitario.
Donne, tante donne, venivano a trovarlo.
Me ne accorgevo durante il fine settimana.
Mentre io davo l’acqua ai miei fiori, in giardino, le vedevo passare, sempre diverse, lungo la stradina che, passando davanti la mia, conduce alla sua villetta.
Beato lui, che si divertiva, non c’è niente di male a divertirsi.
Giovanni era una carogna, lo sentivo litigare con le sue donne, credo per fatti di gelosia.
*
Mi ripresi dall’ipnotica visione di tutto quel sangue e, riflettendo tra me e me che avrei finito per cenare tardi, mi resi conto che, così come avviene in televisione, dovevo avvertire subito i Carabinieri o la Polizia, insomma qualcuno.
Non attraversai la scena, sulla quale gli investigatori avrebbero di sicuro operato per i loro accertamenti, per non inquinarla, come avevo appreso dalla Tv.
Così tornai sui miei passi e, uscito in giardino, girai attorno alla mia villetta, giunsi al secondo ingresso, lato cucina, e raggiunsi il telefono fisso, visto che il mio Windows Phone, alle dieci di sera, era ormai con la batteria a terra.
Come al solito, la mattina presto, uscendo da casa, avevo dimenticato aperto il secondo ingresso.
*
Il primo dei numerosi ed agitati carabinieri che, quindici minuti dopo, mi piombarono in casa, aveva l’aria di quello che comanda e lo sguardo furbo, ma solo lo sguardo.
Era un uomo piuttosto appesantito, con una pancia prominente, secondo me prossimo alla pensione, voce roca rovinata dalle sigarette e baffoni grigi sull’ampio viso.
Ancor prima di presentarsi, mi chiese: " E’ stato lei ?".
" Certo che no", risposi.
E passai a spiegare le circostanze del ritrovamento.
*
Mentre di là, misuravano ed esaminavano, con dei camici bianchi che sembravano fantasmi, l’atteggiamento di sospetto nei miei confronti abbandonò il maresciallo Cordova mentre, seduto nel mio salotto, prendeva appunti.
Uno dei suoi gli aveva sussurrato qualcosa ed i suoi baffoni si erano mossi in modo evidente verso l’alto.
Interpretai come un buon segno l’espressione del suo viso.
Il morto era morto da alcune ore, forse undici o dodici ore, ma non di più, come ipotizzato dal medico legale, e, per mia fortuna, Calogero Morrino, che abitava con la sua famiglia una delle case all’inizio della stradina, quella sera mi aveva visto rientrare attorno alle dieci meno venti.
Preso dall’euforia del fatto di sangue a pochi passi da casa sua, Calogero aveva abbondato in particolari, riferendo al maresciallo che io, ogni santa mattina, uscivo verso le sei e mezza del mattino e non facevo mai ritorno per il pranzo, tranne il fine settimana.
E quel giorno era una martedì.
*
Arriviamo in casa di questo strano tipo ed io resto sorpreso dalla sua calma.
Così, per scuoterlo, gli chiedo se sia stato lui l’autore di quello scempio.
Nessuna reazione, si limita a palparsi l’orecchio sinistro, rispondendomi che ovviamente no, non è stato lui e che il morto lo ha trovato così, seduto nella sua poltrona, davanti la sua TV.
Sembra più infastidito per l’uso non autorizzato della sua poltrona che sconvolto dal ritrovamento del cadavere.
Ha gli occhi come spiritati, ma mi ci soffermo solo un istante, considerato che