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Code 2-18: Surreal - Step One: Code 2-18, #1
Code 2-18: Surreal - Step One: Code 2-18, #1
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E-book298 pagine4 ore

Code 2-18: Surreal - Step One: Code 2-18, #1

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Info su questo ebook

Anno 2012. La guerra fredda è sfociata in un conflitto aperto che ha insanguinato e devastato l'Europa. America e Russia si contendono il predominio del pianeta, la scacchiera bellica è immersa nel sangue. Un pilota della US Navy precipita in territorio italiano e quella che dovrebbe essere soltanto una difficile missione di recupero si trasforma nel preludio di un incubo fantascientifico popolato di sicari, trafficanti d'armi, ufficiali senza scrupoli e il più inaspettato dei nemici. Solo un gruppo di eroi bene addestrati potrà fare la differenza e riportare la speranza nel futuro.

LinguaItaliano
Data di uscita7 lug 2017
ISBN9781386478263
Code 2-18: Surreal - Step One: Code 2-18, #1

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    Anteprima del libro

    Code 2-18 - Morning Star Alliance

    Capitolo 1

    Il Muro del Terrore

    18 Febbraio 2012, ore 10:10 – Pentagono, Washington D.C.

    Divisa blu con le quattro stellette, aveva optato per la versione con i pantaloni. I lunghi capelli rossi e mossi erano raccolti in una crocchia, ma un ciuffo più lungo le sfuggiva sul davanti a ricoprire l’occhio sinistro, attraversato da una cicatrice che andava dal sopracciglio allo zigomo. Occhi color acciaio e un’espressione che faceva trasparire appena una certa irritazione.

    Il Generale Galiya Menškov afferrò il foglio con le insegne del Dipartimento della Difesa su cui era stampato il rapporto e si avviò verso la stanza in cui erano riunite le alte cariche dell’USEUCOM, il Comando europeo dell’Esercito statunitense, trasferito a Washington dopo lo scoppiare del conflitto che aveva spazzato via la vecchia sede di Stuttgart, in Germania. La riunione era stata fissata in fretta e quel documento era all’ordine del giorno.

    «Che significa tutto questo?» chiese Galiya con tono autoritario mentre raggiungeva gli ufficiali. Sbatté il foglio sul tavolo. «Una creatura... aliena?! Cos’è, uno scherzo di benvenuto? Non credevo che ci fosse tempo da perdere con certe stupidaggini!» Fissò in silenzio tutti i presenti in attesa di una risposta, o di una frase di scuse. Eppure nessuno di loro si scusò, né tantomeno smentì il contenuto di quel rapporto. Il leader della componente aerea dispiegata in Europa, l’Ammiraglio di Generale di Squadra Aerea Scott Conroy, si schiarì la voce con un colpo di tosse e poi si decise a rispondere: «Siamo spiacenti, Generale Menškov, e condividiamo il suo disappunto. Purtroppo non si tratta di uno scherzo. Una copia di quel rapporto è giunta stamattina sulla scrivania di ognuno di noi ed è assolutamente autentico. Abbiamo già fatto i controlli necessari.»

    Galiya sospirò passandosi una mano tra i capelli, scoprendo la sua cicatrice: «Ci mancava solo questa... Siamo in guerra! Non abbiamo tempo di giocare alla caccia agli alieni! È molto più probabile che si tratti di un qualche esperimento segreto russo. Qualcosa di analogo al nostro progetto Genoma

    «Non possiamo escludere che i russi siano coinvolti nella vicenda... di fatto gli avvistamenti sono avvenuti in una porzione di territorio sotto il loro controllo» disse il Generale di Brigata Aerea Luis Walker.

    «Dunque...» Aggiunse Conroy, «terremo monitorata la situazione, per quanto ci è possibile, con la collaborazione della Resistenza italiana. E abbiamo pensato di affidare a lei la questione.»

    «Cosa?» ribatté Galiya con astio, sapeva bene che le stavano rifilando quella patata bollente per intralciarla. «Siete consapevoli che attualmente sto seguendo una questione molto più importante di questa?»

    Il Generale Conroy la interruppe con un cenno della mano: «Suvvia Generale Menškov, non possiamo perdere di nuovo tempo con le sue questioni personali, credo che occuparsi di questa situazione marginale non le ruberà troppo del suo tempo.»

    Galiya replicò seccata: «D’accordo, tralasciamo un attimo le mie questioni personali e la caccia all’UFO. La situazione in Italia è critica, la base di Grosseto da sola non può fare molto. Abbiamo avuto una riduzione di budget e siamo stati costretti a sospendere le operazioni di terra. Non credete che almeno dovremmo garantire una copertura aerea decente?»

    «Ci stiamo organizzando» rispose Walker chiamato in causa. «Trasferiremo a Grosseto il 44° Stormo Caccia e anche la Marina ci darà una mano.» Volse lo sguardo verso Conroy, il suo diretto superiore, che annuì: «Abbiamo già fatto in modo di allertare il Gruppo Aereo da Combattimento della portaerei Truman, in più ci sarebbe un’altra questione...»

    «Certo, il Thunderbird» disse Walker finendo la frase per lui.

    Galiya, all’oscuro di tutto, lanciò loro un’occhiataccia: «Di che parlate?»

    Walker sorrise cordialmente: «La nostra squadriglia speciale. Contiamo di sferrare un attacco decisivo via aria e mettere in ginocchio i russi. Ma per questo abbiamo bisogno di un pilota particolarmente dotato per il nostro aereo sperimentale» fece un cenno, a indicare i documenti sulla scrivania di Galiya. «Come vede abbiamo selezionato un elemento che si trova attualmente sulla Truman. È per questo che abbiamo deciso di dislocare la sua squadriglia a Grosseto, ma si tratta di una questione top secret. Abbiamo dei documenti confidenziali per l’Ammiraglio Setterman che sarebbe più sicuro consegnare a mano. Può mandare lei un incaricato?» Anche se suonava come una domanda, Galiya sapeva bene che era una richiesta perentoria.

    «Manderò il Maggiore De Céline» rispose seccamente.

    La riunione si protrasse per un’altra mezzora, mentre gli ufficiali definivano piani e strategie.

    Quando finalmente gli argomenti all’ordine del giorno si furono esauriti, Galiya, sbuffando, voltò le spalle ai suoi colleghi e lasciò la riunione, camminando decisa per tornare alla sua postazione. Estrasse il cellulare dalla tasca componendo un numero breve. Non appena il suo interlocutore prese la linea, ordinò seccamente: «AI, Nel mio ufficio. Subito.» Poi riagganciò senza attendere risposta.

    * * *

    Il Maggiore Beatrix AI De Céline, si affrettò per i corridoi della struttura e si diresse verso l’ufficio di Galiya.

    Ventisette anni, la divisa blu dell’esercito con la gonna che mostrava un paio di gambe che non passavano inosservate, i capelli neri raccolti in una coda e due occhi azzurro intenso. Eppure la cosa che chiunque notava di lei al primo sguardo era la mezza maschera antigas che le nascondeva la parte inferiore del viso.

    Entrò in silenzio. Per un attimo si udì soltanto il suo respiro ritmato sibilare attraverso i filtri.

    Si mise sull’attenti e fece il saluto militare. «Agli ordini Generale.» La sua voce, che altrimenti sarebbe risultata alterata dalla maschera, era amplificata da un voice projector che avrebbe dovuto renderla più pulita. Nonostante questo, suonava distorta e artificiale.

    «Riposo» rispose Galiya con noncuranza, ma dal suo tono traspariva una certa irritazione. «Lei ha ricoperto un ruolo operativo durante la guerra del 2010 in Cina, è così?»

    Beatrix annuì, colta di sorpresa. Lavorava con il Generale da più di un anno, ma era la prima volta che veniva fatto un cenno diretto al suo passato. A prima dell’incidente.

    Il Generale proseguì: «Vanta un curriculum di tutto rispetto nella Marina, come pilota di elicotteri e successivamente nello staff di comando e controllo del Comando Operazioni Speciali dell’Esercito.»

    «Ehm... Sì, esattamente.»

    Galiya la fissò, con i gomiti sulla scrivania e le mani poggiate sotto il mento. Il suo sguardo si indurì. «E... in particolare, ha già lavorato in precedenza con il Capitano di Corvetta Ghost Freightner, giusto?»

    Quel nome la fece trasalire per un attimo. Deglutì infilando un dito nel colletto della divisa, come se le mancasse l’aria. «Sì... è... è da un paio di anni che non lo vedo.»

    Galiya, decise di non indagare oltre. Per lei tutto ciò che aveva a che fare con le relazioni interpersonali non aveva la benché minima rilevanza. Si mise a sfogliare la cartella confidenziale della sua sottoposta. «Ho bisogno che lei consegni dei documenti all’Ammiraglio Setterman, sulla portaerei Truman, che si trova ora nell’Atlantico. Approfitterà del viaggio per prelevare anche il Capitano Freightner e scortarlo qui al Pentagono, dove è atteso per una riunione top secret. Tutto chiaro?»

    «Ricevuto Generale.»

    «Dovrà prendere un aereo. Ci sono problemi?»

    AI si irrigidì. Galiya aveva letto i suoi fascicoli e sapeva ciò che era successo in Cina due anni prima. La stava mettendo alla prova per vedere se avesse superato il trauma oppure no.

    «Nessun problema, Generale» rispose lei con fermezza. Anche se ciò significava volare di nuovo e rivedere l’unica persona che era mai riuscita a spezzarle il cuore. Ma era un soldato e non c’era spazio per i sentimenti, né per le debolezze.

    Erano due anni che non vedeva Ghost, dal giorno in cui quell’incidente aveva cambiato per sempre la sua vita, costringendola a non poter più respirare come un essere umano normale. Ma non se ne faceva un problema, ognuno aveva la sua croce. Eppure lui non l’aveva mai accettato, e pur di non vederla in quelle condizioni aveva deciso di andarsene, di chiedere il trasferimento a un altro reparto. Lei era rimasta ancora per qualche tempo dietro a una scrivania della Marina, ma poi, non riuscendo più a sostenere quella situazione e quell’ambiente, aveva deciso di chiedere i permessi necessari per cambiare Forza Armata e mansione.

    Cercò di mantenere l’autocontrollo e fece un sospiro per reprimere un moto di ansia che le era salito a serrarle la gola, si sforzò per respirare normalmente, continuando a ripetersi che stava solo facendo il suo lavoro.

    A Galiya non sfuggì quel momento di esitazione: «So tutto del suo incidente di due anni fa» la freddò. «Non so quale amico o parente lei abbia tra le alte cariche per aver ottenuto un simile trasferimento, da un incarico d’ufficio presso uno squadrone di elicotteri Seahawk, fino al Pentagono, passando per l’ARSOC... ma sappia che i raccomandati non mi sono mai piaciuti. Lei ha commesso un errore di valutazione che è quasi costato la vita ai suoi uomini. Se fossi stata il suo superiore a quei tempi, l’avrei cacciata dalle Forze Armate senza pensarci due volte» detto questo si appoggiò allo schienale della sua poltrona in pelle e si accese un sigaro, aspettando la sua reazione.

    AI strinse i pugni, sentì il calore della rabbia che la pervadeva. Come poteva quella donna giudicarla così? Non sapeva niente di lei. Puntò i piedi e le rispose a tono: «Generale, ho sempre fatto ciò che ho reputato fosse la cosa giusta. Ho sudato sangue per arrivare dove sono arrivata. Anche... in queste condizioni. Non le permetterò di insinuare che sono un’incapace.»

    Galiya fece un sorrisetto. Non era chiaro se fosse compiaciuta o se la stesse deridendo. Sbuffò una voluta di fumo nell’aria, poi appoggiò il sigaro nel suo posacenere e si rimise composta sulla poltrona.

    Firmò uno dei fogli che aveva davanti e lo spinse verso di lei. «Può andare, Maggiore. Attendo il suo rapporto non appena sarà di ritorno.»

    AI afferrò il foglio per poi ribattere seccamente: «Signorsì, signora!» dopodiché si voltò e lasciò la stanza.

    Galiya si rilassò sullo schienale della poltrona. Sentiva il brivido di una nuova sfida. Sentiva che qualcosa di grosso stava per succedere, pericoloso e quindi esaltante. Fece un sorrisetto ripensando alla reazione di AI. L’aveva provocata di proposito: c’erano in gioco delle vite umane e non poteva corre il rischio di avere anelli deboli nella sua catena. Aprì il cassetto dove teneva i suoi effetti personali e ne estrasse un portaritratti con una foto che la raffigurava insieme a un ufficiale americano in divisa. Il suo padre adottivo.

    Accarezzò per un momento il bordo e poi lo posò sulla scrivania, accanto al monitor del suo computer. «Lo so che mi stai guardando, Colonnello Reed. Non ti deluderò.»

    * * *

    18 Febbraio 2012, ore 16:50 - Portaerei Harry S. Truman (CVN-75)

    Le stagioni si erano susseguite velocemente e quell’anno l’inverno sembrava essere finito leggermente in anticipo. Al largo dell’Oceano Atlantico, si respirava un soffio di aria primaverile.

    Delle voci si propagarono per i corridoi della grande portaerei. Era una bella giornata e favoriva il buonumore.

    «Ehi dongiovanni, cosa pensi di fare stasera? Provi a rimorchiarti quella tipetta di un ufficiale eh?»

    «Eddai, finiscila! Non è assolutamente vero.»

    «Ma almeno ammettilo che le hai messo gli occhi addosso, cazzone!» Si diffusero risate divertite tra i militari.

    Uno di loro era il Capitano di Corvetta Ghost Freightner. In realtà il suo vero nome era Götz, che tradiva fin troppo le sue origini teutoniche, tanto che fin da ragazzo aveva sempre preferito farsi chiamare Ghost, fantasma, che da semplice nome di battaglia usato per gioco era poi diventato quasi il suo nome ufficiale. Gli piaceva l’idea di essere associato a qualcosa che instillava terrore.

    Alto, capelli neri tagliati molto corti, fisico robusto, occhi grigi. Da sempre era stato un tipo riservato e un po’ misterioso, però era di buona compagnia e non rinunciava a divertirsi e scherzare con i suoi commilitoni. Nell’ambiente militare era diventato piuttosto famoso negli ultimi anni per il suo innato talento come pilota degli aerei più disparati.

    Il gruppetto giunse agli spogliatoi per cambiarsi prima di una sessione in palestra. «Io quella tipetta su alla sala controllo me la farei!» lo stuzzicò un suo compagno.

    «E perché mai una così dovrebbe cagarsi una feccia della Marina come te?» rispose lui, mentre apriva lo sportello del suo armadietto. «Lascia perdere, Mr. Winchester, non fa per noi!»

    Il tipo a cui si stava rivolgendo si chiamava Frederick Guns, col nomignolo non ufficiale di Mr Winchester a causa della sua brutta abitudine di restare in fretta senza ordigni durante i combattimenti più accesi. Era suo compagno di alloggio, un tipo dalla battuta facile e dalla lingua lunga, nonché suo degno gregario.

    Gli scherzi e lo scambio di battute pesanti erano il modo migliore per passare il tempo tra un’attività e l’altra sulla portaerei statunitense: briefing e corsi di formazione in pieno Oceano Atlantico occupavano quasi tutta la loro giornata, senza contare gli allenamenti e le simulazioni di addestramento.

    «Comunque stasera andiamo a bere qualcosa? Offre il sottoscritto!» Mr Winchester tirò fuori dal portafogli un ventaglio di banconote da fare invidia.

    «Vaffanculo damerino sovrappagato!» commentarono i compagni, anche se in realtà il denaro non proveniva dal suo stipendio da militare ma dal fondo fiduciario elargitogli dalla sua facoltosa famiglia.

    Una decina di metri sopra le loro teste, la sala controllo stava completando gli ultimi preparativi per ricevere un aereo da trasporto COD C-2A Greyhound. Con un rapido scambio di comunicazioni in gergo tecnico, l’ufficiale LSO sul ponte diede al pilota le indicazioni per l’atterraggio: «Black Jack Uno, un miglio. Call the ball

    «Black Jack Uno has the ball.» Rispose il pilota, confermando di avere sotto gli occhi il meatball, l’apparato ottico di segnalazione che doveva guidarlo sul sentiero di discesa.

    «Black Jack Uno, mezzo miglio, siete un po’ a destra.»

    «Black Jack Uno in corto-finale, bene così.»

    «Black Jack Uno in finale, bene così.»

    «Black Jack Uno, ok tre» concluse l’ufficiale confermando che il cavo tre era stato agganciato e l’atterraggio si era concluso con successo.

    Dal velivolo scese una donna in divisa, con i gradi da Maggiore e una maschera antigas sulla faccia. Particolare che attirò subito l’attenzione del personale in transito sulla pista, alcuni fischi si levarono da chi preferiva soffermarsi sullo stacco delle sue belle gambe.

    Beatrix continuò a camminare, impassibile. Aveva imparato a ignorare gli sguardi curiosi che accompagnavano ogni sua entrata nel mondo degli esseri umani fisicamente sani.

    Con passo sicuro si avviò verso la sala di controllo, nella parte centrale della portaerei. Raggiunse la stanza dell’Ammiraglio Setterman, bussando discretamente.

    «Avanti» le fu risposto.

    Entrò facendo il saluto: «Maggiore Beatrix De Céline, incaricata dell’USEUCOM a rapporto.»

    L’Ammiraglio, notando lo strano accessorio che le copriva la faccia, immediatamente spense la sigaretta che teneva tra le dita e attivò l’aria condizionata. Ricambiò il saluto militare.

    Era un vigoroso ufficiale sulla cinquantina, i capelli castani appena brizzolati, occhi scuri e un viso gioviale: «Benvenuta a bordo della USS Harry Truman, Maggiore. È un onore accoglierla qui» le fece segno di accomodarsi con un sorriso.

    Beatrix si guardò attorno: l’ufficio aveva un’ampia scrivania rivolta verso l’ingresso, attorno erano sistemati scaffali pieni di libri, fotografie, onorificenze e trofei. Su un lato della stanza erano posizionati alcuni ingombranti schedari d’acciaio, circondati da arredi di stile, per rendere l’atmosfera più accogliente. Prese posto su una comoda poltrona in pelle.

    «Mi dica, Maggiore, cosa avete per me?»

    Lei mise mano alla sua valigetta ed estrasse il plico contenente i documenti confidenziali da consegnare all’Ammiraglio. Questi li prese, tralasciando momentaneamente le buste sigillate con la dicitura top secret e si concentrò su uno dei fascicoli: «Mi è stato già anticipato da quella gran donna del Generale Menškov che avete bisogno dei nostri piloti, giusto?»

    «Esatto, signore. Il 335° Stormo d’Attacco. Inoltre sono incaricata di scortare il Capitano Freightner fino a Washington.»

    L’Ammiraglio Setterman lesse il documento, sfogliando la cartella. «Ah, quel tipo sveglio... Mi domando il motivo di questa insolita procedura di trasferimento.»

    «Purtroppo non sono stata informata riguardo ai dettagli» tagliò corto lei.

    «Capisco... Eh, ultimamente sono sempre i tizi del Pentagono a fregarci gli uomini migliori. In tempi di guerra come questi.»

    «Spero che le abilità di volo del Capitano siano quelle di un tempo» si interrogò Beatrix. L’Ammiraglio la rassicurò: «È un tipo in gamba il ragazzo. Anche se penso che un’alta carica del Pentagono come lei sappia già ogni cosa riguardo alla sua carriera militare, altrimenti non l’avreste convocato» fece una

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