Fascino proibito: Harmony Collezione
Di Kim Lawrence
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Info su questo ebook
Kim Lawrence
Autrice inglese, rivela nei suoi romanzi la propria passione per le commedie brillanti.
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Anteprima del libro
Fascino proibito - Kim Lawrence
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Carides Pregnancy
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2005 Kim Lawrence
Traduzione di Laura Appiani
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-068-4
1
Carl Stone aveva il controllo totale del suo impero finanziario, ma le condizioni atmosferiche nelle Home Counties restava ancora fuori dalla sua portata.
Era il giorno del matrimonio della sua unica figlia. Il servizio meteorologico aveva predetto neve in tutto il paese e le minacciose nuvole sopra le loro teste lasciavano pensare che avesse ragione.
Con un tempismo perfetto, non appena i primi invitati iniziarono ad arrivare e a dirigersi verso l’ingresso della cattedrale, dei soffici fiocchi bianchi cominciarono a cadere.
Qualche fiocco di neve non era comunque sufficiente per guastare lo spirito degli invitati, molti dei quali avrebbero sfidato il maltempo, nonostante i cappelli artistici e le eleganti pellicce, per partecipare a quello che, nell’alta società, era stato etichettato come il matrimonio dell’anno.
Solo una persona, però, sembrava non considerare un’impareggiabile fortuna il trovarsi lì. L’uomo, alto e magro, se ne stava leggermente in disparte, con una mano nella tasca dei pantaloni e le larghe spalle appoggiate al ruvido tronco di un albero secolare. Sembrava non accorgersi del vento gelido e della neve che iniziava a posarsi anche sui suoi capelli neri e sull’elegante vestito.
Dal suo viso scuro e sorprendentemente bello traspariva solo un’espressione di profonda noia, che svaniva per brevi momenti quando rispondeva al saluto di un amico o di un parente diretto verso la chiesa.
«Jocasta... India... fate le brave!» Spingendo davanti a sé le due figlie imbronciate, una donna, che non era rimasta indifferente alla bellezza dell’uomo alto ed enigmatico, dai tratti d’angelo e dall’aria pericolosamente sexy, gli lanciò un rapido, languido sguardo, prima di seguire le bambine all’interno dello splendido edificio gotico.
Dai lineamenti si poteva facilmente intuire che apparteneva alla famiglia dello sposo: capelli nero corvino, carnagione olivastra e profilo da statua dell’antica Grecia; tutto tipicamente ellenico, ma bisognava ammettere che in lui non c’era proprio niente di tipico.
Nessuno degli invitati aveva comunque dubbi sulla sua identità; anzi, probabilmente erano anche al corrente del suo segno zodiacale, del numero di scarpe e dell’ammontare del suo conto in banca.
Tutti conoscevano bene Christos Carides, capo dell’impero Carides, quasi quanto conoscevano lo sposo. Si diceva che fosse addirittura più ricco dello sposo, ma di sicuro era più bello di quanto non fosse ricco.
Nonostante l’apparenza, sentiva il freddo pungente, soprattutto dopo essersi abituato nell’ultimo mese al sole australiano. A Londra l’aria era invece gelida, più o meno come i rapporti con suo cugino, lo sposo.
Una smorfia di disprezzo si disegnò sulle sue labbra perfette e sensuali al solo pensiero di suo cugino Alex.
In quel momento un giovanotto, dal viso angelico e con i capelli chiari, comparve di corsa da un lato dell’edificio e tirò un sospiro di sollievo alla vista della persona che stava cercando. Con il fiato corto, e la fascia di seta sulla vita che si intravedeva dalla giacca aperta, il testimone si fece largo lungo il sentiero evitando più volte di scontrarsi con gli invitati.
«Sono Peter!» farfugliò rivolgendosi all’autorevole figura dell’imprenditore greco.
«Sì, mi ricordo. Sei il nipote di Carl, no?»
Peter annuì. «Sono il testimone, dopo che...» si bloccò a disagio.
«Dopo il mio rifiuto» lo aiutò Christos.
«Sì, be’, non sa quanto sono felice che lei sia qui.»
«Fa sempre piacere rendere felice qualcuno» rispose lui gelido. «Posso aiutarti?» domandò vedendo che il ragazzo rimaneva in silenzio.
«Deve venire con me!»
A quelle parole Christos sollevò la schiena dall’albero con naturale eleganza. «Devo...?» sussurrò in tono più gentile.
L’accento ironico e la freddezza nei suoi profondi occhi scuri fece sparire ogni speranza dal volto del ragazzo. Non era un buon inizio.
«Chiede di lei, per favore, signor Carides» balbettò, «non so più cosa fare, è completamente ubriaco. Se lo zio Carl lo trova in questo stato, se la vedrà veramente brutta! Ha bevuto come una spugna, ieri sera, quasi non si regge in piedi!».
Christos non era sorpreso; anzi, lo sarebbe stato se suo cugino non fosse stato ubriaco. Quando si sentiva sotto stress, infatti, Alex si rifugiava nell’alcool; probabilmente il matrimonio con l’ereditiera di uno dei più ricchi uomini della Gran Bretagna era una fonte sufficiente di tensione.
«Credo che, non appena conoscerai Alex un po’ meglio, capirai che in realtà lui è così.»
Avrebbe scoperto che, dietro l’elegante facciata, suo cugino era un debole, e che, come molti uomini insicuri, tendeva a essere vendicativo e manipolatore se gli si metteva il bastone tra le ruote.
Il ragazzo rimase sgomento a quella risposta. «Non capisce, riesce a malapena a reggersi in piedi e continua...» si fermò e guardò furtivamente oltre le spalle di Christos, «... a piangere!»
Era ovvio che, agli occhi di un gentiluomo inglese, le lacrime erano il lato più imbarazzante dell’intera situazione. «E perché questo dovrebbe interessarmi?» chiese noncurante.
Lo sguardo del ragazzo tradì lo sconcerto. «Non lo aiuterà, vero?»
«No» rispose seccamente lui.
In circostanze normali, il ragazzo non avrebbe mai osato parlare a Christos Carides come stava per fare, ma, pensando di dover risolvere da solo quella scomoda situazione, non riuscì a trattenersi.
«Quando Alex la definiva freddo e insensibile, le avevo lasciato il beneficio del dubbio.»
Christos sorrise, mostrando i denti bianchi e nessun interesse. «È stato un tuo errore» osservò con calma. «Se vuoi un consiglio, per quello che può servire, io gli ficcherei la testa in un secchio di ghiaccio e gli caccerei giù a forza un litro di caffè. Non preoccuparti troppo» aggiunse, «è di costituzione robusta. E adesso, se vuoi scusarmi, sto aspettando una persona.» Con un leggero gesto della testa congedò il ragazzo.
Il preoccupato testimone si allontanò di qualche passo prima di voltarsi e aggiungere con tono di profondo risentimento: «Lo zio Carl aveva ragione quando diceva che voi Carides camminate un metro sopra gli altri; ma quando scendete siete come il peggior criminale: senza valori, senza scrupoli e senza buone maniere».
Peter vide che Christos, anziché sentirsi offeso dalle sue parole, sogghignava con la stessa smorfia dipinta sul volto di un pirata. Uno di quelli pronti a tagliarti la gola senza pensarci due volte.
«Devo prenderla come una minaccia?»
Nonostante Peter non fosse molto prestante, gli venne voglia di ricorrere alla violenza per cancellare l’aria di sfida dagli scuri occhi dell’uomo. Ma non si mosse, ovviamente. Era arrabbiato, non pazzo! Christos Carides non era il classico imprenditore sedentario, era un uomo di poco più di trent’anni decisamente in perfetta forma.
Cercando di calmarsi, Peter si rese conto che gli altri invitati li stavano guardando e, sentendosi a disagio con tutti gli occhi puntati addosso – cosa che invece non sembrava preoccupare il suo avversario – se ne andò con tutta la dignità che fu in grado di trovare.
Gli avrebbe fatto probabilmente piacere sapere che tra gli spettatori c’era qualcuno disposto ad applaudire alla sua descrizione dei Carides, e che avrebbe persino aggiunto qualche commento personale.
Rebecca Summer si stava avvicinando al cordone di sicurezza, confusa tra gli invitati. La sua gola era così secca per il nervosismo che probabilmente non sarebbe riuscita a mettere insieme due parole. Ma non importava, perché la sua voce sarebbe stata in ogni caso coperta dal battito del cuore.
Sei settimane prima, però, non era stata così intimorita; anzi, era stata straordinariamente determinata!
«Le persone come i Carides» aveva detto scandendo il nome con disprezzo, «mi danno la nausea! Pensano che, solo perché sono ricchi e potenti, possono permettersi di comportarsi come vogliono.» Guardò sua sorella Erica e inghiottì il nodo che le si era formato in gola. «Senza preoccuparsi di chi feriscono.»
«Sai, Rebecca, non risolvi niente arrabbiandoti» le fece notare Erica in tono di sfida.
«Vuoi dire che non meritano di pagarla?» Non aveva mai condiviso quel modo di pensare.
«Pagarla?» esclamò Erica con una risata. «Stai scherzando? Stiamo parlando dei Carides.»
«Quindi credi che, perché sono i Carides, possono fare quello che vogliono?» ribatté Rebecca.
«Non lo credo, so che possono!»
La malinconica constatazione di Erica aveva riempito di lacrime gli occhi di Rebecca, che faticava per ricacciarle indietro. «Un giorno o l’altro capiranno che non possono calpestare le persone e farla franca! La pagheranno!»
L’aveva detto nella foga del momento, ma dentro di sé non sperava nemmeno che un’occasione simile le si sarebbe presentata. Invece ora era lì, cercando di mantenere la sua promessa di vendetta.
E se ne stava già pentendo!
Rebecca notò che un invitato stava fissando la sua testa e si affrettò a togliersi il berretto di maglia, decisamente il tipo di copricapo meno consigliato per un matrimonio di classe, che le imprigionava i capelli rosso tiziano. Ravvivandosi i ricci con una mano, scrollò la testa e li lasciò cadere morbidamente sul cappotto scuro.
Non rovinare tutto. L’arte del travestimento non fa decisamente per te, si disse reprimendo una smorfia di preoccupazione.
Non si sentiva intimorita, piuttosto era esausta. E non c’era da stupirsi, visto che la sera prima era saltata sul suo vecchio maggiolino e aveva guidato tutta la notte attraversando metà Inghilterra per essere lì.
Aveva scoperto che l’adrenalina e l’indignazione, e soprattutto l’articolo di giornale sul matrimonio dell’anno nell’alta società, potevano far fare follie a una sorella maggiore protettiva.
Ma senza benzina non si va lontano, così era stata costretta a camminare alle tre del mattino per otto chilometri lungo una strada deserta fino alla più vicina stazione di servizio. Un’esperienza terribile. E come se non bastasse, aveva anche iniziato a nevicare.
La neve ai primi di novembre: quante possibilità c’erano?
Durante la passeggiata notturna, le si era anche rotto un tacco e si era convinta che seguire l’istinto non fosse sempre la scelta migliore. Dopo quello che aveva passato, voleva solo tornare a essere la giudiziosa, cauta e previdente Rebecca di sempre.
Purtroppo ora non era lei. Non rientrava nella sua natura agire imprudentemente, e proprio la sua incapacità di essere spontanea era stato uno dei motivi del fallimento della relazione con Roger.
La famiglia e gli amici l’avevano sostenuta quando, solo una settimana dopo la loro rottura, era comparso sul giornale locale l’annuncio del fidanzamento di Roger con una spumeggiante bionda. Rebecca, in quanto ex fidanzata, avrebbe dovuto rimanere traumatizzata dalla notizia. Invece, aveva accolto la loro storia con una punta di rimorso e, dopo qualche settimana, il ruolo della vittima che le