Agnese paura della vita - Passata e Futura
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Anteprima del libro
Agnese paura della vita - Passata e Futura - Letizia Rillo
633/1941.
AGNESE.
Le origini di mamma Flora.
Questa è una storia vera: personaggi veri che l'hanno vissuta.
(Le origini di mamma Flora).
Siamo nell'anno 1956.
Angelo anni 49 nato nel 1907
Maria anni 46 nata nel 1910
Sposati nel 1931, figli: Giuseppe nato 1932 anni 24, Annamaria nata 1934 anni 22, sposata nel 1955, con Nicola nato 1933 anni 23, Franco nato 1936 anni 20, Lucia nata 1939 anni 17, Flora nata 1940 anni 16.
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Genitori e sorelle di Angelo.
Antonio anni 76 nato nel 1880 anni 26.
Immacolata anni 74 nata nel 1883 anni 21.
Sposati nel 1906, figli: Angelo nato nel 1907 anni 49, Sara nata nel 1910 anni 46, Anna nata nel 1913 anni 43.
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Genitori e fratelli e sorelle di Antonio.
Angelo anni 86 nato 1845
Lucia anni 78 nata 1850
Sposati nel 1868, figli: Giovanni nato nel 1870 anni 86, Carla nata nel 1873 anni 83, Angelica nata nel 1874 anni 82, Costantino nato nel 1876 anni 80, Antonio (che sono io) nato nel 1880 anni 76.
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Carbonaia: dove ho lavorato nel 1880 per 3 anni dai 7 anni. Con: Carmelo 22 anni, Nicola 38 anni, Mario 13 anni.
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Amici d'infanzia: Pietro 21 anni, Bruno 18 anni, Francesco 13 anni, io 10 anni.
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Introduzione.
Mi chiamo Flora voglio raccontare le sensazioni e le esperienze che ho vissuto, nella mia giovane vita. Quando è successo questo episodio ero una ragazzina, ma questa esperienza mi ha impaurita e ha sconvolto il mio modo di credere nella fede religiosa. In famiglia, si pregava tutti i giorni, prima di consumare i pasti, così dopo, ognuno faceva le sue mansioni, vivendo nella tranquillità, della nostra anima, che sentivamo pura. Questo atteggiamento, nel vivere la propria vita, mi faceva sentire forte, nell'affrontare la vita e tutte le difficoltà che mi proponeva. Rispettavo l'insegnamento dei genitori, ubbidendo ai loro ordini, aiutando i vicini e i parenti, utilizzando tutto il tempo necessario. Mi sentivo in obbligo, di comportarmi in questo modo, rendendomi conto, che era esagerato, quando ne parlavo con i miei genitori, di queste sensazioni, loro mi spiegavano che era corretto, il nostro comportamento, perché Dio aveva la priorità sulle nostre azioni, perché quando si passava, alla vita celeste, tutto il bene e l'aiuto che aveva dato, ci veniva restituito senza che chiedessimo niente.
Il mio paese.
Flora vive in un sogno.
Vivevo in una casa di campagna, alla periferia di un paesino, situato in bassa montagna, circondato da case e terreni coltivati, con alle spalle delle colline e boschi. S'era nell'anno 1956 la mia famiglia era formata da: Angelo nato nel 1907, Maria nata nel 1910, che sono i miei genitori e che si sono sposati nel 1931. Il primo figlio era Giuseppe nato nel 1932, Annamaria nata nel 1934, che s'era sposata nel 1955, con Nicola nato nel 1933, Franco nato nel 1936, Lucia nata nel1939, poi nascevo io Flora. Andavamo molto d'accordo abitando tutti insieme, scambiandoci l'aiuto manuale, nel lavoro campagnolo, che cambiava spesso, dandoci la possibilità di non annoiarci e imparando sempre qualcosa di nuovo. Lavorando la terra, si guadagnava il necessario solo per mangiare campando in forza. In quegli anni ci si accontentava con poco, se c'era del guadagno la cosa più importante da comprare era la casa e la terra, perché così qualsiasi cosa succedeva, ogni figlio aveva la propria casa e un pezzettino di terra. Un genitore questo lo esigeva perché era un'abitudine di tutte le famiglie sia ricche che povere, avere in eredità, la terra e la casa anche se era una stanza, per avere la propria intimità. Nicola con Annamaria, non avevano figli per il momento perché erano sposati da pochissimo tempo, ed era bello vivere in allegria, anche perché eravamo tutti giovani il più grande era Giuseppe che aveva 24 anni ed io 16 anni la più piccola.
Angelo: babbo di Giuseppe, Annamaria, Franco, Lucia, Flora, concepiti con Maria la moglie.
Maria moglie di Angelo.
Giuseppe.
Annamaria.
Nicola, marito di Annamaria.
Franco.
Lucia.
Flora.
In allegria, la mattina chi andava nella stalla, chi faceva le faccende domestiche e chi governava gli animali da cortile, chi maiali e capre, eravamo tutti occupati. Tutte le famiglie che abitavano in campagna, la mattina erano obbligate, ad accudire i propri animali e la donna che era responsabile, dell'andamento della famiglia, preparava la colazione che era una frittata, oppure delle frittelle salate anche con verdure, oppure con farina di granturco, mescolata con della farina di grano duro. Quando la famiglia rientrava in casa, dopo avere accudito gli animali, consumava la colazione e andava nei campi a lavorare, mentre prendevano l'attrezzatura. La padrona di casa metteva della cenere sul fuoco, per rallentare la consumazione della legna e la spegnitura del fuoco e seguiva il marito nei campi. Non in tutte le famiglie succedeva che la padrona di casa andava nei campi, ma se la famiglia era unita, faceva partecipare anche lei, ai cambiamenti del lavoro, lasciandogli dire la sua opinione nella lavorazione. Poi riandava a casa per riattizzare il fuoco e preparare il pranzo, io che ero una ragazzina andavo a casa prima, per aiutare la mamma ad apparecchiare e rifinire il pranzo, oppure prepararlo per portarlo nel campo dove lavoravano. Queste regole descritte venivano rispettate da tutte le famiglie, che lavoravano nei campi, perché così riuscivano a risparmiare tempo e potevano lavorare più tempo. Una mattina mentre si raccoglieva le olive, in collaborazione tra di noi, allegramente, era bello lavorare insieme, anche se sentivamo un freddo tremendo. Era l'anno 1956, la neve era arrivata presto, con l'inizio dell'inverno ci faceva soffrire, ma dovevamo lavorare e cercavamo di parlare, ridendo. Avevamo acceso un fuoco, con le fronde delle frasche difficili da cogliere, che avevamo tagliato per coglierle con meno fatica, evitando il rischio di cadere, così ci si scaldava e allo stesso tempo ripulivamo l'interno delle piante, facilitandoci la raccolta. A metà mattina mentre si stava mangiando una fetta di pane, bevendo anche un bicchiere di vino, per fare colazione scaldandosi intorno al fuoco, in lontananza, il babbo si sentiva chiamare, mentre la voce si stava avvicinando riconobbe che era quella del postino, ci fermammo tutti per vedere e sapere cosa c'era di novità, perché se no il postino, la lasciava a casa e noi la vedevamo la sera quando rientravamo dal campo. Quando il postino arrivo da noi ci spiegò che era un telegramma e lo dovevo leggere subito, lo aprii che mi tremavano le mani, c'erano scritte poche parole, non ne avevo mai letto uno. Inizio dall'indirizzo e leggo che è quello di mio padre, il mio cuore comincia a battere più velocemente, alzo gli occhi e vedo la mia famiglia ferma che mi osserva, aspettando delle parole pronunciate dalla mia bocca, capisco così che devo leggerlo in tutti i modi. Quello che vi leggo vi farà soffrire, ma ne sono obbligato: Nonno Antonio è morto, dobbiamo partire subito per farle visita, dato che siamo distanti, per vederlo l'ultima volta. Iniziamo a piangere, andando tutti a casa, per decidere chi parte e chi rimane a casa, per accudire gli animali, mandando anche avanti il lavoro dei campi. La mamma rimane a casa perché oltre ad essere il pilastro della famiglia, non poteva lasciare la responsabilità a Nicola e Annamaria, degli altri figli togliendo Flora che va dal nonno col babbo, così essendo in tanti, se gli animali avevano bisogno, possano chiamare il veterinario e dargli aiuto. La decisione è stata presa si parte io e il babbo, ci vestiamo velocemente e corriamo subito alla stazione senza neppure mangiare, tanto avevamo già fatto colazione, passiamo sui bordi