Vita da Segretaria
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Copertina: Angel Graphics – Cover your book
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Anteprima del libro
Vita da Segretaria - Anita Cainelli
Pubblicato da Pubme© – Collana rosa Un cuore per capello
Prima edizione 2019
Copertina: Angel Graphics – Cover your book
Sito web: http://uncuorepercapello.pubme.me/
Pagina facebook: https://www.facebook.com/Un-cuore-per-capello-218110230877…/
Email: uncuorepercapello@gmail.com
Questa è un'opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti, luoghi o persone è puramente casuale. È vietata la riproduzione completa o parziale dell’opera ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile (Legge 633/1941)
Sinossi: Elena lavora come segretaria nel reparto vendite di una grande azienda di Milano. Giulio è il suo capufficio ed ha una personalità bizzarra, come pure molte altre figure all’interno della società. I colleghi di Elena sono un po’ quelli che si incontrano in qualsiasi posto di lavoro. Il divertente sarà trovare quelli che più assomigliano ai caratteri descritti. La vita di una segretaria è dura, soprattutto se messa alla prova dai sentimenti. E se, a dispetto di tutto, l’amore entra in ufficio…
Vita da
Segretaria
di
Anita Cainelli
Doverosa premessa.
È difficile la vita di una segretaria, come la vita di qualsiasi altro lavoratore, in qualsiasi posizione dell’organigramma, livello retributivo, postazione, città, nazione, continente. Per ognuno il proprio lavoro è il più duro, sottostimato, incompreso, dequalificato. Precario, impegnativo, noioso. Oppure massacrante, disumano, avvilente.
E aldilà delle descrizioni più indecorose di quella che è la nostra attività retribuita, e nonostante qualche indubbia e inevitabile soddisfazione, in fondo mi sento autorizzata a dichiarare che quello della segretaria sia uno dei lavori più difficili.
Una segretaria è infatti contemporaneamente telefonista, PR (leggi proprio pierre = public relation quindi nulla a che vedere col francese), problem solver, organizzatrice di eventi e appuntamenti, decoratrice, archivio di memoria, psicologa, padre confessore, madre, sorella, amica, bersaglio mobile di malumori e frustrazioni, sociologa, etnologa e sicuramente ho scordato qualcosa, ma non importa. Sono sicura di aver reso sufficientemente l’idea e altrettanto certa che leggendo questa storia tante si troveranno d’accordo con me e si riconosceranno nei piccoli drammi quotidiani che racconterò.
Considerando la molteplice varietà caratteriale del genere umano, penso, con buona approssimazione, di aver contemplato la quasi totalità delle tipologie dei colleghi che si possono incontrare su un posto di lavoro. O forse no, vedremo!
Questa comunque non è una storia qualsiasi, non è solo un romanzo, non è un saggio di psicologia, né tantomeno un manuale di istruzioni o un vademecum.
No, cari miei, questa è semplicemente la dura vita di una segretaria!
1
L’ordinata maniaco-compulsiva
Non azzardarti a spostare qualcosa dalla mia scrivania se tieni alla tua vita
Arrivo al lavoro trafelata e quasi agonizzante. La sveglia del cellulare ha dato forfait, indagherò più tardi sui motivi, ma ho stabilito un nuovo record di percorrenza casa-lavoro timbrando l’entrata in servizio alle 8.01 in scivolata e, meno di un nanosecondo più tardi, sono già seduta alla mia scrivania.
No, non avrei potuto prendermela con più calma e azzardare un ritardo più concreto. Non oggi dove la giornata prevede un ritmo di lavoro da allenamento zumba livello progrediti.
Ed è proprio lì, tra la prima telefonata della giornata, l’accensione del computer e il collegamento con i programmi di utilizzo più frequente, che arriva lei, l’ordinata ossessivo-compulsiva come un toro infuriato, con tanto di fumo che le esce dalle narici.
Chi ha toccato la mia scrivania?
sbotta in tono eloquentemente irritato.
Non saprei
rispondo senza darle particolare retta.
Perché, manca qualcosa?
ipotizzo con nonchalance.
La mia cucitrice è sparita
sentenzia lei sconvolta.
Poiché la notizia non mi turba in modo particolarmente evidente, pago la mia indifferenza con una scenata sul perché ci sia sempre qualcuno che sposta le sue cose, che è un’assoluta mancanza di rispetto appropriarsi furtivamente degli oggetti altrui e che se la cucitrice non salta fuori in un tempo ristretto ai prossimi cinque minuti si riserva il diritto di perquisire le scrivanie di tutti i colleghi. Naturalmente partendo dalla mia, sospettata numero uno.
E mentre rispondo al telefono, consegno un documento a un cliente, annoto un appunto sull’agenda e scrivo il testo di una mail, mi sento minacciare:
Devi cercare subito la mia cucitrice, non posso lavorare sapendo che c’è qualcuno che si appropria dei miei strumenti di lavoro, non mi muovo di qui finché non salta fuori
.
La guardo esasperata e mi offro di prestarle la mia, ma non abbocca. Di conseguenza vado alla ricerca della cucitrice perduta, chiedendone notizie in giro, scrutando le postazioni dei colleghi con discrezione e svolgendo un’accurata indagine per un buon quarto d’ora. Ma poiché non posso protrarre oltre quella che io considero una totale perdita di tempo, decido di risolvere la cosa prendendone una nuova dall’armadio delle scorte di cancelleria, sperando di trovarne una del medesimo colore dell’originale scomparsa per non farne notare lo scambio.
Prendo le chiavi dell’armadio dalla mia cassettiera e… cavolo! Eccola lì la cucitrice infame, ma come accidenti è possibile? Poi un’illuminazione: ieri ho dovuto faxare urgentemente un documento quando già me ne stavo andando a fine giornata, e avevo in mano dei fogli da archiviare, poi il capo mi ha chiamato, ero già in ritardo e passavo proprio davanti alla scrivania della collega… La quale naturalmente non sente ragioni, la sua giornata è rovinata, il mio comportamento altamente inopportuno, non dovrò mai più permettermi di toccare le sue cose!
Io a quel punto giuro solennemente con tanto di mano sul cuore, perché il telefono sta squillando insistentemente e non posso perdere altro tempo prezioso.
Se ne va portando in trionfo la sua cucitrice, stizzita e offesa, mentre io rispondo al telefono e alle richieste del mio capo, che con grande rispetto e riconoscimento della sua autorità, mi limito a definire l’impegnativo.
2
L’impegnativo
Distribuisco incarichi a raffica, perché tutto deve funzionare come dico io
L’impegnativo ha una dote personale unica nel suo genere. Riesce ad impartire il numero massimo di incarichi nel minimo tempo possibile, mentre passa davanti alla mia scrivania senza nemmeno rallentare, limitandosi al transito occasionale, senza un incrociare di sguardi, una sincronizzazione telepatica. Non importa cosa stia facendo io in quel momento, se parlando al telefono o con un cliente, se concentrata in un lavoro, se mentalmente presa dalla risoluzione di un problema.
O se magari stavo azzardando una puntatina in bagno, dopo ore che non mi riesce neanche di alzarmi dalla sedia