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L'assistente ideale
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E-book313 pagine3 ore

L'assistente ideale

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Info su questo ebook

PREMESSA:
Questo romanzo contiene, nelle ultime pagine, i primi capitoli del libro "Niente di serio, almeno credo", pubblicato dalla Leone editore e disponibile in tutte le librerie dal 17 ottobre.

SINOSSI
Diciamoci la verità, Adel Simon è una persona normale. Drammaticamente normale. In più detesta la sua vita, detesta essere quello che è e detesta il suo lavoro a Lione. Allora perché parlare di Adel? Perché per una volta e per puro caso le viene permesso di vivere per qualche giorno la vita che in realtà vorrebbe e di essere non più la semplice correttrice di bozze della Seine Rouge, ma un'avvenente escort dallo scintillante guardaroba estivo. Antoine Morel è stato chiaro: per tre giorni dovrà essere impeccabile, l'assistente ideale. E dovrà seguire il famosissimo Kilian Lefevre come se fosse un'ombra, questo almeno fin quando non riusciranno a fargli firmare un contratto per la collana Suggestive. Cosa sperare di più? E' un sogno, ma c'è un però. Già. Un però davvero insopportabile che si chiama Philippe, costretto a seguirla per impedirle di combinare un pasticcio dopo l'altro. E allora che succede? Be', potreste leggerlo, no?
LinguaItaliano
Data di uscita9 ott 2019
ISBN9788834195758
L'assistente ideale

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    Anteprima del libro

    L'assistente ideale - Cecile Bertod

    EPILOGO

    L'assistente ideale

    L’assistente ideale

    Cecile Bertod

    Prologo

    Tutti i miei romanzi

    Non mi piaci ma ti amo

    Nessuno tranne te

    Tutto ma non il mio tailleur

    C’era una volta a New York

    Mai più innamorata

    L’assistente ideale

    Tu mi appartieni

    Principe azzurro e dove trovarlo

    Cruel Desire

    Dopo di te nessuno mai

    Ti amo ma non posso

    Di prossima pubblicazione:

    Niente di serio, almeno credo

    In tutte le librerie dal 17 ottobre!

    SCOPRI I PRIMI DUE CAPITOLI DEL MIO PROSSIMO LIBRO. LI TROVI ALLA FINE DEL ROMANZO!

    Online la novella gratuita: Metti un giorno, per caso, dove potrai iniziare a conoscere tutti i personaggi della storia.

    PROLOGO

    Un silenzio tombale cade nella stanza.

    Nessuno osa fiatare.

    Lucie, factotum della contabilità, entra in quel momento nella sala riunioni, stringendo una cartellina verde tra le braccia. La posa con cautela sul tavolo, accanto al portatile di Gustave Picard, e scambia con lui un rapido gesto d’intesa. Quindi sgattaiola velocemente fuori e se ne va ticchettando verso l’ascensore, fasciata dal suo tailleur giallo ocra. Nessuno, a parte l’uomo, sembra aver notato la sua breve apparizione.

    Siamo a Port-Royal. Boulevard Saint Michel. Numero 23.

    Ci sono quattro impiegati incravattati attorno al tavolo. Differenti estrazioni sociali, differenti generazioni, differenti fattezze; eppure tradiscono tutti la stessa impazienza, mentre osservano con espressione tesa la figura imponente a capotavola. L’uomo in questione è Antoine Morel, direttore editoriale della storica casa editrice Le Seine Rouge. Un borioso imprenditore di mezza età, che dovrebbe smetterla di abusare delle docce abbronzanti e delle lozioni dopobarba. Se non fosse per l’innaturale pigmentazione della pelle, sarebbe a suo modo affascinante: vestiti impeccabili, atteggiamenti sicuri, voce roca e, soprattutto, patrimonio personale invidiabile.

    Di norma, lo si sente sbraitare dal suo ufficio qualsiasi genere di ordine, rimprovero, imprecazione, ma oggi è davvero troppo occupato per dedicarsi anima e corpo al suo passatempo preferito: bistrattare ogni creatura vivente. Se ne sta seduto con aria composta e stringe tra le dita un cordless di plastica nera. Da qualche secondo ha anche smesso di parlare e attende una risposta dal suo interlocutore con sguardo impassibile, lasciandosi assordare da una gracchiante riproduzione della Marseille.

    Accanto a lui, dritta come un fuso, c’è Michelle Vidal, segretaria personale di Morel. Ha meno di una trentina d’anni e il suo aspetto è curato, professionale.

    Inforca gli occhiali restandosene in piedi dietro la poltrona e si concede una panoramica dei presenti. Ai lati del suo datore di lavoro siedono due curatori editoriali, segue un consulente neoassunto di cui non ha ancora imparato il nome e infine c’è il signor Picard, il più anziano tra tutti. È il direttore della collana " Suggestive", che pubblica trattati legati al mondo dell’archeologia, soffermandosi sulle più sensazionali scoperte delle recenti campagne di scavo. È l’unico che sembra incurante degli eventi. Se ne sta lì con aria assente. Per lo più sbircia i fascicoli che gli hanno lasciato, segnando brevi annotazioni sulla sua agenda. Normalmente, non avrebbe alcun motivo di partecipare alle riunioni del mattino: la sua è una collana di poco interesse, che si mantiene aperta solo per un’insignificante, ma nutrita nicchia di affezionati. Professori universitari, studenti in cerca di status… Ormai prossimo alla pensione, preferirebbe pantofolare nel suo piccolo ufficio al terzo piano, ma Antoine è di tutt’altro avviso. Conscio della reputazione che il suo collega gode nell’ambiente, ha ritenuto logico approfittare di quegli ultimi mesi per affidargli la prossima colossale impresa della filiale: la pubblicazione dei resoconti di scavo di uno dei più discussi avventurieri di quest’ultimo decennio. Parliamo di Kilian Lefevre, un ricercatore venuto fuori dal nulla e oggi sulla bocca di tutti per le sue singolari teorie archeologiche. Secondo Gustave si tratta solo di un ciarlatano, ma Antoine è sempre stato cocciuto e dunque sì a Kilian e sì alla presenza di Picard alla riunione del mattino. Ciò non vuol dire, però, che Picard provi per quel resoconto di cialtronerie il minimo interesse. Ed è proprio la totale estraneità al risultato della trattativa a lasciarlo così indifferente. Te ne accorgi da com’è seduto: poggia svogliato sullo schienale e si trastulla con il lieve dondolio dei mocassini sulla moquette.

    Gli altri… Gli altri no. No, decisamente no. Basterebbe un fruscio improvviso a farli saltare tutti in piedi come molle. Chi mangiucchia una penna, chi batte il tallone sul pavimento, chi gioca con il cinturino dell’orologio.

    E tutto per colpa della Marseille. Due minuti che va avanti...

    «Ancora un attimo di pazienza», mugugna Michelle, per spazzare via la tensione. Come loro, sa bene quanto sia importante quella telefonata. L’esito della conversazione deciderà il ruolo che rivestirà la loro filiale all’interno del gruppo editoriale. Se tutto andasse secondi i piani, il fatturato schizzerebbe alle stelle e Antoine, probabilmente, riuscirebbe a spuntarla con il consiglio d’amministrazione, facendosi eleggere per il nuovo mandato.

    E lei? No, dico, e Michelle cosa ci guadagnerebbe? Sicuramente, in qualità di segretaria personale, vedrebbe la sua busta paga lievitare vorticosamente e, chissà?, rinfoltirsi di una bella gratifica a quattro zeri!

    E allora palme, spiagge tropicali, un uomo completamente oliato che le sussurra parole d’amore al chiaro di luna.

    «Ah...».

    Ma questi sono sogni. Un po’ di contegno, signorina Vidal. Dignità!

    «Ehm…».

    Cercando di restare ancorata alla realtà, la donna si gratta con disinvoltura il labbro inferiore e torna a fissare il suo capo, che inizia a dare i primi segni di cedimento. Altri due accordi dell’inno nazionale e potrebbe defenestrare il telefono. «Io proprio non capisco come possa…», lo sente imprecare. E giustamente! Come si permettono? Lui è l’editore della Seine Rouge, e nessuno fa attendere il direttore della Seine Rouge. È la prima… No, magari la seconda casa editrice del paese. Dovrà pur valere qualcosa?

    E Antoine che fa? Antoine Morel, che ormai dirige la filiale di Lione da più di otto anni, se ne sta appeso a un filo ed è lì che rimugina sulla possibilità di mettersi a urlare quando… No. Un attimo! Si ferma, perché in quel momento accade qualcosa.

    «Ssh!». Spinge un dito sulla bocca, intimando ai presenti di non emettere un solo sibilo.

    Forse ci siamo.

    Picard solleva per la prima volta gli occhi dai suoi fogli, inarcando un sopracciglio.

    Tutte le orecchie si tendono all’unisono, pronte a cogliere anche il minimo cenno.

    Non vola una mosca.

    Ancora un minuto di quel silenzio innaturale e Morel riacquista rapidamente colore. «Sì… Sì, mi rendo conto. Certo», inizia a ripetere alla cornetta con tono rassicurante. «Mi sembra ovvio. Non posso che condividere le sue preoccupazioni. Inutile ripeterle quanto il suo lavoro sia apprezzato dalla Seine Rouge. Lasci solo che le ricordi… Cosa? No, assolutamente. Ci mancherebbe! Certo. Bene. Perfetto».

    Farfuglia. Ringrazia. Annuisce. Non sembra neanche lui. E va avanti così ancora, e ancora. E solo dopo una lunga e interminabile coda di convenevoli, chiude finalmente la conversazione e si accascia sfatto sullo schienale della sua poltrona, ammutolendo.

    Ah…

    Ehm…

    CoffCoff

    Brusii in sottofondo.

    Nessuno sa cosa fare.

    Gli impiegati radunati al tavolo si guardano attoniti, chiedendosi chi di loro sarà così stupido da farsi avanti. Antoine, però, sorprende tutti e, dopo averli osservati per alcuni istanti con sguardo greve, irrompe con un: «Hanno accettato!», e scoppia in una fragorosa risata.

    Inutile dirlo, a quella conferma tutti si alzano dalle poltrone e nella stanza rimbomba un boato di pura esultanza. Anche Michelle, di natura schiva, solleva una mano per non sentirsi esclusa mentre si trova a considerare di non essere mai riuscita a ottenere altrettanto entusiasmo con nessuno dei suoi ex. Neanche con il completino leopardato di Pour Elle! Ma la signorina Vidal è un’ottimista e, lontana da qualsiasi forma di risentimento, li lascia sfogare restandosene in disparte. Passato lo slancio, si volta a sua volta verso il direttore e sussurra: «Non poteva andare diversamente. La sua esperienza, la sua abilità nelle trattative…». Elenca complimenti a caso in un exploit di rapita adorazione, lasciando volutamente in sospeso il finale. Non crede a una virgola di quanto appena affermato. Antoine è un datore di lavoro tirannico e incapace, ma ormai ha deciso di volere a tutti i costi quella gratifica quindi ben venga la pantomima, se è per una nobile causa. Il signor Morel, d’altro canto, è troppo impegnato a pavoneggiarsi per trovare il tempo di chiedersi se quei complimenti siano o meno meritati e, come premio per la riuscita dell’accordo, sfila un grosso sigaro dal taschino e si appresta ad accenderlo.

    «Benissimo, branco d’incapaci», sbraita, rivolgendosi ai suoi sottoposti. Il brusco cambio di tono non stupisce nessuno ma tutti si affrettano a ricomporsi, già prevedendo la sfilza di ordini che seguirà il colorito epiteto. «Venerdì prossimo saremo in Scozia per le premiazioni. Niente stronzate, siamo chiari? E qualcuno chiami la stampa, dannazione! Terremo una conferenza all’arrivo, una alla fine della manifestazione…», elenca, battendosi prima l’indice, il medio. «Per Kilian aspetteremo. Presenteremo prima i libri in catalogo». A quel punto si interrompe, brusco, e fissa la porta con visibile ostilità. «Alphonse!», grida, fermando un ragazzino scheletrico sulla porta. «Ti ho forse detto di andartene?», domanda, questa volta soave. Un sorriso falso che gli arriva da un orecchio all’altro.

    «Ma… Ma veramente», farfuglia lui, rigirandosi la cravatta tra le mani.

    Ad Antoine basta indicare la sedia e Alphonse ritorna esattamente dov’era, blocco degli appunti alla mano. «Voglio un programma delle iniziative sulla mia scrivania tra dieci minuti», ordina, prima di passare ad altro. «Jonas, fa’ un salto dal grafico e fa’ preparare due pannelli illustrativi con le proposte per la copertina di La Città di Creta e i segreti dei papiri di Alessandria. E mi raccomando…». Non suggerimenti, minacce a chiaro intento intimidatorio. «Cerchiamo di concentrarci sulla figura di Kilian, non rifilarmi cazzate tipo vasi e maschere greche, intesi?». Senza neanche prendere fiato, né tantomeno attendere una risposta di Jonas, a quel punto il signor Morel ritorna su Alphonse, trovandolo un'altra volta accanto alla porta. «Allora non ci siamo capiti?», lo fredda con il suo solito atteggiamento: un miscuglio di strafottenza, trivialità e inutile surplus di testosterone. «Prima del programma passa da Irene. Ricordale che dovrà preparare una presentazione per la campagna pubblicitaria. Dille che non badiamo a spese e che deve trattarsi di qualcosa di sensazionale».

    «Certo, Morel», annuisce il ragazzo quasi convulsamente. Che pena… Se potesse, Antoine lo licenzierebbe, ma è già il quarto? Il sesto? Non può proprio perderne un altro.

    «Ma sì, va’ via», alla fine lo congeda. E con lui tutti gli altri. Li osserva sfrecciare in ogni direzione possibile e non può fare a meno di paragonarli a sé. «Che debosciati. In che condizioni devo lavorare. Aah…». Soffia con rassegnazione tra i baffi. «Michelle, almeno lei si renda utile. Mi porti un caffè». La spedisce al terzo piano e quando la porta si richiude per l’ultima volta, ricorda che c’è ancora qualcuno a quel tavolo. «Allora, Gustave…», chiede a Picard, concedendosi una boccata di fumo. «Non sei contento?».

    Picard non sembra affatto convinto e lo guarda con espressione pensosa, restandosene nascosto tra i suoi incartamenti.

    «Cos’altro volevi?», sbraita Antoine, non riuscendo a spiegarsi un simile atteggiamento. Gustave allora sospira e si lascia sfuggire un: «Non lo so, non sono convinto…», a stento udibile. Masticato.

    «Non sei convinto? Ma hai capito di chi stiamo parlando?»

    «Di uno squilibrato che crede di essere Indiana Jones con evidenti manie di persecuzione?», suggerisce il vecchio.

    «No, io sto parlando di Kilian Lefevre, il più famoso archeologo di tutti i tempi. I suoi due ultimi libri hanno venduto più di trenta milioni di copie. Le sue scoperte sono sensazionali!».

    «L’unica cosa che riesco ancora a trovare sensazionale è la pomata per la sciatica del dottor Schultz», ribatte Gustave affatto impressionato, ma Antoine liquida il suo scetticismo con indifferenza.

    «Vecchiume, ecco da cosa sono circondato!». Solleva anche una mano e la agita come se stesse scacciando una mosca. «Lo stile del signor Lefevre è un cocktail micidiale di irriverenza, spregiudicatezza, pathos e…».

    «E sbruffoneria! Ecco, l’ho detto. A me sembra solo un pallone gonfiato e non sono neanche sicuro che abbia davvero fatto tutto quello che racconta».

    «Andiamo, Gustave... Ha sputtanato studiosi, personalità politiche. Aspettano tutti un passo falso per massacrarlo e Kilian lo sa. Pensi davvero che rischierebbe di ritrovarsi sommerso dalle querele? No… No, senti, non ci credo. Quello è uno che ci sa fare. Non scriverebbe mai nulla se non fosse convinto di poterlo dimostrare». Per un attimo spera di avercela fatta. Solleva il naso su Gustave, ma lo trova ancora lì, trincerato nei suoi pregiudizi e allora esasperato, praticamente sbuffando come una locomotiva a vapore, gli domanda: «Sai perché ha successo?»

    «Crollo degli standard qualitativi delle pubblicazioni scientifiche?»

    «No, ovviamente», lo corregge Antoine, senza badare al sarcasmo. «Il segreto è il suo carisma. I suoi non sono semplici trattati, ma vere e proprie denunce. Kilian è l’eroe che non ha paura, che combatte il sistema. Nei suoi resoconti di viaggio c’è tutto: mitologia, spionaggio, documenti top secret, complotti politici…», elenca, elettrizzandosi.

    «Sì, lo so», ammette Picard, «ma la Seine Rouge non è una rivista scandalistica. Questa è una casa editrice seria, che si è sempre tenuta lontana da sensazionalismi momentanei, preferendo garantire affidabilità, serietà e professionalità in ogni pubblicazione. È una linea d’azione alla quale si sono attenuti tutti i nostri predecessori ed è la stessa linea che ha adottato il nostro attuale amministratore, nonché tuo padre», gli ricorda alla fine, di punto in bianco, già sapendo di rigirare il coltello in una ferita aperta.

    «Maledizione!», esplode Morel, sbattendo una mano sul tavolo. «Se continueremo a darvi retta, presto dovremo chiudere i battenti e allora sai dove le metterai le tue stramaledettissime linee? La gente non legge più. Cliccano su Wikipedia e pensano di sapere tutto. Dobbiamo seguire le mode del momento, Gustave, e pensare agli incassi. Se i lettori vogliono Kilian avranno Kilian! Quando i dati sulle vendite mi daranno ragione, non ci sarà protesta che valga e mio padre dovrà fare i bagagli e abbandonare il consiglio d’amministrazione».

    «E potrai subentrare tu», continua per lui Picard, anche se non espressamente richiesto. «Sì, conosco i tuoi piani. Adesso non ti agitare, non ce n’è bisogno», prova a rabbonirlo, con la sua pacatezza abitudinaria. «Figurati se non desidero il meglio per la società. Se sei convinto che questo sia un buon affare allora sono con te. Forse hai ragione, noi ormai abbiamo una certa età e non riusciamo più a stare al passo coi tempi. Dunque, quando firmerà?», lo interroga a bruciapelo, stringendo le palpebre pesanti.

    Antoine non è uno stupido e capisce da subito cosa nasconde quella improvvisa resa.

    «Tranquillo, lo sa anche lui che nessuno può offrirgli di meglio. Avremo la data quanto prima!».

    «Ma… Allora non abbiamo nulla in pugno?»¸ gli chiede Gustave.

    «Ma cosa dici?», ribatte Antoine, spazientito. «Non ti angustiare, siamo in dirittura d’arrivo. Per ora ha acconsentito a farsi seguire dal nostro staff durante la serata di assegnazione del Premio Phoenix».

    «Mmh… Dove si terrà quest’anno?», si distrae Picard.

    «Hanno scelto la residenza del conte Strathmore», spiega Morel.

    «Ancora il castello di Glamis?»

    «Già… Sta diventando una tradizione», conferma Antoine, ma cambia subito argomento e ritorna a Kilian. «Vedrai, se giocheremo bene le nostre carte avremo il contratto entro la fine del mese, te lo assicuro», e senza perderlo d’occhio, solleva la cornetta del telefono e digita un paio di numeri. Qualche squillo e dall’altro lato risponde Michelle.

    «Signor Morel, stavo arrivando ma hanno chiamato da…», inizia a giustificarsi, preoccupata. «Il suo caffè…».

    «Lasci perdere il caffè!», sbotta Antoine infastidito, inserendo il vivavoce. Anche Picard da quel momento può sentire i vaneggiamenti agitati dell’assistente di Morel. «Piuttosto mi ascolti, e segni tutto», le ordina intanto lui, arricciando la bocca in una smorfia. «Il signor Lefevre ha chiesto espressamente di essere affiancato da un’assistente durante il soggiorno in Scozia. Qualcuno che gli faccia compagnia durante la manifestazione. Serve una persona competente, ma abbastanza gradevole da non farlo scappare prima che abbia firmato. Insomma, Michelle»¸ arriva al sodo, «Posso contare su di lei?».

    Michelle tentenna un po’, poi gli risponde mortificata: «Temo di no, signor Morel. Sono davvero spiacente, ma il prossimo fine settimana sarò alla Fiera del Libro di Francoforte. Ho già organizzato tutto e non saprei davvero da chi farmi sostituire così, all’ultimo minuto».

    «Vero!», sbotta Antoine, sbattendosi una mano sulla fronte. Sperava davvero di poter far affidamento sull’esperienza pluriennale di Michelle. «Dimenticavo la fiera… Chi potrebbe occuparsene?», mugugna, spegnendo ciò che resta del suo sigaro in un posacenere di ceramica.

    «Andiamo, Antoine, non vorrai farmi credere che non c’è, tra le impiegate della Seine Rouge, una segretaria disposta a fare un po’ di straordinari retribuiti in uno splendido castello decadente, circondata dai migliori partiti d’ Europa?», scherza Gustave, che non ha perso una sola parola di quella conversazione.

    «Interi sciami, Gustave!», ribatte Morel, allontanandosi dalla scrivania con agitazione, «ma a noi serve qualcuno di affidabile, che sappia curare gli interessi della compagnia e… E soprattutto sia all’altezza del suo accompagnatore. Kilian è abituato a frequentare attrici, modelle, non può accontentarsi di un’impiegatucola vestita di poliestere!».

    «Già», sospira Picard. «Una così potrebbe non sopportare le sue scempiaggini per oltre due ore».

    «Se posso intromettermi…», si sente cinguettare Michelle dall’apparecchio. «Una soluzione ci sarebbe. Esistono diverse agenzie che forniscono personale qualificato per occasioni di questo tipo. Si tratta di ragazze particolarmente eleganti, selezionate per intrattenere uomini d’affari e personaggi dello spettacolo durante eventi mondani o… be’, sì, perché no? Anche viaggi di lavoro».

    «Sembra perfetto», resuscita Antoine, tranquillizzandosi, ma Gustave non è così d’accordo.

    «No, non credo», frena il suo entusiasmo. «Ci ritroveremmo tra i piedi una sconosciuta che non sa nulla di editoria e la cui presenza potrebbe anche essere fraintesa. Forse dovremmo pensare a qualcos’altro…».

    «Le assicuro, signor Picard, sarebbe una scelta appropriata», insiste invece Michelle, provando a spiegarsi meglio. «Vede, è un servizio di cui abbiamo già usufruito l’anno scorso, in occasione del Festival Internazionale di Graphic Novel. Serviva qualcuno per i nostri autori in visita dal Giappone e furono entrambi molto soddisfatti. Non sono nulla più di comuni assistenti. L’unica differenza è l’abitudine a relazionarsi con persone dell’alta società. Sanno come comportarsi in determinati ambienti, parlano correttamente più di una lingua e sono scelte in base alle loro conoscenze personali. Per l’occasione, potremmo chiedere una candidata con conoscenze generali nel campo della storia dell’arte e dell’archeologia».

    «Si può fare davvero?», domanda stralunato Antoine.

    «Certo!», conferma allegra la signorina Vidal, aggiungendo: «E avremo tutto il tempo per istruirla circa le sue mansioni durante l’intero soggiorno».

    «Fantastico, allora non ci resta che chiamare in agenzia. Chi si occupò della questione durante la mostra?», taglia corto Antoine, che ne ha abbastanza di quelle inutili chiacchiere.

    «Se ricordo bene, Adel Simon», ci pensa su Michelle.

    «Chi?», domanda lui, sbarrando gli occhi.

    Gustave fa spallucce, non ne ha idea. Mai sentito quel nome.

    «Ma sì, Adel Simon! Smistava posta al terzo piano, poi Olivia è rimasta incinta e lei ha preso il suo posto come correttrice di bozze per la sezione cucina e famiglia», ricorda loro la signorina Vidal, schiarendosi la voce.

    «Non ho la più pallida idea di chi sia», ammette Antoine. «Ma questo è irrilevante. Se è stata lei a occuparsene in passato, potrà farlo anche adesso. Pensi a informarla e le chieda di dare la priorità alla questione, qualsiasi altra cosa stia facendo in questo momento!».

    «Non si preoccupi, signor Morel. Invierò quanto prima un memorandum alla signorina Simon. Vado a prenderle il caffè?»

    «Uh? Ah… Sì, porti quel benedetto caffè», la saluta Antoine, prima di chiudere la conversazione per tornare su Gustave, ancora seduto e con lo sguardo annoiato. «Si può sapere che ti prende?»

    «Ma a te sembra normale che un uomo di quasi quarant’anni, un professionista affermato, abbia bisogno di una compagna a ore?», solleva le sue perplessità con imbarazzo, unendo le mani.

    «Ma cosa vuoi capirne? Gustave, questa è gente famosa, non ha tempo da perdere. E poi non mi sembra la fine del mondo. Ci sta mettendo alla prova: vuole scoprire cosa saremmo in grado di garantirgli, qualora accettasse la nostra offerta. Noi dobbiamo coccolarlo, seguirlo, farlo sentire a suo agio, non fargli mancare nulla…».

    «Stai parlando di un cane o di uno scrittore? Perché inizio a perdere il filo».

    «Gustave!», lo sgrida esasperato Antoine e l’arzillo vecchietto si trova costretto a cedere, concedendo un laconico: «Se lo dici tu, Antoine…».

    «Lo dico io!», sbotta il direttore e la questione viene archiviata.

    CAPITOLO 1

    Odio la mia vita.

    Odio la mia vita.

    Odio la mia vita.

    Odio la mia vita.

    Ore 7. 40 del mattino al numero 7 di Rue Magneval. Come al solito la sveglia… non ha suonato. Quindi mi restano solo cinque minuti per fare la doccia, vestirmi e dare la pappa a Gastone.

    Sarò costretta a fare colazione mentre corro al lavoro e sicuramente finirò col rovesciarmi il caffè sulla camicetta bianca.

    Mmh…

    Promemoria per me: niente camicette bianche.

    Conscia dell’irrecuperabilità delle mie congiunzioni astrali, mi trascino catatonica in bagno in un pigiamone extralarge di Spongebob e saluto il mio riflesso allo specchio, cercando di non soffermarmi sulle occhiaie violacee né sulla strana piega presa dai capelli. Di norma ho lunghi capelli lisci di un insipido castano sbiadito, ma stamattina assomiglio più a una rivisitazione in chiave romantica dei Tokio Hotel, il tutto senza neanche aver avuto bisogno di chili e chili di gel. Vorrei in qualche modo far riscoprire la forza di gravità alle mie doppie punte, ma non mi sovviene alcun espediente consono. In mancanza d’altro, mi affido all’effetto ammortizzante dell’acqua bollente e prego in cuor mio che basti.

    Esco dalla doccia alle otto meno cinque, avvolta in una nube biancastra di vapore aromatizzato alla vaniglia. Considerando il ritardo accumulato sul precedente ritardo, le possibilità di arrivare in tempo al lavoro sono più o meno le stesse che ho di sollevare il tappetino dell’ingresso e trovarci George Clooney arrotolato in un nastro rosso peccaminoso con su scritto scartami.

    Non più assonnata, ma decisamente irritata, apro la porta della camera da letto con troppa foga

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