L'Exodus da Via Mazzini 25 Ferrara: Da Lucrezia Borgia all'Exodus da Ferrara
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Anteprima del libro
L'Exodus da Via Mazzini 25 Ferrara - Umberto Vitali
famedio
Prefazione
Ho sentito profondamente il desiderio di scrivere un romanzo su Ferrara, per amore della città e per farla conoscere meglio a tutte quelle generazioni venute al mondo dopo la seconda guerra mondiale. Troppe storie ed aneddoti eccezionali sono ancora sconosciuti, se non dimenticati. Bisogna rendere giustizia a Ferrara per la sua storia illustre passata, dal medioevo al rinascimento, a quella recente e anche di sofferenza della popolazione, che vi abitava.
La memoria e le radici storiche di una città sono le radici della cultura e della qualità di un popolo e delle singole persone. Bisogna assolutamente che tutte le generazioni conoscano la storia dei padri per affrontare le sfide che ci la vita ci presenta.
Dedica
Questo libro lo dedico a mia madre Delia e a mio padre Ermanno, che vissero di persona le traversie della seconda guerra mondiale, e nonostante tutto ebbero anche il coraggio di procreare Cesarina, nata nel 1940 e Agostino nel 1941.
Premessa
Il contenuto di questo libro non fa riferimento a persone precise, anche se molte notizie sono state ricavate da documenti. Mi scuso per imprecisioni od omissioni.
In copertina è raffigurato un quadro con un vaso di iris blu, realizzato da me, come interpretazione di un quadro di Van Gogh. L’iris blu è simbolo di: speranza, coraggio, forza di volontà, ammirazione, fede religiosa, collegamento fra cielo e terra, buon auspicio dopo le avversità.
Una bella giornata di sole
Era l’ideale per eseguire una visita medica a domicilio a Ferrara.
Il nome della città è di derivazione incerta: dal nome di una ragazza arrivata da Troia (Ferrara) o dal ferro (lavorato nel territorio) o dal farro (coltivato nel territorio e molto utilizzato dai Romani) o per importanti fiere (feriarum area) o per sede del vescovo (Ferrariola) o per militare bizantino (Castrum Ferrariae) presso il Po (San Giorgio). Poi la città si sviluppò a nord, al di là del fiume, perché’ più difendibile sotto il potere dei Longobardi. I primi insediamenti si svilupparono lungo la riva nord con via Ripagrande e via delle Volte, poi sorsero il Duomo e la Piazza Municipale.
Messa la borsa da medico nel portapacchi posteriore della bicicletta, attraversai il corridoio del giardino, per uscire di casa. Da entrambi i lati il sentiero era così rigoglioso di alberi e di piante da sembrare di attraversare una giungla. Il gigantesco albero di fichi nell’angolo delle mura del vicino, poi le siepi di alloro da entrambi i lati, un albero di ulivo, un sicomoro, un albero di alloro, un rosaio rampicante sul muro, i cipressi sempervirens, altri due alberi di fichi.
Aprii il cancello e mi avviai in bicicletta lentamente in via Arianuova, verso corso Ercole I° d’Este, godendomi l’atmosfera di inizio autunno.
Tutto attorno vi erano campi d’erba e arrivai all’incrocio con via Ercole I° d’Este, dove si affacciavano i bei palazzi rinascimentali: Trotti Mosti (il nobile partecipò alle battaglie di Cornuda e di Vittorio Veneto nel 1848 per liberare la patria asservita dal giogo austriaco) ; Giordani ( palazzo nobiliare, detto poi del commercio
, che presenta due lesene con due rotondi, nei quali è scritto molto curiosamente proprio così: her culis et musarum commercio, fa ve te linguis et ani mis), entrambi avevano gli spazi per le cavallerie, divennero sede della facoltà di Giurisprudenza; la casa del notaio Brighenti , già antica coffee house del parco Massari, che si imponeva per uno stile particolare, di protiro romano con colonne bianche, capitelli e cancellata in ferro, con solo il piano terra.
Prima di girare l’angolo gettai lo sguardo verso la certosa, dove in lontananza troneggiavano, agli angoli dell’edicola del primo girone, le quattro marmoree, armoniose statue angeliche, in atteggiamento di suonare le trombe del giudizio universale. L’edicola mi ha sempre affascinato per gli archi a tutto sesto, la leggerezza delle colonne in pietra rosso cotto, la cancellata in ferro che la separa dai vivi, pur suscitando il pensiero un poco triste di quando sarebbe arrivato l’ingrato momento di dire addio al mondo.
Ma allontanai i cattivi pensieri, con un sole così bello. Mi fermai a contemplare quel geometrico ed elegante incrocio stradale (via Arianuova, via Guarini e corso Ercole I° d’Este, dove si alzavano alti palazzi con muri a vista di mattoni rossi, con grandi ed importanti portoni.
Dal lato destro il duplice filare di pioppi Niger, alti come le case a tre piani, mentre il fogliame danzava per la lieve brezza , la strada in ciottolato, con ai lati i pilastrini di marmo bianco, arrotondati in cima, a circa trenta metri l’uno dall’altro, che donavano eleganza e leggerezza alla via.
Girando lo sguardo a sinistra potevo scorgere in fondo alla strada, centralmente alla prospettiva, la squadrata misteriosa torretta, detta la casa del boia degli Estensi. In verità la casa del boia era all’interno del Castello Estense, ma negli anni le cose cambiarono.
Continuai il giro in bicicletta verso il palazzo dei Diamanti, mentre superavo sulla sinistra il parco Massari, con un grande cancello in ferro per l’entrata da via Ercole I° d’Este, ricco di alberi secolari: cedri del libano, ginko biloba, tassi, platani, che sovrastavano il muro di cinta fino a ricadere sulla strada. Il parco faceva parte del cinquecentesco palazzo Massari, che fu progettato nel 1780 per il marchese Bevilacqua, dal quale prese il nome la caserma più avanti.
Il parco Massari ispirò Giorgio Bassani per il libro Il Giardino dei Finzi-Contini, a proposito del campo da tennis, nel quale si trovavano gli amici a giocare. In verità il campo da tennis esiste, non era lì, ma dentro il giardino di una casa in via Mascheraio, riconoscibile per il portone un poco interno al fronte stradale (talora aperto nelle manifestazioni primaverili di visita dei giardini ferraresi). Ed è riconoscibile anche il muro dal quale Micole sporgeva, dopo essere salita da una scala di legno internamente. Lo stesso Bassani scrisse c’era perfino il grosso chiodo rugginoso, sporgente ancora adesso dalla parete. Lo raggiunsi al secondo tentativo, e, afferratolo, mi fu poi abbastanza facile arrivare in cima
. Si poteva scavalcare e scendere o salire tramite l’appoggio dei piedi a dei chiodi di ferro, piantati nell’esterno del muro. L’entrata principale della casa era in via Borgo dei Leoni al numero 76: casa Magrini. Non molto lontano dal Liceo Classico, quando Bassani lo frequentava, poi divenne sede del tribunale. In quel giardino vi era un terreno sopraelevato delle dimensioni di un campo da tennis, con il fondo in erba, senza le righe per il doppio. Questo campo da tennis aveva risvegliato l’odio fascista per il fatto che quei giovani ebrei potessero giocare a tennis, nonostante l’interdizione dalla Marfisa.
Un documento, depositato al museo dell’Olocausto di Washington, rivelava la presenza di una denuncia inoltrata al Ministero dell’Interno a Roma nell’agosto del 1941, a proposito di un campo da tennis frequentato da ebrei e da ariani, loro conoscenti, divenendo un luogo ove impunemente riunirsi. Con richiesta di impedire che questo campo da tennis non venisse utilizzato da non congiunti del proprietario. Probabilmente con la cattiveria di aggiungere frequentato da ariani
.
Il signor Giulio Magrini, alias Finzi Contini, di padre Mosè Magrini e di madre Fausta Artom, nato a Ferrara l’8/1/1881, di religione ebraica, era il proprietario del