Guida turistica romanzo storico su Ferrara: L'exodus da Ferrara
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Guida turistica romanzo storico su Ferrara - Umberto Vitali
omissioni.
1.
UNA BELLA GIORNATA DI SOLE - I° PERCORSO
Era l’ideale per eseguire una visita medica a domicilio a Ferrara. Il nome della città è di derivazione incerta: dal nome di una ragazza arrivata da Troia (Ferrara) o deriva dal ferro (lavorato nel territorio) o dal farro (coltivato nel territorio e molto utilizzato dai Romani) o per importanti fiere (feriarum area) o per sede del vescovo (Ferrariola) o accampamento militare bizantino (Castrum Ferrariae) presso il Po (San Giorgio).
Poi la città si sviluppo’ al di là del fiume, perche’ piu’ difendibile sotto il potere dei Longobardi. I primi insediamenti si svilupparono lungo la riva nord con via Ripagrande e via delle Volte, cosi’ sorsero il Duomo e la Piazza Municipale.
Messa la borsa da medico nel portapacchi posteriore della bicicletta, attraversai il corridoio del giardino. Da entrambi i lati il sentiero era cosi’ rigoglioso di alberi e di piante da sembrare di attraversare una giungla.
Il gigantesco albero di fichi nell’angolo delle mura del vicino, poi le siepi di alloro da entrambi i lati, un albero di ulivo, un sicomoro, un albero di alloro, un rosaio rampicante sul muro, i cipressi sempervirens, altri due alberi di fichi.
Aprii il cancello di casa sulla strada di via Arianuova 72 e mi avviai in bicicletta lentamente verso corso Ercole I° d’Este godendomi l’atmosfera di inizio autunno.
Tutto attorno erano campi d’erba e arrivai all’incrocio con via Ercole I° d’Este, dove si affacciavano i bei palazzi rinascimentali: Trotti Mosti al n.c. 37 (il nobile partecipo’ alle battaglie di Cornuda e di Vittorio Veneto nel 1848 per liberare la patria asservita dal giogo austriaco), Giordani al n.c. 44 (palazzo nobiliare, detto poi del commercio
, che presenta due lesene con due rotondi, nei quali è scritto molto curiosamente proprio cosi’: her culis et musarum commercio, fa ve te linguis et ani mis), che burloni questi niobili. Entrambi avevano gli spazi per le cavallerie, ora entrambi sede di Giurisprudenza;
la casa del notaio Brighenti al n.c. 42, già coffee house dei primi del 1.900, si imponeva per uno stile particolare, di protiro romano con colonne bianche, capitelli e cancellata in ferro, con solo il piano terra.
Prima di girare l’angolo gettai lo sguardo verso la certosa, dove in lontananza troneggiavano, agli angoli dell’edicola del primo girone, le quattro marmoree, armoniose statue angeliche, in atteggiamento di suonare le trombe del giudizio universale.
L’edicola (angolo via Borso n.c. 44-Arianuova) mi ha sempre affascinato per gli archi a tutto sesto, la leggerezza delle pietre in rosso cotto, la cancellata in ferro che la separava dai vivi, pur suscitando il pensiero un poco triste di quando sarebbe arrivato l’ingrato momento di dire addio al mondo.
Ma allontanai i cattivi pensieri, con un sole cosi’ bello.
Mi fermai a contemplare quel geometrico ed elegante incrocio stradale (via Arianuova, via Guarini e corso Ercole I° d’Este), dove si alzavano alti palazzi di muro a vista di mattoni rossi, con grandi ed importanti portoni.
Imboccai Ercole I° d’Este, da entrambi i lati il duplice filare di pioppi niger, alti come le case a tre piani, mentre il fogliame danzava per la lieve brezza, la strada in ciottolato, con ai lati i pilastrini di marmo bianco, arrotondati in cima, a circa trenta metri l’uno dall’altro, che donavano eleganza e leggerezza alla via.
Girando lo sguardo a sinistra potevo scorgere in fondo alla strada, centralmente alla prospettiva, la squadrata misteriosa torretta, detta la casa del boia
degli Estensi.
In verità la casa del boia era all’interno del Castello Estense, ma negli anni le cose cambiarono.
Continuai il giro in bicicletta verso il palazzo dei Diamanti, mentre superavo sulla sinistra il parco Massari, con un grande cancello n.c. 40 in ferro per l’entrata da via Ercole I° d’Este, ricco di alberi secolari: cedri del libano, ginko biloba, tassi, platani, che sovrastavano il muro di cinta fino a ricadere sulla strada.
Il parco faceva parte del cinquecentesco palazzo Massari, fu progettato nel 1780 per il marchese Bevilacqua, dal quale prese il nome la caserma piu’ avanti n.c. 36.
Il parco Massari ispiro’ Giorgio Bassani per il libro Il Giardino dei Finzi-Contini, a proposito del campo da tennis, nel quale si trovavano gli amici a giocare.
(ESCURSIONE A PARTE) In verità il campo da tennis esiste, non era li’, ma poco lontano, dentro il giardino di una casa in via Mascheraio n.c. 14A, riconoscibile per il portone un poco interno al fronte stradale (talora aperto nelle manifestazioni primaverili di visita dei giardini ferraresi). Ed e’ riconoscibile anche il muro dal quale l’amata Micole sporgeva, dopo essere salita da una scala di legno internamente.
Lo stesso Bassani scrisse c’era perfino il grosso chiodo rugginoso, sporgente ancora adesso dalla parete. Lo raggiunsi al secondo tentativo, e, afferratolo, mi fu poi abbastanza facile arrivare in cima
.
Si poteva scavalcare e scendere o salire tramite l’appoggio dei piedi a dei chiodi di ferro, piantati nell’esterno del muro. In quel giardino vi era un terreno sopraelevato delle dimensioni di un campo da tennis, con il fondo in erba, senza le righe per il doppio.
Questo campo da tennis aveva risvegliato l’odio fascista per il fatto che quei giovani ebrei potessero giocare a tennis, nonostante l’interdizione dal tennis club Marfisa.
Un documento, depositato al museo dell’Olocausto di Washington, rivelava la presenza di una denuncia inoltrata al Ministero dell’Interno a Roma nell’agosto del 1941, a proposito di un campo da tennis frequentato da ebrei e da ariani, loro conoscenti, divenendo un luogo ove impunemente riunirsi. Con richiesta di impedire che questo campo da tennis non venisse utilizzato da non congiunti del proprietario. Probabilmente con la cattiveria di aggiungere frequentato da ariani
.
L’entrata principale della casa era in via Borgo dei Leoni (alla fine di via Mascheraio) al numero 76: casa Magrini.
Non molto lontano dal Liceo Classico (sempre in via Borgoleeoni), quando Bassani lo frequentava, ora è sede del tribunale n.c., 60.
Il signor Giulio Magrini, alias Finzi Contini, di Padre Mose’ Magrini e di madre Fausta Artom, nato a Ferrara l’8/1/1881, di religione ebraica, era il proprietario del giardino, del campo, della casa, della fornita biblioteca, della tomba monumentale del cimitero in via delle Vigne. Ironia del destino, in quest’ultima fini’ solo Alberto, morto giovane per malattia. Infatti Giulio Magrini e sua moglie furono deportati a Fossoli e poi a Buckenwald.
Ad eccezione di Uberto, nessuno dei Magrini ebbe mai la possibilità di riposare nella monumentale tomba di Via delle Vigne. Il professor Giulio Magrini fu sicuramente fonte di ispirazione per Giorgio Bassani.
Infatti Magrini laureato in Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali a Bologna, era diventato libero docente di fisica sperimentale, ma con le leggi razziali fu interdetto dall’insegnamento, perche’ persona ebraica, e si dedico’ a tempo pieno a studiare nella sua biblioteca e ogni tanto si affacciava sul giardino.
In questa casa