Biagio e Gianni l'usuraio. Il bene e il male a Scampia
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Anteprima del libro
Biagio e Gianni l'usuraio. Il bene e il male a Scampia - Gennaro Sorrentino
Francesco)
Capitolo 1
Biagio sospetta della moglie e si fa investigatore.
Biagio percorre con la sua auto, tra l’incerto chiarore delle prime luci dell’alba, la strada di un paesino della provincia di Caserta, dove lavora in una fabbrica di scarpe e borse come rappresentante esterno. E’ addetto a visitare i negozianti a cui proporre nuovi campionari.
Lungo il percorso, davanti ai suoi occhi si avvicinano e si confondono due filari di alberi, sovrastati a destra e a sinistra da linee interminabili di lampioni, che sembrano gareggiare nella corsa trascinandosi dietro la strada. Attraverso l’intreccio degli olmi e degli abeti scorge dal parabrezza la fila gibbosa delle case ancora addormentate.
La giornata si preannuncia piuttosto grigia; il cielo si acciglia, come fa d’autunno.
Il fragore assordante di una motocicletta, che lo sorpassa veloce come un razzo, lo scuote a tradimento.
Dopo alcuni secondi egli avvista di lontano un involucro volare da quel bolide e ballonzolare sul selciato, puntando sul ciglio destro della strada. Incuriosito, ferma l’auto. Scende, cerca tra i cespugli. Scorge una borsetta nera e gonfia. E’ titubante. Che faccio, la prendo? E se contiene un’arma, una bomba? Perché rischiare? E poi, è sicuro che quel centauro non sia un delinquente che ora sta tornando indietro per recuperarla?
pensa entrando in apprensione.
Anche se ama poco il rischio, possiede una buona dose di pervicacia. Decide di controllare. Si guarda attorno e con molta prudenza la tasta. Non contiene oggetti di ferro; esclude che ci siano armi. L’apre quel tanto che gli permette di vedere molti pacchetti di banconote. Salta in macchina e si avvia veloce, la borsetta lanciata sul sedile posteriore, cercando di far perdere le tracce all’ignaro motociclista, che sente come un’ombra alle calcagna.
Svolta a destra, senza una meta. Si ferma dopo un paio di chilometri, entra in un piccolo bar, dove un gruppetto di uomini di colore discutono nella loro lingua d’origine, in attesa del caporale di turno che li raggiungerà di lì a poco per utilizzarli nella raccolta del pomodoro in campagna. Chiede un caffè. Lo sorseggia, quasi a voler prendere tempo, anche se è ansioso di scappare.
Mentre la città a poco a poco comincia a svegliarsi, si avvia verso il casello dell’autostrada per Napoli. Lo raggiunge; dopo pochi chilometri imbocca la Tangenziale, che lascia al casello di Fuorigrotta. Poi in un frenetico dietrofront attraversa le strade della città di Napoli e si dirige a Scampia, dove abita.
Biagio è uno degli abitanti di quei parchi privati, chiusi come in fortini, che cercano riparo dall’assalto dei malavitosi che controllano un territorio triste per le sue famigerate Vele, famose in tutto il mondo per lo spaccio di droga.
Entra in casa. Il lavoro diventa l’ultimo dei suoi pensieri. Lo prende la percezione che quello che gli sta capitando sia qualcosa di grosso. I due figli sono a scuola, la moglie al lavoro in un supermercato situato nel centro di Napoli, a pochi chilometri dalla sua abitazione. Si avvia a passo svelto in fondo al corridoio. Dimentico di essere solo, si chiude a chiave in una stanza angusta simile a un bugigattolo, zeppa di vecchie cose lise. Apre la borsetta, ne estrae il contenuto: tanti pacchetti di banconote da cinquanta e cento euro, chiusi ciascuno da un elastico, una piccola agenda e un foglietto di carta spiegazzato. Infila l’agenda e il foglietto in una bustina di plastica e porta il denaro in cucina. Libera i pacchetti dagli elastici. Le banconote si srotolano e si distendono sul tavolo come liberate dall’oppressione di uno stretto guinzaglio. A quella vista prova un’ebbrezza che gli procura un senso di leggero mancamento. Si siede, accarezza qualche banconota. Le conta.
Un milione di euro! Una somma da capogiro, questa è una vera fortuna
si dice sottovoce. Sistema le banconote a rocchetto e le nasconde nel bugigattolo, dietro una valigia adagiata sullo scomparto più alto di un armadietto di ferro appoggiato a una parete..
Biagio Losito appare più vecchio della sua età per via di una prematura calvizie che gli arriva alla nuca con angoli aguzzi. Ha superato da poco i quarant’anni, alto, nasuto, falso magro, brillano sul suo viso colorito due occhi miti, di un malinconico color lillà, che sembrano lo specchio di un animo pacifico. In realtà dietro quegli occhi si nasconde il suo carattere ombroso. Ha l’hobby del modellismo navale, che rappresenta la sua valvola di sfogo per vincere lo stress. Il suo lavoro lo costringe tutti i giorni a dimenarsi in un traffico caotico e alla spasmodica ricerca di un parcheggio. Si dedica con passione, quasi sempre di notte, alla riproduzione di navi antiche e moderne, curate in ogni dettaglio. La realizzazione di modellini richiede pazienza, minuziosità e dedizione. Dopo qualche anno decide, anzi, di fare di questo hobby un’attività vera e propria, vendendo i suoi prodotti con la partecipazione a mostre allestite in varie parti d’Italia.
Quel giorno non esce di casa, aspetta con trepidazione il rientro della moglie dal lavoro nel pomeriggio. Vuole progettare con lei l’utilizzo di quel tesoro piovutogli dal cielo.
E’ pomeriggio inoltrato, di lei nessuna notizia. Non riesce a raggiungerla sul cellulare. Sempre occupato. Un ritardo inspiegabile, non è mai successo prima. Poi gli giunge la telefonata di un agente di polizia di Stato, che lo invita a recarsi presso il Commissariato di polizia di Scampia. Biagio pensa al denaro del centauro, sente il battito del cuore salirgli in gola, farfuglia qualche parola. L’agente cerca di tranquillizzarlo, lo informa che si tratta di sua moglie, fermata perché priva di patente di guida.
Non crede alle parole del poliziotto, pensa a una trappola, vorrebbe restituire il malloppo. Lo prende. Ci ripensa. Lo rimette a posto. Raccomanda i due figli di non aprire la porta di casa a nessuno e per nessun motivo. Si dirige al Commissariato.
L’agente di piantone lo fa accomodare nella sala d’attesa. Appoggiata alla parete una panchina per tre persone, due sedie alla parete opposta, un grande poster appeso di fronte raffigurante poliziotti in motocicletta. Nella stanza siede un uomo dalla grossa corporatura, gonfio di grasso che gli ricade da tutte le parti, capelli brizzolati, zigomi larghi e una lunga cicatrice sulla guancia sinistra. Un individuo che difficilmente si dimentica. Costui viene invitato a presentarsi dal maresciallo. Esce dopo pochi minuti.
E’ il turno di Biagio. Il maresciallo, un tipo sbrigativo, avanti negli anni, in procinto di andare in pensione di lì a qualche settimana, gli rivolge alcune domande.
Sig. Losito, lei conosce il sig. Lamonica Andrea?
gli chiede a bruciapelo con la sua voce profonda e rude.
No, mai visto né sentito
.
Ne è sicuro? Cerchi di ricordare
.
Glielo ripeto, mai conosciuto. Perché mi fa questa domanda? Che c'entro io con questa persona?
.
Noi stiamo svolgendo delle indagini e pensiamo che lei possa darci un aiuto
.
Mi scusi, se non mi sbaglio sono stato convocato per via di mia moglie, trovata sprovvista di patente di guida
.
Sì, la sua signora guidava senza avere con sé la patente di guida, ma non si tratta solo di questo. Noi l’abbiamo fermata per una segnalazione pervenutaci dal centro commerciale, ci ha telefonato una guardia giurata del supermercato dove lavora, avvertendoci che c’è stato il furto di una grossa somma di denaro, avvenuto senza scasso ed effrazione. La cassaforte è stata aperta con la chiave, data in custodia a sua moglie, l’unica persona tra i dipendenti consegnataria di una copia
.
Mia moglie è una persona perbene, lavora in quegli uffici da oltre dieci anni, è stimata e apprezzata da tutti. Voi siete fuori strada
sbotta.
Egregio signore, ci lasci fare il nostro mestiere. Sua moglie è assistita dal suo avvocato di fiducia. Non si preoccupi. E’ tutto in regola
.
L’avvocato di fiducia? E chi è questo avvocato? Voi avete proprio sbagliato persona. E poi, le pare che mia moglie non mi avrebbe telefonato, trovandosi in questo pasticcio?
.
Questo non lo deve chiedere a noi. Le faccio di nuovo la domanda, sig. Losito. Conosce il sig. Lamonica Andrea?
. Biagio vorrebbe mettersi a urlare.
E dàgli con questo Lamonica! Io non lo conosco, non ho mai sentito neppure il suo nome. Insomma, dov’è mia moglie adesso? Posso saperlo?
.
E’ andata via da poco, insieme all’avvocato
.
E’ andata via? E dov’è andata?
frastornato da quell’evento, arrivatogli tra capo e collo come un ciclone, Biagio comincia a perdere il controllo di sé.
Si calmi, signore, cerchiamo di ragionare. Vede, nell’auto di sua moglie è stato trovato un foglio con su scritto il numero di telefono di un membro di una pericolosa banda criminale. Di Lamonica Andrea, appunto. Sua moglie afferma di non conoscerlo, di non aver mai visto quel foglio. Riferisce, inoltre, che la stessa auto è stata usata anche da lei nella giornata di ieri. Ricorda di averlo visto, questo foglio?
gli domanda mostrandoglielo.
No, altrimenti mi ricorderei. Il foglio non è mio, nemmeno la grafia è mia
.
Non lo mettiamo in dubbio, ma si ricorda di averlo visto sul sedile posteriore dell’auto?
"Può anche darsi che era sul sedile, io comunque non