La rosa di Julia
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Info su questo ebook
"D’un tratto le venne un’idea. A tutta velocità tornò dalla rosa e con un colpo secco la sradicò dalla terra, la nascose sotto il maglioncino e corse di nuovo verso la macchina".
Julia vive in campagna con i vecchietti de La casa della felicità. Non va a scuola e impara a leggere grazie alle piante del giardino.
Un giorno trova una piccola rosa tutta raggrinzita, la salva e la pianta inizia a crescere. Ma bisogna partire per Parigi! Lo sradicamento dalla sua terra sarà complesso e richiederà un adattamento fuori dal comune.
Con tanta poesia, un tocco di magia e un pizzico di fantasia, Julia vi condurrà in un viaggio indimenticabile.
Una storia che si inserisce nel solco di Paulo Coelho, de Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, delle Donne che corrono coi lupi di Clarissa Pinkola Estès e de Il favoloso mondo di Amélie.
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Anteprima del libro
La rosa di Julia - Frederic DOILLON
A Christine, che mi sostiene con amore da tanti anni
I
Appena nata, Julia fece un grande sorriso. Attraverso la finestra che dava sul giardino, Jeanne, la giovane madre, ammirava le gardenie. Attorno a loro, si affaccendavano frenetiche le anziane signore per occuparsi della piccina prima di portarla, bella rosa, dalla madre per la prima poppata.
Fino a sei anni Julia non andò a scuola. Era una scelta di Jeanne. Hermann, il padre, scrollava le spalle e alzava gli occhi al cielo, ma su quel punto la moglie non ammetteva repliche. Alla scuola dei banchi di legno e dei gessetti colorati, lei preferiva quella della vita, dei giardini, delle piante coltivate e selvatiche, degli alberi ricolmi di linfa e dei fiori abbaglianti di luce. Alla parola degli uomini, preferiva per la sua bambina il volo delle farfalle, il linguaggio dei rondoni e la scienza delle api. Fino a sei anni, sosteneva, la conoscenza degli uomini poteva senz’altro attendere. Quella sarebbe arrivata comunque troppo presto con le sue lotte intestine, i crac finanziari, le distanze euclidee e le particelle radioattive.
D’altro canto, Julia poteva sembrare per certi versi una bambina prodigio. A tre anni sapeva già leggere! Aveva acquisito tale abilità, impressionante nella sua precocità, grazie alla lettura assidua delle piccole etichette che si è soliti apporre sui bastoncini di legno piantati per terra ai piedi delle specie rare di cui si teme di dimenticare il nome o confondere i semi.
In fondo al giardino si ergeva il pergolato coperto di Aristolochie, i cui lunghi fiori gialli davano rifugio a miriadi di colonie di insetti. Poco più lontano, mazzolini di Borragine incredibilmente pelosi germogliavano alla rinfusa in mezzo a un mucchio di mattoni rossi, che davano l’impressione di trovarsi lì da decenni e che ospitavano anche qualche fiero Cardo, le cui teste arruffate lanciavano sguardi altezzosi. Risalendo il piccolo sentiero che costeggiava il muro in pietra a delimitazione della proprietà, ci si imbatteva in foreste in miniatura di Dattili, le cui manine sbattevano tra loro al minimo soffio d’aria. Molto più in alto nel cielo, un vecchio acero con il tronco ricoperto di Edera tendeva verso Julia i suoi rami ricurvi, disperdendo a ogni ottobre samare volteggianti nei venti colorati d'autunno e contendendosi con la Felce la medaglia per il miglior trucco. Tornando verso il centro del giardino, si incontrava il famoso cespuglio delle Gardenie, tanto caro a Jeanne e centro delle attenzioni di tutti. Il suo odore, venuto dal di là dei mari e delle montagne, profumava le notti d’estate al calar delle tenebre, come un dolce sogno da cui nessuno avrebbe mai voluto destarsi. Per prolungare questa sensazione esotica, Jeanne aveva piantato proprio lì di fianco, un giovane Henné dai rami delicati e con piccoli fiori bianchi scarmigliati che tanto divertivano Julia, per quanto non riuscisse a spiegarsene il motivo. Ai piedi dell’albero, una famiglia di Iris ricomposta, metà coltivata e metà selvatica, sfoggiava i suoi rizomi senza il minimo imbarazzo. A qualche metro di distanza, tre Jojoba, i cui semi erano stati portati da un prete messicano che si trovava per caso a passare per quel piccolo paesino dell’Occitania, erano cresciuti pieni di forza e vigore, per l’orgoglio di Jeanne. A fianco, una Kola acuminata dispiegava le sue foglie cupe e inquietanti. Julia se ne teneva sempre alla larga, così come faceva con la siepe di Lauro rosa, di cui sapeva di potere soltanto osservare le combinazioni di fiori gialli, rosa e bianchi. Fin dalla più tenera età aveva imparato infatti che, per quanto belli, questi arbusti di oleandro sono altamente tossici. Camminava più serena vicino alle Margherite che coglieva a casaccio per sfogliarle, M’ama... non m'ama... m’ama, per poi sedersi ai bordi del piccolo stagno immersa nei propri pensieri. Lì, ammirava le Ninfee dalle corolle di porcellana, arrotolando meccanicamente tra le dita qualche spiga di Ofioglosso, trovata per caso in mezzo al prato. Le bastava percorrere poi qualche metro per stendersi sotto l’imponente China dalla corteccia magica, che amava accarezzare per curare piccole malattie immaginarie. Saponarie rosa dai fiori leggeri e delicati ornavano altri angoli del giardino. Infine, alcune piante del Tè, alberi provenienti dalla Cina che possono superare i venti metri di altezza, conferivano al tutto una nota orientale. In un angolo d’ombra, all’estremo opposto del giardino, si trovava poi un minuscolo ruscelletto ricoperto da buffi fiori gialli, le Utricularie. Julia, rincamminandosi verso casa, poteva riportare qualche rametto di Verbena, raccolto per l’infuso della sera. Sulla terrazza rivolta a sud, un raro esemplare di Welwitschia, che aveva lasciato il deserto dell’Africa sud-occidentale, esponeva il tronco massiccio con le foglie Xerofile