Tutto in un mese
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Info su questo ebook
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Un impatto devastante al quale non sembra esserci alcun rimedio praticabile.
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Astrid e Serenella si ritroveranno coinvolte in una spirale di avvenimenti che avranno sì il sapore intenso ed estasiante del mare d’estate, ma anche il sentore amaro di situazioni lasciate per troppo tempo sospese da qualche parte della propria esistenza e che ora riaffioreranno per decretare dolorose rotture.
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Ma, come si sa, spesso ciò che sembra un’inevitabile annunciata catastrofe può rivelarsi l’inizio di una nuova vita; e come accade per una pietra preziosa rimasta a lungo nell’ombra di un cassetto quando venga nuovamente esposta a luce intensa, così la quotidianità dei protagonisti del nostro romanzo tornerà a rilucere sotto il sole di un’estate perfetta.
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Anteprima del libro
Tutto in un mese - Silvia Peroni
Acqua marina
Astrid fermò l’auto in mezzo alla stradina sterrata e con un gesto di sconfitta abbandonò la presa del volante, rimanendo muta con le mani in grembo.
Sempre senza parlare, si voltò verso Serenella che le ricambiò uno sguardo stanco e arreso. Si erano perse per l’ennesima volta.
Avevano percorso quelle stradicciole polverose in lungo e in largo alla ricerca di un’indicazione che le conducesse alla villetta affittata per le vacanze.
Era quasi mezzogiorno, nessuno osava aggirarsi nella calura dei campi, pertanto non v’era anima viva a cui chiedere aiuto.
Nel bagagliaio le provviste alimentari cominciavano a reclamare un frigorifero e l’acqua nelle bottigliette di plastica era ormai imbevibile; l’aria condizionata della vettura funzionava a mala pena.
Le due donne, che per età avrebbero potuto essere madre e figlia, erano colleghe di lavoro: la giovane faceva la maestra in una scuola dell’infanzia di paese, l’altra la cuoca dell’istituto.
A ben guardare, erano una coppia mal assortita, ma le esigenze personali di entrambe le avevano portate a scegliere la condivisione di una vacanza, altrimenti irrealizzabile.
Finalmente, di lontano si udì l’eco di un motore in avvicinamento, Astrid, come riscossa da un’estasi di avvilimento, aprì la portiera e scorse la figurina rossa di un trattore che procedeva nella loro direzione, divenendo sempre più grande e rumorosa.
Lei agitò la mano per attirare l’attenzione, il veicolo avanzò ancora per un centinaio di metri, poi, il suo ruggito si affievolì, lasciando nell’aria il sottofondo di roche fusa di un grande gatto metallico.
Il contadino scese e Astrid gli andò incontro, quasi di corsa.
Anche Serenella era scesa dall’automobile e osservava la scena, non capiva le parole che i due si scambiavano, ma vedeva gesticolare l’uomo, il suo braccio indicava una zona nascosta da una fitta macchia di alberi.
La ragazza ringraziò, si voltò per tornare al posto di guida, quando l’uomo, trattenendola per un braccio, le fece cenno di attendere un attimo; sparì dietro il mostro rosso e ne riemerse poco dopo con un cesto colmo di albicocche mature e vellutate che porse ad Astrid.
Ripresa la via a passo lento, seguite dal trattore a debita distanza, le donne stavano per oltrepassare il bivio, troppo occultato dalla fitta vegetazione per essere colto da uno sguardo distratto, ma lo strombazzare del clacson alle loro spalle le fece arrestare. Fecero marcia indietro, svoltarono a sinistra indirizzando un gesto di saluto al loro salvatore che, invece, procedette dritto, lasciando dietro di sé una nuvola di polvere.
La strada imboccata era ombreggiata da alberi le cui fronde formavano una galleria naturale che lasciava intravedere solo una stretta striscia di cielo.
Sobbalzando per le buche, le vacanziere, sbucarono dall’ombra in un breve tratto soleggiato che conduceva a un cancello bianco.
Serenella scese, individuò la chiave giusta nel grande mazzo sconosciuto e lo aprì, permettendo all’autista di entrare e parcheggiare davanti all’ingresso del caseggiato tinteggiato di rosa pallido.
Due gradini davano l’accesso a un piccolo portico che proteggeva la porta d’entrata, aperta la quale, le nuove ospiti furono accolte da un profumo di pulito e da un ordine quasi maniacale, che conferivano un aspetto asettico e senza anima all’ambiente.
Aprirono le imposte e cominciarono a scaricare i bagagli, le scatole di provviste, borse e pacchi d’ogni genere, così che, di lì a poco, l’ordine iniziale fu totalmente sovvertito.
Sapendo che la casa si trovava a qualche chilometro dal centro, per non dover recarvisi di continuo, avevano fatto una buona scorta, la cucina si riempì di colori e di confusione.
Continuarono la perlustrazione salendo al piano superiore: ognuna delle due camere da letto era corredata da un proprio bagno spazioso e cabina armadio; le stanze affacciavano su un loggiato con vista mare.
Astrid scelse quella più vicina alle scale, iniziò a sistemare qualche abito in quell’angolo di mondo che avrebbe voluto riempire di vestiti costosi ed eleganti: possedere una cabina armadio era sempre stato uno dei suoi sogni!
Serenella, invece, era ridiscesa a preparare il pranzo e a tentare di restituire un po’ di equilibrio in quel marasma, raccolse carta, scatole, sacchetti, organizzò la dispensa e cominciò a sognare pure lei.
Quella cucina era favolosa. Sì, era perfetta: mentre la maestrina se ne sarebbe stata stesa al sole, lei avrebbe preparato biscotti e marmellate, focacce e salsa di pomodoro, su quell’enorme piano di lavoro, immersa nella luce radiosa che entrava dalla portafinestra, non come nell’oscuro e angusto tinello di casa sua.
Poi, avrebbe letto e riposato molto, lontano dallo schiamazzo dei bambini della scuola e dagli strilli delle insegnanti.
Non amava il mare e la tintarella, ma era così stanca e bisognosa di calma che la proposta di Astrid le era parsa qualcosa di irrinunciabile; una stanza in albergo le sarebbe andata troppo stretta, ma una casa a disposizione, con un bel giardino, spersa nella campagna marchigiana era quanto di meglio avesse potuto chiedere.
I progetti della giovane erano d’altra natura: spiaggia? Sì, certo! Riposo, divertimento la sera sul litorale con il fidanzato che l’avrebbe raggiunta nel fine settimana e un corso di ceramica, così aveva detto. In vista del matrimonio, i soldi erano sempre pochi, per cui dividere le spese della vacanza con Serenella, evitando i costi di un hotel, era un’ottima soluzione che le consentiva il giusto relax dopo un anno stressante di lavoro.
In quei giorni d’ozio avrebbe anche disegnato il suo abito da sposa.
Dal retro della casa, occupato da un vasto giardino con grandi piante e cespugli fioriti, si accedeva, tramite un cancelletto, a un viottolo infestato da erba rinsecchita e giallastra, poi si attraversava un binario in disuso della ferrovia e, da lì, un breve tratto accidentato in discesa portava dritto al mare.
E Astrid, dopo aver pranzato e lavato i piatti, aveva indossato il costume e si era fiondata alla ricerca del viottolo; senza troppa fatica aveva raggiunto la spiaggia, aveva piantato un ombrellone posticcio, aveva steso un telo e qui si era addormentata, finalmente rilassata.
Il primo giorno di ferie era scivolato via e languiva, ora, nella sera rinfrescata dalla brezza marina.
Le donne, sedute sotto il portico attiguo al giardino, facevano piani per l’indomani.
Astrid tentava di convincere Serenella ad andare con lei in spiaggia. Dove si era fermata quel pomeriggio, v’era calma assoluta, ma poco più in là, la distesa sabbiosa diventava più larga e ospitava numerosi ombrelloni colorati: spostandosi lì, avrebbero trovato qualcuno con cui chiacchierare e fare conoscenza.
Ci volle molta opera di persuasione, ma alla fine la cuoca cedette e acconsentì, nella speranza di essere lasciata in pace nella quiete delle mura domestiche.
Le zanzare ronzavano fastidiose, ma attirate dalla luce della lampada fluorescente appesa appositamente alla parete, andavano ad arrostirsi in uno sfrigolio raccapricciante.
Nel silenzio assoluto, il mare faceva udire la sua eco lontana.
Serenella si sentiva stanca, decise, dunque, di ritirarsi in camera sua e prepararsi per la notte.
Salutò la coinquilina e si diresse all’interno della casa, pensando che l’indomani, finalmente, la detestata sveglia non avrebbe potuto esercitare la sua prepotenza, se ne sarebbe rimasta muta e sconsolata.
Astrid, invece, indugiò ancora per un po’ assaporando la calma, il venticello e la ninnananna cantata dalle onde. Anche lei era stanca, ma non si risolveva ad alzarsi, quasi ipnotizzata.
Fu il volo circolare di un pipistrello, intento a catturare gli insetti prima che si immolassero sul rogo luminoso, a riportarla alla realtà; avendone il terrore, scattò in piedi e rientrò, chiudendosi bene la portafinestra alle spalle.
Nella sua stanza, una volta seduta sul letto, appoggiata ai cuscini rigonfi, sfogliò svogliatamente una rivista di moda, ma in breve fu colta dal sonno e si lasciò scivolare dentro quell’abbraccio.
La mattina seguente, la ragazza si stiracchiò beandosi di un risveglio dolce, senza pensieri, senza l’eterno ritardo e l’affanno con il quale giungeva a scuola.
La luce del sole già alto filtrata dalle imposte, si insinuava impunemente sul letto matrimoniale, ma Astrid non ne era infastidita, anzi, lo accoglieva con gratitudine, promessa di una giornata di tintarella e di svagato far niente.
Un aroma di caffè si propagava fino al piano superiore calamitando la giovane verso la cucina, dove Serenella stava facendo colazione.
Sul tavolo, biscotti e fette biscottate con marmellata aspettavano in bella mostra, la tazza ancora capovolta al posto vuoto.
Le due si scambiarono il buongiorno.
Astrid sbadigliò e si sedette; erano le 9.00 e tutto era perfetto.
Terminato il pasto mattutino, le colleghe andarono nelle rispettive camere a prepararsi per scendere in spiaggia.
Di lì a poco, chiusero le ante per mantenere freschi gli ambienti e uscirono nel sole di luglio.
La ragazza conosceva già la strada, guidò la collega lungo il viottolo, la aiutò a scavalcare i binari e a percorrere l’ultimo tratto in discesa.
E il mare le comparve davanti, bello e misterioso, placido e immenso.
Non lo vedeva da molti anni.
Sostò un attimo a rimirarlo, prima di seguire Astrid che era già diretta verso la zona più animata.
Agata
Passando per la striscia di sabbia, dove Astrid si era fermata il pomeriggio precedente, le due donne raggiunsero la spiaggia libera adiacente.
Gli ombrelloni occhieggiavano con i loro colori sgargianti, in ordine sparso, sdraio, lettini gonfiabili e borse termiche, profumo di crema solare, voci e grida di bimbi, non mancava nulla.
Qualcuno si era portato persino una radiolina, ogni tanto un cellulare squillava.
Serenella, dopo essersi cosparsa il corpo con una strana emulsione azzurrognola ad alto fattore protettivo, scese in riva al mare, bagnandosi i piedi e raccogliendo qualche conchiglia.
La giovane, invece, si era sdraiata al sole, crogiolandosi come una lucertola.
Non si era neppure accorta del ritorno di Serenella che, nel frattempo, si era messa a fare le parole crociate.
Le vicine di ombrellone parlavano di ricette, lei ascoltava distrattamente, intenta a risolvere i suoi rompicapo enigmistici, o per meglio dire, tentava di non ascoltarle, ma l’argomento finì per attirare la sua completa attenzione e dovette interrompere il suo gioco.
Con un po’ di coraggio, ma con discrezione, era entrata a far parte della conversazione, dando e ricevendo consigli utili per la preparazione delle varie pietanze.
I dolci e le torte erano i suoi pezzi forti. Una quarta interlocutrice si era unita al cicaleccio culinario e la mattinata trascorse piacevolmente.
Serenella, sentendo già la pelle arroventata, si spostò in un primo tempo all’ombra, ma dopo poco decise di ritornare a casa, così avrebbe cominciato a imbastire un pranzo frugale.
Avvertì la compagna e sparì; di lì a cinque minuti il telefono di Astrid cominciò a ronzare imperioso. Scorto il nome di chi la stava chiamando si allarmò; cosa poteva essere successo in quel brevissimo lasso di tempo?
Svogliatamente rispose e, tre secondi dopo, stava già radunando le sue cose, pronta a rincasare in tutta fretta.
Trafelata, attraversò il giardino, incurante del cancello lasciato aperto, precipitandosi letteralmente in casa.
Qui trovò Serenella in preda all’agitazione, non riusciva a spiegarle, e lei stessa non aveva ancora compreso, come mai due uomini stavano portando i loro bagagli al piano superiore.
Astrid corse loro appresso con l’intenzione di fermarli. Questi, a loro volta, non capivano perché due donne occupassero la casa che avevano affittato per le vacanze.
Intanto anche la cuoca era salita.
I nuovi arrivati avrebbero voluto sistemarsi nelle camere, ma, ovviamente, erano già traboccanti di frivolezze femminili: scarpe, borse, trucchi e via dicendo.
Dovevano liberarle immediatamente! Così aveva sentenziato l’uomo, sui trentacinque anni, avrebbero detto loro a giudicare dall’aspetto.
E no, signori, siete voi a dovervene andare subito, questa casa l’abbiamo affittata noi!
disse la ragazza.
L’altro di rimando sbottò: Questa è la nostra casa per le vacanze, non la vostra, vi siete sicuramente sbagliate.
Astrid, sempre più infervorata, riprese: Se qualcuno qui è in errore, siete voi, noi abbiamo pagato l’affitto per un mese alla signora Ventura! Quindi togliete il disturbo.
Il secondo uomo, più giovane, mentre il primo sospirava rumorosamente, si permise di dire: Questa casa è di proprietà del signor Micheli, l’abbiamo trovata su internet, e pagata.
Di nuovo Astrid ribatté: E chi sarebbe il signor Micheli? io ho parlato personalmente al telefono con la signora Ventura e ci ha lasciato le chiavi alla farmacia del paese. A proposito, come siete entrati?
Con le chiavi, naturalmente!
rispose canzonatorio il più vecchio.
La maestra stava perdendo le staffe; la collega riuscì a proferire parola in mezzo a quell’azzuffarsi e propose di andare in cucina, sedersi e con calma, cercare di spiegare l’equivoco.
Due di loro erano di troppo.
I quattro scesero