Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il mercante del nord: Figli del mare- Vol I
Il mercante del nord: Figli del mare- Vol I
Il mercante del nord: Figli del mare- Vol I
E-book404 pagine5 ore

Il mercante del nord: Figli del mare- Vol I

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

“I regni cadranno uno dopo l’altro, le città verranno saccheggiate, i villaggi bruciati e le genti moriranno per carestie o pestilenze, ma il commercio, amico mio, resisterà a ogni rovina”. È una fresca mattina dell'anno del Signore 1238 e la vita di un umile uomo timorato da Dio, della sua giovane moglie e del loro primogenito, stanno per cambiare. Inganni e rapimenti, omicidi premeditati e laidi tradimenti, battaglie navali e congiure all'ordine del giorno, mari ignoti e pericolose bufere di neve. L'Islanda è nel caos: non c'è pace per i feroci casati islandesi che si contendono il predominio dell'isola, da anni vessata dall'anarchia. Nemmeno l'Irlanda è sicura, invasa dagli anglonormanni e seviziata da signori gaelici dalla mente contorta e attorniati da cavalieri rinnegati. Un'antica leggenda, riportata su un vecchio codice miniato, sembra essere l'unica via di salvezza per sopravvivere alle crudeltà di uomini senza scrupoli e avidi di potere. Cosa attende a chi si avventura nell'oscura terra della morte?
LinguaItaliano
EditorePubMe
Data di uscita18 feb 2020
ISBN9788833664460
Il mercante del nord: Figli del mare- Vol I

Correlato a Il mercante del nord

Ebook correlati

Narrativa storica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Il mercante del nord

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il mercante del nord - Alessandro Zoppini

    Alessandro Zoppini

    Il mercante del nord

    UUID: 8af5777a-4da4-11ea-8acf-1166c27e52f1

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Io me lo leggo

    Alessandro Zoppini

    Prologo

    Terra Verde, fiordi meridionali, 986 d.C.

    Capitolo primo

    Capitolo secondo

    Capitolo terzo

    Capitolo quarto

    Capitolo quinto

    Capitolo sesto

    Capitolo ottavo

    Unità di misura commerciali norrene e alcuni tassi di scambio del baratto islandese (emessi dall’Althing nel XIII secolo)

    Grazie per aver scelto una nostra opera.

    Note

    Io me lo leggo

    Collana editoriale, romanzi ad ambientazione storica

    contatto: iomeloleggo@yahoo.com

    Direttrice: Monika M

    Alessandro Zoppini

    Il mercante del nord

    saga

    Figli del mare

    A chi ha creduto in me

    " Tutti gli ingressi

    prima che si entri

    devono essere guardati con attenzione;

    poiché non si può sapere

    dove i nemici

    siedano di già sulla panca "

    Snorri Sturluson

    Prologo

    Terra Verde, fiordi meridionali, 986 d.C.

    L'onda si infranse contro la prua lavorata a intaglio, abbracciando la testa di serpente marino con una forza devastante e dividendosi in bianchi sbuffi di spuma ai due lati dello scafo. La nave vichinga si drizzò di poco all'impatto e con fragore atterrò sulla superficie del mare, sollevando schizzi d'acqua salata fin sopra la vela quadra gonfiata dal vento.

    Alzando i remi al cielo, per non guastarli, la ciurma esultò quando la chiglia di legno, cozzando contro l'onda, emise uno schiocco tale da rimbombare nei petti di tutti. Entrati nel fiordo, l'incontenibile moto ondoso del mar Oceano andava acquietandosi via via che lo risalivano. Così, colto da un'improvvisa bonaccia, il dreki  si ritrovò a sfrecciare silenzioso su una limpida pianura d'acqua circondata da ripide creste montuose, mosso verso riva solo per inerzia e incalzato dalla corrente.

    [¹] - Giù i remi! Rallentiamo - comandò con tono austero un uomo massiccio aggrappato al cavo di strallo, sporgendosi verso babordo per analizzare la profondità delle acque artiche che li circondavano.

    La pelliccia di lupo, che gli ricopriva gran parte del corpo, luccicò man mano che il sole, sgusciando fuori da un gruppo di nubi temporalesche, rifletteva i fievoli raggi dorati sulle goccioline d'acqua intrappolate tra le setole del manto peloso che lo riscaldava.

    L’energumeno alzò lo sguardo verso la costa verde e grinzosa, mentre i suoi seguaci remavano contro corrente per rallentare la corsa del bússa  .

    [²] Oltre un molo traballante, man mano che la nave si avvicinava a terra schivando i blocchi di ghiaccio galleggianti, tre capanne erette con pietra e zolle erbose si mostravano ai suoi occhi, velate a tratti dalla foschia, connesse le une alle altre da recinti per il bestiame.

    Sopraelevata rispetto alle altre, svettava la dimora dello jarl  . Unica in legno, con stalla e fienile ai lati del corpo centrale, riparata da un tetto a spioventi impermeabilizzato da uno strato sovrastante di torba.

    [³] Il gigante ghignò, conscio di aver terminato il viaggio, osservando del movimento sul litorale erboso.

    - Brattahlid, perla dell’Insediamento Orientale! Attorno non troveremo altro se non scaltri marinai, rudi contadini e caldi boccali di birra ad aspettarci…- biascicò, ironico e speranzoso.

    Qualcuno, in lontananza, stava alzando un braccio in segno di saluto nella loro direzione, percorrendo a piedi il rozzo pontile su cui puntava la nave vichinga. Il terrestre aspettò che il dreki fosse parallelo al punto di approdo e al momento giusto, con un movimento del corpo così fluido che denotava quanto fosse abituato a quell’azione, lanciò l’estremità libera della cima d’ormeggio nelle mani esperte dell'equipaggio.

    Ascoltando le voci provenienti dalla nave, l’uomo a terra si accorse che, tra il vociare degli uomini intenti a fermarla, risaltavano le acute risate di bambini e frenetici pettegolezzi di donne estasiate dall’idea di essere approdate nella loro nuova casa.

    Nonostante l’angoscia di non sapere con chi avesse a che fare, manifestò la propria contentezza di ricevere la visita di nuovi coloni increspando la bocca, nascosta da un folto barbone rosso, in un inquieto sorriso.

    Attraccato al pontile di legno, l’imponente bússa torreggiava sul mercantile vicino, uno knarr  di grosso pescaggio, utilizzato per il commercio su ampie estensioni marittime.

    [⁴] L’energumeno, ammantato dalla pelliccia di lupo, scavalcò con un balzo gli scudi dell’equipaggio appesi al capo di banda della sua nave e andò incontro al padrone di casa, lasciando che gli altri fissassero la gomena a determinati appigli sulla nave.

    La stretta che si scambiarono fu poderosa. Sembrò che facessero a gara di chi stringesse di più il braccio dell’altro. Per rispetto, il possente ospite attenuò la presa, guadagnando dall’altro una riconoscente pacca sulla spalla.

    Da terra, intanto, un pugno di uomini armati di lance si stava avvicinando disponendosi dietro il loro jarl .

    Un grande senso di desolazione dominava la squallida natura circostante, avvolta da un silenzio idilliaco: massicci rocciosi dalle cime innevate e rigidi ghiacciai si ergevano in lontananza. Un boato crepitò dai minacciosi pendii che attorniavano il luogo dove le calotte di ghiaccio incontravano l’acqua del mare artico e, spezzandosi, si gettavano sulla sua superficie.

    - Benvenuti nel mio fiordo, uomini del nord! Sono lo jarl Erik Thorvaldsson e questo è il mio podere - esclamò il padrone di casa, aprendo le braccia a semicerchio, indicando simbolicamente tutto ciò che li circondava.

    Era pronto a mettere mano alla spada che portava alla cintola, se i nuovi arrivati avessero avuto cattive intenzioni. Chi erano? Che cosa volevano?

    L’ansia cresceva al pari delle maree primaverili.

    - Bjarne Herjulfson! Questi sono i miei uomini e le rispettive famiglie. Veniamo dall’Islanda, jarl … La tua  fama ti precede, siamo qui per vivere una nuova vita, permettimi di donarti questi agnelli - rispose l’islandese con voce grave, guardando con circospezione gli armati che si prodigavano verso il molo e indicando il gruppetto di cuccioli belanti che un suo uomo stava spostando sul pontile.

    [⁵] Erik il Rosso se ne accorse e voltatosi di scatto abbaiò ai suoi guerrieri l’ordine di fermarsi, sperando che quell’azione mostrasse loro quel briciolo di fiducia che cercava di ostentare.

    Nell’aria aleggiava molta tensione. Pochi gesti avrebbero bilanciato l’incontro verso una sanguinaria e immediata ostilità o una cordiale amicizia a lungo termine.

    - Non temere, Bjarne figlio di Herjulf, i miei uomini non vi faranno del male… sempre che voi non facciate scherzi. Bada, questa terra è ricca di insidie, i nativi sono bellicosi e si spingono sempre più a sud a caccia di foche. Gli scontri con loro sono all’ordine del giorno, molti uomini e donne che conoscevo ora sono ospiti nella Valhalla  . Puoi capire dunque che altri seccatori non ci piacciono!- spiegò lo jarl , guardandolo in modo intimidatorio.

    [⁶] Bjarne non parve esser messo in soggezione dal suo sguardo ed Erik il Rosso sogghignò, capendo di trovarsi davanti un uomo sicuro di sé e deciso a trovare un buon posto per stabilire la sua gente.

    Si scambiarono un’occhiata d’intesa, cercando nei rispettivi sguardi qualcosa che potesse garantire a entrambi fiducia nell’altro. D’un tratto, Bjarne si girò a indicare le famiglie che sbarcavano titubanti dal suo dreki e la lunga barba nera gli svolazzò sulle spalle.

    - Un vento proveniente da nord ci ha fatto sbagliare la rotta, abbiamo navigato al largo per giorni, senza avvistare i fiordi della Terra Verde  , oltrepassando isole sconosciute. Nemmeno gli occhi del bianco Heimdallr avrebbero visto altro se non nebbia! Pensavo di essere condannato a perire aggrovigliato nella rete di Rán, quando siamo tornati sulla giusta direzione. Siamo affamati… Ho donne e bambini con me jarl , hanno pianto a lungo e solo ora posso gioire delle loro risate - gli rispose con tono da supplice, vergognandosi di dover chiedergli aiuto, impossibilitato com’era di prestarlo lui stesso alla sua gente, mostrandosi perciò vulnerabile.

    [⁷] Il Rosso annuì, capendo la necessità dei nuovi coloni di ravvivarsi e della loro momentanea incapacità di recar danno.

    Fece cenno ai suoi guerrieri di avvicinarsi. Il più giovane di questi, che aveva a malapena sedici anni, si fermò alla sua destra, aspettando gli ordini.

    Erik lo strinse a sé con fare paterno. Qual miglior gesto di amicizia se non quello di presentare ai nuovi arrivati la propria prole?

    - Bjarne Herjulfson, questo è mio figlio Leif! Tra non molto partirà per la Norvegia per diventare uomo, l’età è quella giusta - disse orgoglioso.

    Leif salutò il robusto islandese con un cenno del capo e Bjarne ricambiò con un duro borbottio, aspettando con ansia crescente una risposta alla sua richiesta di soccorso.

    Erik il Rosso sorrise, benevolo.

    - Leif, aiuta questa brava gente a scaricare i loro averi e mostra dove possono ristorarsi. Abbiamo cibo e birra per tutti voi, Bjarne, ma sappi che non possiamo abusarne. La selvaggina scarseggia e il bestiame è difficile da allevare, ma stiamo avendo i primi risultati con il raccolto. L’imprevedibile Njord ci è stato a lungo sfavorevole.-.

    Mostrava rancore verso il dio dei venti, benefattore dei lupi di mare, che sembrava essersi dimenticato dei vichinghi della Terra Verde.

    Nell’arco di un anno, assieme al piccolo gruppo di coloni con cui era sbarcato ma che si erano insediati più a sud di Brattahlid, il Rosso aveva domato quella terra aspra e gelida, rendendola fertile.

    Gli inverni non si presentavano glaciali nell’entroterra, pertanto c’erano pascoli in abbondanza per bovini e caprini, che nelle nottate più fredde dormivano stipati con i propri padroni entro le capanne di torba.

    Branchi di foche e qualche raro uccello da cacciare in contrasto contro le agguerrite tribù native, che odiavano gli invasori d’oltreoceano, fungevano da nutrimento preponderante.

    Ciò che mancava erano gli alberi, cosa che costringeva i pochi e coraggiosi coloni a barattare il legname proveniente da Islanda e Norvegia con i proventi di pesca e caccia ai grandi cetacei artici, ai gruppi dei pericolosi trichechi o ai solitari orsi bianchi.

    Il sole calò presto, mentre il Rosso si accordava con i nuovi arrivati riguardo l’ubicazione delle loro future abitazioni.

    Il fiordo fu avvolto dall’oscurità e con le stelle alte nel cielo, assicuratosi che tutti i membri del suo clan avessero un riparo ove passare la notte e un fuoco per riscaldarsi, Bjarne fu chiamato nella dimora del suo nuovo jarl .

    Spinto dal figlio a invitarlo nella loro capanna per raccontare le dinamiche del viaggio, Erik il Rosso, dopo un primo momento di resistenza, aveva ceduto di fronte all’insistenza del giovane e curioso Leif e aveva mandato il suo uomo fidato a chiamarlo.

    La temperatura si abbassò con violenza e al passaggio delle nuvole la neve cadeva silenziosa, ammantando di bianco l’intero fiordo.

    Bjarne fu accompagnato alla grande capanna da un uomo alquanto basso, caratterizzato da un accento che trovava diverso da quello degli altri coloni.

    Aveva all’incirca cinquant’anni e si chiamava Tyrker. La fronte alta e gli occhi instabili, cerchiati da un numero imprecisato di lentiggini e i baffi intrecciati, lo facevano apparire più meschino di quanto non fosse.

    Diceva di essere nato al di là del mare esterno, a Oriente, in un villaggio cristiano circondato da interminabili foreste e di essere stato reso schiavo da bambino a seguito di una razzia vichinga avvenuta nella zona. Erik il Rosso lo aveva comprato barattandolo con delle zanne di tricheco da un mercante proveniente dal Vestribygd , l’Insediamento Occidentale della Terra Verde.

    Dato il costo eccessivo per uno schiavo, il Rosso aveva speso diversi giorni a discutere con lui per capire con chi avesse a che fare. Colpito dalla sua inaspettata astuzia e onestà, affascinato dal lungo viaggio che aveva percorso e considerandolo un uomo tanto saggio quanto il numero di luoghi che aveva visitato passando da un padrone all’altro fino ai confini del mondo, lo aveva affrancato affidandolo come supervisore del figlio.

    Tyrker, dopo una vita di soprusi, aveva giurato che mai avrebbe tradito la fiducia del suo benefattore, nonostante costui fosse pagano, colui che gli aveva donato la libertà più volte sognata e tanto attesa, al quale si mostrava esageratamente servizievole.

    Bjarne lo guardò incuriosito, non capendo chi fosse e da dove potesse provenire, mentre Tyrker, avvolto da un mantello di lana, gli dava le spalle camminando senza sosta verso la capanna del suo redentore.

    Data l’età e le ferite riportate dopo una vita passata come schiavo di uomini privi di umanità, un bastone nodoso lo aiutava a sorreggersi e il cappuccio che gli ricopriva la testa lo salvava dai colpi di vento artico. Solo un piccolo pugnale gli avrebbe consentito di difendersi, inutilmente, dai predatori del nord e dai nativi, gli skrælingjar  .

    [⁸] A pochi minuti dalla dimora del Rosso, notando il sentiero tingersi di una strana luce, l’islandese alzò lo sguardo al cielo, rimanendo attonito dal sublime evento naturale che stava accadendo sopra le loro teste: ondeggiando come un’intensa vampata di fuoco verde visto da lontano, con picchi ora più alti ora più bassi di una luce rosea, capace di sprigionare talvolta un guizzo di scintille simili a quelle che avvolgono le fucine dei fabbri, l’aurora boreale si dilungò per un’estensione imprecisata nell’oscurità.

    - Trovate magnifiche le luci del nord?- gli domandò Tyrker inaspettatamente.

    Bjarne si destò da quella magica visione, rendendosi conto di essersi fermato ad ammirarle senza avvisarlo.

    Non sentendo più i suoi pesanti passi dietro di sé, Tyrker si era voltato e scrutandolo isolato nel buio a qualche metro di distanza, era tornato a prenderlo.

    - Non mi abituo mai alla loro bellezza…- sussurrò Bjarne emozionato, sentendosi minuscolo di fronte alla potenza della natura circostante, nonostante vantasse una temibile stazza.

    - La forza della natura ci fa ricordare quanto grande possa essere la punizione di Dio che attende voi pagani.- sostenne Tyrker, senza dare troppa importanza alle luci che serpentavano sopra di lui e infastidito da quella pausa non necessaria.

    Bjarne abbassò il capo e lo guardò stupito dall’affermazione.

    Si strinse sulle spalle la pelliccia di lupo, insuperbendosi come un rapace, e si accostò a un palmo dal suo viso baffuto, tanto da contare le rughe che lo scalfivano. Lo fissò nelle iridi, cercando di capire che cosa stesse pensando.

    - Sei un cristiano!- esclamò con disprezzo, sbruffandogli in faccia.

    Tyrker scoppiò a ridere, divertito dal tono aggressivo del nuovo arrivato e asciugandosi la faccia dalla sua saliva.

    Adorava insultare il popolo dei suoi precedenti aguzzini, prendendosi gioco del loro credo, considerando sé stesso migliore. Gli diede di nuovo le spalle riprendendo a camminare, senza mostrare alcun timore.

    Sapeva che l’islandese non l’avrebbe potuto uccidere, poiché ne andava della vita della sua gente.

    - Andiamo, non è saggio far aspettare lo jarl - dichiarò.

    Camminarono ancora per qualche minuto.

    Attorno a loro, il silenzio di una landa disabitata, che infondeva nei vichinghi un senso di pace turbata dall’inquietudine di essere abbandonati a loro stessi in una terra selvaggia, che li ripudiava.

    Al minimo rumore sospetto, Tyrker si fermava a guardarsi attorno con l’angoscia di essere assalito da battitori skrælingjar . Avventurarsi di notte era rischioso e presto anche l’islandese lo avrebbe imparato.

    Bjarne seguiva la sua guida con l’unico desiderio di liberarsene al più presto, senza badare al pericolo di intromettersi in una zona di caccia dei nativi o degli orsi bianchi.

    - Odino, dammi la forza di non strangolarlo.- borbottò a denti serrati, ricordando i missionari cristiani che stavano evangelizzando la sua terra natia, da cui era fuggito.

    Odiava quei pidocchiosi uomini vestiti di stracci, sbarcati in Islanda sei anni prima, in quello che definivano l’anno del Signore 980.

    Infestanti come pidocchi, bruciando gli idoli del culto di Thor, diffondevano moniti di pace, amore e devozione, verso un uomo giustiziato su uno strumento di tortura. Iesus Christus, lo chiamavano. Crocifisso molti secoli prima, a causa dei nani del Mar Mediterraneo, gli antichi abitanti della Roma da cui proveniva il latino, la loro lingua.

    Fuggito dall’Islanda per allontanarsi dalle rappresaglie cristiane, seguendo le orme dei genitori verso la Terra Verde, in quel momento Bjarne si ritrovava in compagnia di un altro cristiano, che in boria e arroganza non si differenziava dai missionari che l’avevano cacciato dalla sua isola.

    Oltrepassarono una prateria spoglia e desolata, a tratti framezzata da rilievi rocciosi ricoperti di muschio e arbusti nani.

    Quando nell’aria si iniziò a respirare l’odore salmastro emanato dalla banchina, l’islandese rese grazie agli dei per il semplice fatto che non avrebbe più sofferto della compagnia di Tyrker.

    Il cristiano gli indicò la capanna di Erik il Rosso e si congedò, scomparendo nell’oscurità. Bjarne bussò alla porta e quando questa si aprì, si ritrovò faccia a faccia con una donna formosa, dai fianchi larghi e le labbra strette.

    Fu colto da un impetuoso desiderio di possederla, ma fu costretto a ingoiarlo quando lo jarl , dall’altro lato della capanna, gli fece cenno di entrare, aggiungendo:

    - Leif, per le tette di Freya, chiudi quella dannata porta o uscirà tutto il calore! Entra pure figlio di Herjulf e siedi con mia moglie Thjodhildr accanto al focolare -.

    Bjarne ubbidì, senza distogliere lo sguardo dal seno irruento di Thjodhildr, che ballonzolava da un lato all’altro della scollatura della veste slacciata.

    Eccitato, studiò la moglie dello jarl rimboccare le coperte al loro secondogenito Thorvald , di qualche anno più giovane di Leif e assicurarsi che la piccola Freydís dormisse, poi si adagiò su una panca di legno.

    Gli si sedette accanto il giovane Leif, che appoggiò con stanchezza le braccia sulla tavolata dove quattro boccali vuoti e una caraffa di birra avrebbero movimentato la serata.

    Il Rosso gli si sedette di fronte, grattandosi la barba.

    - Versagli da bere - disse, rivolto al figlio.

    Leif afferrò la brocca con due mani e fece per versarla con trepidazione, quando l’ospite lo fermò tappando il boccale riservatogli.

    Il gesto oltraggiò Erik, mentre sua moglie gli si sedeva in braccio per essere coccolata e al contempo punzecchiargli la barba rossa.

    - Non voglio offendervi, ma ho sempre bevuto dal mio corno. Ecco ragazzo, riempi questo!- affermò Bjarne districando dalla cintura il proprio corno da bevute e porgendolo sotto il beccuccio della caraffa.

    Erik il Rosso sogghignò e con un’amorevole sculacciata sussurrò alla moglie di prendere anche il suo per non apparire scortese.

    Una volta che anche Leif e Thjodhildr ebbero i boccali ricolmi, i due vichinghi brindarono alzando i rispettivi corni al soffitto.

    - Skál !- esclamarono all’unisono.

    Ingollarono la birra in un sorso, sbrodolandosi sulla barba e macchiandosi i vestiti. Leif, non riuscendo a imitarli, appoggiò il boccale sul tavolo per ruttare in silenzio e proseguire a bere con meno irruenza, sperando che i due uomini non se ne accorgessero.

    Thjodhildr lo vide e sorridendo gli ammiccò, mostrandogli il proprio boccale ancora mezzo pieno.

    - Hai una bella e numerosa famiglia jarl , Odino ti ha reso un uomo fortunato - elargì Bjarne riempendosi di nuovo il corno.

    Erik scoppiò a ridere e accarezzò la pancia di sua moglie.

    - E Freyr ha reso mia moglie la donna più feconda del Miðgarðr  !-.

    [⁹] L’islandese scambiò un veloce sguardo a Thjodhildr, che annuì, affascinata dalla muscolatura del misterioso straniero.

    - Sono di nuovo incinta, se è un maschio lo chiameremo Thorsteinn, se femmina Gerrid - sottolineò, sprizzante gioia.

    Erik scolò il corno per la terza volta e ruttò soddisfatto.

    - Ti piace questa birra Bjarne? Ho comprato diversi barili in cambio di una mia vacca da latte. Il mercante che me li ha venduti li descrisse come degni degli intrugli del birraio degli dei- scherzò.

    L’islandese rise, ma in modo moderato, non volendo sfociare in derisione e offendere l’uomo che in quella frangente di tempo aveva il potere di uccidere lui e sterminare la sua gente.

    Non si fidava ancora.

    - Il gigante Ægir ne sarebbe veramente fiero! Dovrai indicarmi il venditore…-

    - Lo farò non appena tornerà... Ma ora smettiamola con i futili discorsi di chi non sa cosa dire, come se Loki ci stesse manovrando le lingue! Mio figlio insisteva sul fatto di udire il racconto del tuo viaggio e a dirla tutta, se prima ero contrario, ora la sua curiosità si è insediata su di me. Una domanda mi infesta la testa, per Thor! Chi sei?-.

    Insospettito dalla richiesta, Bjarne appoggiò il corno sul tavolo e si schiarì la voce, asciugandosi con un lembo della pelliccia di lupo la barba nera gocciolante di birra.

    - Sono un vichingo, jarl . Devoto al culto di Thor, che i cristiani stanno cercando di soppiantare con il loro Iesus in Islanda! - disse, fiero.

    Erik sembrò sorpreso dalla risposta.

    - I cristiani? Siamo qui da solo un anno, non avevo più sentito parlare di loro, in Islanda per di più…- disse.

    - Sì, dopo il tuo esilio sono dilagati per l’isola, ma siamo riusciti a ucciderli. Quando sei tornato con la notizia di aver scoperto la Terra Verde avevamo stroncato la loro diffusione… Ma sono tornati, in maggior numero e più agguerriti di prima, volenterosi di cacciare quelli che definiscono eretici. Si dice che il re di Norvegia si sia addirittura battezzato…-.

    - Battezzato?- borbottò Erik con sdegno.

    Accarezzò la schiena di sua moglie, riflettendo sulle parole dell’islandese, mentre Thjodhildr si accorgeva che Leif stava pian piano precipitando nel mondo dei sogni. Si sciolse dall’abbraccio del marito e andò a destarlo quel poco che bastava per condurlo a dormire. Erik colse l’occasione per versarsi e scolarsi altra birra e Bjarne, eccitato come un toro da monta, sentì i seni di Thjodhildr premere sulla sua spalla, mentre cercava di far alzare dalla tavola il figlio. Leif, pur essendo sul punto di prendere sonno, non voleva saperne di andare a dormire, deciso ad ascoltare il racconto dell’ospite fino in fondo.

    - Lascialo qui Thjodhildr, se si addormenta lo porterò io a letto, a calci! Ha l’età per essere uomo ma dentro rimane ancora bambino…- ringhiò Erik trovando sconveniente per il figlio essere trattato in quel modo da sua madre di fronte a un ospite.

    - L’hai detto e lo farai! Non voglio trovarvi entrambi a russare ancora qui domani mattina! Vado a coricarmi…- rispose lei a tono.

    Salutando lo straniero con un sorriso andò a dormire e Bjarne la guardò allontanarsi con la coda dell’occhio, pensando a quanto fosse fortunato il suo nuovo jarl potendo godere della sua carne ogni notte. Sembrò che Erik glielo leggesse nella mente.

    - È proprio una bella donna, Bjarne… E anche una brava madre e, detto fra noi, a letto è una valchiria!- scoppiò a ridere e l’islandese con lui.

    Le risate fecero sussultare Leif dal breve attimo di torpore e suo padre, ricordandosi il motivo per il quale aveva invitato Bjarne al suo focolare, tornò sul discorso.

    - Dunque, oggi dicevi di aver intravisto delle isole lungo la traversata?- domandò, scettico, sorseggiando altra birra.

    L’islandese fu colpito dal fatto che se ne fosse ricordato.

    - Sì jarl . Come dicevo… Poiché nessuno del mio equipaggio, né io, avevamo mai messo piede nella Terra Verde, le pietre del sole  ci stavano mostrando la rotta, quand’ecco che fummo colti da una densissima coltre di nebbia. Ciechi come l’assassino del divino Baldr, vagammo nel nulla per giorni. Poi una visione…-.

    [¹⁰] Si interruppe, volendo enfatizzare le proprie parole e divertito dal fatto che Leif lo stesse ascoltando a bocca aperta.

    - E poi?- balbettò il giovane vichingo.

    Erik sorrise di fronte alla credulità del figlio. Scosse il capo, sospettoso sulla veridicità del racconto dell’ospite e tronfio della propria recente scoperta. Aveva navigato anche lui al largo della Terra Verde, sapeva che non c’era altro se non gelida acqua per miglia e miglia.

    Bjarne aspettò ancora un attimo, passando il dito sul bordo bagnato del suo corno e dopo aver constatato di avere indugiato abbastanza, ciucciata la gocciolina di birra elevata sulla punta dell’unghia, continuò. Nel suo sguardo era ancora leggibile lo stupore provato in quell’attimo di apparente salvezza.

    - Una costa sfuggente all’orizzonte, frastagliata da rigogliose scogliere e una pineta lungo la riva meridionale, con stormi di gabbiani dalla testa nera a darci il benvenuto… Poi, beffarda, di nuovo la nebbia -.

    Capitolo primo

    NUOVI ORIZZONTI

    Islanda, nei pressi di Reykjavík, 1238 d.C.

    Cadde silenziosa, inaspettata, premonitrice di una brutta giornata.

    Con un’espressione amara, Valgard si girò a guardarsi la spalla destra imbrattata.

    - Schifoso pennuto…- sbottò.

    Si chinò a terra sospirando, scelse un sasso abbastanza leggero da essere scagliato lontano, lo saggiò, prese la mira e lo lanciò contro il gabbiano che strillava appollaiato sul pennone del suo skute  in secca.

    [¹¹] Lo mancò di un soffio e l’odioso animale volò via, capendo di non essere gradito.

    Valgard fece una smorfia e incrociò le braccia, sentendosi umiliato. Lo guardò farsi sempre più piccolo, finché scomparve inghiottito dalle nuvole rosee.

    Le sue strida sembravano l’eco di una risata.

    - Si prende pure gioco di me, dannato gabbiano!- l’apostrofò.

    Albeggiava e la spiaggia ghiaiosa era stata tinta di un colore caldo, che i blocchi di ghiaccio galleggianti a riva riflettevano, sembrando piccoli pezzi di cielo caduti in un mare purpureo. Dall’oscurità, quello che prima era solo un rumore sommesso di onde, in quel momento di pace, illuminato dal sole nascente e stagliandosi verso i confini del mondo, arrossiva sotto gli occhi verdi di Valgard, assumendo l’aspetto del mar Oceano.

    Era lì, in piedi sulla spiaggia nera come ogni mattina, a osservare l’alba avvolto dall’odore di salsedine, aspettando che suo padre Torsten si svegliasse. Vivevano a sud, non molto lontano dal piccolo villaggio di pescatori di Reykjavík, in una landa dominata dal caos da più di dieci anni.

    Le scorrerie delle bande armate dello spietato casato degli Sturlungar erano infatti all’ordine del giorno, rivolte a chiunque si opponesse al re di Norvegia, desideroso di assumere il controllo del Þjóðveldið , lo Stato libero d’Islanda e sfruttarne il commercio.

    Stato libero? La libertà aveva abbandonato l’isola da tempo, lasciando che l’anarchia dilagasse come un’epidemia nelle fattorie dei piccoli e grandi bœndr  islandesi. Malvagia, essa vagava tra i fiordi e si nascondeva nei boschi scampati alle asce vichinghe, pronta per impossessarsi degli ingenui che vi si avventuravano. Superava i massicci innevati e, sollevatasi in cielo attraverso i rigurgiti di lava dei ribollenti vulcani e gli sbuffi d’acqua ustionante che fuoriuscivano dal sottosuolo, scendeva violenta sui villaggi degli uomini, come pioggia di fuoco al tempo del pagano Ragnarök  . Figlia del Demonio, insinuandosi nelle loro menti e deteriorando tutto ciò che poteva esserci di buono nel debole gregge di Dio, l’anarchia aveva conquistato l’isola.

    [¹²] L’Islanda era dunque in mano ai più potenti membri dell'Althing, l’assemblea legislativa che si riuniva ogni estate sulla roccia del Thingvellir, e ai vescovi cristiani che da più di un secolo avevano assunto il controllo spirituale dell’isola, eliminando gli ultimi hofgoðar pagani, i loro luoghi sacri e i rispettivi culti con i sacri strumenti dell’evangelizzazione: la croce, il ferro e il fuoco.

    Solo i più temerari, come il vescovo Gudmundur il Buono della diocesi di Hólar, si arrogavano il privilegio di scomunicare chiunque li combattesse, ergendosi non tanto come i rappresentanti della Chiesa in una terra lontana, ma piuttosto come i sostituiti del papa ai confini del mondo cristiano.

    L’Islanda era in fermento, gli scontri tra i più insaziabili casati islandesi erano all’ordine del giorno e i distretti in cui era

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1