La maledizione dello scarabeo

Di Marcello Simoni

Laguna di Comacchio, dicembre 1954. Il guardiano di valle Baràba, in perlustrazione durante una rigida notte della Vigilia, si imbatte in una mano congelata che spunta dall’acqua, e stringe uno straordinario cimelio etrusco tra le dita. Nell’appropriarsene, l’uomo viene coinvolto in una serie di raccapriccianti sventure in cui si intrecciano i furti dei tombaroli e l’avverarsi di antiche superstizioni legate al culto dei morti. In questo racconto Simoni si cimenta per la prima volta con il genere gotico.

Questo racconto si trova anche nella raccolta Giallo Natale

Marcello Simoni

È nato a Comacchio nel 1975. Ex archeologo e bibliotecario, laureato in Lettere, ha pubblicato diversi saggi storici; con Il mercante di libri maledetti, romanzo d’esordio, è stato per oltre un anno in testa alle classifiche e ha vinto il 60° Premio Bancarella. I diritti di traduzione sono stati acquistati in diciotto Paesi. Con la Newton Compton ha pubblicato La biblioteca perduta dell’alchimista, Il labirinto ai confini del mondo, secondo e terzo capitolo della trilogia del famoso mercante, L’isola dei monaci senza nome, con il quale ha vinto il Premio Lizza d’Oro 2013, e L'abbazia dei cento peccati. Nella collana Live è uscito I sotterranei della cattedrale.

• Lingua: Italiano
• Editore: Newton Compton Editori
• Data di uscita: 27 nov 2014
• ISBN: 9788854176560

Anteprima del libro

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© 2013 Marcello Simoni

Prima edizione ebook: dicembre 2014

Racconto precedentemente pubblicato nella raccolta Giallo Natale

Roma, Casella postale 6214

ISBN 978-88-541-7656-0

www.newtoncompton.com

Marcello Simoni

La maledizione dello scarabeo

Newton Compton editori

1

La tomba si trovava sotto due metri di terra e argilla duri come cemento. Il dottor Carlo Aurigemma si sporse in avanti per osservare il fondo, ma la luce della lanterna a gas riuscì soltanto a rischiarare i contorni della buca. Tutt’intorno, il ghiaccio e la neve si perdevano in una distesa silente fino a svanire nella notte, un nulla impenetrabile attraversato dai versi degli animali della valle.

Si sentiva a disagio. Come un intruso che profanasse una terra remota e inospitale, custode di segreti tanto antichi da non appartenere più al genere umano. La sua passione di antiquario lo spinse a ignorare quella sensazione, così come l’aria umida e pungente che pareva farsi strada attraverso i pori della pelle, fino a raggiungere le ossa. Era impaziente di mettere le mani su nuovi reperti, possibilmente più interessanti di quelli rinvenuti il giorno prima. Due sepolture femminili, a pochi passi da dove si trovava ora, gli avevano reso soltanto del vasellame dozzinale e un monile d’ambra. C’era da aspettarselo, dopotutto. Depredare una necropoli etrusca non garantiva certo successi immediati, specie di notte, con l’ansia di essere scoperto, ma il dottor Aurigemma aveva il sospetto che i tombaroli al suo servizio si fossero tenuti i pezzi di maggior pregio. Ecco perché, dopo un’iniziale ritrosia, si era deciso a seguirli, rimandando di un giorno il suo rientro a Bologna. Se voleva evitare imbrogli, era meglio controllare di persona. Anche a costo di perdere delle ore di sonno e patire quel freddo cane. Si piegò quindi sulle ginocchia e abbassò la lanterna, illuminando pareti di terra venate di argilla azzurrognola e due sagome chine in fondo alla buca.

Gli uomini avevano scoperto a colpi di vanga i resti della sepoltura, un corredo di