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I Cavalieri del Vento
I Cavalieri del Vento
I Cavalieri del Vento
E-book189 pagine2 ore

I Cavalieri del Vento

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Info su questo ebook

Trasferirsi da una grande città della Toscana a Santu Lussurgiu, un piccolo paese della Sardegna.
Peggio di così, per Luca, non potrebbe andare.
Tutto sembra già una condanna alla noia quando, una fredda notte di gennaio, si ritrova con la sorellina Lisa a seguire le orme di un cavallo fantasma sulla neve.
Le tracce li condurranno fino a Cosimo, un silenzioso ragazzino che ogni notte si allena di nascosto per la corsa di cavalli del Carnevale. Molti suoi amici vi prendono parte, ma nel suo passato è sepolto un mistero che gli proibisce di partecipare…
Poche settimane per mettere in atto un piano segreto, fra nuove amicizie, leggende, e il vento della libertà e dell’avventura sulla faccia.
Età: dai nove anni in su.
LinguaItaliano
EditoreCondaghes
Data di uscita23 feb 2020
ISBN9788873569879
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    Anteprima del libro

    I Cavalieri del Vento - Angela Ragusa

    Angela Ragusa

    I Cavalieri del Vento

    ISBN 978-88-7356-987-9

    Condaghes

    Indice

    Prologo

    I

    II

    III

    IV

    V

    VI

    VII

    VIII

    IX

    X

    XI

    XII

    XIII

    XIV

    XV

    XVI

    XVII

    Epilogo

    L'Autrice e l'Illustratore

    La collana Il Trenino verde

    Colophon

    agli amici di sempre,

    per sempre

    Prologo

    C’è un’isola, nel Mediterraneo, un’isola di pietre e di torri, di antiche leggende e di antichi vulcani; un’isola percorsa dal vento che piega gli alberi e scompiglia le foglie e i sogni. Il vento corre da una costa all’altra, scavalca i monti, attraversa il mare…

    E trascina con sé sogni e desideri.

    I

    – Allora è deciso, Luca? Partite dopo le feste?

    Una raffica gelida calò dalle colline, attraversò il parco, volteggiò attorno a un gruppetto di ragazzi appollaiati su una panchina sotto un albero spelacchiato e, afferrata una foglia superstite, la mandò a svolazzare davanti al naso di uno spilungone immusonito.

    – Pare di sì. – Con un gesto nervoso, Luca scostò la foglia e si passò la mano fra i capelli rossicci così irrigiditi dal gel da sembrare gli aculei di un porcospino di cattivo umore. – Impossibile farli ragionare, quei due.

    – Davvero ci restate minimo un anno? – chiese un altro, stringendosi nel piumino viola. Faceva il tifo per la Fiorentina, lui, e ci teneva che si sapesse.

    – Sì, Iapo. – Lo spilungone saltò giù dalla panchina e cominciò ad andare avanti e indietro, tirando calci alle foglie secche. – Hanno già affittato la casa. I nuovi inquilini arrivano a fine gennaio. Mentre noi vivremo un’esperienza indimenticabile!

    – Magari non sarà così male… – cercò di confortarlo Iacopo, detto Iapo.

    – Come no! Mi divertirò da pazzi, in un paesucolo in mezzo ai monti, senza cinema, senza sale-giochi, senza amici, senza tivù…

    – Come, senza tivù? – esclamò scandalizzato Matteo, il quattrocchi che aveva parlato per primo.

    – L’ultima dei miei è che dobbiamo ‘disintossicarci la testa oltre che i polmoni’, perciò la tele resta a casa.

    – Almeno avrete il computer: potrai usare Internet, ci terremo in contatto con le e-mail – insisté Iapo. – E poi c’è WhatsApp...

    – Bah! Ho il cellulare sotto controllo perché quei due hanno deciso che ci spendo troppo. Quanto ai computer, non è detto che riesca a metterci le mani sopra. Perché se ne portano dietro due, ma servono a loro… – Luca chinò la testa, fissandosi imbronciato le lunghe gambe. – Assurdo! E tutto perché a papà è stato dato l’incarico di fare non so che ricerche per conto del Museo Archeologico di Oristano! A qualche idiota salta in testa che forse gli antichi Sardi erano i trisnonni degli Etruschi, e a noi tocca andare in esilio! – Tornò a scuotere la testa. – Almeno avessimo preso casa in città!

    – Già, com’è che siete finiti a San-coso? – chiese un ragazzo brufoloso e con un accenno di peluria sul viso, andando a mettersi a cavalcioni del motorino parcheggiato accanto alla panchina.

    – Bella domanda – Luca fece una smorfia. – Perché c’erano andati in vacanza ai tempi della tivù in bianco-e-nero o roba del genere, e ne erano rimasti coooosì incantati da non poterselo più scordare. Perciò, quando a papà è stata offerta quest’opportunità irrinunciabile, visto che il paese dista solo una trentina di chilometri da Oristano, hanno subito organizzato le cose in modo da stabilirsi lassù informandoci della grande pensata quando il pateracchio era bell’e fatto.

    – E tua madre? – chiese Matteo.

    – Oh, lei è contenta! Tanto i suoi romanzi storici li può scrivere dappertutto. Scozia, Toscana o Sancoso… per lei non fa differenza, anzi!

    – A proposito di storia, per la scuola che fate? – Come al solito, Iapo era un asso per centrare i punti più dolenti.

    – Andremo a quella del paese, naturalmente – mugolò Luca, piegandosi in due come se avesse mal di pancia. – Non mi ci fare pensare: ritrovarsi con professori mai visti né conosciuti proprio l’ultimo anno delle medie. E nuovi compagni di scuola…

    – Tua sorella come l’ha presa? – chiese Matteo. Forse per effetto delle lenti spesse, nei suoi occhi sembrò guizzare una scintilla maliziosa.

    – Oh, il Mostro è entusiasta. Quando si sono degnati di comunicarci la grande notizia, ha chiesto solo: «C’è una biblioteca?» e appena ha saputo che c’è, si è messa il cuore in pace. Anzi, ha già cominciato a fare ricerche sul paese: tradizioni, storia, ricette, tutto quanto. Praticamente ogni giorno mi fa: «Lo sai che…?», e mi molla qualche informazione idiota.

    – Anche lei frequenterà la scuola del paese?

    – Sì… mi fanno quasi pena, le povere maestre che se la ritroveranno fra i piedi.

    Il commento suscitò le risate generali: tutti conoscevano Lisa, dieci anni, detta ‘Il Mostro’…

    – Devo andare – sbuffò Luca, alzandosi e tirando su la lampo del giubbotto. – Ora che siamo in vacanza non ho più scuse per rimandare lo sbaraccamento della mia stanza…

    – Ma per Capodanno ci sarai, vero? – si affrettò a chiedergli Matteo.

    – Verrà anche Sabrina… – aggiunse l’amico motorizzato, ridacchiando e strizzando l’occhio agli altri.

    – Sicuro che ci sarò – rispose Luca, diventando rosso quanto i suoi capelli. – Del resto, – aggiunse con un’aria indifferente che non convinse nessuno – va’ a sapere quando potrò sentire di nuovo un po’ di musica decente. Al massimo, laggiù canteranno qualche lagna tradizionale… – Sospirò. – Sarà un lungo anno…

    Con un ultimo cenno agli amici, si diresse lentamente verso l’uscita del parco. Gli altri si trattennero a chiacchierare ancora un po’, finché il freddo e le prime gocce di pioggia gelida, simile a nevischio, li convinsero a tornare a casa.

    Rimase soltanto il vento, che si fece un’ultima corsa tra i rami spogli scrollando i festoni di ammiccanti luci natalizie avvolti attorno a un abete solitario, per poi slanciarsi ansimando verso occidente, come se fosse ansioso di non fare tardi a chissà quale appuntamento.

    ***

    – Ci sono! – Luca sbatté la porta e cominciò a farsi strada con aria schifata fra i pacchi che ostruivano il corridoio.

    – Luca! – una ragazzina minuta, con lisci capelli castani tenuti a posto da un cerchietto blu elettrico, spuntò da dietro una montagna di scatole.

    – Accidenti a te, Mostro! – suo fratello arretrò di scatto, urtando una pila di libri che crollò rovinosamente. – Sei ammattita a saltarmi addosso così? Mi hai fatto venire un colpo!

    – Dovresti smetterla di chiamare ‘mostro’ tua sorella – lo rimproverò una voce dall’inconfondibile accento inglese. Una donna in una tuta da ginnastica arancione che faceva a pugni con i capelli rossi stretti in un’approssimativa coda di cavallo, e qualche chilo di troppo, era emersa da una stanza trasportando l’ennesima scatola. – Non è carino e… oh dear! – Fissò i libri sul pavimento e scosse la testa. – Vostro padre ci aveva lavorato tanto per metterli in ordine. Meno male che è andato a ritirare i biglietti. Da bravo, Luca, falli sparire prima che rientri. Distratto com’è, non si accorgerà mai che sono tutti mescolati.

    Brontolando, Luca cominciò a gettare alla rinfusa i libri nelle scatole più vicine, mentre Lisa gli saltellava intorno ripetendo: – Io so una cosa e tu no, io so una cosa e tu no… – e spingendo indietro il cerchietto che continuava a calarle sul naso a ogni saltello.

    – Dacci un taglio, Mostro.

    – Luca! Tua sorella non è un mostro…

    – Insomma, Luca! – sbottò Lisa, che non sembrava granché turbata dal sentirsi dare del mostro. – Lo vuoi sapere cos’è che io so e tu non sai?

    – E va bene! – Luca scaraventò gli ultimi libri dentro una scatola e si guardò attorno alla ricerca del nastro adesivo. – Parla, su, tanto lo so che altrimenti non mi dai pace.

    – Il paese dove andiamo a stare, San…

    – Sancoso, sì.

    – Be’, sta dentro il cratere di un vulcano! Forte, no?

    – Quanto sei scema. Com’è possibile che stia dentro un vulcano? Finiremmo tutti arrosto.

    – Invece sì, e lo scemo sei tu! – Lisa tornò a spingere indietro il cerchietto, che per l’ennesima volta le era calato sul naso. – Si tratta di un vulcano spento da milioni di anni, perciò non c’è il minimo pericolo.

    – Peccato. – Luca finì di chiudere l’ultima scatola, tagliò con un colpo secco il nastro adesivo e lanciò rabbiosamente il rotolo in un angolo. – Se facesse una bella eruzione, potremmo restarcene a casa.

    – Luca! – Stavolta l’accento inglese era ancora più netto, chiaro sintomo di una partaccia in arrivo, ma prima che la mamma potesse continuare, la porta di casa si spalancò e un signore robusto sulla quarantina, che, a giudicare dallo stato dei capelli scuri, sembrava appena sfuggito a un tornado, entrò a passo di carica.

    – Fatto! – proclamò sventolando una busta. – Ho i biglietti!

    L’annuncio fu accolto da occhiate che andavano dal perplesso all’allarmato.

    – Ma papà, – chiese finalmente Luca con la voce strozzata di chi sente avvicinarsi una catastrofe – non li avevi già fatti da settimane?

    – Oh. – Suo padre strusciò i piedi e si guardò intorno, evitando con cura gli occhi di sua moglie. – Veramente me n’ero scordato… Ma non preoccupatevi – si affrettò ad aggiungere, sfilandosi il pesante giaccone grigio e lanciandolo su una pila di scatole. – Ho trovato il giorno, cioè, la notte perfetta per partire! Ci imbarcheremo a Livorno la sera del 31 dicembre e arriveremo a Olbia la mattina del 1° gennaio. Non è fantastico? Passeremo la notte di Capodanno in mare… Del resto, – concluse grattandosi il naso con la busta che aveva ancora in mano – erano gli unici posti rimasti… Sapete com’è, col furgone e il resto…

    Sua moglie chiuse gli occhi e scosse la testa, facendo oscillare mestamente la coda di cavallo. – Dear, dear… speriamo di riuscire a sistemare tutto quanto in tempo. Manca poco più di una settimana e… – lanciò un’occhiata alle scatole e sospirò – qui sì che siamo in alto mare!

    – Forte, papà! – si entusiasmò Lisa. – Magari sul traghetto organizzano qualcosa di speciale…

    – No! – un grido del fratello la interruppe. – Avevate detto che a Capodanno potevo andare con gli altri da Matteo! È già tutto fissato… non ci rivedremo chissà fino a quando! Siete…

    Un’occhiataccia della madre gli paralizzò la lingua. – A quanto pare dovrai cambiare programma. Tuo padre… – una seconda occhiataccia centrò un diverso bersaglio – … ci ha appena spiegato che non c’erano altri posti disponibili. Ragion per cui – si chinò e, senza smettere di scuotere la testa, riprese a impilare le scatole – farai meglio ad avvertire subito i tuoi amici. Dopodiché potrai darci una mano per impacchettare tutto quanto.

    Livido, le labbra strette a fermare parole che — lo sapeva per esperienza — potevano costargli care, Luca rimase immobile ancora un momento, poi girò sui tacchi e si fiondò verso la sua stanza e il telefono.

    Sì, decisamente sarebbe stato un anno molto lungo.

    II

    «Ciao, Matteo, e buon anno.» Luca strinse i denti e continuò a pestare sui tasti. «M’immagino che la festa sia stata uno sballo e che vi siate divertiti un sacco. Io, invece…»

    S’interruppe, lasciando vagare lo sguardo fuori dalla finestra e sui tetti coperti da una spolverata di neve. «Vorrei tanto sapere chi si è inventato la balla che in Sardegna c’è sempre il sole» riprese. «Non si direbbe, a giudicare dal benvenuto che ci è toccato: pioggia, nevischio e un ventaccio da portar via. Quanto al viaggio, una sciagura: a bordo eravamo quattro gatti, e quasi tutti distrutti dal mal di mare perché si ballava che era una meraviglia. Cioè, tutti tranne il Mostro, che stava benissimo. A smontare quella non basterebbe un tifone.»

    – Luca! – la voce irritata della madre salì dal pianterreno. – Smettila di giocare col computer e vieni ad aiutarci.

    Per tutta reazione, il ragazzo irrigidì le spalle e s’ingobbì sulla tastiera. «Il paese è ancora peggio di quanto temessi, sperduto com’è in mezzo ai monti» batté rapido, a stento guardando le lettere che si formavano sullo schermo. «Quando siamo arrivati, l’autista del furgone dove avevamo caricato tutta la nostra roba ci ha guardato come se fossimo matti, e appena messi giù scatoloni eccetera se l’è filata come se avesse una gran paura di restare bloccato quassù… dentro il vulcano, come dice il Mostro con aria ispirata. Per giunta, in giro non sembrano esserci che vecchi, marmocchi e… cavalli! Giuro: da quando siamo arrivati, abbiamo visto più quadrupedi che persone.»

    – Insomma, Luca! – le parole furono seguite da un tonfo che lo fece voltare di scatto. Ferma sulla soglia, sua madre lo fissava con occhi di fuoco, le mani sui fianchi e uno scatolone mezzo sfasciato ai piedi. – Lo sapevo che non dovevamo collegare subito i computer! Spegni quell’affare e vieni giù. – Girò sui tacchi e sparì borbottando: – Perfino peggio del padre!

    Sospirando, Luca continuò in fretta: «Ora devo andare. Mamma ha uno dei suoi attacchi da Sergente Maggiore e vuole assolutamente Sistemare Tutto Subito. A quanto pare, dopo aver passato l’ultima notte dell’anno

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