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Gli abissi dello spazio tempo
Gli abissi dello spazio tempo
Gli abissi dello spazio tempo
E-book829 pagine11 ore

Gli abissi dello spazio tempo

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Info su questo ebook

Anno 1997. Un equipaggio di umani atterra in Sicilia proveniente dal lontano futuro. La loro missione è un esperimento sulla natura dello spazio-tempo. Purtroppo, per evitare di essere ostaggi dell’avidità di conoscenza degli uomini, sono costretti a fuggire. In questo viaggio di ritorno al futuro la loro nave compirà diversi errori, rischiando più volte di finire perduta nel cosmo.
Dopo essere finita per errore sulla superficie di Swartzschild del buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea, l’astronave quasi dopo un’eternità esce dallo spazio tempo conosciuto e l’equipaggio per un istante si trova al cospetto dell’ “aldilà”. Ricacciati indietro nell’universo, vengono tratti in salvo da una nave umana di mille anni dopo. La tecnologia di questi ultimi è avanzatissima: si spostano nello spazio e nel tempo materializzando dei buchi neri artificiali che consentendo loro viaggi a distanze immense percorrendo tempi enormi in un istante. 
Nel loro peregrinare incontrano Nostradamus a cui “regalano” notizie sul futuro, notizie che egli poi riporterà nelle sue Centurie. Vengono descritti combattimenti con insetti alieni che vorrebbero invadere la Terra e avventure  su una nana bruna della galassia Andromeda, dove gli uomini rischiano di essere asserviti da piante aliene intelligenti. Ritornati sulla Terra, in uno scontro con gli alieni di Aldebaran la maggior parte di essi vengono uccisi.
I superstiti ritornano oltre l’eternità dove, forse, dal primo arrivo in quel luogo, all’inizio della storia, non ne sono mai andati via… L’amore totale verso di Lui e verso l’innumerevole moltitudine di esseri inizia e finisce con questa storia.
LinguaItaliano
Data di uscita18 mar 2020
ISBN9788869632266
Gli abissi dello spazio tempo

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    Anteprima del libro

    Gli abissi dello spazio tempo - Fulvio Gagliardi

    Fulvio Gagliardi

    GLI ABISSI DELLO SPAZIO TEMPO

    Elison Publishing

    Proprietà letteraria riservata

    © 2020 Elison Publishing

    www.elisonpublishing.com

    elisonpublishing@hotmail.com

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico.

    Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:

    Elison Publishing

    ISBN 9788869632266

    Dedicato ai Padri Fondatori

    dell’aeronautica italiana

    e alle sue passate glorie

    PROLOGO

    Questa non è solo una storia di fantascienza.

    Pur se la trama ne ricalca il genere, i contenuti sono più vicini alla filosofia della scienza che non a quelli della fantascienza.

    Il lettore viene portato pian piano ad intuire che quanto si racconta potrebbe essere possibile.

    La storia inizia nell’anno 1997 con un’astronave che atterra in Sicilia. L’equipaggio è formato da terrestri che provenienti da un lontano futuro stanno conducendo un esperimento sulla natura dello spazio-tempo.

    Il romanzo narra le loro avventure nel cosmo e descrive le loro incredibili tecnologie che consentono di spostarsi pressoché istantaneamente nel tempo e nello spazio.

    Pianeti maledetti vaganti nel nero spazio tempo, scenari di stelle lontane, giganti rosse, nane brune, galassie lontane  … vengono descritti con un realismo tale da trasportare il lettore su questi strani mondi alieni.

    Il racconto è permeato da uno stretto legame tra realtà ultraterrena e suo rapporto con il nostro universo nonché dall’amore sacro e profano che i nostri eroi sperimentano dentro e fuori il continuum spazio temporale.

    Franco e Janine, un lui e una lei di due mondi paralleli che si trovano assieme per volere del Creatore, incontratisi quindici o forse miliardi di anni prima per un Suo imperscrutabile fine ultimo, viaggiano negli abissi del tempo e dello spazio passando da scenari incredibilmente alieni di altri mondi della nostra galassia e di altri universi a paesaggi casalinghi a noi familiari, in un modo che appare via via sempre più naturale.

    La storia alla fine sembra chiudersi su sé stessa in un loop infinito e ciclico, quale è quello dello scorrere del tempo.

    I

    UN INSOLITO EVENTO

    Quel mattino il colonnello Ferro fece colazione in maniera proprio frugale: caffè macchiato e biscotti al bar del Circolo, consumati con fare distratto e senza prestarvi attenzione alcuna.

    Franco, nonostante l’energia e l’entusiasmo che aveva all’inizio di ogni nuovo giorno, questa volta non si lasciò adescare dalla solita conversazione sul tempo o sul perché quel giorno potesse essere più bello o più brutto di quello precedente.

    Il colonnello spinse la porta del bar, ignorandola subito dopo il suo passaggio, e si avviò verso l’auto di servizio per recarsi come tante altre mattine in ufficio, al Comando della Base.

    Stava così per iniziare un’altra tranquilla giornata di lavoro, noiosa e senza particolari emozioni.

    Come al solito pensò rassegnato.

    L’aria pur essendo soltanto le otto del mattino pareva già torrida.

    Per fortuna la routine in quel particolare periodo dell’anno non contemplava un’elevata attività operativa, altrimenti lo Stormo avrebbe di certo avuto non poche difficoltà a far fronte a tutte le richieste d’intervento con i suoi velivoli Atlantic.

    Alcuni di questi infatti erano in revisione, altri in manutenzione e sarebbe stato necessario procedere a cannibalizzazioni per disporre di velivoli pronti ad eventuali anomale richieste.

    Nell’aria si sentiva un profumo dolce, che ricordava vagamente quello del miele, e nel cielo terso gli uccelli si rincorrevano volando senza meta in ogni direzione.

    Il colonnello Ferro, raggiunto l’ufficio e salutata la bandiera, volse lo sguardo svogliato al mucchio di pratiche sulla scrivania. Non era molto soddisfatto della sua vita: a quaranta anni si ritrovava a comandare uno Stormo di vecchi velivoli, spesso inefficienti, in una base lontana dal centro dei suoi interessi.

    Il rapporto con sua moglie Sara, inoltre, andava peggiorando sempre più, forse per colpa del lavoro, forse di quel luogo o forse per la mancanza di amicizie.

    Erano mesi che non facevano più l’amore ed evitavano con cura ogni discussione per il timore che certamente sarebbe finita in litigio.

    Assorto in questi pensieri inconsciamente cercava di ritardare l’apertura dei documenti che lo attendevano.

    Il telefono squillò brusco strappandolo di colpo da quella specie di torpore.

    «Comandante Ferro – la voce era quella del suo aiutante – la cerca il generale Durante con urgenza. La prega di richiamarlo subito sulla linea riservata.»

    Ferro compose il numero del generale, mentalmente immaginando tutta una serie di possibili urgenti interventi necessari per una più pronta disponibilità dei suoi velivoli.

    «Qui Ferro, buongiorno comandante. Mi è stato riferito che mi cercava.»

    «Buongiorno, Ferro. Ciò che ho da dirti è per il momento riservato. L’Alto Comando Strategico della NATO del Nord Europa è in allarme per un oggetto sconosciuto che si sta avvicinando alla Terra. Sembra essere diretto verso il Mediterraneo. Per ora non si sa altro, non si sa cosa sia né tanto meno si conosce l’eventuale zona d’impatto. Della faccenda ne stiamo informando tutte le Basi potenzialmente interessate. Metti Sigonella in stato di massima allerta! Mi raccomando gestisci tu la situazione e non lasciare l’iniziativa agli americani. Quando tutto sarà più chiaro avrai ulteriori ordini. Ti saluto e  … auguri.»

    Deposto il telefono, Ferro chiamò subito il Capo Ufficio Operazioni.

    «Faroni! Metti in stato d’allarme tutta la Base e chiama il colonnello Burt con urgenza. Ti spiegherò tutto appena possibile»

    Ferro era ancora assorto nei suoi pensieri quando il telefono squillò di nuovo. Era Burt.

    «David – disse al colonnello Burt, comandante della Squadriglia USA di stanza sulla Base NATO di Sigonella – penso che sei già al corrente che c’è un oggetto volante in avvicinamento all’area del Mediterraneo. Mi è stato ordinato di sopraintendere alle operazioni. Vediamoci in Sala Riunioni per concordare il da farsi. La questione è urgente, ti prego di fare in fretta  …»

    Il colonnello Burt annuì brevemente, segno evidente che era già a conoscenza di quanto stava accadendo.

    Deposta la cornetta del telefono, Ferro prima di recarsi in Sala Briefing dette ordini di approntare al volo tutti gli Atlantic disponibili in previsione di una possibile esigenza di pattugliamento del mare alla ricerca dell’oggetto volante sconosciuto.

    L’UFO sarebbe infatti potuto cadere da qualche parte, nel Mediterraneo, e il suo Stormo a quel punto doveva essere pronto.

    Ferro si recò poi in Sala Briefing, dove già l’attendevano Burt, il colonnello Faroni che era l’ufficiale responsabile alla sicurezza e il comandante di Gruppo, Ten. Colonnello Urbano.

    Si percepiva nell’atmosfera un’emozione palpabile, quasi euforica, per un evento che avrebbe dato un pizzico di novità a quella giornata che altrimenti rischiava di essere come le altre, calda e noiosa.

    «Signori – iniziò subito Ferro – lo stato d’allarme è dovuto ad un evento assolutamente inusuale. È stata segnalata la presenza di un oggetto volante non identificato sul Mediterraneo e dobbiamo essere pronti a decollare su allarme e forse anche a impiegare la batteria missilistica Spada. Per il momento comunque restiamo in attesa degli sviluppi.»

    Ferro fu interrotto dallo squillo del telefono, che sollevò rapidamente.

    «Colonnello, pare che la vostra Base sia destinata a essere l’attore principale di questa faccenda. L’UFO si sta dirigendo a gran velocità verso la Sicilia. Sono già decollate da Grosseto e Grazzanise due squadriglie di velivoli F 104 per l’intercettazione, tieni le batterie missilistiche pronte nel caso si dovesse avvicinare alla vostra zona, ma non fate fuoco a meno che non giunga un ordine da questo Stato Maggiore.»

    Mentre i presenti venivano informati sugli sviluppi della situazione e venivano impartiti gli ordini necessari, il telefono squillò di nuovo.

    «Ferro, non c’è più alcun dubbio, l’oggetto si avvicina al cielo di Catania. Coordinati con il Comando Carabinieri e assumi il comando dell’intera situazione militare. Non lanciare gli Spada  … non sappiamo se l’UFO ha intenzioni ostili!»

    Nell’aria si cominciava intanto a sentire una profonda vibrazione che andava rapidamente aumentando d’intensità.

    Tutti uscirono istintivamente dalla Sala Briefing e corsero all’esterno per meglio rendersi conto di cosa stava accadendo.

    Nel cielo, molto in alto, si vedeva una luce abbagliante e appena distinguibile un oggetto dai contorni tremolanti che andava via via aumentando di dimensione.

    La frequenza della vibrazione nel frattempo pareva diminuire, forse per l’avvicinarsi dell’oggetto misterioso, mentre la sua intensità diventata quasi insopportabile prendeva lo stomaco e tutti i sensi provocando un fastidioso stato d’angoscia.

    Ferro non perse il controllo e con il telefono da campo diede disposizione al comando delle batterie Spada di tenersi pronto a far fuoco a un suo ordine.

    L’oggetto intanto diventava sempre più vicino e le sue dimensioni ormai apparivano evidenti, pur essendo difficile guardarlo a causa dell’immenso getto di luce vivida che fuoriusciva da esso.

    Sembrava essere un corpo circolare del diametro di una ventina di metri, con una parte cilindrica sporgente inferiormente. Ormai era a pochi metri dal suolo e semi nascosto dalla luce abbagliante stava atterrando sullo spiazzo antistante la palazzina Comando.

    Le bassissime armoniche che attanagliavano il ventre dei presenti andavano man mano scemando, lasciando sempre più spazio alle sirene delle jeep in arrivo e al silenzio attonito dei presenti.

    Nel cielo anche gli uccelli, spaventati dall’arrivo della nave aliena e dal rumore, erano fuggiti in ogni direzione lasciando soli gli uomini in quell’atmosfera di angosciosa attesa.

    II

    UN REGALO INASPETTATO

    La nave era lì, poggiata al suolo, improbabile oggetto immobile sul piazzale dello Stormo. Sembrava una grossa ciambella o un grosso cappello da cuoco schiacciato.

    Ferro e gli altri erano rimasti attoniti, senza la minima idea di cosa dover fare. Tutto intorno jeep militari e Carabinieri avevano circondato il veicolo e tenendosene a debita distanza sembravano attendere gli eventi. La VAM, la vigilanza dell’Aeronautica Militare, e i Carabinieri tenevano i mitra puntati in direzione dell’oggetto, pronti a intervenire in caso di minaccia.

    Il colonnello Ferro intanto aveva chiamato lo Stato Maggiore per fornire dettagliate informazioni sull’evento e per chiedere istruzioni che nessuno, ne era certo, gli avrebbe potuto dare.

    Erano sopraggiunti diversi velivoli F 104, alcuni dei quali dopo qualche virata sul cielo campo tornarono alla loro base. Due velivoli erano invece rimasti a orbitare in zona, probabilmente per contrastare l’eventualità di un improvviso decollo dell’astronave sconosciuta.

    La MP, la Militar Police americana, aveva nel frattempo steso un secondo cordone di protezione attorno a tutti.

    «Attenzione, questo è un comunicato alle Autorità Italiane da parte dell’equipaggio di questa astronave!»

    La voce risuonò improvvisa, in un italiano un po’ stentato, nel silenzio irreale che si era creato.

    «Siamo terrestri come voi, proveniamo dal 23° secolo, veniamo in pace e vogliamo parlamentare con qualche autorità di questo aeroporto. Siamo un equipaggio di sei persone e se ci verrà dato un segnale d’assenso e verranno abbassate le vostre armi usciremo dall’astronave.»

    Un’iniezione di alcool nelle vene non avrebbe potuto avere un effetto più intenso, il sangue iniziò a pulsare veloce e non pochi, per qualche istante, credettero di sognare a occhi aperti.

    Uomini che venivano da duecento anni nel futuro? Con un’astronave?

    Come poteva esser possibile? Perché?

    Domande che forse, di lì a poco, avrebbero potuto avere risposta.

    Ferro improvvisamente prese in pugno la situazione e dopo un brevissimo scambio di cenni con il colonnello Burt diede ordine di abbassare le armi, poi con la mano destra fece un segno di OK in direzione dell’astronave.

    Passarono alcuni minuti, poi lentamente si aprì un portello sulla fiancata toroidale del veicolo rivelando un interno ben illuminato dal quale alcune figure vestite di tute argentee e attillate stavano per venir fuori.

    Erano senza casco, umani senza dubbio.

    Due uomini e due donne di corporatura e statura media, la loro età pareva intorno ai quarant’anni.

    Scesi i gradini della scaletta si avviarono senza fretta verso Ferro, fermandosi a pochi passi da lui. Avevano capito, dai gradi e dal segno di assenso che aveva poco prima fatto loro, che senza dubbio doveva essere il capo.

    Uno dei quattro gli tese la mano.

    Ferro, dopo un attimo d’esitazione, la strinse con calore inaspettato meravigliandosi egli stesso di quel suo slancio.

    «A nome di tutti vi dò il nostro benvenuto – disse Ferro – anche se mi è difficile credere a quanto avete appena detto.»

    «Vede comandante, siamo stati inviati qui sulla Terra del 20° secolo per motivi che siamo pronti a spiegare. Siamo in sei, due del nostro equipaggio sono rimasti nell’astronave per assicurare il regolare funzionamento dei sistemi di bordo. Abbiamo tante, troppe cose da discutere e  … non possiamo farlo qui all’aperto. Possiamo andare nel suo ufficio?»

    L’italiano non era molto scorrevole e spontaneo, ma ampiamente sufficiente per una chiara e comprensibile conversazione.

    Il portello dell’astronave intanto si era rapidamente chiuso.

    La comitiva si avviò così verso il Comando, scortata dai Carabinieri e dalla MP americana.

    Un corteo di alcuni curiosi, personale della Base, li seguiva a debita distanza.

    Gli astronauti erano in apparenza del tutto normali e di statura media. Tre di loro avevano capelli scuri, mentre il quarto uomo era biondo. Nelle tute argentee si intravedevano i corpi ben modellati e asciutti, senza dubbio frutto di una costante cura del fisico.

    Papalia Salvatore aveva assistito a tutta la scena da lontano, dall’hangar dove svolgeva la sua attività di motorista. Nessuno gli aveva detto nulla, ma non era difficile capire cosa stesse succedendo. L’evento era senza dubbio molto anomalo, forse pericoloso ma anche estremamente interessante. Avrebbe dovuto saperne di più e raccogliere quanti più dettagli avesse potuto per informarne don Mimmo a Catania.

    Salvatore aveva il suo lavoro allo Stormo, ma aveva anche la sua porzione di territorio da controllare e da gestire: il potere della famiglia si esercitava anche attraverso l’informazione e nulla d’interessante doveva essere ignorato. Questa sua seconda attività aveva priorità assoluta sull’altra, che era solo di copertura.

    Si avviò così verso il Comando, chiedendosi come trovare il modo di conoscere quanto sarebbe stato detto o deciso quel giorno.

    A lui certamente non sarebbe stato permesso di partecipare al colloquio con gli stranieri, né entrare nel luogo dove questo sarebbe avvenuto. Nessuno d’altra parte si sarebbe preso la briga di raccontargli i dettagli di cui aveva bisogno. Forse Faroni, con il quale era in buoni rapporti, gli avrebbe fatto sapere qualcosa  …

    Arrivato al Comando trovò uno stretto cordone di Carabinieri che gli impedì di avvicinarsi oltre.

    Decise di rinviare l’approfondimento della situazione e si volse a guardare con curiosità quello strano veicolo appoggiato al suolo, non molto distante. Anch’esso risultò però irraggiungibile, protetto com’era da Carabinieri e MP; non gli avrebbe comunque rivelato più di tanto, meglio era cercar di raccogliere informazioni. Una ottima fonte d’informazione, pensò, sarebbe stata Sara, sempre che Sara fosse riuscita ad avere le confidenze del marito col quale da tempo non era più in buoni rapporti e non parlava più molto.

    Quando pensava a Sara, Salvatore si sentiva rimescolare tutto.

    Con lui era sempre stata una donna molto calda e sensuale. Spesso passavano assieme momenti indimenticabili di passione e sesso travolgente. Lei sfogava tutta la sua voglia repressa ogni volta che poteva con Salvatore, all’insaputa di Franco al quale probabilmente non sarebbe importato nulla in ogni caso.

    Sì, tutto sommato non c’era altro da fare che aspettare. Decise quindi che per il momento sarebbe stato meglio tornare in officina.

    Nella Sala Briefing era piombato il silenzio, tutti attendevano che gli ospiti fossero i primi a parlare.

    Passò quasi un minuto in un’atmosfera irreale, poi una delle due donne ruppe il silenzio.

    «Stiamo conducendo un esperimento di viaggio nel passato  … La nostra è una missione a carattere scientifico. Proveniamo dal 23° secolo e forse è opportuno illustrarvi brevemente la situazione geo-politica della nostra epoca prima di raccontarvi i dettagli della nostra missione. Nel nostro secolo esistono due grandi Nazioni, gli Stati Uniti del Nord e quelli del Sud, oltre a un certo numero di altri staterelli indipendenti. Il nostro Paese è una confederazione di cui fanno parte l’Europa, il Nord America, la Russia e alcuni Paesi dei Balcani. L’altra grande Nazione invece comprende l’Africa, la Cina e l’India, quali principali Stati Confederati. Gli Stati Sudamericani, il Giappone, l’Australia e altri sono invece indipendenti. A questa situazione si è giunti principalmente per motivi culturali, economici e storici. Al momento l’equilibrio tra i due blocchi è abbastanza stabile, pur se i Paesi del Nord mostrano una certa prevalenza per tecnologie e potenza militare. Ma torniamo all’esperimento. Abbiamo conquistato gli spazi interstellari e abbiamo da poco imparato a viaggiare nel tempo. I viaggi nel tempo sono iniziati da appena un paio di decenni e finora sono stati effettuati solo nel futuro. Nessuno degli equipaggi partiti, purtroppo, è ancora ritornato. Questo nostro è il primo tentativo di viaggio nel passato, che fino a questo momento pare riuscito. Abbiamo anche l’intenzione di lasciarvi un certo numero di informazioni scientifiche, frutto di secoli di ricerca. Esiste però il timore che queste informazioni possano modificare il vostro futuro e il nostro passato  … il pericolo esisterebbe se entrambi dovessimo far parte dello stesso universo. Ma anche se appartenessimo allo stesso universo non è escluso che una volta ripartiti possa accadere qualche evento, di cui nessuno di noi ha il ricordo, che potrebbe eliminare ogni traccia della nostra venuta e delle informazioni che vi abbiamo fornito. In questo caso il futuro non sarebbe modificato e a maggior ragione non sarebbe modificato nel caso noi fossimo finiti in un universo parallelo, cosa possibile almeno in linea teorica. Il vostro futuro non verrebbe modificato perché la nostra presenza qui da voi sarebbe stata prevista da sempre e non vi sarebbe alcuna modifica neanche nel nostro. Potrebbe però anche accadere, e naturalmente non ce lo auguriamo, che noi non riusciamo a tornare nel nostro mondo. Nessuno saprebbe della riuscita dell’esperimento di viaggio nel tempo, né della faccenda degli universi paralleli. In questa malaugurata eventualità noi saremmo purtroppo costretti a fare un ulteriore e più difficile tentativo di rientro. Ci auguriamo che questo non si verifichi e che nessuno stravolgimento accada al futuro a seguito di quanto stiamo facendo.»

    Dette queste parole la donna tacque per qualche secondo.

    Non una voce ruppe il silenzio che era piombato nella sala.

    Queste notizie erano state decisamente troppe, tutte in una volta.

    Tutti erano letteralmente frastornati.

    Ferro, che cominciava a comprendere tutta quella strana faccenda, era emozionato nell’attesa di conoscere chissà quali strabilianti novità.

    La donna intanto continuò:

    «Chiedo scusa di non essermi ancora presentata né di aver presentato i miei amici. È dovuto alla fretta di spiegare il motivo della nostra venuta  … spero che mi perdoniate. Il mio nome è Janine Lascaux e sono la cosmologa dell’equipaggio, esperta in rotte interstellari. Lei – indicando l’altra donna – è Greta Lancaster, biologa e medico della spedizione. Paul Lagarde invece  …-Janine indicò l’uomo biondo – è fisico e meccanico, esperto in particolare di propulsione. L’altro, Olav Korzinov, è ingegnere e profondo conoscitore dei sistemi di bordo. Sull’astronave sono rimasti altri due componenti dell’equipaggio, Alessio Grandi e Franz Hofmann, i piloti della spedizione. Abbiamo portato alcuni nostri recenti testi di biologia e medicina che intendiamo lasciarvi, certi che ne farete buon uso. Abbiamo preferito portarveli su supporto cartaceo e non informatico perché non avevamo informazioni certe sulla tecnologia di questo vostro periodo storico. La gran quantità di conflitti ha distrutto molta documentazione e resa alquanto incerta la possibilità di una precisa ricostruzione delle conoscenze del vostro periodo. In questi testi troverete informazioni su come sconfiggere molte delle malattie che vi affliggono. Troverete anche molte notizie di ingegneria molecolare e biologia. Abbiamo ritenuto opportuno di non lasciarvi informazioni sui progressi in fisica e sulle nostre tecnologie perché riteniamo che il mondo di oggi non le saprebbe usare nel modo giusto. Ripeto, ci auguriamo soltanto che questo esperimento non ci si rivolti contro sconvolgendo la storia, il vostro futuro e la nostra epoca. I nostri fisici non lo ritengono probabile  … speriamo che abbiano ragione. D’altra parte, questo è uno degli scopi dell’esperimento e dovevamo correre il rischio. Ad essere sinceri si è molto esitato nel timore di poter commettere un imperdonabile errore  … ma, siamo qui e incrociamo le dita.»

    Vi fu un lungo silenzio dopo le parole di Janine Lascaux.

    Poi Ferro prese la parola:

    «A nome del mio Paese vi dò il benvenuto e vi ringrazio di quanto avete appena detto. Comprenderete che siamo alquanto confusi per tutto ciò che abbiamo sentito. Sono certo che capirete che, prima di ogni altra cosa, abbiamo l’obbligo di avvertire i nostri Governi. Nel frattempo, sono sicuro che accetterete di buon grado la nostra ospitalità qui nella Base  … Comunque, non sarebbe prudente recarvi all’esterno dell’aeroporto prima che siano state messe in atto tutte le necessarie misure di sicurezza. Non temete: l’astronave resterà sotto stretto controllo della vigilanza armata. Consentitemi però una domanda: perché avete scelto l’Italia, e in particolare la Sicilia, come zona d’atterraggio? O questa è stata una decisione puramente casuale?»

    «Nous avons choisi l’Italie  … oh! Excusé moi – rispose Paul Lagarde – vi parlavo nella mia lingua madre. Abbiamo scelto il vostro Paese di proposito e non per caso, perché pensiamo che questo sia uno dei pochi dove non rischiamo di esser troppo, per così dire, vincolati dal governo locale. A noi risulta che il vostro sia uno dei Paesi più liberali, nel quale viene rispettata la libertà, soprattutto quella degli stranieri. Non appena avremo consegnate le informazioni a cui ha accennato il comandante Janine e illustrato brevemente i progressi compiuti nella cosmologia e nei viaggi interstellari, vi mostreremo alcune registrazioni del nostro viaggio. Dobbiamo comunque ripartire subito dopo e siamo certi che non ci verrà posta alcuna limitazione.»

    «Accettiamo la vostra ospitalità con molto piacere – aggiunse Janine, che appariva essere il capo della spedizione – Ora però dobbiamo rientrare nell’astronave per prendere alcuni effetti personali. Grandi e Hofmann, gli altri due dell’equipaggio, per questa prima notte rimarranno a bordo per sistemare quanto necessario e completare alcune procedure indispensabili dopo un viaggio così lungo. Vi preghiamo di farci conoscere quali sono le vostre intenzioni, dopo che avrete contattato il vostro Governo. Anche noi preferiamo non uscire da questo aeroporto e non intendiamo allontanarci dall’astronave.»

    I quattro si avviarono fuori dalla Sala e scortati dalla vigilanza armata si diressero verso l’astronave. Ferro invece corse nel proprio ufficio per telefonare allo Stato Maggiore dell’Aeronautica e Burt si diresse nel proprio per avvertire l’Ambasciata americana di quanto era appena accaduto.

    Papalia Salvatore, venuto a sapere che la riunione era terminata, corse subito all’Ufficio Operazioni per parlare con Faroni.

    Sperava di riuscire a sapere almeno qualcosa. Sicuramente la famiglia gli sarebbe stata molto riconoscente delle notizie che avrebbe potuto fornire, specialmente se ci fosse stato modo di poterle utilizzare in qualche modo. Questa poi sarebbe stata la prima occasione che gli si presentava per rendere un servizio alla famiglia e non doveva assolutamente lasciarsela scappare.

    Trovò Faroni seduto alla scrivania, con lo sguardo perso nel vuoto, pensieroso e assorto a tal punto da non rendersi neanche conto del suo ingresso.

    «Comandante Faroni – disse Salvatore – spero di non disturbare. Ciò che è successo oggi è così  … così strano che certamente comprenderà la mia curiosità.»

    Faroni parve non sentirlo. Parlava tra sé e sé, senza guardare l’interlocutore.

    «Proprio qui a Sigonella  … Un’astronave con uomini venuti dal futuro  … avremo documenti scientifici di medicina, biologia  … cose che altrimenti sarebbero scoperte tra centinaia di anni. Potremmo non aver più problemi per chissà quante gravi malattie! Ma perché niente informazioni tecnologiche? Qualche piccola informazione sulla fisica del loro tempo, su tutte le altre ricerche effettuate, sulle tecnologie di propulsione  … potrebbero anche darcela. Non dovremmo farli ripartire senza almeno tentare di saperne qualcosa!»

    «Ma quando hanno intenzione di ripartire?» chiese Salvatore.

    «Ah! Buongiorno Salvatore. Hai visto che roba? È incredibile  … quando ripartiranno? E che ne so? Da quanto hanno detto, non appena riusciranno a parlare con una Delegazione Governativa  … qualche giorno passerà sicuramente. Pensa a tutti i progressi che hanno conseguito in medicina  … non ci saranno più malattie incurabili, è una cosa straordinaria! È meglio comunque non parlarne in giro prima che venga presa una decisione da parte delle Autorità. Loro hanno detto che rimarranno in aeroporto, pare che si fidano di essere ben protetti e difesi da noi.»

    «Ho capito. È una cosa incredibile  … ti ringrazio comandante. Forse ora è meglio che torni al lavoro. Arrivederci comandante, ci vediamo più tardi.»

    Salvatore non stava più nella pelle, doveva quanto prima consegnare queste informazioni alla famiglia. Doveva portarle di persona a Catania, telefonare poteva non essere prudente.

    Don Mimmo sicuramente doveva essere a casa. Salvatore decise di partire subito. Non avrebbe dato adito a sospetti, vista l’ora.

    Il termine dei lavori in aeroporto era alle quattro del pomeriggio, ormai erano le due e molti erano ancora a mensa. L’aria era decisamente afosa, ma Salvatore pareva non accorgersene tanto era immerso nei suoi pensieri. Cercava d’immaginare quali vantaggi avrebbe potuto ricavare da questa situazione. In tutta la faccenda avrebbe avuto un ruolo chiave e la famiglia non avrebbe potuto non essergli riconoscente, anche se non immaginava come questa storia potesse essere utile a Cosa Nostra.

    Don Mimmo lo ricevette subito, apparentemente meravigliato della sua presenza.

    Salvatore finora era stato solo una pedina, inserito in un’organizzazione che non aveva mai interessato troppo la famiglia, tanto pochi, se non nulli, erano sempre stati i ritorni.

    «Riverisco, don Mimmo» disse Salvatore.

    «Buongiorno, caro» rispose don Mimmo, sdraiato su una poltrona di vimini sul suo balcone di casa, con una limonata ghiacciata tra le mani.

    «Come mai questo picciotto è venuto a trovarci? Deve senza dubbio essere una storia importante! Sono sempre contento quando venite a trovarmi. Carmelo! Porta una bibita a Salvatore!» e indicò una sedia invitando Papalia, sempre più imbarazzato, a sedersi.

    «Dunque, racconta, anche se ne immagino il motivo. La storia è già uscita dai confini dell’aeroporto.»

    «Bene, don Mimmo, questo mi rende il racconto più facile» disse Salvatore, sorseggiando con malcelata tranquillità la limonata che nel frattempo gli aveva portato Carmelo.

    Era molto sorpreso che qualcun altro gli avesse potuto rubare la notizia.

    «Sapete, avreste potuto non credermi, tanto fantastica è la faccenda.»

    E così lentamente, ma con precisione, Salvatore raccontò al Padrino tutto quanto aveva saputo e visto.

    Al termine del racconto, don Mimmo non apparve per nulla turbato.

    Rimase in silenzio quasi per un minuto, fissando l’orizzonte.

    «Carmelo! Chiama al telefono Frank, subito!»

    Salvatore non sapeva chi fosse Frank, ma non era difficile immaginare che forse era un cugino americano della famiglia.

    «Salvatore, tu resta ancora qui e senti quanto dico a Frank! È necessario che tu ne sia informato, perché dovrai avere un ruolo importante in questa faccenda!»

    «Grazie – disse poi a Carmelo – tu puoi andare adesso!»

    Don Mimmo prese il telefono che il picciotto gli aveva portato.

    «Ciao Frank, sono Mimmo. Come vanno le cose da voi, lì negli States?»

    Poi, dopo gli inevitabili convenevoli, proseguì: «Senti, Frank, qui è accaduta una cosa straordinaria, incredibile. Non pensare che io sia impazzito, ora te la racconto. Vicino a Catania è atterrata un’astronave che, dicono, viene dal futuro. Un nostro picciotto fedelissimo è sul posto e tiene la situazione sotto controllo. Da quanto si sa, i marziani o chi diavolo sono, ripartiranno forse tra non molti giorni sempre che non abbiano problemi con le autorità. Io ho già pensato ai possibili vantaggi per la famiglia e tengo in mente un piano. Dobbiamo fare subito una riunione, domani stesso. Parti subito, io avverto gli altri. D’accordo?» Frank ebbe solo un attimo di indecisione, poi non potendo fare uno sgarbo al padrino e comunque interessato a quella cosa rispose sì, che era d’accordo.

    «OK, bacio le mani, Frank» rispose Don Mimmo.

    «Senti Salvatore» disse poi posando il telefono «domani ci sarà questa riunione, qui da me. Parteciperanno i boss più importanti della famiglia. Tu sarai presente. È un grande onore per te, sono sicuro che ne sarai degno! La famiglia ti saprà ricompensare! Adesso torna subito a Sigonella e non dare nell’occhio!»

    Don Mimmo non aggiunse altro e, benché Salvatore fosse titubante, bastò uno sguardo deciso per convincere il picciotto a congedarsi.

    «Bacio le mani, don Mimmo!» disse Salvatore, rinchiudendo la porta e procedendo a ritroso. Aveva osato anche troppo, pensava. In fondo era la prima volta che aveva l’onore di parlare con un padrino di quella portata. Che autorità emanava da lui e quale differenza con i piccoli delinquenti con i quali aveva finora avuto contatti.

    Sì! Avrebbe dovuto guadagnarsi la stima della famiglia e così, forse  … avrebbe potuto salire i gradini dell’organizzazione.

    III

    UNA NOTTE INSONNE

    Che giornata stressante.

    Ferro aveva appena avuto una difficile e sofferta telefonata con lo Stato Maggiore.

    Gli era stato ordinato di controllare strettamente gli ospiti, tener lontani i curiosi, non lasciar trapelare alcuna notizia all’esterno, non farsi prevaricare dagli americani e rimanere in attesa di disposizioni.

    Vi sarebbe stata una riunione ad alto livello a Roma e  … qualunque cosa fosse andata meno che bene gli sarebbe costata come minimo la carriera.

    Era decisamente stanco e forse un po’ avvilito.

    Burt, infatti, senza mezzi termini mostrava di voler prendere le redini della situazione, evidentemente per ordini superiori ricevuti.

    Ferro dovette dare disposizioni perentorie alla VAM, la vigilanza dell’Aeronautica Militare, di non lasciare né ai Carabinieri, né tanto meno agli americani alcuna iniziativa.

    Fece disporre uno stretto cordone di sorveglianza armata intorno alla palazzina che aveva allestito per gli ospiti.

    Questi intanto erano usciti di nuovo dall’astronave e sotto scorta erano stati accompagnati agli alloggi con un automezzo militare.

    Assicuratosi che fosse tutto sotto controllo e visto che per il momento non poteva fare altro, anche Ferro si diresse verso la sua residenza in campo.

    In casa non trovò nessuno.

    Sara, come al solito, si era allontanata senza fargli sapere dove era andata. Sua moglie talvolta rientrava di sera per cena, ma spesso invece rientrava molto tardi. Franco fingeva di credere che Sara si intrattenesse con amiche, magari per una partita a canasta o a scala quaranta, anche se in cuor suo non ne era affatto convinto.

    Loro si parlavano sempre più di rado e spesso lui andava a cenare al Circolo, da solo.

    Quella doveva essere una delle solite serate ma per fortuna questa volta aveva altro a cui pensare.

    Sara, al solito incrocio all’angolo della provinciale che da Sigonella porta a Catania, aspettava impaziente l’arrivo di Salvatore. Lui le aveva telefonato, perché aveva desiderio di vederla.

    Quel giorno Sara pareva non aspettare altro.

    Era più demoralizzata del solito: Franco era preso totalmente dagli eventi  … e poi era più di una settimana che lei non stava con Salvatore.

    La vecchia Fiat 124 di Salvatore si fermò cigolando all’incrocio, nel caldo e polveroso crepuscolo pomeridiano.

    Sara, lasciata la sua auto semi nascosta da una parete di fico d’India, salì sulla 124 affondando nel sedile che pareva non aver la capacità di reagire al suo peso.

    Si guardarono intensamente e senza parlare si baciarono.

    Le mani corsero a esplorare i corpi, per acquietare per un attimo il reciproco desiderio. Sara era una bella donna bruna di quaranta anni, magra e nervosa. Non aveva potuto avere figli dal matrimonio con Franco, ma non se ne doleva eccessivamente.

    Il rapporto con Salvatore non aveva alcun risvolto sentimentale. Sara sentiva di non poter più amare, tanto era stata delusa dalla vita. Non sapeva se il suo matrimonio stesse fallendo per questa sua incapacità di amare o, piuttosto, questa incapacità fosse la conseguenza della sua crisi matrimoniale. Certo non era colpa sua, ma forse neanche di Franco.

    Si era così tuffata quasi per caso in quella orgia di sensi, forse solo per dimenticare. Ogni tanto avrebbe voluto uscirne, ma valeva poi la pena di farlo? Non chiedeva altro a Salvatore, tanto lui non avrebbe potuto darle di più. Era giovane e prestante, ma taciturno e forse un po’ egoista.

    I vestiti volarono via lontani in un turbinio confuso. Senza preamboli, senza perdite di tempo, si saziarono di sé stessi.

    L’uomo pareva aver dimenticato il motivo per cui aveva voluto vedere Sara.

    Stettero per un po’ in silenzio, assorti a guardare il soffitto dell’auto. Poi Salvatore disse:

    «Sara, sai quello che è successo oggi in aeroporto? Io non sto più nella pelle per la curiosità, non sono riuscito a sapere più di quanto non abbia visto. Forse se tu riesci a parlare con Franco potrai saperne di più. Quello di oggi è stato un evento incredibile, straordinario! Mi pare giusto che noi che lavoriamo qui nella Base abbiamo il diritto di sapere, visto che siamo direttamente coinvolti in questa storia.»

    Sara lo guardò, sorpresa e delusa che lui aveva voluto vederla per parlare di questo: «Io ormai parlo poco con mio marito e tu lo sai  … Forse questo argomento estraneo al nostro rapporto potrebbe essere una buona scusa per riprendere il colloquio con lui. Dopotutto, ti confesso, non mi dispiacerebbe riprendere un po’ di buoni rapporti con mio marito. Ne parlerò e domani o dopodomani ti farò sapere.»

    Poi, dopo una breve pausa, Sara riprese:

    «Forse è meglio che stasera io torni presto a casa. Se riesco a preparare la cena può darsi che si possa parlare un po’ assieme.»

    Si baciarono senza troppa passione. I loro sensi ormai erano stati abbondantemente appagati.

    Dietro l’ombra già lunga del fico d’India Sara riprese l’auto e si diresse in aeroporto. Aprì la porta di casa con la sua chiave, preoccupata e speranzosa assieme d’incontrare Franco.

    Il marito era seduto sulla poltrona, con lo sguardo assorto sullo schermo televisivo, intento a fare zapping per sapere se la notizia dell’arrivo dell’astronave fosse già di pubblico dominio.

    «Ciao Franco» disse Sara e lui sobbalzò.

    Non si era accorto del suo arrivo, del resto quella sera non l’attendeva e aveva deciso di cenare al Circolo.

    «Ciao Sara, come mai così presto stasera?» rispose, un po’ acido ed evidentemente sorpreso.

    «Sai, la partita a canasta è saltata. Sono tutte un po’ prese dall’evento insolito di oggi e nessuna delle mie amiche aveva voglia di far altro. Domani sarà l’argomento del giorno. Sicuramente tutte le mie amiche mi assaliranno per saperne di più  … sono sempre la moglie del comandante.»

    «E già, sei sempre la moglie del comandante» ribatté Franco con tristezza.

    «Senti, Franco, stasera non ho voglia di uscire. Mi va di cenare in casa, se anche tu lo vuoi potrei andare in cucina  … Cosa desideri che ti prepari?»

    Sara lo guardava quasi con un’ombra d’affetto.

    «Mah! Forse hai ragione. Questa non è la serata migliore per incontrare gente, rimaniamo in casa. È meglio, anche per evitare domande. Per me va bene qualunque cosa  … decidi tu cosa preferisci per cena.»

    La reciproca voglia di parlare si era esaurita e un vuoto scuro e pesante piombò tra di loro.

    Sara si diresse in cucina seguendo per un istante il marito con lo sguardo, nel tentativo di capirne meglio l’umore.

    Era proprio un’insolita giornata, pensava Franco.

    Quell’evento, la cena con la moglie  …

    Franco le raccontò quanto sapeva, raccomandandole però di non riferire alle amiche la storia dei documenti che i nuovi venuti avevano promesso di lasciar loro. Non sapeva infatti se il Governo avesse preferito far rimanere la faccenda segreta.

    Sara annuì in silenzio, certamente non lo avrebbe detto alle amiche, forse neanche a Salvatore.

    Quella notte furono in pochi coloro che riuscirono a dormire.

    Ferro passò una notte agitata pensando agli impegni e agli ordini che gli sarebbero giunti l’indomani e chiedendosi se quel giorno già non avesse sbagliato qualcosa.

    Sara era rosa dal rimorso e forse anche disgustata da quella sua sordida storia. Si vergognava di sé stessa per esser così cinica col marito e cominciava ad avere il sospetto che le responsabilità maggiori per quella loro situazione fossero tutte dalla sua parte.

    Salvatore intanto si domandava cosa avrebbe deciso la famiglia e cosa gli avrebbero chiesto.

    Da bravo picciotto sarebbe mai riuscito a far fronte alle richieste? Si era forse comportato troppo male quel giorno con don Mimmo?

    Meno che mai riuscirono a dormire i visitatori, stranieri nel mondo dei loro antenati.

    Che avrebbe deciso il Governo di quel Paese? I libri di storia raccontavano che in quella epoca, pur civile, spesso i diritti umani venivano calpestati. Sarebbero riusciti a ripartire? Avrebbero rivisto i loro cari tra più di due secoli?

      Certo sarebbero ritornati nella loro era invecchiati come minimo di tre o quattro anni, non era poi molto ma sufficiente a suscitare qualche perplessità per gli effetti che questo avrebbe potuto avere sui loro rapporti affettivi.

    Il viaggio, visto dai loro cari, sarebbe sembrato durare solo un giorno, tanto era stato pianificato, ma in quell’unico giorno si sarebbero forse notati i segni del tempo sui volti di coloro che erano tornati.

    Come giorno dell’atterraggio al ritorno nel loro mondo era infatti stato scelto quello successivo alla partenza. Si sarebbe così evitato di vedere contemporaneamente due astronavi, una in partenza e una in arrivo, o peggio ancora due equipaggi identici, uno pronto per la partenza e l’altro appena atterrato. In questo ultimo caso loro avrebbero potuto decidere di non partire più, tanto la missione era stata già compiuta dai loro sosia appena arrivati. Ma questo non sarebbe potuto accadere  … perché essi non erano mai partiti! Poteva questo significare che era impossibile scegliere l’istante precedente la partenza quale data del loro arrivo? E chi e che cosa lo avrebbe potuto impedire? Certo non la teoria e la fisica che erano alla base del loro viaggio!

    Che confusione!

    No! Era stato certamente meglio, molto meglio, pianificare il ritorno dopo la partenza ed evitare strane situazioni che avrebbero potuto complicare o, peggio, vanificare tutto.

    D’altro canto se era andata così, significava che per forza avrebbe dovuto esser così.

    Ma erano poi certi di riuscire a tornare nel loro universo e non invece in un universo parallelo? Mah! I rischi della missione erano conosciuti, loro tutti li avevano accettati. Se non li avessero più visti ritornare e nulla fosse cambiato i loro contemporanei avrebbero avuto il sospetto, ma non la conferma, dell’esistenza degli universi paralleli: un incidente sarebbe potuto sempre accadere. Oppure se fossero stati costretti a rimanere nel 2252 di un altro universo, come sarebbero stati trattati? Meglio sarebbe riuscire a tornare nel loro mondo, senza che una virgola nella storia da loro già conosciuta mutasse  … Ma potevano essere così certi di non essere già finiti in un universo parallelo? In fondo i dettagli storici in loro possesso non erano precisi al punto tale da poter garantire con piena sicurezza che quello fosse il 1997 del loro stesso passato.

    Per quanto si sforzassero di pensare non avrebbero comunque potuto avere una risposta prima del loro ritorno in Patria, nel 2252.

    IV

    COLLOQUIO TRA ALIENI

    Il telefono squillò sottraendo brutalmente il colonnello Ferro al pesante sonno in cui era da poco piombato dopo quella notte insonne e agitata.

    Era lo Stato Maggiore.

    Il generale Durante gli stava parlando.

    Riuscì a fatica ad aprire un varco nella mente ancora annebbiata.

    «Buon giorno Ferro! Volevo informarti che da ieri sera siamo in riunione con i Capi di Stato Maggiore dell’Aeronautica e della Difesa, al Ministero dell’Interno. Sono presenti anche i Servizi e una rappresentanza della NATO. Stiamo vagliando varie ipotesi  … nessuna decisione è stata ancora presa. Non vi sono elementi nuovi che consentano di darti precise disposizioni circa gli stranieri. Nel frattempo non farli avvicinare da nessuno e ovviamente fa in modo che restino in aeroporto, ben dentro il perimetro esterno e sotto vostro costante controllo. Che sia un controllo ferreo, mi raccomando! D’altronde non ti chiami Ferro invano  … – celiò Durante per alleggerire l’atmosfera – Nel frattempo vai avanti con i colloqui e cerca di farti consegnare tutta la documentazione promessa. Tienila ben custodita in cassaforte, siamo intesi? Stamani arriverà da voi una delegazione di Stamadifesa, degli Interni e del SISDE, per partecipare alla riunione. Dirigi tu ogni cosa, non ti far mettere i piedi in testa da nessuno! Capito?»

    «Sì, comandante! Stai tranquillo! Spero piuttosto che venga presto decisa una linea di condotta su ciò che devo fare, la situazione qui potrebbe non essere troppo facile. Ti terrò comunque aggiornato sugli sviluppi della situazione.» rispose Ferro salutando il generale Durante.

    Ripose il telefono e guardò la moglie.

    Sara era sveglia e lo fissava perplessa.

    Quella notte avevano dormito assieme, dopo mesi avevano anche fatto l’amore.

    Franco sentiva che avrebbero potuto ricominciare tutto dall’inizio, avrebbero potuto ricostruire la loro unione se solo lo avessero voluto. Non gli pareva però di aver letto negli occhi di Sara la stessa speranza e lo stesso desiderio.

    «Buongiorno, Sara»

    «Buongiorno» gli rispose semplicemente Sara con voce impersonale.

    Le speranze di Franco subirono una doccia gelata.

    «Debbo andare subito in Comando. Prenderò il caffè in ufficio, ci vediamo in serata  … forse. Oggi è una giornata che non permette di far previsioni» aggiunse Ferro, andando in bagno.

    Indossata la divisa uscì di casa, prese l’auto di servizio e andò al Comando.

    L’aria era anche più afosa del giorno precedente e pregna di una densa fragranza, quasi come di miele.

    Telefonò subito al colonnello Faroni, ordinandogli di inviare un pulmino in aeroporto per prelevare le personalità in arrivo da Roma. L’aereo sarebbe arrivato alle dieci e quaranta, c’era ancora tempo. Avrebbe organizzato la riunione per le undici, così da consentire a tutti di essere presenti sin dall’inizio.

    Assieme al colonnello Burt, che nel frattempo lo aveva raggiunto in ufficio, Franco si recò agli alloggi degli ospiti che con sollievo constatò essere ben sorvegliati dalla VAM e dai Carabinieri. Notò anche un paio di MP che giravano lì nei pressi: evidentemente gli americani non si fidavano completamente dei suoi uomini.

    Gli ospiti erano già ad attenderli impazienti nella saletta accanto all’ingresso della palazzina.

    «Buongiorno», «Good morning», salutarono Ferro e Burt.

    «Buongiorno – rispose Janine per tutti – vi aspettavamo. Vi saremmo grati se prima della riunione poteste accompagnarci all’astronave. Ci sbrigheremo presto.»

    «Non c’è alcun problema. Colgo l’occasione per informarvi che da Roma stanno venendo alcune personalità italiane e della NATO per partecipare alla nostra riunione. Per questo motivo – inizieremo la riunione alle undici. Non c’è fretta, abbiamo – ancora un paio d’ore. Quando volete che vi veniamo a riprendere?»

    «Una mezz’ora ci è sufficiente, vorremmo essere in Sala Riunioni un po’ prima per preparare il materiale da mostrare e allestire un nostro sistema olografico di proiezione» aggiunse Janine, avviandosi all’uscita.

    Accompagnati gli ospiti all’astronave, strano oggetto irreale nella assolata piana di Sigonella, Ferro corse alla Sala Briefing per controllare che fosse ben protetta e sorvegliata, per assicurarsi che fosse tutto in ordine e che le normali linee telefoniche fossero staccate.

    Avrebbe usato il suo cellulare per comunicare con l’esterno. Per gli argomenti riservati avrebbe però dovuto impiegare la linea criptata.

    Purtroppo, la sala non era tempestizzata, non era schermata contro un possibile spionaggio elettronico. Franco contava di non usare apparecchiature elettroniche e sperava che la tecnologia della macchina olografica degli ospiti non desse la possibilità di captare immagini o quanto altro fosse mostrato in riunione.

    Mentre aspettava l’arrivo dei visitatori, il colonnello Burt lo raggiunse per avvertirlo che con la Delegazione in arrivo da Roma sarebbe giunto anche l’Ambasciatore degli USA.

    Una telefonata dello SMA intanto aveva informato Ferro che per ragioni di sicurezza le personalità in arrivo da Roma sarebbero giunte non con l’Alitalia, bensì con un DC 9 del Reparto Volo Stato Maggiore. Sarebbero venute da Ciampino, atterrando direttamente a Sigonella verso le dieci e trenta.

    Per fortuna non arrivano prima pensò Ferro.

    All’ora stabilita si recò all’astronave per prelevare gli ospiti venuti dallo spazio e accompagnarli in Sala Riunioni.

    Uscirono dall’astronave solo in quattro, non in – sei come Ferro aveva immaginato.

    Mancava l’ingegnere Korzinev e al suo posto era presente uno dei due piloti, rimasto a bordo il giorno prima.

    Gli fu presentato come Alessio Grandi.

    Evidentemente gli ospiti non si fidavano di lasciare sola la nave e la presidiavano con un equipaggio di due persone. Questa volta avevano lasciato un solo pilota assieme a Korzinev, il quale era un profondo conoscitore dei sistemi di bordo.

    Avrebbero potuto decidere di decollare in qualsiasi momento, lasciando gli altri a terra in caso di emergenza – pensò Ferro – ma in che senso avrebbe dovuto lasciare la maggior parte dell’equipaggio in mano loro?

    Avevano portato con sé tre piccoli cubi, di circa venti centimetri di lato sormontati da una lente semisferica che occupava un’intera faccia di ogni cubo.

    Installarono i cubi su un lato della Sala Riunione, dove la parete era sgombra da tende e finestre, disponendone uno al centro e gli altri due alle estremità della parete.

    Questo era il sistema di proiezione olografica, spiegò Janine, col quale avrebbero mostrato le immagini del loro mondo e alcune riprese del viaggio fatto attraverso lo spazio e il tempo. Non sarebbe stato necessario alcun collegamento elettrico. I cubi avevano l’energia sufficiente per un’intera giornata di proiezione e avevano già in memoria tutti i dati che dovevano esser proiettati  …

    Janine aggiunse che disponeva di una piccola lavagna tascabile elettronica che, collegata via Wi-Fi con i cubi, le avrebbe consentito di proiettare nello spazio antistante la parete tutto quanto avesse scritto sulla lavagna. Non avevano quindi bisogno di alcun supporto per proiettare le loro informazioni nel corso della riunione.

    Erano ormai arrivati tutti.

    In sala c’era un notevole brusio.

    Erano poco più di venticinque persone. Gli ospiti e il colonnello Ferro stavano sulla pedana, leggermente più in alto della platea, seduti su poltroncine sistemate per l’occasione. Tutti gli altri erano seduti sulle poltroncine della sala.

    Il colonnello Ferro alzò leggermente la mano per prendere la parola  …

    Subito si fece un gran silenzio, colmo di attesa.

    «Signori – iniziò Ferro – auguro a voi tutti il mio benvenuto. Certo è difficile avviare un discorso su una faccenda a dir poco anomala come questa. Desidero anzitutto presentare gli ospiti  … potremmo chiamarli i nostri discendenti.»

    Introdotti gli stranieri e presentati i rappresentanti governativi e la diplomazia americana, dopo una breve introduzione di Ferro sugli eventi accaduti il giorno precedente la riunione vera e propria ebbe inizio.

    Prese per prima la parola la dott. ssa Lascaux.

    «Per rispetto al Paese nel quale siamo atterrati, parlerò in italiano, ma se preferite posso anche parlare in inglese.»

    Visto che nessuno aveva espresso preferenze nel merito e nonostante un’espressione di evidente disaccordo apparsa sul volto dell’ambasciatore americano, continuò:

    «Come ho già brevemente accennato al comandante Ferro noi proveniamo dal 23° secolo e siamo venuti nella vostra epoca principalmente per condurre un esperimento. Il nostro scopo è di verificare allo stesso tempo sia la possibilità dei viaggi nel passato che l’eventuale esistenza di universi paralleli. Questo è in assoluto il primo viaggio nel passato che un equipaggio umano abbia mai intrapreso.»

    Janine spiegò a tutti quanto già aveva detto a Ferro, poi proseguì:

    «Prima di illustrarvi il materiale che vi verrà consegnato vorrei brevemente mostrarvi alcuni aspetti della civiltà del nostro tempo, il 2252, e proiettare parte del viaggio che abbiamo appena fatto in modo che possiate rendervi conto delle difficoltà che abbiamo incontrato, ma soprattutto che quanto vi racconteremo corrisponde a verità. Mi scuserete se illustrerò soltanto sommariamente alcuni principi fondamentali della relatività che sono alla base del viaggio.»

    Detto questo, spente le luci e azionato il visore olografico col telecomando, come d’incanto, nello spazio antistante la parete laterale della sala si aprì un’immensa finestra su una città sconosciuta.

    Tutti i presenti rimasero letteralmente stupefatti dinanzi a un tale realismo. Pareva proprio di affacciarsi su un mondo nuovo, di poterlo toccare, tanto appariva vicino e reale. Si spostarono tutti verso la parete opposta per meglio ammirare quel incredibile spettacolo. Dopo il primo istante di smarrimento, prima alcuni di loro, poi tutti gli altri si resero conto di conoscere già quella città.

    Il mausoleo di Lincoln, i giardini, l’obelisco, la fila dei musei dalla sagoma conosciuta rivelavano senza ombra di dubbio che si trattava di Washington. Ma questa non era del tutto eguale alla città del 20° secolo che loro conoscevano.

    Qua e là apparivano delle alte, eleganti costruzioni che parevano sfidare le leggi della statica. Snelli grattacieli dalla base sottile, quasi certamente per non rubare spazio al verde sottostante, alti qualche centinaio di metri parevano ondeggiare nello spazio. Alcune sopraelevate, sottilissime di spessore e con lunghissime campate, si rincorrevano in un gioco elegante di curve sopra la città che immersa nel verde pareva ignorarle.

    Come in un immenso alveare, piccoli velivoli percorrevano gli spazi tra gli edifici e le volute delle sopraelevate con movimenti armoniosi e senza emettere alcun rumore.

    «I nostri mezzi di trasporto sono tutti elettrici, alimentati da turbine con soppressori di rumore. Il carburante è idrogeno liquido. Gli elicotteri del vostro tempo sono stati eliminati, troppi organi in movimento e troppo rumore. I velivoli sono ad aria soffiata e getti deflessi. L’idrogeno liquido nei serbatoi criogenici assicura una discreta autonomia. Vi sono punti di rifornimento sparsi un po’ dovunque, in città e fuori, e la capacità di atterraggio verticale ha totalmente eliminato l’esigenza di piste. Il volo è quasi totalmente automatizzato, basta comunicare al computer di bordo la destinazione e questi controlla tutte le fasi del volo, assicurando anche la separazione con gli altri velivoli. Analogo sistema esiste sulle strade. Il sistema di controllo del traffico non è centralizzato, ma è affidato ai colloqui in tempo reale tra i vari computer dei velivoli e degli automezzi che per la loro navigazione utilizzano sia un network digitale di radiofari che un sistema satellitare, un po’ come il vostro GPS. Le costruzioni che vedete, almeno quelle più recenti, le più piccole sono in fibra e resina, mentre quelle di dimensioni più consistenti sono ancora di cemento armato. Un cemento armato preparato in autoclave in atmosfera di anidride carbonica e colato sotto pressione su gabbie di acciaio inox. Oltre che più resistente ed elastico, può definirsi praticamente eterno.»

    Janine tacque un istante, guardando i presenti che parevano ipnotizzati dalle sue parole e dalle immagini di quel mondo che era lì, dinanzi a loro.

    «Per quel che riguarda un po’ più in dettaglio la situazione geopolitica del nostro mondo  … Roma è la capitale degli Stati Confederati del Nord. I Paesi che ne fanno parte conservano una certa autonomia, soltanto la politica estera, la difesa, l’istruzione, la ricerca e la sanità sono di competenza del Governo Centrale. La Confederazione del Sud è quasi speculare. Al momento, o forse farei meglio a dire tra duecentocinquantacinque anni, regna la pace e non potrebbe essere altrimenti. I Paesi che sono rimasti autonomi godono della stabilità assicurata dall’equilibrio delle due Confederazioni. Agli inizi del 21° secolo era iniziato in Europa un processo di confederazione dei vari Paesi. Si era poi assistito a una sempre maggior separazione delle etnie e dei gruppi di religione che di fatto, nonostante gli sforzi degli Stati Confederati, avevano dato origine a numerosi microconflitti con danni significativi e consistenti per l’intero pianeta. Questi conflitti oltre che in Europa, si erano verificati specialmente in Africa e Medio Oriente, nel Nord America tra le etnie africane, latinoamericane e anglosassoni. Dei grandi Paesi la sola Cina ne è stata esente. Alla fine del 21° secolo la stanchezza prese il sopravvento e si esaurirono gli odi e le rivalità. Le Confederazioni si rinforzarono e si estesero, sino a divenire quelle che hanno dato luogo agli attuali Stati Confederati  … attuali tra duecentocinquantacinque anni. Vi dirò ora molto brevemente gli sviluppi conseguiti in campo tecnologico, in fisica, medicina e biologia. Di questi ne parlerà la dott. ssa Lancaster con una breve illustrazione. Lei stessa alla fine, prima della nostra partenza vi consegnerà tutta la documentazione di medicina e biologia.»

    Fece una breve pausa.

    «Chiedo scusa – intervenne alzando la mano il dr. Pancrazi, un uomo tarchiato dai capelli brizzolati – sono il rappresentante della Commissione Difesa della Camera. Prima di inoltrarci negli aspetti tecnici della riunione vorrei conoscere il vostro programma per i prossimi giorni. In particolare  … quando pensate di ripartire?»

    «Ha ragione – rispose Janine – non lo abbiamo ancora detto. I calcoli spazio temporali, come potete immaginare, sono estremamente complessi e delicati al punto che sull’astronave non abbiamo la potenza di calcolo per poterli condurre, ma solo quella di apportare correzioni. Ebbene  … la pianificazione fatta alla partenza ci obbliga a ripartire tra tre giorni esatti, alle tre e venti del pomeriggio di domenica prossima, secondo il vostro tempo. Domani potremo discutere solo di quanto vi lasceremo e dopodomani avremo molto da fare per prepararci al decollo del giorno successivo. Ci dispiace di non aver tempo per visitare il vostro mondo, così come avremmo voluto. Pensiamo comunque di conoscerlo abbastanza dalle registrazioni di storia di cui disponiamo.»

    Queste parole sembrarono interessare e preoccupare la platea più di quanto era stato proiettato in precedenza.

    Evidentemente i rappresentanti del Governo presenti alla riunione, l’Ambasciatore americano e i rappresentanti della NATO avevano ricevuto ben diverse istruzioni.

    Al Quirinale e a Palazzo Chigi sicuramente molte discussioni erano tuttora in corso e i politici necessitavano di molto più tempo per decidere sul da farsi.

    Nessuno pensava di lasciar partire gli ospiti prima che si fosse raggiunto un accordo tra USA, NATO e Governo italiano sulla policy da seguire.

    Questi pensieri galleggiarono nell’aria in maniera così tangibile che Janine e il suo equipaggio li percepirono perfettamente.

    Involontariamente tutti e quattro si scambiarono delle occhiate d’intesa fin troppo eloquenti.

    L’abisso temporale che separava i due gruppi di persone si materializzò improvvisamente gelando l’atmosfera.

    «Siamo veramente desolati, ma dobbiamo proprio ripartire alla data stabilita altrimenti non riusciremmo più a ritornare alla nostra epoca» ribatté seria Janine. Poi, per smorzare gli animi, proseguì:

    «Vi proietterò ora velocemente squarci di alcune città e poi vi darò qualche cenno su alcuni tra i più significativi progressi conseguiti in campo scientifico. Dopo la pausa del pranzo potremo vedere alcune tra le più belle immagini del nostro viaggio.»

    Furono proiettate così l’una dopo l’altra, con un realismo incredibile che soltanto un volo a bassa quota avrebbe potuto fornire, Roma, New York, San Francisco, Madrid, Parigi, Mosca, Calcutta, Buenos Aires, Cape Town e Sidney. Le città erano tutte più o meno riconoscibili, pur se molto diverse. Era un misto di nuovo e di vecchio, come potrebbe esserlo una bella donna di mezza età accuratamente truccata ed elegantemente vestita.

    A un comando di Janine la macchina olografica si spense, chiudendo bruscamente la finestra sul futuro.

    Nella sala regnava ancora un brulicare sommesso di commenti allorquando, accese le luci, Janine continuò:

    «Nei duecentocinquant’anni che esistono tra la nostra e la vostra epoca sono stati fatti passi significativi sia in campo tecnologico, che scientifico. Non potrei illustrarvi tecnicamente i progressi fatti, né d’altra parte ne avrei la capacità. Vi accennerò soltanto i più significativi e proverò ad aggiungere qualche spiegazione, laddove la mia esperienza me lo potrà consentire. Moltissimi progressi sono stati fatti nel campo dei materiali. A parte le macrostrutture a cui ho accennato prima, per le strutture più piccole, quelle delle vetture terrestri e aeree compresa la nostra nave, si utilizzano materiali metallici e materiali sintetici. Gli stessi materiali metallici spesso sono ottenuti per via sintetica. Questi vengono letteralmente fatti crescere in fabbrica, sfruttando le conquiste della nano tecnologia. Le strutture non metalliche vengono progettate e sviluppate mediante una specie di codice in un certo senso analogo al DNA, nella forma e complessità volute. Tra l’altro questa tecnologia consente anche la spontanea autoriparazione di eventuali rotture mediante la sostituzione delle relative molecole. Sia per le strutture metalliche che per le altre, negli aggregati di molecole vengono fatti crescere dei cablaggi che forniscono alle strutture stesse sensibilità locale, capacità di auto regolarsi, di auto ripararsi e di fornire informazioni sulla localizzazione dei guasti e sulle necessarie sostituzioni. Le strutture hanno un hardware distribuito al loro interno e un software integrato con una limitata capacità intelligente relativa alle loro esigenze d’impiego. Per quanto riguarda la fisica non sono stati fatti drastici salti di conoscenza rispetto alla vostra era. È stato confermato il modello standard della materia ed è stato isolato il quark alto. Gli sforzi dei fisici teorici, come sapete, hanno già consentito di isolare la particella fondamentale che fornisce massa alla materia, il bosone di Higgs. Per la quarta forza fondamentale, quella gravitazionale, grazie alla teoria delle stringhe sono state individuate le caratteristiche della relativa particella elementare, il gravitone, e negli ultimi potenti acceleratori di cui disponiamo sono state create le condizioni di densità e temperatura al momento in cui il gravitone si separa

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