Nella trappola del milionario: Harmony Destiny
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Info su questo ebook
I King 1
I ricchi e potenti King possiedono ogni cosa.
Tranne l'amore.
Una notte da sogno con una donna del mistero. Jesse King ha avuto tre anni di tempo per togliersela dalla testa, senza successo. Ma un milionario, un King per giunta, non è abituato alle delusioni, perciò decide di tornare a Morgan Beach, California, per proseguire la caccia mentre segue i suoi affari.
Una spina nel fianco di nome Bella Cruz, infatti, gli sta dando battaglia, rifiutando di cedergli la propria attività. Quello che Jesse ignora è che l'indomabile bellezza ha un valido motivo per avercela con lui, un motivo che risale a tre anni prima...
Maureen Child
Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.
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Anteprima del libro
Nella trappola del milionario - Maureen Child
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Conquering King’s Heart
Silhouette Desire
© 2009 Maureen Child
Traduzione di Roberta Canovi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-426-0
1
Jesse King amava le donne.
E le donne amavano Jesse King.
Be’, tutte tranne una.
Jesse entrò da Bella’s Beachwear e si fermò appena oltre la soglia. Lasciò vagare lo sguardo sul locale curato, seppure decrepito, e scosse il capo per la testardaggine di quella donna.
Era difficile da digerire che Bella Cruz preferisse quella baracca fatiscente a ciò che lui le stava generosamente offrendo. Nove mesi prima Jesse era arrivato a Morgan Beach, un piccolo paesino sulla costa della California del Sud; aveva rilevato diversi dei negozi eclettici di Main Street, alcuni dei quali erano in stato di semiabbandono; ne aveva ristrutturati alcuni, rasi al suolo altri, per poi ricostruire il genere di negozi e uffici che avrebbe effettivamente attirato clienti in centro.
Erano stati tutti felici di firmare sulla riga tratteggiata. Tutti i vecchi proprietari avevano accettato le sue offerte con entusiasmo appena contenuto e la maggior parte di loro ora affittava uno spazio commerciale di quelli che lui aveva ricavato.
Ma non Bella Cruz. Oh, no. Quella donna da mesi cercava di mettergli i bastoni tra le ruote.
Aveva organizzato un sit-in, convincendo i suoi amici a piantarsi davanti ai bulldozer per un pomeriggio. Aveva guidato una marcia di protesta lungo Main Street – lei, quattro donne, due bambini e un cane con tre zampe. Infine, si era ridotta a tentare una veglia al lume di candela in memoria degli edifici storici di Morgan Beach.
C’erano state cinque persone fuori dai suoi uffici con le candele in mano la sera in cui il primo violento temporale estivo aveva attaccato la cittadina. Nel giro di pochi minuti, si erano ritrovati tutti inzuppati, le candele spente. Bella era stata l’unica a restare in piedi, nel buio, a squadrarlo dal basso in alto mentre lui la osservava dalla finestra dell’ufficio.
Perché la prende tanto sul personale?, si chiese per l’ennesima volta. Jesse non era venuto in città apposta per rovinarle la vita.
Era venuto per le onde.
Quando i surfisti di professione si ritirano dalle competizioni, si stabiliscono in un luogo dove possono trovare qualche buona onda tutto l’anno. La maggior parte finisce alle Hawaii ma, nativo della California, Jesse aveva scelto Morgan Beach. Tutta la sua famiglia viveva nello stato e Morgan era abbastanza vicina da potersi tenere in contatto e abbastanza distante perché lui e i tre fratelli non inciampassero uno nell’altro un giorno sì e uno no. Gli piaceva la famiglia, molto; erano legati da affetto profondo. Ciò non significava, però, che fosse pronto a vivere circondato dai parenti.
Perciò si stava costruendo un piccolo regno nella cittadina e l’unica cosa che gli impediva di raggiungere la perfezione era Bella Cruz.
«Il perfido padrone di casa viene a gongolare» borbottò una voce femminile molto vicina.
Voltatosi, Jesse scorse la propria nemesi accucciata dietro alla cassa, intenta a sistemare l’espositore di occhiali da sole, infradito e borse varie. I suoi occhi castano scuro erano fissi su di lui con l’espressione gelida di una donna pronta a colpire un insetto con una bella spruzzata di Raid.
«Non è armata, vero?» domandò lui, avvicinandosi cautamente. «Perché sembra sul punto di porre fine ai miei tormenti in terra.»
«Ai miei tormenti, magari» rispose lei asciutta. Poi si alzò e Jesse prese nota della sua ultima mise.
Bella superava il metro e settanta, il che era un bene, perché a lui piacevano le donne alte abbastanza da non fargli venire il torcicollo quando le baciava. Non che stesse pensando di baciare Bella – era solo un’osservazione.
Aveva una chioma di capelli scuri ondulati che le arrivava a metà schiena, grandi occhi del colore del cioccolato e un paio di labbra carnose che non aveva ancora visto curvate in un sorriso. Carina, rifletté. Eccezion fatta per l’abbigliamento.
Ogni volta che la vedeva sembrava che dovesse posare per il mensile degli Amish: maglie di cotone abbondanti e gonne lunghe fino a terra. Tanto meglio, si disse. A lui piacevano le donne formose e, da quanto si vedeva, Bella aveva tante curve quanto una scatola da scarpe. Gli sembrava strano, tuttavia, che una donna che si manteneva disegnando e vendendo costumi da bagno non avesse mai indossato una delle proprie creazioni.
«Che cosa vuole, signor King?»
Sorrise ostentatamente: conosceva il potere di quel sorriso. Fin troppe donne negli anni gli avevano detto che effetto avevano quelle fossette sulle loro ginocchia. Le ginocchia di Bella apparivano salde come la roccia. Oh, be’. A ogni modo, non gli interessava sedurla. O per lo meno questo era ciò che continuava a ribadire a se stesso.
«Volevo dirle che il prossimo mese cominceremo la ristrutturazione di questo edificio.»
«Ristrutturazione» ripeté lei contorcendo il viso come se persino la parola fosse sgradevole. «Intende dire buttare giù i muri? Tirar su il pavimento di legno? Smantellare i vetri piombati? Quel genere di ristrutturazione?»
Jesse scosse il capo. «Che cos’ha, esattamente, contro gli edifici ben isolati e i tetti solidi?»
Quando incrociò le braccia sotto il seno Jesse si distrasse per un momento; evidentemente, aveva almeno un paio di curve.
«Il mio tetto non perde» replicò. «Robert Towner era un eccellente proprietario.»
«Già, è quello che ho sentito» confermò con un sospiro. «Ripetutamente.»
«Avrebbe potuto imparare da lui.»
«Non si è nemmeno dato la pena di tinteggiare la facciata» sottolineò allora Jesse.
«E perché avrebbe dovuto? L’ho dipinta io tre anni fa.»
Lui per poco non strabuzzò gli occhi. «Lei hai scelto di dipingere il suo negozio di color porpora? Di proposito?»
«È lavanda.»
«Porpora.»
Bella inspirò a fondo e gli rivolse un’altra occhiataccia che avrebbe dovuto incendiargli i capelli, come minimo. Ma Jesse era un duro. Era un King. E i King non cedono davanti a niente e nessuno.
«Non sarà felice finché tutti gli edifici di Main Street non avranno la stessa facciata beige decorata color ruggine, vero?» Scuotendo il capo, lo guardò con compatimento, ma anche quell’espressione era sprecata con lui. I King non avevano bisogno della compassione di nessuno. «Diventeremo tutti omologhi. Vuole anche vederci procedere a passo di marcia, serrati in ranghi? Vestiti allo stesso modo?»
«La prego, no» rispose con uno sguardo al suo insieme.
Bella arrossì. «Ciò che intendo dire è che non c’è più alcuna individualità. Un tempo Morgan Beach aveva una personalità.»
«E tanto legno marcio.»
«Era eclettica.»
«E fatiscente.»
«Lei non è altro che il solito dirigente senza fantasia» lo accusò.
Jesse rimase scioccato che qualcuno potesse descriverlo così. Non aveva mai deciso di diventare un dirigente. Diamine, aveva fatto di tutto per evitare la trappola in cui prima o poi cadevano tutti i King: il business. In effetti, il nome King era stato una spina nel fianco per la maggior parte della sua vita.
Il padre, i fratelli, i cugini – tutti i King, ovunque si trovassero – sembrava che fossero rinchiusi in un ufficio; per Jesse non aveva alcuna importanza che quegli uffici fossero attici lussuosi: non aveva mai voluto appartenere a quel mondo.
Aveva visto i tre fratelli maggiori scivolare nel mestiere di famiglia come se fossero stati modellati per quel ruolo. Persino Justice, nel suo ranch, era prima di tutto un uomo d’affari. Ma Jesse se n’era andato. Era diventato un surfista professionista e aveva amato quella vita. Mentre i fratelli e i cugini indossavano giacca e cravatta e partecipavano a riunioni, lui girava per il mondo, alla ricerca dell’onda perfetta. Faceva le cose a modo suo. Viveva la vita come voleva. Non rispondeva a nessuno.
Finché qualche anno prima il suo produttore di tavole non era andato in pensione. Jesse aveva rilevato l’azienda perché voleva continuare ad avere le tavole preferite. Aveva fatto la stessa cosa quando aveva trovato il costume perfetto. E la muta perfetta. Molto presto, aveva fatto ciò che aveva giurato non avrebbe mai fatto: era diventato un uomo d’affari. E non uno qualsiasi, il boss della King Beach, una gigantesca compagnia diversificata che si concentrava sulla vita in spiaggia. Che ironia, che la cosa che amava di più al mondo alla fine l’avesse trasformato in quello che non aveva mai voluto essere.
«Ascolti» riprese con calma, scansando quei pensieri sui quali era sempre difficile concentrarsi. «Non dobbiamo per forza essere nemici.»
«Oh, sì che dobbiamo.»
Dannazione, se era testarda. Per dieci anni era stato al top nello sport. Aveva vinto centinaia di competizioni, era comparso nelle pubblicità sulle riviste, aveva frequentato famose celebrità e l’anno prima era addirittura stato nominato lo scapolo più sexy della California. Aveva soldi, fascino e tutte le donne che poteva desiderare. Quindi perché si torturava restando lì ad ascoltare Bella Cruz sbraitare contro di lui?
Perché lei lo intrigava. Che fosse per l’evidente ostilità nei suoi confronti, o per la sua incredibile testardaggine, non avrebbe saputo dirlo. Ma c’era qualcosa di Bella che lo solleticava. Sembrava quasi... familiare.
Jesse inspirò a fondo, appoggiò entrambe le mani sul bancone e la fissò. «Si tratta solo di pareti e finestre, signorina Cruz. Possiamo darci del tu, vero?»
«No, non possiamo, e non si tratta solo di pareti e finestre.» Allargò le braccia come se volesse fisicamente abbracciare la vecchia catapecchia. «Questo posto ha una storia. Tutta la città ce l’aveva. Finché non è comparso lei.»
Gli rivolse un’occhiata che era insieme di fuoco e di ghiaccio. Impressionante. Praticamente stava vibrando per la collera repressa. Jesse aveva sempre trovato il modo di raggirare l’ira di una donna, fino a quel momento.
Per mesi aveva cercato di intrufolarsi nelle sue grazie. Sarebbe stato molto più semplice se lei avesse accettato un rapporto lavorativo senza antagonismi. Lei aveva amici a Morgan Beach. Aveva successo – su scala artigianale, è ovvio. E, dannazione, alle donne piaceva Jesse King.
«La storia della città c’è ancora» insistette allora lui, «insieme agli edifici che ora non crolleranno al primo soffio di vento.»
«Già» borbottò, «è un vero benefattore.»
Lui scoppiò a ridere. «Cerco solo di fare affari» dichiarò e quasi fece una smorfia all’udire le proprie parole. Quando si era trasformato nei suoi fratelli? In suo padre?
«No, sta cercando di farsi gli affari miei.»
«Mi creda quando le dico che non ho alcun interesse nella sua azienda.» Jesse alzò gli occhi su uno dei costumi appesi al muro.
La King Beach produceva linee soltanto maschili. Jesse sapeva cos’è che un uomo cerca in un costume, in una muta o in qualsiasi altro accessorio. Non aveva idea di cosa cercassero