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I segreti della famiglia Herington
I segreti della famiglia Herington
I segreti della famiglia Herington
E-book341 pagine5 ore

I segreti della famiglia Herington

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Info su questo ebook

«Una lettura perfetta.»
Booklist

L'appassionante ritratto di una famiglia quasi perfetta

Le ragazze Herington sono di nuovo insieme per un’altra estate nella vecchia casa di famiglia di Cape Cod. Quest’anno, però, hanno portato con sé più segreti che valigie. Maggie, la più grande, è preoccupata per il recente divorzio dei genitori, che rischia di mettere in crisi la routine familiare, e per il suo desiderio di avere un altro figlio: teme sia troppo tardi. Jess ha un matrimonio che scricchiola e non sa trovare il coraggio di rivelare a Maggie e al marito qualcosa di cui non va tanto fiera. Virgie, la più giovane, è sempre stata concentrata sulla propria carriera, ma ora c’è un uomo nella sua vita. Tuttavia non riesce a conciliare la vita privata con il suo lavoro in televisione, che la mette a dura prova sia emotivamente che fisicamente. Conta su questa vacanza per riprendersi. Quando Gloria, la madre, annuncia una visita fuori programma a Cape Cod, insieme al nuovo fidanzato, coglie tutti di sorpresa. In particolare Arthur, l’ex marito, che non ha ancora digerito la loro separazione. Eppure, tutti riescono a mantenere la calma, almeno finché un incidente imprevedibile non porta a galla un nuovo segreto…

Ai primi posti delle classifiche del New York Times

Un'indimenticabile storia familiare

«Un’appassionante commedia familiare con dei personaggi straordinari che sembra di conoscere da sempre.»
Kirkus Reviews

«La lettura perfetta.»
Booklist

«Il vivido e tenero ritratto di una famiglia: tre indimenticabili sorelle e il loro bagaglio di amori e segreti. Wendy Francis è una scrittrice straordinaria.»
Luanne Rice, autrice bestseller del New York Times
Wendy Francis
Ha lavorato per anni come redattrice, prima di dedicarsi alla scrittura. Le piace correre, fare qualche tiro al canestro con il figlio e leggere un buon libro sulla spiaggia. Vive vicino a Boston.
LinguaItaliano
Data di uscita12 lug 2017
ISBN9788822710017
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    Anteprima del libro

    I segreti della famiglia Herington - Wendy Francis

    1684

    Titolo originale: The Summer of Good Intentions

    Copyright © 2015 by Wendy Francis

    All rights reserved

    Traduzione dall’inglese di Mariacristina Cesa

    Prima edizione ebook: agosto 2017

    © 2017 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-227-1001-7

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Wendy Francis

    I segreti della famiglia Herington

    A mamma e papà, entrambi mancati troppo presto

    Il disordine è sacro… c’è bellezza in ciò che è.

    Dani Shapiro

    Indice

    LUGLIO

    1. Maggie

    2. Virgie

    3. Jess

    4. Arthur

    5. Maggie

    6. Jess

    7. Virgie

    8. Arthur

    9. Maggie

    10. Jess

    11. Virgie

    12. Jess

    13. Maggie

    14. Virgie

    15. Arthur

    16. Virgie

    17. Maggie

    18. Jess

    19. Arthur

    20. Maggie

    21. Virgie

    22. Maggie

    23. Virgie

    24. Arthur

    25. Maggie

    AGOSTO

    26. Jess

    27. Virgie

    28. Maggie

    29. Virgie

    30. Maggie

    31. Jess

    32. Virgie

    33. Maggie

    34. Jess

    35. Virgie

    36. Jess

    37. Maggie

    Ringraziamenti

    Luglio

    1

    Maggie

    L’aria salmastra di Cape Cod penetrava dalla finestra e Maggie ascoltava il picchiettio regolare delle imposte contro il davanzale. Il posto accanto a lei nel letto era vuoto, le lenzuola stropicciate. Mac doveva essersi già alzato per andare a prendere caffè e giornale al Blueberry Bagel, in fondo alla strada. Era una delle sue abitudini preferite durante la tradizionale vacanza a Cape Cod: il caffè freddo che l’aspettava in cucina quando riusciva a trascinarsi fuori dal letto. Per undici mesi l’anno era lei a farsi carico di tutto: svegliare i bambini, assicurarsi che fossero vestiti quando salivano sull’autobus, preparar loro il pranzo, accompagnare le gemelle a danza, calcio e teatro, e giocare con il piccolo Luke. Che non era più tanto piccolo. Avrebbe iniziato l’asilo in autunno.

    Ma a luglio tutto cambiava. Mac era a casa e Maggie poteva finalmente ritagliarsi del tempo per sé, stare seduta sotto il sole e coccolarsi con un bicchiere di vino dopo cena, guardando l’oceano, senza preoccupazioni. O almeno, fingere di non averne. A luglio Mac spegneva la radio scanner e dal distretto ci pensavano due volte prima di infastidirlo, a meno che non saltasse fuori un caso che solo la sua esperienza poteva sbrogliare. Maggie sapeva che non sarebbe stato facile essere la moglie di un poliziotto di Boston quando, quindici anni prima, aveva detto «Lo voglio». Eppure non era preparata a convivere con la costante preoccupazione che suo marito non sarebbe tornato a casa alla fine del turno. Quel pensiero l’aveva quasi fatta impazzire il primo anno di matrimonio, poi erano nate le gemelle e una nuova ondata di preoccupazioni l’aveva travolta. Al confronto, quelle per Mac erano diventate un ronzio di sottofondo nelle sue giornate. Tuttavia, in quell’unico prezioso mese a Cape Cod, la famiglia lo aveva tutto per sé. Sano e salvo, era quello che pensava. Ed era felice.

    Si rigirò nel letto e sentì il calore avvolgerla come lenzuola stese. Il sole batteva sulle larghe assi di legno del pavimento della camera da letto. La casa era silenziosa. O Mac era andato al bar portandosi dietro Luke, il primo a svegliarsi di solito, oppure il bambino dormiva ancora, insieme alle sorelle. Erano arrivati la sera prima, quando il sole iniziava a tramontare. Un caos di valigie, sacche di tela, borse frigo e giochi gonfiabili per la spiaggia. Il viaggio in macchina era durato tre ore, rispetto alla solita ora e mezza, a causa del traffico vacanziero. I bambini si erano intrattenuti per la prima ora giocando con gli iPad e a io vedo, poi avevano iniziato a piagnucolare dall’impazienza. Maggie non poteva biasimarli.

    Si erano fatti strada passando attraverso Hingham, dove il traffico rallentava sempre, poi Marshfield e Duxbury. Davanti a loro, la turbina eolica girava come un cavaliere dall’armatura scintillante nel cielo della sera. Quando avevano raggiunto Sagamore Bridge, aveva ringraziato il cielo in silenzio. Ad accoglierli, come ogni estate, il cartello dell’associazione Good Samaritans che chiedeva a caratteri cubitali SIETE DISPERATI?, con sotto il numero da chiamare. Le suscitava sempre una risatina perversa. Come facevano a sapere, si chiedeva Maggie, che macchine cariche di genitori erano pronte a buttarsi giù dal ponte in quel preciso momento?

    Una volta superato il ponte, i suoi occhi incontravano quel meraviglioso verde lussureggiante. Su entrambi i lati del canale, ortensie blu e viola trapuntavano il bordo della strada ondeggiando nella brezza serale, come a volerli salutare. In quell’ultimo tratto, Maggie espirava e finalmente si godeva quel misto familiare di umanità intorno a loro. Furgoni traballanti carichi di cassette di aragoste viaggiavano a fianco di costose decappottabili dirette all’ultimo traghetto per Martha’s Vineyard o Nantucket. Numerosi SUV come il loro erano pieni all’inverosimile per l’esodo estivo.

    In un certo senso, Maggie considerava più sua la casa a Cape Cod di quella vittoriana sconnessa sulla costa meridionale di Boston. La casa delle vacanze, dove lei e le sue sorelle andavano fin da piccole, conservava alcuni dei suoi ricordi più preziosi: i falò sulla spiaggia, i marshmallow arrostiti sul fuoco, il primo bacio, la prima delusione d’amore e il giorno del matrimonio con Mac, sotto un grande tendone bianco sulla sabbia. Suo padre era sceso a maggio per un controllo generale della casa, ma un odore di chiuso misto a qualcosa di dolce, come profumo per ambienti, li accolse non appena varcata la porta principale. Maggie aveva sollevato le pesanti tende e aperto le finestre nella zona comune, mentre i ragazzi si occupavano del piano superiore. Aveva tirato via i teli impolverati dai mobili e li aveva appesi in veranda per farli prendere aria. Le luci si erano effettivamente accese (era sempre un’incognita sapere se la società elettrica avesse attivato il contatore alla data da loro richiesta) e l’acqua aveva iniziato a scorrere nelle tubature. Ah, estate, aveva pensato. Finalmente.

    La casa a Cape Cod era comoda e pratica. Il soggiorno con i divani consunti si apriva su una veranda dalla quale si accedeva direttamente alla spiaggia. Una vecchia cassettiera ospitava i giochi utilizzati negli anni: scatole rovinate di Yahtzee, Monopoli, Life, tutti con pezzi mancanti. Al piano di sopra c’era una modesta camera matrimoniale, una stanza degli ospiti con un letto a due piazze e la camera dei ragazzi con tre letti a castello, con un passaggio minimo nel mezzo. La cucina, con il pavimento di linoleum anni Cinquanta, era rimasta ferma nel tempo, ma Maggie la considerava affascinante, soprattutto per la carta da parati con allegre rose gialle. Dalla cucina si vedeva la zona pranzo, con un lungo tavolo di legno che serviva sia per la cena sia per i giochi serali, con iniziali incise sopra qua e là da quando erano bambine. Tornare lì era come cadere tra le braccia rassicuranti di un amante.

    Tuttavia, la sera prima si era presa un piccolo spavento quando, accendendo la luce nel bagno del piano inferiore, aveva visto il vetro della finestra rotto con frammenti sporgenti, e sul pavimento bianco piccole macchie scure come varicella. Si era chinata, le aveva toccate per poi ritrarre la mano. Era sangue? Sangue secco?

    «Tesoro, puoi venire qui?», aveva urlato. È forse entrato qualcuno? Sono ancora in casa? Il suo pensiero era andato ai bambini al piano di sopra. Mac era accorso per cercare di capire.

    Aveva controllato la finestra e il sangue per terra. L’armadietto delle medicine era ancora pieno di aspirine e altri farmaci per il raffreddore. «Non penso ci sia stata un’effrazione», aveva detto poi, leggendole nel pensiero. Lei apprezzò l’uso del passato. Ci sia stata. «Altrimenti ci sarebbero più vetri all’interno». Aveva tentato di aprire la finestra, ma il telaio era incastrato. «Quando hai detto che è venuto tuo padre l’ultima volta?»

    «A maggio?». Maggie aveva preso il telefono e composto il numero di Arthur. All’inizio suo padre sembrò far finta di non sapere di cosa stesse parlando. «Cosa? Una finestra? Dove?». Ma, dopo che Maggie gli ebbe descritto il danno, le era parso ancora più frustrato. «Perché non hai detto subito la finestra del bagno? Sì, sì, sono stato io. Ho rotto io quell’affare per cercare di aprirla. Ho dimenticato di chiamare Jay». Jay era il tuttofare di famiglia a Cape Cod.

    «Okay, sono contenta che nessuno sia entrato in casa. La sistemeremo. Tu stai bene? Sembra che ti sia ferito».

    «Sì», aveva risposto Arthur bruscamente. «Mi sono tagliato col vetro, nulla di che».

    Ma quella conversazione l’aveva tormentata più tardi, quella sera.

    «Non ti sembra strana la questione di mio padre con la finestra?», aveva chiesto a Mac a letto. Lui stava per addormentarsi, stanco dal lungo viaggio e diversi doppi turni della settimana precedente.

    «Strana?», aveva mormorato dal cuscino.

    «Come se non volesse ammettere di averla rotta lui».

    «Forse era in imbarazzo. O forse se n’è dimenticato. Sta invecchiando, sai?».

    Ma suo padre non era tipo da trascurare un dettaglio come una finestra rotta. Che la lasciasse così per due mesi senza occuparsene era impensabile. Forse, rifletté, si era sentito uno sciocco quando era successo e poi in colpa per non aver rimediato. Decise di lasciar correre. Era il suo mese senza pensieri! E poi, si sentiva per prima lei in colpa di non essere andata a controllare la casa per tutta la primavera. Non poteva certo accusare Arthur per aver fatto lo stesso.

    Stirò il corpo fino alla punta delle dita di mani e piedi, le braccia aperte. Quel giorno avrebbero montato il pontile. I pezzi erano sotto un telo nel cortile e ogni anno, il primo giorno di vacanza, assemblavano le varie sezioni che combaciavano come enormi Lego. Jess e la sua famiglia sarebbero arrivati quel pomeriggio. I quattro adulti – Mac, Maggie, Jess e Tim – avrebbero messo insieme, pezzo dopo pezzo, durante la bassa marea, il modesto pontile da dove ragazzi potevano tuffarsi. Per Maggie montare il pontile segnava l’inizio ufficiale dell’estate.

    Ripensò a quando lei e le sue sorelle erano piccole, a quando lei e Jess correvano per essere le prime a tuffarsi in acqua non appena l’automobile entrava nel vialetto (insistevano sempre per indossare il costume da bagno già durante il viaggio). Poteva quasi sentire l’odore di lavanda nei teli da mare appena asciugati. Insomma, dove era andato il tempo? I suoi genitori erano così felici, allora. E la vita molto più semplice. Ora era tutto infinitamente complicato. Virgie viveva sull’altra costa. Jess annegava nelle sue responsabilità come preside scolastico. Le sorelle non riuscivano mai a vedersi, al di fuori dell’idilliaco mese a Cape Cod. E Arthur e Gloria avevano divorziato da un anno e mezzo, ormai.

    Sì, la vita era diventata più complicata, pensava Maggie. Senza dimenticare che anche lei era una madre, ora. Ma luglio era il mese del relax. Que sera, sera. Era una delle frasi preferite di sua madre quando erano nella casa sulla spiaggia, tanto che era riportata su una targa appesa nell’ingresso principale. Proprio accanto a NIENTE CAPRICCI! I TRASGRESSORI SARANNO PUNITI CON UNA MULTA DI 5 CENTESIMI.

    Maggie infilò i piedi sotto le lenzuola. Quell’estate sarebbe stata come ai vecchi tempi. Lo sentiva. Avrebbe fatto di tutto perché fosse così.

    Nella sua lista di cose da fare per preparare la casa per le sue sorelle restavano da spuntare solo una manciata di voci: spazzare al piano inferiore, mettere le lenzuola pulite e andare a fare un po’ di spesa (la macchina era già piena di cibi basilari, come cereali e patatine). Per cena, quella sera, avrebbero dovuto mangiare qualcosa che segnasse adeguatamente l’inizio delle vacanze. Magari una spigola fresca o qualche eglefino.

    Si infilò i pantaloncini e una T-shirt bianca (la sua divisa durante le vacanze), e le infradito rosa. Tutte le estati, ogni bambino riceveva un nuovo secchiello con telo da mare e ciabattine. Anche questa era diventata una tradizione di casa Herington (un’estate senza ciabattine nuove non poteva considerarsi tale!). L’anno in cui si era dimenticata di comprarle prima di partire era dovuta correre con le bambine al negozio più vicino, dove le aveva pagate tre volte di più che da Target. Dopo quella volta non le aveva più dimenticate.

    In piedi davanti al lavandino del bagno si sciacquò il viso con l’acqua fresca, sollevata di vederla zampillare dal vecchio rubinetto. La sera prima, quando aveva iniziato a gocciolare, si era preoccupata che la pompa del pozzo non funzionasse correttamente. Ma ogni intoppo sembrava essersi risolto durante la notte. Imboccò il corridoio e fece capolino nella camera dei bambini. Le borse di tela erano a terra ancora chiuse, i vestiti del giorno prima in giro per la stanza come carte scartate. Luke non c’era, ma le bambine dormivano beatamente sopra le coperte di cotone blu. Di soli undici anni, sembravano così angeliche, con i capelli colore del grano sparsi sul cuscino. Alcuni giorni, Lexie (quella che più le dava pensiero) si comportava già come un’adolescente, con le sue risposte beffarde e gli occhi alzati al cielo. La sera prima aveva dichiarato che Cape Cod era noiosa e aveva continuato a chiedere perché non potessero fare qualcosa di diverso. Come se tutti i bambini fossero così fortunati da avere una casa delle vacanze!

    Maggie scese al piano inferiore, mentre Mac e Luke entravano dalla porta principale.

    «Mamma, abbiamo visto un procione!», esclamò Luke.

    «Davvero?». Maggie prese dalle mani di Mac i caffè freddi e gli diede un bacio. Gli lanciò un’occhiata titubante come a dire Procioni? Di già?. Erano una scocciatura, animali infestanti, per quanto la riguardava. Dovevano ricordarsi di tenere l’immondizia coperta, quell’anno.

    «Era piuttosto grosso», confermò Mac mentre posava sul piano della cucina bagel e giornale. «Grande come un orso, vero ragazzo?».

    Luke aprì la bocca per obiettare, ma poi capì la battuta del padre. «Non un orso, ma un maiale. Sì, come un grosso maiale».

    «Oh-oh», rise Maggie. Luke era diventato stranamente ossessionato dai maiali, nel corso dell’ultimo anno. Disegnava schiere di maiali, ne aveva una collezione di peluche e conosceva ogni sorta di aneddoto su di loro. Ad esempio, che il maiale più grande del mondo pesava 270 chili. Maggie pregava che fosse solo una fase. Lui le tirò i pantaloncini. «Mamma, possiamo andare a fare il bagno, adesso?»

    «Tra un pochino, tesoro. Aspettiamo che si sveglino le tue sorelle, okay?». Sorseggiò il caffè e scorse i titoli del giornale. «Devo passare da Sal a comprare un po’ di cose, comunque».

    Quando Luke fece per protestare, Mac interruppe il piagnucolio. «Dai, ragazzo, dobbiamo ancora fare colazione. Andiamo a sederci in veranda e mangiamo le ciambelle». Fece l’occhiolino e portò fuori Luke.

    Maggie finì il suo caffè, prese portafoglio e zainetto e si avviò al capanno. Un lucchetto arrugginito pendeva dal catenaccio. Impostò i numeri, conosceva a memoria la combinazione, e aprì la porta in cerca della traballante bicicletta a tre marce che guidava ogni estate. Le ci volle un attimo prima di individuare la Schwinn in fondo. Prestando attenzione, si fece strada tra un carretto, una fila di vasi di coccio e un hula-hoop. Sulla bicicletta era appoggiata una piscinetta di plastica per bambini. Solo l’estate prima, Luke si era divertito a sguazzarci dentro quando le onde dell’oceano si facevano troppo pericolose. «L’avrebbe usata anche quell’anno o era diventato troppo grande?», si chiese. La spostò in modo da appoggiarla al muro, poi tolse le ragnatele dal manubrio della bici. Lentamente la tirò fuori dal capanno, attenta a non far cadere il cestino di vimini, poi gonfiò le ruote con la pompa prima di montare in sella.

    Suo padre usava sempre quella Schwinn quando Maggie era piccola. Al pensiero di Arthur lo stomaco le si contrasse di nuovo. Era possibile che l’ultima volta che lo avevano visto fosse stato a Natale, nella casa di Windsor? Scosse il capo come a schiarire un ricordo fumoso. Ma sì, era così. Non vedeva suo padre da sei mesi. Sapeva che Virgie lo chiamava ogni domenica, ma Maggie, con il tempo, aveva lasciato perdere anche le telefonate. La mettevano a disagio, piccoli scambi imbarazzanti di notizie in cui lei si sforzava di colmare i vuoti raccontando dei bambini. Metteva giù sentendosi sempre irritata e delusa, come se sentisse di dover essere una figlia più interessante e Arthur un nonno più coinvolto.

    E ora, quell’ultima conversazione le aveva messo in moto il cervello.

    Arthur le era sembrato, be’, spento. Non le veniva in mente un modo migliore di descriverlo. Come se non riu-

    scisse a immaginare perché lei lo avesse chiamato o di cosa diavolo stesse parlando quando aveva accennato alla finestra. Forse lo aveva svegliato o stava per farsi una doccia? Qualunque fosse il motivo, era destabilizzante. Si sarebbe sentita meglio, si disse, quando fosse arrivato e avrebbe potuto vederlo di persona.

    Sì, ricadere nella routine estiva sarebbe stato un bene per tutti: i ragazzi a nuotare finché gli occhi non avrebbero iniziato a bruciare per l’acqua salata e gli adulti a bere un cocktail o due in veranda. Forse quell’estate Luke si sarebbe tuffato dal pontile (c’era andato così vicino l’estate scorsa!). E forse le gemelle avrebbero imparato a fare la capriola all’indietro. Nel primo cassetto della cucina, Maggie teneva un blocco a spirale in cui annotava le pietre miliari e le citazioni divertenti dei bambini, aggiornandole ogni luglio. La prima estate in cui le gemelle hanno imparato ad andare in bicicletta senza rotelle!, Lexie ha nuotato oltre la banchina, Luke ha attraversato la cucina camminando da solo!. Si riprometteva sempre di trasferire gli appunti sul computer, ma era piacevole vedere prima la sua scrittura, poi quella delle bambine, il loro stampatello storto che passava a una grafia più precisa e poi a un corsivo arrotondato. Sulla copertina Sophie aveva scritto The Book of Summer, il libro dell’estate.

    Maggie non vedeva l’ora di rivedere le sorelle, magari giocare qualche mano di poker o Gin rummy. Grazie a dio quell’anno Arthur e Gloria sarebbero arrivati in settimane diverse. Dopo la tensione nel luglio passato, quando tutti gli giravano intorno in punta di piedi a causa delle ferite del divorzio ancora fresche, Maggie si era assicurata che i genitori soggiornassero in periodi differenti. Maggie McNeil al vostro servizio!, aveva pensato mentre passava dall’uno all’altro al telefono. Lasciate che prenda nota della vostra prenotazione!

    Seguì le curve morbide della pista ciclabile, con il sole che le scaldava la nuca. Ampie felci la costeggiavano sui lati e di tanto in tanto faceva capolino un caprifoglio o una rosa. Maggie sollevò le braccia in aria come una bambina e gridò: «Ciao, estate!». Non c’era nessuno in giro. Poteva sentirsi di nuovo spensierata come una tredicenne. Aveva coltivato quella sensazione per tutto l’inverno, come una preziosa orchidea. Il pensiero della casa a Cape Cod era l’unica cosa che le rendeva sopportabili gli inverni a Boston, con i carichi di lavatrice da fare e i bambini scatenati. Porta pazienza, si diceva. Prima che te ne renda conto, sarai di nuovo alla casa delle vacanze.

    Il sentiero polveroso divenne asfalto e svoltò oltre l’incantevole ufficio postale (bianco bordato di blu), la biblioteca cittadina, una gelateria, un pugno di negozi caratteristici e, alla fine, il negozio di Sal. Maggie appoggiò la bicicletta a un palo. Come ogni altra cosa in città, anche il negozio non era cambiato, con le sue porte rosso ciliegia e le tegole grigie di cedro.

    Non appena aprì la porta, l’accolsero quattro scaffali di merce, oltre al profumo di basilico e un assortimento di prodotti freschi, compresi mirtilli e fragole grandi come noci. Maggie prese un cestino di vimini, vi infilò due confezioni e un rametto di basilico, poi iniziò a scorrere le corsie per cercare le cose sulla lista. Prese un cartone di uova e uno di latte dal frigorifero, poi andò al banco della gastronomia e del pesce. C’era un po’ di fila, così si mise dietro a una donna con un prendisole rosa pallido e un cappello di paglia morbido. Probabilmente una residente fissa, pensò malinconicamente. Quando arrivò il suo turno, si fece avanti e sorrise a Sal, che strofinava con accuratezza il bancone. Un cappello bianco da gastronomia era posato sui riccioli color sabbia e il grembiule da macellaio rifletteva il lavoro mattutino. Quando alzò gli occhi e la vide, lo sguardo gli si illuminò.

    «Maggie, cara! Bentornata! Mi stavo proprio chiedendo se sareste arrivati questa settimana».

    Lei portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Adorava il modo in cui Sal non mancava mai di farla sentire una bella adolescente. «Grazie, Sal. È bello essere tornati. Sai che non potremmo mai perderci il mese di luglio, qui».

    «So che è estate quando tornano le ragazze Herington. C’è tutta la banda con te?»

    «Indovinato». Maggie adocchiò la merce del giorno sulla lavagna alle sue spalle: SPIGOLA, PESCE AZZURRO, SPARIDI, TONNO, HALIBUT, EGLEFINO, MERLUZZO.

    «Bene, devi portarmi al negozio quelle due splendide ragazze. E Luke! Quanto ha, adesso?»

    «Ha appena compiuto cinque anni», confermò Maggie. «Inizia l’asilo a settembre».

    «Wow». Lo sguardo di Sal si addolcì. «Crescono in fretta, eh?». Maggie annuì. «Vengono anche le tue sorelle?». Maggie fece un sorrisetto. Sapeva che Sal aveva un debole per Virgie.

    «Sì, Jess dovrebbe arrivare oggi con la famiglia. Virgie arriva domani».

    Sal era leggermente arrossito o era solo una sua impressione? L’uomo si schiarì la voce. «Fantastico. Allora, cosa ti do, oggi?»

    «Com’è la spigola?»

    «Squisita, come sempre». Allungò la mano per metterne alcuni filetti sulla bilancia. «Quanti te ne do?».

    Maggie fece velocemente il conto per la sua famiglia e quella di Jess. «Una dozzina abbondante. E mezzo chilo di prosciutto e di tacchino, grazie».

    «Ecco qua». Strappò un foglio di carta cerata e vi posò i filetti, poi tagliò gli affettati e li impacchettò. «Buon appetito». Le passò il pacchetto. «E saluta tutti da parte mia».

    «Grazie, Sal, lo farò». Si avviò alla cassa facendo un rapido controllo del contenuto del cestino per essere certa che non ci fosse niente di troppo pesante da portare in bici, e pagò. Stava riempiendo il cestino con la spesa quando una voce familiare la chiamò. «Maggie, sei tu?».

    Maggie si voltò e sorrise. «Gretchen! Come stai? Quasi non ti riconoscevo».

    Gretchen trascorreva le vacanze a Cape Cod da tanto tempo quanto Maggie e le sorelle. Lei e il marito avevano due figli e, a volte, si incontravano per andare insieme in spiaggia o mangiare all’aperto. Maggie notò che l’amica si era fatta bionda.

    Gretchen si passò la mano tra i capelli, un po’ a disagio. «Lo so, un piccolo shock, vero? Ma mi serviva qualcosa per affrontare la mezza età». Maggie rise mentre si avvicinava per stringerla in un abbraccio. «Stai benissimo. Come stanno i ragazzi?»

    «Bene», disse Gretchen. «Bene, davvero. Anche se a volte vorrei strangolarli, ovviamente. Jasper ha otto anni ma è come se ne avesse quattro e Anna ne ha quindici ma sembra una ventenne».

    Maggie saltò sulla bici. «Capisco cosa intendi. Lexie e Sophie sono nella divertente fase pre-adolescenziale». Gretchen tirò un sospiro di solidarietà. «Ci dobbiamo vedere. Quanto tempo resti?»

    «Tre settimane», rispose Gretchen. «Rientriamo per il campeggio dei ragazzi, ad agosto».

    «Chiamami sul cellulare», le disse Maggie. «Non abbiamo più la linea fissa a casa».

    «Cosa?», esclamò Gretchen, fingendosi sorpresa. «Vi siete finalmente liberati di quel telefono a disco vintage?». Maggie sogghignò. La casa delle vacanze di Gretchen era totalmente diversa dalla sua. Una casa coloniale con cinque camere e tre bagni, era la residenza ristrutturata di un capitano di Marina che avevano acquistato quando il mercato era in ribasso. Non era certo un accampamento come la loro, ma Maggie sapeva che all’amica piaceva così. Se non avesse trovato il lusso anche lungo la costa, Gretchen non si sarebbe mai degnata di andare a Cape Cod.

    I passerotti cinguettavano sulle vecchie querce e sui pini disseminati per la piazza cittadina. Maggie inspirava mentre pedalava, un misto di sale e pino le pungeva il naso, dandole un curioso senso di libertà. Solo poche estati prima continuava a chiedersi se si sarebbe mai liberata di ciucci e pannolini, e poi c’era stato l’allenamento con il vasino di Luke. E quell’ingombrante seggiolino auto! La faceva diventare matta, Luke che si dimenava perché la cintura gli stringeva il petto. Poi, un giorno, guardando dallo specchietto retrovisore, aveva visto i tre bambini legati ai loro sedili, con la cintura che attraversava in diagonale la spalla di Luke e lui che non si lamentava più. Un piccolo miracolo! Ce n’erano tantissime di svolte storiche come quella, pensò Maggie. Accadevano da un giorno all’altro, dopo averle aspettate per anni.

    Si fermò a casa e parcheggiò la bicicletta. Quando si diresse all’interno, c’era silenzio, le bambine dormivano ancora. Posò la spesa sul piano della cucina e uscì in veranda, riparandosi gli occhi dal sole con una mano. Eccoli. A cinquecento metri dalla spiaggia, riuscì a distinguere le sagome di Mac e Luke. Uscì dal cancello e scese i gradini della passerella, l’erba le solleticava le caviglie mentre si sfilava le infradito. Sulla battigia l’acqua gelida le lambì le dita dei piedi, ma sapeva per esperienza che sarebbe diventata più calda durante il giorno. Stava per chiamarli, quando qualcosa la bloccò.

    All’orizzonte, fiocchi di nuvole bianche vagavano in un cielo di un perfetto colore azzurro carta da zucchero. Il sole raggiante danzava sull’acqua. Sopra di lei, i gabbiani salivano e scendevano, chiamandosi l’un l’altro. Maggie inspirò l’aria salmastra e infilò i piedi più

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