Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Scommettiamo che è amore?
Scommettiamo che è amore?
Scommettiamo che è amore?
E-book400 pagine5 ore

Scommettiamo che è amore?

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Dall'autrice del bestseller Un giorno da favola

Alexandra Miller, Ale per gli amici, è la fondatrice della Cupido Agency di New York. Giovane donna elegante, raffinata, sorridente, ama prendersi cura di tutti. Crede nell’amore, quello con la A maiuscola, e la sua missione è far incontrare le anime gemelle. La sua vita sentimentale, però, è a un punto fermo, e non sarà facile rimetterla in moto. Nemmeno quando l’improvviso malore di nonna Eloise la costringe a partire per Parigi, dove dovrà fare i conti col suo doloroso passato e con un futuro che non si prospetta roseo. Ma si sa, non ci si può opporre al destino, soprattutto se si presenta sotto le spoglie di un muscoloso brontolone di quasi due metri, affascinante, disordinato, diffidente e solitario. Riuscirà a resistergli, la nostra Miss Cupido? E lo scorbutico Jean-Luc, sostenuto dalla sua eclettica famiglia e dagli amici più stretti di Ale, toglierà i lucchetti dal suo cuore blindato, una volta scoperto che, al di là delle apparenze, il lato migliore della vulcanica Ale è la sua tenera fragilità?

«Cinque stelle alla trama, ai dialoghi ironici e divertenti, allo stile, ma soprattutto al protagonista.»
Fabiola D'Amico
è cresciuta ad Aspra, in provincia di Palermo, e vive a Bagheria. Il lavoro occupa gran parte del suo tempo ma appena può s’immerge nella lettura o nella scrittura. Con la Newton Compton ha pubblicato Un giorno da favola, Un matrimonio da favola, Amore per tre, Io lo chiamo amore e Scommettiamo che è amore?
LinguaItaliano
Data di uscita4 mag 2018
ISBN9788822722140
Scommettiamo che è amore?

Correlato a Scommettiamo che è amore?

Titoli di questa serie (100)

Visualizza altri

Ebook correlati

Narrativa romantica contemporanea per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Scommettiamo che è amore?

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Scommettiamo che è amore? - Fabiola D'Amico

    Capitolo 1

    Tanto tempo fa c’erano un re e una regina e ogni giorno dicevano: «Ah se avessimo un bimbo», ma bambini non ne arrivavano.

    jacob e wilhelm grimm, Rosaspina

    Parigi

    «Signori e signore, stiamo sorvolando il cielo di Parigi. Prendete posto e allacciate le cinture di sicurezza. Atterreremo in perfetto orario», annunciò la voce dello steward.

    Finalmente!, esclamò tra sé e sé. Erano passate circa diciotto ore da quando era arrivata la telefonata di nonno Bernard e le erano sembrate interminabili. Le ultime notizie di Eloise le aveva avute prima del decollo e non erano state rassicuranti. Sebbene si fosse risvegliata lamentava forti dolori addominali. A quel punto, i risultati dell’ecografia e della Tac dovevano già essere arrivati.

    Nonostante la stanchezza fisica e mentale, non era riuscita a dormire. Troppi pensieri, troppe responsabilità. Prima di salire sul volo, era stata colta dal panico. Però Andrea, che non l’aveva più lasciata dopo l’arrivo della telefonata, l’aveva rassicurata e per lei era stato fin troppo facile affidarsi a lui. Ora si chiedeva com’era stato possibile. Era sempre restia ad accettare l’aiuto di altre persone, figurarsi quello di un estraneo. A ogni modo gli aveva affidato una sfilza di numeri da chiamare per disdire degli appuntamenti. Nei giorni seguenti aveva in programma un tour per presentare il suo manuale dall’altisonante titolo Come tenere al guinzaglio l’altra metà di te. In questo libro aveva raccolto molti aneddoti delle storie dei clienti della Cupido Agency e il successo era arrivato insperato: era stato tradotto persino in portoghese.

    Durante il volo aveva pensato ad Andrea. Chi era? E soprattutto, cosa voleva da lei? Era il caso di avvisare Ethan il segugio? Ethan Feldman, il marito di Patty, aveva le mani in pasta un po’ ovunque, e chiunque si avvicinasse a una persona a lui cara finiva nel Registro degli indagati. Per l’agenzia investigativa cui si affidava doveva essere il miglior cliente. Era certa di essere stata anche lei nel mirino. La cosa non la disturbava. Apprezzava poche cose di Ethan, e questa era una di quelle.

    Non appena le fu possibile accendere il cellulare, provò a chiamare suo nonno Bernard ma il telefono era irraggiungibile. Decisa a sapere qualcosa, provò a casa.

    Le rispose la voce di Xavier, il maggiordomo. «Ben arrivata a Parigi, mademoiselle», le disse con tono enfatico. L’etichetta imposta da Eloise prevedeva di rivolgersi al personale mantenendo la giusta distanza, ma lei era americana e di certe regole se ne infischiava. «Che notizie hai di mia nonna?»

    «Monsieur De Gaulle non ci ha fatto sapere nulla, Mademoiselle».

    Nel suo cervello esplose una sfilza di imprecazioni poco signorili, di quelle che a voce alta le erano vietate per via dell’educazione ricevuta.

    Non le restava che andare in ospedale di persona. Riattaccò, salutando velocemente, e si avviò al ritiro bagagli, dove ad attenderla avrebbe trovato Patty e Simone, e questa consapevolezza le era di grande conforto. Erano le sue più care amiche, le sole a cui avesse mostrato le proprie debolezze. Per tutti lei era Ale Miller, l’inguaribile romantica, che credeva nell’amore eterno e che manipolava gli eventi per raggiungere i più nobili scopi. Era bellezza pura o sensualità sfacciata, se occorreva, un camaleonte che sapeva adattarsi a ogni ambiente senza perdere il proprio fascino. Lei non cadeva mai. E indossava sempre un sorriso splendente.

    In attesa della valigia, andò nel bagno delle signore e si rinfrescò il viso, ringraziando la brillante idea di aver fatto un trattamento di trucco semipermanente. Lisciò l’abito di pizzo rosa, un elegante modello che aveva acquistato in una nota boutique dell’Upper West Side, e aggiustò in fretta il fiocco che le sottolineava la vita. Un bell’abito e un aspetto curato erano un bel punto di partenza per ottenere successi, non era questo che le aveva ripetuto la nonna quando era una ragazzina goffa e insicura? Negli ultimi anni aveva rinunciato al lusso sfrenato, avendo investito tutti i suoi soldi nella Cupido Agency, ma non aveva abbandonato il piacere di un bel vestito. New York aveva dei posti nascosti in cui era possibile acquistare a prezzi ragionevoli abiti delle stagioni passate. Ultimamente, però, con l’aumento del giro d’affari e il successo del suo manuale, non aveva più problemi economici e poteva permettersi di acquistare abiti secondo i suoi gusti.

    Afferrò l’elegante borsa in tinta e tornò al punto di ritiro. I suoi tacchi alti ticchettavano sul pavimento lucido dell’aeroporto, attirando non poca attenzione.

    Un uomo in giacca e cravatta provò a fare conversazione, ma lei si spostò, cercando di mimetizzarsi in mezzo a una famiglia numerosa. Non era dell’umore adatto per flirtare.

    Riconobbe la sua valigia rosa shocking impreziosita da Swarovski brillanti e si sporse per prenderla. Aveva con sé quell’unico bagaglio perché il precipitare degli eventi l’aveva destabilizzata mandando all’aria le sue regole d’oro per una partenza coi fiocchi: mai viaggiare con meno di tre valigie, di cui una solo per le scarpe.

    Prima che riuscisse ad agguantarla, la mano di un uomo la precedette e la sollevò dal nastro trasportatore.

    Mormorò un debole grazie e strinse l’impugnatura.

    «Una bella donna come lei non deve fare sforzi inutili».

    Gli sorrise senza guardarlo. La sua vita era piena di gesti come quelli e non la infastidivano. Al contrario di Patty, molto indipendente e femminista, apprezzava la galanteria.

    Non vedeva l’ora di ritrovarsi insieme alle sue care amiche. Aveva proprio bisogno del loro affetto.

    Patty, la sorella del marito di Simone, donna dal carattere forte, anticonformista e dotata di un appetito eccezionale, destava la sua più grande invidia: poteva mangiare di tutto senza ingrassare.

    Simone, invece, era una ragazza dolce e introversa, sulla quale si poteva contare al cento per cento.

    Erano convolate a nozze nello stesso giorno, esattamente una settimana prima, ma non si trovavano a Parigi per la luna di miele. Ethan, il marito di Patty, aveva deciso di buttarsi nel mondo del cinema per ragazzi e stava producendo un telefilm in co-produzione con un famoso regista francese. Al progetto avevano preso parte anche Klain, il marito di Simone, autore di canzoni sempre in cima alle classifiche, e le rispettive mogli.

    Superata la dogana, vide subito Patty che si sbracciava in modo animato per attirare la sua attenzione. Era bella come un campo fiorito in aperta campagna: colorato, selvaggio e libero.

    Dietro di lei c’era Simone. La sua era una bellezza più quieta, meno appariscente e non le piaceva mettersi in mostra.

    Lei non era tipo da piangere, non faceva molto glamour e non si confaceva all’immagine di donna perfetta che si era creata, ma in quel momento, in cui le amiche le mostravano tutta la loro preoccupazione per lei, era pronta a fregarsene delle apparenze.

    Si fiondò tra quelle quattro braccia aperte come se fossero l’unica ancora di salvezza in un mare tempestoso.

    Quanto tempo rimasero abbracciate? Non ne aveva idea.

    «Va tutto bene, Ale. Tua nonna è fuori pericolo», disse Patty.

    La sua sorpresa fu così palese che Simone si affrettò a intervenire.

    «Dopo la tua telefonata, Ethan e Klain sono andati in ospedale a far compagnia a tuo nonno».

    Un groppo alla gola le impedì di rispondere, così strinse forte le mani delle amiche in segno di ringraziamento.

    Patty proseguì nel suo racconto.

    «Hanno dovuto operarla d’urgenza. Rischiava la morte per peritonite».

    Appendicite a settant’anni?, si domandò sconvolta.

    «Da quel che ha detto il medico, ne soffrono molti anziani, ma la diagnosi è piuttosto difficile e se non diagnosticata in tempo c’è il rischio di morte», continuò Simone.

    «Oddio, non so immaginare mia nonna che mangia patatine fritte», replicò sempre più scioccata.

    Tutta l’adrenalina da ansia che le aveva impedito di dormire o rilassarsi durante il volo precipitò in fondo alle scarpe e una strana debolezza la sopraffece.

    Si sedette prima di precipitare a terra.

    Patty scoppiò a ridere. Ah bene, almeno qualcuna si divertiva, pensò Ale.

    «È quello che mi sono detta anch’io, ma il medico ci ha spiegato che in soggetti anziani, l’appendicite non è causata dal cibo. Tranquilla, tua nonna non ha perso il suo aplomb di perfetta Lady».

    Fu un sollievo sentirlo dire. Immaginarsi nonna Eloise trasformata in una paninara da fast food era un colpo troppo duro da sopportare.

    Durante il tragitto verso l’ospedale, le amiche la aggiornarono sulle ultime ore. Dopo aver accertato la causa del malessere, i medici avevano agito tempestivamente operandola d’urgenza. Il nonno aveva atteso fuori dalla sala operatoria insieme a Ethan e Klain. Patty e Simone, invece, erano rimaste a casa con i rispettivi figli, che in quel momento erano sotto la custodia di una tata improvvisata. Un tato, per l’esattezza. Il regista di Ethan, Monsieur Le Blanc, sembrava adorare Danielle e JJ. Be’, la cosa non la stupiva: la piccola era una bambina deliziosa, quanto a JJ, anche se era una peste di due anni e non faceva che combinare pasticci, era impossibile non volergli bene.

    «Alloggerai da tua nonna? Quanto pensi di trattenerti?», domandò Patty.

    Se lo chiese anche lei. Ora che sapeva che la nonna era fuori pericolo, sarebbe potuta partire anche subito; eppure di tornare a casa, improvvisamente, non ne aveva più tanta voglia.

    Dai… rilassati un po’. A parte il Natale a Miami, non ti concedi una pausa da mesi, le ricordò la sua coscienza.

    Ma poteva lasciare la Cupido Agency?

    Non è quello che hai appena fatto?.

    Partire per necessità non era la stessa cosa che rimanere per divertimento.

    Non girarci intorno. Tu hai paura di restare.

    Che sfiga avere una coscienza così coscienziosa.

    «Non so, devo valutare un paio di cose», disse infine a voce alta.

    «Se ti preoccupa la Cupido Agency, puoi sempre collegarti con le ragazze tramite Skype».

    Anche questo era vero. E a proposito della sua agenzia, raccontò loro di Andrea.

    «Sembra un tipo affascinante», commentò Patty.

    «Sei sicura che fosse lì per cercare lavoro?», chiese ansiosa Simone.

    Bella domanda, ma per il momento non avrebbe saputo rispondere.

    All’arrivo in ospedale, Ale sentì una stretta allo stomaco. Già il semplice odore di antisettico le dava la nausea. Quanti ricordi tristi la sommersero…

    Sorridere era davvero uno sforzo immane e non lasciarsi sopraffare dalle emozioni era difficile. Quando si rifugiò tra le braccia muscolose di Klain, il marito di Simone, fu sul punto di cedere. Certi abbracci sembrano invogliare al pianto.

    Allungò una mano verso Ethan e lo ringraziò con una stretta. I loro rapporti erano conflittuali: in un certo senso si rispettavano, eppure erano in perenne competizione e a volte si ritrovavano a discutere per nulla. Ma entrambi sapevano di poter contare l’uno sull’altra al momento del bisogno.

    «Tuo nonno sta parlando con il chirurgo», disse Ethan.

    «Non so come ringraziarvi per esservi presi cura di lui».

    «La famiglia serve a questo», esclamò Klain, «non devi dire grazie».

    Da quando conosceva i Mc Owen aveva compreso che per essere famiglia non bisogna avere lo stesso cognome o lo stesso sangue, basta l’amicizia.

    Non ebbe tempo per ringraziare, perché intravide suo nonno in fondo al corridoio.

    Com’era invecchiato. Le rughe intorno agli occhi rivelavano tutti i suoi anni. Ebbe la tentazione di corrergli incontro, come quando era una bambina, ma ricordò che era sempre stata rimproverata per quegli eccessi.

    S’incamminò verso di lui e sollevandosi sulle punte lo baciò su una guancia.

    Il nonno le strinse appena le spalle, poi la allontanò.

    «Grazie per essere qui, significa molto per me».

    Bastò solo quella frase per farla sentire in colpa. Negli ultimi anni si era sempre rifiutata di andarli a trovare. Troppe cose del loro modo di vivere la disturbavano.

    «E io sono felice di esserci. Come sta nonna?», domandò aggiustandogli il papillon. Non ricordava di averlo mai visto senza. Da bambina si era spesso chiesta se ne indossasse uno anche quando dormiva. Sorrise a quel buffo pensiero.

    «Si è appena risvegliata. L’intervento è andato bene».

    Ale ringraziò Dio per la bella notizia.

    Nonno Bernard e Eloise si erano sposati quasi cinquant’anni prima e avevano avuto solo una figlia.

    «Posso salutarla?».

    Il nonno la prese a braccetto e le fece strada nel corridoio asettico. Le raccontò le ultime ore in tono sofferente.

    «Oh, nonno… Deve essere stato terribile».

    Poverino, aveva affrontato quel calvario da solo. Questo, però, non la meravigliava. I suoi nonni erano ben visti nella città, ma i rapporti che intrattenevano con gli altri si limitavano a cene formali e incontri di gala. Non avevano dei veri amici e i parenti più prossimi, un fratello del nonno e famiglia, vivevano a Monaco.

    La stanza era una comune camera di ospedale. A causa dell’evolversi rapido della malattia e del successivo svenimento, il nonno aveva chiamato il pronto intervento, dimenticando i propri soldi e le conoscenze influenti. Bernard, brillante avvocato, si era occupato di politica nazionale negli ultimi trent’anni e aveva contatti con molta gente di potere.

    Ma non era a quello che stava pensando Ale quando vide la nonna distesa sul letto. Le sembrò così fragile, con i capelli aggiustati alla buona, il camice dell’ospedale, i tubicini infilati nel braccio.

    Lasciandosi travolgere dalle emozioni corse verso di lei, ma la voce di Eloise la bloccò prima che arrivasse ai piedi del letto.

    «Alexandra! Dovevo avere un piede nella fossa perché mi degnassi della tua presenza?».

    Gira sui tacchi, sta bene!.

    Ale si fermò e ritrovò il contegno che Eloise le aveva insegnato tanti anni prima. Le si accostò a passi brevi e decisi. Appoggiò la guancia a quella della nonna.

    Davanti a questa signora dal carattere marziale, che aveva attraversato l’oceano per salvarla da se stessa quando aveva quindici anni, diventava una donna senza spina dorsale.

    Non farlo. Sei grande e puoi tenerle testa. Quieta questo cuore che sta per esplodere e affrontala, disse la parte coraggiosa di lei.

    Più facile a dirsi che a farsi.

    «Nonna, che spavento ci hai fatto prendere».

    «Mai come quello che ho preso io. Non sono ancora pronta a lasciare questo mondo. Se non ti vedrò sposata, rimarrò qua fino all’eternità».

    È proprio vero il vecchio detto: chi nasce tondo non può morir quadrato. Neanche in punto di morte si addolcisce.

    Ale finse di non udire e le sistemò il cuscino sotto la testa.

    «Bernard», disse Eloise al marito con un tono che non ammetteva repliche, «non voglio restare qui un minuto di più. Voglio tornare a casa oggi stesso».

    Neanche questo la meravigliò, e le fece ricordare le liti tra il padre e la nonna, quando aveva saputo che la sua unica figlia era ricoverata in un comune ospedale americano. Ma in quella occasione sua madre, sebbene sofferente, aveva messo ko Eloise con una sola occhiata. Ah… se solo avessi metà del suo fegato, pensò mesta.

    «Sei stata appena operata nonna, non puoi andare via. Sii ragionevole».

    «A casa riceverò tutte le cure necessarie. Prenderemo un’infermiera qualificata e il medico verrà a visitarmi due volte al giorno. Bernard, vai a parlare con il dottore».

    Ale guardò il nonno e provò pena per lui.

    «Per le due, le tue dimissioni saranno pronte. Ora riposa e stai tranquilla», le rispose pacato.

    La nonna a quelle parole si calmò.

    «Non che abbia altro da fare. Alexandra, noi parleremo a casa. Spero vivamente che la tua partenza non sia imminente».

    «No, nonna, rimarrò un paio di settimane», rispose docilmente.

    «Questo lo vedremo», replicò Eloise sicura di sé.

    Ale non vedeva nulla di buono in tutto ciò.

    Capitolo 2

    C’erano una volta un uomo e una donna che già da tempo desideravano un bambino, finalmente la donna ebbe la speranza che il buon Dio avrebbe esaudito il suo desiderio.

    jacob e wilhelm grimm, Raperonzolo

    Era trascorsa una settimana dal suo arrivo a Parigi ed era stata sul punto di perdere la ragione un’infinità di volte. Come aveva previsto, convivere con i nonni era sfibrante e nemmeno un santo avrebbe avuto la pazienza di sopportare le chiacchiere inutili su come sistemare il cuscino, i fiori sul tavolo, come servire un uovo alla coque, rispettare l’orario della cena, e per finire vedere un’infermiera diversa ogni giorno soltanto perché Eloise non era mai soddisfatta di niente e di nessuno. Che donna piena di sé!

    In tutto ciò, a lei era toccato occuparsi della vasta agenda piena di impegni mondani, sostituendo la nonna agli innumerevoli eventi di beneficenza di cui era madrina. Morale, aveva trascorso tutti i giorni in circoli raffinati, tra gente arrogante e con la puzza sotto il naso.

    Non ne poteva più, se doveva rimanere a Parigi, e nulla glielo impediva giacché alla Cupido Agency tutto proseguiva a gonfie vele e la sua presenza non era necessaria, meglio prendere le distanze dai nonni e mischiarsi a gente normale. Eloise ormai poteva alzarsi dal letto da sola, non aveva più bisogno che qualcuno leggesse per lei o rispondesse alle mail al posto suo. Poteva riprendere tutte le sue attività e lasciarla in pace. Finalmente, Ale avrebbe potuto dedicarsi ai suoi amici e visitare il set cinematografico di cui aveva tanto sentito parlare.

    Indossò il suo bel vestito nero firmato Chanel, le sue Louboutin dal tacco ondulato, afferrò un cappello giallo dalla tesa larga così da sembrare al massimo della forma, e sicura di ottenere l’approvazione di nonna e del mondo, andò in soggiorno per la colazione.

    Come aveva supposto, Eloise aveva lasciato il letto e sedeva sul suo scranno reale.

    «Che bello, nonna, vederti tornare alla vita normale», disse chinandosi a darle un bacio sulla guancia.

    «Se non fosse stato per quella scellerata di infermiera, lo avrei fatto già da giorni».

    A quale si riferisce, la prima, la seconda o la terza?, si domandò.

    La cameriera le mise davanti una tazza con il suo muesli e il latte.

    «Sono poco più di ottanta grammi, va bene lo stesso?», chiese la ragazza.

    Ale le sorrise. «Va benissimo, non preoccuparti».

    «Io mi preoccuperei, invece. Sei ingrassata dall’ultima volta che ci siamo viste in occasione del nostro viaggio a New York, e nel tuo stato non sai come reagisce il corpo alle calorie. Non vorrai tornare a essere la ragazzina obesa che i compagni prendevano in giro, vero?», intervenne polemica la nonna.

    Ale guardò la sua colazione. Era da mesi che la consumava e, a parte alcuni chili presi all’inizio quando aveva abbandonato la dieta, non era certo sul punto di diventare obesa.

    E se avesse ragione? È risaputo che in crisi ormonale il corpo impazzisce; non voglio diventare di nuovo grassa.

    Cavolo. Doveva darle retta? No. Ignorò la nonna e il piagnisteo mentale, e masticò un cucchiaio di mirtilli, mais e nocciole. Buono.

    «Vorrei che fossi più responsabile, Alexandra, non ho più l’età per aiutarti come feci anni fa», continuò la nonna.

    Il ricordo dei duri mesi che aveva affrontato al suo arrivo a Parigi le tolse l’appetito. Tutto a un tratto, il muesli perse sapore.

    Eloise proseguì: «Vorrei che tu ricordassi che l’aspetto fisico è il biglietto da visita di ogni donna. Se tu non fossi come sei, non sarei così severa, lo sai bene».

    Sebbene Ale tenesse le spalle dritte, dentro di sé sentiva precipitare l’autostima. Già, lei era menomata. Diversa.

    La sua mente esplose in una serie di epiteti offensivi, ma stavolta non servì a farla sentire meglio. Allontanò la tazza. Che voglia di scappare.

    «Inoltre, ho notato che hai indossato solo due paia di scarpe da quando sei a Parigi. Se non avessi sprecato l’eredità di tua madre in quella stupida agenzia di cuori infranti, non saresti costretta a vivere di stenti».

    Questo proprio non poteva accettarlo. Raddrizzò le spalle e rispose con orgoglio: «Non è stupida e mi rende felice. E non sono povera».

    Ecco brava, cantagliene quattro, non può averla sempre vinta.

    «Una donna come te dovrebbe fare altro nella vita che giocare a fare Cupido. Solo gli sciocchi possono ancora pensare che l’amore esista. Con la tua intelligenza puoi circondarti di gente importante», disse con durezza la nonna.

    «L’amore non è una favola da raccontare ai bambini, è reale».

    «Oh, per favore. Stiamo parlando io e te, non devi convincere un cliente. I primi anni di una relazione sono tutti rose e fiori, poi la routine prende il sopravvento e quasi non ci si guarda più. Niente più passione, niente più complicità. Solo un fievole affetto. È questa la dura verità. Guardati intorno, Alexandra quanto amore c’è? La gente sta insieme per consuetudine, per opportunismo, e il più delle volte conduce una doppia vita», dichiarò con cinismo la nonna.

    Il discorso della nonna era spietato e crudo. Oh certo, lo sapeva fin troppo bene che esistevano tradimenti e divorzi, ma era altrettanto sicura che c’erano coppie seriamente innamorate, capaci di far durare in eterno una relazione. Ci credeva davvero. Inutile sprecare fiato con chi ragionava con i paraocchi. Si alzò con l’intenzione di scappare al più presto.

    «Non so quando rientro, oggi esco con le mie amiche».

    «Siediti Alexandra, non abbiamo ancora finito. Quanto alle tue amiche, volevo parlarti anche di loro. Sono così… così… americane».

    Forse perché lo sono? Non farti trattare così, Ale, muovi il culo dalla sedia e svigniamocela, la incitò la sua coscienza.

    Avrebbe voluto farlo, ma ritornò a sedersi. Si sentiva in debito con la nonna, per questo non riusciva mai a dirle ciò che sentiva. Era stata lei a darle una nuova opportunità di vita, a renderla la donna che era. Per non parlare del sostegno economico.

    «Anche io sono americana».

    «Fatto alquanto discutibile, mia cara, essendo tua madre francese. In ogni caso, trovo che quelle due ragazze siano esagerate. Una è un maschiaccio e ha un seno spropositato; l’altra è una bohémien, come il marito che scrive canzoni d’amore».

    «Sono le stesse persone che, pur non conoscendoti e solo per amore mio, sono state accanto al nonno durante la tua operazione. Sono mie amiche e non ti permetterò di parlarne male», ebbe il coraggio di dire.

    La nonna mosse la mano in aria.

    È capace di far venire fuori il mio istinto omicida. Che qualcuno mi procuri un coltello!.

    «L’amore, come l’amicizia, lascia il tempo che trova. La gente ci sta intorno per qualche motivo. Ricorda quanti amici avevi quando eri grassa, miope e con i brufoli in faccia. Sei una donna di classe che si muove in certi ambienti, chiunque sarebbe felice di esserti amico… ma lasciati andare e rimarrai sola».

    Ale chinò la testa, nuovamente oppressa dal ricordo di uno dei periodi più brutti della sua vita.

    Non darle retta, Ale. Hai dimostrato di essere più di un bel viso e un bel corpo. Sei degna di stima per ciò che fai per gli altri. E Patty e Simone ti vogliono bene per quel che sei e non per come appari. Non buttare in aria il lavoro del dottor Chase, si disse.

    «A ogni modo, avrai tempo per dimenticarti di loro, della Cupido Agency e dell’America. Il motivo per cui in questi ultimi mesi ti invitavo a raggiungermi è questo: Léon Battiste, un nostro caro amico, ha bisogno di una moglie. E chi meglio di te potrebbe ricoprire questo ruolo? Ha divorziato l’anno scorso e ha due bambini ancora piccoli».

    Questo è troppo.

    «Credo che tu abbia confuso secolo, in questo che stiamo vivendo non si combinano matrimoni».

    «Nel mio ambiente, certe usanze non vanno fuori moda. Non dire subito di no».

    Va a quel paese Eloise, esplose la coscienza. Avrebbe voluto avere lo stesso coraggio e gridare in faccia alla nonna il suo disgusto.

    «E cosa ci guadagnerebbe lui?»

    «Tuo nonno gli offrirebbe il suo appoggio alle elezioni nazionali. Vuole diventare presidente della Francia».

    È inaudito. Cosa sei? Un oggetto in vendita? Santo cielo, Ale Miller, dì qualcosa!.

    Cosa avrebbe potuto dire? La nonna aveva a cuore il suo interesse. Non voleva offenderla e se avesse parlato…

    «Devo andare».

    Codarda!.

    Afferrò il cappello e a passo lento uscì dalla stanza, ma sulla porta, la voce di Eloise tornò a fermarla.

    «Ricorda che è la tua unica occasione per essere madre».

    Dentro di sé, fece un gestaccio con il dito al suo indirizzo.

    I nonni abitavano in un elegante e antico palazzo nei pressi degli Champs-Élysées. Dalla finestra della sua camera, le era possibile guardare l’Arco di Trionfo in tutta la sua magnificenza. Da ragazzina, era solita osservarlo fino a notte fonda. La fiaccola che si prodigavano di non spegnere mai alimentava il suo coraggio e ogni piccola vittoria che otteneva con grandi sacrifici era un successo che la riempiva di orgoglio. Ogni grammo perso, ogni intervento subito agli occhi per eliminare la miopia, ogni trattamento di bellezza per far sparire brufoli e difetti erano una vittoria da festeggiare perché la portavano lontano dalla perfidia dei suoi coetanei, verso un futuro pieno di gloria. Solo che con il tempo non aveva saputo fermarsi e il digiuno era diventato il suo amico numero uno.

    Era passata da un eccesso a un altro. Le era stato spiegato che il suo metabolismo era lento e che ogni grammo mangiato diventava pericoloso. Non le era stato concesso nulla: niente eccessi, niente strappi alla regola. Tutta colpa della pubertà, le avevano detto.

    Quel giorno, però, quando uscì dal grande portone non guardò verso l’arco. Tutte quelle vittorie improvvisamente avevano perso importanza. Aveva vinto le battaglie, ma non la guerra. C’era ancora qualcuno che la faceva sentire inadeguata. Inutile. Tanto da propinarle un matrimonio di convenienza.

    Non si è donne solo se si hanno dei figli, le ricordò la ragione.

    Il dottor Chase si era adoperato per mesi per farla sentire sicura di sé, e sua nonna nel giro di pochi minuti aveva rovinato tutto.

    Avresti dovuto seguire il consiglio del dottore e proseguire la terapia, invece di interromperla non appena ti sei sentita forte. Come vedi, sei ancora fragile.

    La vetrina di un negozio l’attrasse ma non per guardare gli abiti bensì la sua figura riflessa. Notò che il seno era più pieno di quanto fosse mai stato, così come il sedere. Quanto tempo ci sarebbe voluto perché i chili di troppo comparissero anche sulle altre parti del corpo?

    Desiderò trovarsi a casa, a occuparsi delle sue anime perse, dove non aveva tempo di pensare a sé.

    Sua nonna aveva preso un abbaglio sul legame che la univa a Patty e Simone. Era lei che le usava per scopi personali. Senza di loro, e senza le tante altre persone che aveva preso sotto la sua ala protettiva, sarebbe precipitata in un baratro.

    Il set del telefilm musicale si trovava in un comune vicino Parigi, a ridosso di Disneyland. Torcy era un piccolo centro abitato, dove grandi capannoni industriali delimitavano le strade della periferia. In uno dei tanti capannoni era stato allestito il set cinematografico; al momento, la troupe era occupata alla realizzazione degli ambienti, dove dei tecnici sotto l’occhio vigile di Patty dovevano ricreare una scuola di musica. Nel frattempo, Klain stava istruendo i ragazzi della band. Le canzoni erano molto orecchiabili e facili da cantare, Ale ne aveva già ascoltate un paio. Avere come amico l’autore dei testi aveva dei risvolti positivi.

    Quando entrò dentro il capannone, quasi non credeva ai suoi occhi.

    Incredibile, sembra tutto vero.

    In effetti, in un’area delimitata da un cordone, c’era la scuola con tanto di classi, studio di registrazione, laboratori, strumenti, banchi e quanto occorreva per rendere credibile quel posto.

    Dall’altra parte, era stata allestita una zona notte, con camere da letto, bagni, mensa scolastica, biblioteca.

    Alcune aree erano ancora in costruzione e gli operai facevano la spola tra dentro e fuori, trascinandosi sulle robuste spalle travi o pezzi di arredamento.

    Fu tra di loro che intravide Patty e qualche metro più indietro Ethan. Quest’ultimo era in piedi e parlava con qualcuno, ma il suo sguardo non mollava la moglie. Era geloso e molto possessivo. Per lei avrebbe fatto di tutto. Una volta aveva detto che la sua gelosia nasceva dal fatto che, essendo stato un uomo dai forti appetiti sessuali, sapeva cosa pensavano i maschi quando guardavano Patty.

    Cosa si provava ad amare ed essere amati così tanto?

    Contrariamente a quanto sostenuto dalla nonna, l’amore esisteva. I suoi genitori si erano amati intensamente e suo padre soffriva ancora per la mancanza della sua compagna. Non si era più risposato sebbene fosse un uomo piacevole; diceva sempre che non era giusto amare a metà, perché per quanto potesse tornare a provare qualcosa per un’altra donna, dentro di lui la mamma avrebbe sempre avuto la sua parte migliore.

    Eppure, nonostante la fiducia nell’amore, Ale dubitava che qualcuno si sarebbe potuto innamorare di lei dal momento che non era in grado di avere figli.

    "Non lasciarti prendere dalla malinconia per ciò che

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1