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Come innamorarsi del capo
Come innamorarsi del capo
Come innamorarsi del capo
E-book272 pagine3 ore

Come innamorarsi del capo

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Info su questo ebook

Il motivo che ti ha convinta ad andartene è lo stesso che ti spinge a restareLa mia lettera di dimissioni era pronta. Avevo finalmente deciso, dopo due anni infernali, di prendermi una rivincita sul mio capo, un individuo arrogante e insopportabile. Certo, anche sexy in modo ridicolo, ma non è questo il punto. Quello che non potevo aspettarmi è che avrei visto le dimissioni rifiutate per uno stupido cavillo legale del contratto, che mi obbligava a sopportare ancora le angherie dell'uomo più odioso sulla faccia della terra. E così adesso sono costretta a rimanere qui un altro po', mentre rifletto piuttosto seriamente sull'eventualità di commettere un omicidio. Ci mancava solo una chiamata, nel bel mezzo della notte, a stravolgere nuovamente tutte le mie certezze...

Whitney G.
è cofondatrice di The Indie Tea, un blog di consigli per autori indipendenti di romanzi rosa. La Newton Compton ha pubblicato Splendido dubbio, Baciami ancora una volta, Un adorabile cattivo ragazzo, e solo in ebook, Una notte senza fine, Non sarà un’avventura, Ma io volevo te e La notte più bella della mia vita.
LinguaItaliano
Data di uscita4 giu 2019
ISBN9788822734822
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    Anteprima del libro

    Come innamorarsi del capo - Whitney G.

    EN2393-cover.jpglogo_ebook_Newton.png

    2393

    Questo romanzo è un’opera di fantasia.

    Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto

    dell’immaginazione dell’autrice o sono usati in maniera fittizia,

    e qualunque analogia con fatti, luoghi o persone reali,

    esistenti o esistite, è del tutto casuale.

    Titolo originale: Two Weeks Notice

    Copyright © 2018 by Whitney Gracia Williams

    All rights reserved

    Traduzione dall’inglese di Emanuele Boccianti

    Prima edizione ebook: luglio 2019

    © 2019 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    ISBN 978-88-227-3482-2

    www.newtoncompton.com

    Edizione elettronica realizzata da Manuela Carrara per Corpotre, Roma

    Whitney G.

    Come innamorarsi

    del capo

    marchio%20front.tif

    Newton Compton editori

    Ai miei lettori,

    grazie a voi, che mi riportate là dove appartengo.

    Con amore,

    Whitney G

    vvbc (Vi Voglio Bene, C***o!)

    .

    Indice

    Prologo

    Uno

    Due

    Tre

    Quattro

    Cinque

    Sei

    Sei (B)

    Sette

    Otto

    Nove

    Dieci

    Undici

    Dodici

    Tredici

    Quattordici

    Quindici

    Quindici (B)

    Sedici

    Diciassette

    Diciassette (B)

    Diciotto

    Diciannove

    Venti

    Ventuno

    Ventidue

    Ventitré

    Ventiquattro

    Venticinque

    Ventisei

    Ventisette

    Ventotto

    Ventinove

    Trenta

    Trentuno

    Trentadue

    Trentatré

    Trentaquattro

    Trentacinque

    Trentasei

    Trentasette

    Trentotto

    Trentanove

    Epilogo

    Ringraziamenti e confessione dell'autrice

    Prologo

    Tara

    «I vincitori non rinunciano mai, e i rinunciatari non vincono mai…».

    Avessi un dollaro per ogni volta che mia madre mi ha detto queste parole, me ne starei a sorseggiare vino nella mia isola privata sulla Costiera Amalfitana in questo preciso momento.

    Quando mi misi a piangere dicendo che odiavo la danza classica, mi infilò a forza i piedi dentro quelle orrende ballerine rosa e mi costrinse lo stesso ad andare a lezione. Quando le dissi che volevo cambiare facoltà, passando da economia a qualcosa di più creativo, minacciò di non pagare più le tasse universitarie. E quando le confidai che ero a tanto così da mandare il mio capo a farsi fottere, si limitò a sospirare e a elargirmi quelle sagge parole di consiglio.

    Sostenne che tutte le mie email notturne fossero piagnistei senza valore, che le mie urla di odio fossero ammirazione inconfessata, e che quando lui mi faceva lavorare più di cento ore in una settimana si trattasse di più che doverose sessioni di sviluppo del carattere.

    Dopo due lunghi anni passati a lavorare con lui, avevo finalmente accettato la verità che nulla di tutto ciò fosse vero.

    Preston Parker è un capo di merda. Punto. Fine della discussione.

    Mia madre può chiamarmi rinunciataria quanto vuole, ma lei non saprà mai cosa vuol dire lavorare per un uomo come lui. Uno il cui ego è più grande di New York e Las Vegas messe insieme.

    Vero, può far bagnare ogni donna semplicemente pronunciando una sillaba con quella sua bocca dalla forma perfetta. Vero, i suoi profondi occhi grigi e smeraldo sono assolutamente mozzafiato, e il modo in cui riesce a far apparire ogni abito come se fosse stato fatto su misura per lui non smette mai di meravigliarmi.

    Ma ne ho avuto più che abbastanza.

    Non posso più lavorare per lui, e finalmente sto per consegnargli il preavviso di due settimane, cosa che avrei dovuto fare dopo il primo mese di lavoro (anzi, no, dopo la prima settimana).

    Sto correndo troppo, però. Non posso cominciare questa storia dall’amara fine né dalla penosa parte centrale. Devo cominciare a raccontarla proprio dal suo sfortunatissimo principio.

    Uno

    Preston

    Lo sfortunatissimo principio

    Il momento migliore del giorno per me è sempre stato le quattro e quarantacinque del mattino. Era quello il raro momento in cui New York era calma e silenziosa, quando potevo fare un giro per strada e ammirare tutti i palazzi abbastanza fortunati da esibire il mio cognome.

    C’era la Park & Rose Collection che aveva immobili in ogni isolato del centro, la Grand Alaskan che accoglieva ospiti di primissima categoria, fornendo loro una privacy senza precedenti, e c’era il mio albergo preferito in assoluto. Quello che per il decimo anno consecutivo aveva tolto al Waldorf Astoria il primo posto nella classifica degli alberghi di lusso: il Grand Rose sulla Fifth Avenue.

    Era il mio centesimo hotel, il ventesimo in questa città. La ragione stessa per cui sapevo che New York era mia e che lo sarebbe sempre stata. Ogni albergo di lusso di Manhattan voleva il mio tocco, e i nuovi allestimenti di Hilton e Marriott erano banali imitazioni. Ero stato io a rivoluzionare il brand del lusso, e tutti gli altri stavano solo imitando me.

    «I suoi quotidiani, signore». L’autista me li porse aprendo la portiera della limousine. «Titoli interessanti, oggi».

    «Ne dubito».

    Sciolsi il plico mentre lui si immetteva in strada, e nel leggere quelle parole in grassetto mi sfuggì un grugnito.

    mister new york – rapporti confidenziali

    Preston Parker della Parker Hotels (proprio il nostro Mister New York per l’ottavo anno di fila) è stato sorpreso mentre usciva dal suo attico con la modella Yara Westinghouse. Ciò è successo pochi giorni dopo il suo avvistamento insieme a Marsha Avery e qualche settimana dopo quello con Hanna Bergstrom.

    Il nostro reporter lo ha fermato fuori dal suo appartamento per chiedergli se qualcuno di questi flirt fosse serio, e lui ha risposto con un «Levati dal cazzo».

    Come sempre, dubitiamo di vederlo sistemarsi definitivamente con una donna, ma siamo certi che con lui la nostra copertina di ottobre sarà strepitosa.

    lo spietato amministratore delegato preston parker acquista una catena di alberghi a sonoma e licenzia i dirigenti

    L’arrogante e spietato colosso degli alberghi Preston Parker ha fatto quella che finora è la sua mossa più crudele. Per l’ennesima volta ha corteggiato una catena alberghiera per mesi, fingendo che ci sarebbe stata una vera fusione, ma poi ha licenziato (cosa non proprio sorprendente) tutto il personale. L’ufficio stampa della Parker Hotel International ha rivelato che presto i Sonoma Hotels diventeranno alberghi di lusso.

    preston parker, mister new york, ha un figlio segreto

    Una donna misteriosa, che dichiara di aver avuto un incontro occasionale con Preston Parker, insiste nel dire che lui è il padre di sua figlia, nata due settimane fa. Mira a un assegno familiare di cinquemila dollari mensili e pretende che le spese ospedaliere le siano rimborsate.

    ma che cazzo?

    Gettai l’ultimo quotidiano da parte e mi concentrai sugli altri due, scuotendo la testa a ogni parola non corrispondente al vero. La stupefacente sciatteria di quei titoli cominciava a irritarmi seriamente.

    A quei tempi un reporter era disposto a scrivere qualsiasi cosa per vendere copie, ma mai uno che mi mandasse un assegno per tutte quelle che vendeva grazie a me.

    In passato ero stato assolutamente spietato. Mandavo in malora alberghi solo per essere sicuro che non competessero coi miei e compravo proprietà per accertarmi che non lo facessero altri, ma quei giorni erano finiti da tempo. Essere al top del settore da più di un decennio voleva dire che non avevo più necessità di essere tanto feroce, ma anche che non avevo più molte cose da festeggiare.

    I party senza fine sui miei yacht e le feste esagerate sui tetti di casa mia avevano perso la loro attrattiva nel corso degli anni, e l’unica ragione per cui continuavo a farmi vedere con delle top model era distrarre i media da qualsiasi affare stessi portando a termine dietro le quinte.

    Se si fossero presi la briga di osservare più da vicino, avrebbero visto che ogni cosa nella mia vita era giunta allora a un permanente stato di déjà-vu, al punto che potevo prevedere tutte le conversazioni che avevo con la gente, e più nulla mi sorprendeva. Mi chiudevo in me stesso, non facevo mai amicizia con nessuno e tenevo d’occhio tutti i miei nemici.

    Dal momento che i rapporti con la mia famiglia erano inesistenti, mi seppellivo nel lavoro e pretendevo che chiunque attorno a me facesse lo stesso. Se io ero in grado di lavorare almeno cento ore a settimana potevano farlo anche loro. Se non avevo bisogno di dormire, allora non ne avevano bisogno neppure gli altri.

    Quando finalmente arrivai al mio quartier generale, mi soffermai un momento ad ammirare la P argento e grigio incisa al centro del pavimento di marmo dell’atrio. Attesi per vedere se la mia segretaria personale mi avrebbe raggiunto con i resoconti di quella mattina e il mio caffè preferito, ma passarono tre minuti e non arrivò nessuno.

    Ovviamente…

    Infastidito, salii in ascensore fino al mio ufficio e subito venni accolto dai saluti della receptionist del piano, Cynthia.

    «Buongiorno, signor Parker!». Era sempre troppo vispa di prima mattina. «Come va oggi?»

    «Come ieri. Ci sono chiamate in attesa?».

    Non rispose. Si limitò a sorridermi coi suoi grandi occhi marroni, sventolando le ciglia.

    «Ci sono chiamate in attesa?», ripetei. «Documenti nuovi da firmare per la consegna del mattino?».

    Non rispose neanche allora.

    «C’è un motivo particolare per cui mi sta fissando in quel modo invece di rispondere alle mie domande?»

    «Risponderò alle sue domande quando lei risponderà alle mie». Abbassò la voce. «Le ho mandato un messaggio sul telefono privato ieri sera. Perché non mi ha risposto?»

    «Perché ho bloccato il tuo numero tre settimane fa».

    «Stavo cercando di inviarle una foto che ho scattato in vacanza», disse lei. «Non indossavo altro che il pezzo di sotto di un bikini».

    «Sto aspettando una telefonata dalla Rush Estate». Mi rifiutavo di continuare quella conversazione. «Puoi assicurarti che venga passata sulla mia seconda linea, così posso registrarla, per favore?»

    «La foto mi faceva sembrare una top model», continuò lei. «So che è abituato a frequentare top model, non è così? Almeno così scrive Rapporti Confidenziali».

    «Aspetto anche la consegna di una relazione dalla nuova squadra di Berkley. Hai il mio permesso di firmarla tu».

    «Penso che sia il caso che lei frequenti una donna che mangi davvero le sue patatine fritte, invece di limitarsi a postare foto sui social media tenendole in mano, mi spiego?». Fece ondeggiare i fianchi e sorrise. «E credo anche che dovrebbe dare una chance a qualcuno che le sta vicino, una volta tanto».

    La fissai impassibile. Era sempre la stessa storia, un giorno sì uno no. Se non flirtava spudoratamente con me, cercava (senza riuscirci) di farmi sentire geloso fingendo di parlare con svariati uomini al telefono.

    «Quella chiamata dalla Rush sarà meglio che arrivi alla mia linea», dissi. «E tu sei fortunata che fai un lavoro irreprensibile, Cynthia. Altrimenti sarei costretto a…».

    «Punirmi?». Sorrise. «Mi può dire come lo farebbe?».

    Gesù Cristo. Me ne andai in ufficio e chiusi la porta. Era la receptionist più giovane della mia compagnia, e anche la migliore. Avesse avuto una laurea in economia o una qualche esperienza in legge, avrei potuto farle fare una prova come mia segretaria personale.

    Probabilmente però, dato tutto quel flirtare sempre più spudorato e tenace, tenerla a distanza era la mossa migliore sul lungo termine.

    Mi sedetti alla scrivania e mi accorsi che non c’era nessun caffè colombiano ad attendermi. Nessun appunto sulle riunioni a cui dovevo partecipare. E nessuna mail che spiegasse il perché. In altre parole, la mia segretaria mi lasciava nella merda, di nuovo.

    Sospirando aprii la posta elettronica per domandare quando potevo aspettarmi di vedere il mio caffè e gli appunti del giorno, e in quel momento sullo schermo comparve una mail dal capo dell’ufficio legale.

    Oggetto:

    il tuo nuovo segretario

    è nel mio ufficio (di nuovo)

    Preston,

    per favore vieni qui. Adesso.

    George Tanner, Parker International

    Questa email mi arrivava ogni due venerdì, con puntualità svizzera, e l’unica cosa a cambiare era a quale nuovo segretario si riferisse. Ne avevo avuti così tanti che ormai li chiamavo tutti Taylor, dato che non duravano abbastanza a lungo da dover imparare i loro veri nomi.

    Andai nel suo ufficio e vidi il mio ultimo Taylor seduto sul divano. Indossava un abito azzurro troppo grande che proveniva dal cassonetto dei rifiuti più vicino, aveva gli occhi rossi e gonfi e dall’aspetto sembrava non dormisse da giorni.

    «Di’ al signor Parker quel che hai appena detto a me», lo esortò George porgendogli un fazzoletto. «Coraggio».

    L’ultimo Taylor alzò lo sguardo su di me ed emise un lungo sospiro. «Signor Parker, sono sommerso dal lavoro e da tutte le cose che lei mi ha ordinato di fare. Non riesco a mangiare né a dormire, ho la sensazione che questo lavoro mi stia consumando la vita».

    «Hai cominciato soltanto due settimane fa».

    «Lascialo finire, Preston», mi spronò George, aggiungendo poi in un sussurro: «Non ci servono seccature con l’ufficio risorse umane, giusto?»

    «È che io…», Taylor tirò su col naso. «Io ci provo con tutte le forze a farla felice, ma non è mai abbastanza. Il mio telefono squilla di continuo, la mia posta non sta mai sotto i cinquecento messaggi, e credo che lei non sappia neanche come mi chiamo».

    Non battei ciglio.

    Si asciugò il viso con la manica. «La mia ragazza deve tornare a casa e sentirmi piangere tutte le sere per via di questo lavoro».

    «Piangi ogni sera e hai ancora una ragazza?».

    George mi lanciò un’occhiataccia e io incrociai le braccia.

    «Apprezzo l’opportunità che mi ha dato, ma lo stipendio che offre, per quanto alto, non è più sufficiente per me». Tirò su col naso. «Mi dimetto formalmente e con effetto immediato».

    «La maggior parte degli impiegati dà un preavviso scritto di due settimane», feci notare. «Non capisco perché sono dovuto venire fin qui per ascoltare le tue lagne».

    «Quel che il signor Parker intende dire è che accetta le tue dimissioni». George mi guardò scuotendo la testa. «E siccome vogliamo essere certi di partire col piede giusto col prossimo assistente, c’è stato qualcosa che lui ha fatto che ti ha messo a disagio? Qualcosa che possiamo migliorare la prossima volta?»

    «Sì», annuì. «La settimana scorsa mi ha fatto fare l’aggiornamento al suo telefono personale».

    «Oh, che orrore». Guardai il mio orologio.

    «È stato orribile davvero, signore. Le cose scritte in certi vecchi messaggi, messaggi da così tante donne diverse…

    quelle parole mi hanno ferito».

    «Cosa dicevano di preciso quei messaggi?», domandò George.

    «Troppo». Taylor evitò il mio sguardo. «Alla mia fica manchi. Perché non vieni qui e mi martelli di nuovo col tuo cazzo? Hai il cazzo più grande che abbia mai preso in bocca. Posso prenderlo in bocca di nuovo? Non credo di essere mai stata scopata come…».

    «Oaky, basta così». Mi forzai a non assumere un’espressione esasperata. «Grazie tante per tutto il lavoro che hai fatto qui alla Parker International, Taylor. Sono sicuro che non mancherai a nessuno».

    «Mi chiamo Jim. È proprio per questo che me ne vado».

    «Te ne vai perché sei un incompetente». Tirai fuori il mio telefono e inviai la mia email standard, intitolata Eccone un altro che ha gettato la spugna, all’ufficio del personale. «Puoi ritirare le tue cose e l’ultimo assegno al piano terra».

    Jim abbracciò George, un abbraccio che si protrasse per molti secondi più del dovuto, e poi uscì dalla stanza.

    Appena richiusa la porta, George sospirò. «Be’, ecco che fine fa la mia convinzione che uno di Harvard potesse farcela laddove molti altri hanno fallito. Lo sai che sei l’unico ceo del settore alberghiero di lusso che non sa come si chiama il suo irrinunciabile assistente personale?»

    «Io so solo che sono il ceo di maggior successo del settore alberghiero di lusso. A questo punto è l’unica cosa che conta».

    «Lasciamo stare», replicò schiarendosi la voce. «Prima che io entri nel merito di questo annoso problema, dobbiamo parlare del tuo ultimo cambiamento ai servizi alla clientela». Cominciò a camminare avanti e indietro. «Non capisco perché hai deciso di offrire gratuitamente colazioni gourmet in alcuni dei tuoi alberghi. Mica gestisci un Hampton Inn».

    «L’Hampton Inn non offre colazioni gourmet».

    «Hai capito cosa voglio dire, Preston. Gli hotel di lusso si chiamano così per via del fatto che gli ospiti pagano ogni cosa. Più loro pagano, più noi aumentiamo stelle e profitti».

    «È solo un esperimento», risposi. «E poi sembra che funzioni. Le entrate sono salite del dieci per cento».

    «Be’, speriamo che duri più del tuo ultimo assistente». Mi lanciò una cartellina azzurra.

    «Cos’è questo?»

    «È il curriculum e la lettera di presentazione della tua nuova segretaria personale», spiegò lui. «Mi sono preso la libertà di scegliere la prossima, e ti garantisco che durerà più di qualche mese».

    Scorsi le pagine e capii subito che non sarebbe durata più di una settimana. Era proprio come tutte le altre che lui mi aveva consigliato in precedenza. Laurea alla Ivy-League, anni di esperienza nel management alberghiero, ineluttabilmente destinata al fallimento. Perfino la dichiarazione dei motivi per cui voleva lavorare per me faceva suonare un campanello familiare nella mia testa, quello che segnalava il fallimento imminente.

    Credo sinceramente di poter aiutare Preston Parker a essere il miglior ceo che potrà mai essere, diventando la migliore segretaria che abbia mai assunto.

    Non lo avevo mai detto a George, ma trovavo piuttosto ironico il fatto di essere riuscito a farmi strada nell’industria alberghiera prima di prendere la laurea in economia. Che i primi alberghi conquistati li avevo ottenuti con la rabbia e una disperata voglia di successo, nient’altro.

    Perché non facciamo mai un tentativo con una persona di quel tipo?

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